~n mese di un anno ..,.,..._,,,_,. . .,,..~ Il Il Il cambiamento della popolazione di una metropoli e lo spaesamento delle periferie. Per ricostruire identità la necessità di "nuovi centri" in un reticolo che riesca a collegare la storia alla natura. Intervista a Mimmo Cecchini, assessore all'urbanistica di Roma. L'idea che si ha della metropoli conlem1>oranca è che in essa sia impossibile un abitare, che sia sparito il senso di quell'essere "cittadino•· che fa da fondamento alla nostra cultura 1>olitica... Non bisogna mai dimenticare che. in Europa, circa il 70% della popolazione vive nelle cillà. Che viva nel centro di un· arca metropolitana, nella periferia o in un centro minore in!>crito in una rete metropolitana. ormai la stragrande maggioranza della popolazione europea, come anche degli altri paesi industrializzati, è una popolazione urbana. Una popolazione urbana che negli ultimi anni è molto cambiata sia nella composizione. che nelle esigenze. A questo proposito un sociologo milanese. Martinolli, ha recentemente pubblicato un libro, intitolato ..Metropoli .., in cui fa un'analisi della trasformazione degli usi della cillà ed elabora la teoria delle ·'quattro popolazioni''. Martinotti parte sottolineando che la città industriale era composta e usatadaquel I i checi abitavano eda quelli che ci lavoravano e. poiché i luoghi di abitazione spesso non coincidevano coi luoghi di lavoro, il fenomeno prevalente era quello del pendolarismo. Ma a questedue popolazioni oggi seneaggi ungono altre due: quelli che visitano la città per motivi culturali. turistici, di lavoro (e affollano gli alberghi e i centri delle città storiche, come Roma, Venezia, Firenze) e quelli che hanno scelto come primaria un'abitazione extraurbana, mahanno mantenuto un pied-a-terre. un alloggio, nella città. Questo cambiamcnto nella struttura della popolazione comporta che sempre di più, nel pensarsi, nell'organizzarsi, la grande città debba tener conto cli queste articolazioni, delle e:,igenze diverse che i residenti temporanei hanno rispetto ai residenti stabili, del diverso rapporto che essi stabiliscono con la città. del diverso contributo che danno alla vita economica. E non solo è cambiata la ~trullura della popolazione che usa la cillà. ma è cambiato anche il modo in cui gli abitanti stabili abitano nella città. Ultimamente a Roma :,i èparlato molto ciel problema della casa. c·è stato lo sgombero di circa 400 alloggi e, dal!' impre:,sione che !,i ha leggendo la stampa. sembrerebbeci sia un movimento per la casache potrebbe ricordare le situazioni cli 15-20 anni fa. Ma non è così, il problema della casa a Roma e, credo. anche nelle altre grandi città italiane, è molto diverso. per alcuni motivi strutturali, da come era alla fine degli anni '70. E' diverso per il fatto che in Italia, come nel re. to dei paesi industrializzati, la popolazione urbana non cresce più -in alcuni casi, anzi, si riduce- e quindi non si pone più il problema di ospitare stabilmente in queste metropoli un numero crescentedi cittadini. Ma il fallo che il numero degli abitanti si riduca non implica che servano meno alloggi, perché è cambiata anche la struttura della popolazione stabile. Cresceper segmentazione il numero delle famiglie, cioè si riduce i I numero medio di componenti delle stesse(un numero sempre maggiore cli persone formano famiglie di una sola unità), quindi cresce i I fabbisogno di alloggi di dimensioni più piccole e, dato l'aumento medio del reddito, cre:,cc anche l'esigenza di un maggior spazio pro-capite (l'indice di affollamento. che negli anni ·70 era vicino a 2 abitanti per stanza, ora è d1 poco superiore ad I). Da anni, inoltre. gli studiosi dicono che nella grande cillà il problema della casanon è di natura generale. ma di natura spcci fica. cioè vi sono specifici soggclli (anziani, disoccupati per la di:,occupazionc di ritorno. persone che entrano drammaticamente in una situazione di povcnà, giovani coppie, singoli con un reddito insufficiente) che non riescono a risolvere il problema dcli' abitazione nelle condizioni attuali. Per eia cuno cli questi bisogna studiare una sistemazione ad hoc, provvedere specificamente. quindi riorganizzare 1• intera politica della casa, ma non nel senso in cui lo si è fallo negli anni '70. cioè procedendo ad una offerta massiccia di nuovi alloggi standard. Per tutto questo, come dicevamo, la condizione della persona che vive nella città è la condizione più diff usa e non si darà un ritorno alla campagna perché anche 1•abitazione sub-urbana (nella quale, anche giustamente, molti oggi preferisconoabitare perchée' èmeno rumore, più verde, più spazio) è comunque inserita in una condizione urbana. Questo inserimento non èdato solo dalla televisione. dal telefono, eccetera. maè datodal fallo che esiste uno stile di vita prevalentemente urbano. Possiamocerto vagheggiare il ritorno ad una età dell'oro, in cui certi guasti della metropoli non ci siano più, ma, secondo me, questa possibilità non esiste: dobbiamo far diventare un po' meno peggio la metropoli, non pensareche ci sia una possibilità ·'altra". Questa possibilità possiamo sognarla, forseci fa bene,ma poi ci si sveglia, la realtà èque ta e il nostro compito è agire in questa realtà. Riguardo poi al ~en:,odi appartenenza... Roma è unacillà che dal dopoguerra a oggi è aumentata di quasi due milioni di abitanti, ci sono state ondate immigratorie rilevantissime: negli anni '60 e '70 ogni anno entravano nella città 50-60.000 nuovi abitanti che provenivano prevalentemente dal Luio e dalle regioni meridionali. Questi nuovi abitanti molto spesso entravano costruendo delle case abu. ive e frequentemente si ricostituivano, in questa immensa periferia romana, strutture di identità, o meglio di sub-identità. Nelle borgate di Pasolini, o nelle borgate degli anni '70, andavano di pari passo un processo di omologazione dei comportamenti, o anche di anomia, e il tentativo di ricostruire, in una sorta di autodifesa, delle subcomunità ad origine regionale, paesana:ci sono parti della periferia romana, soprallutto di quella orientale, in cui si ritrovano ancora ceppi relativi ai luoghi di origine. Ad esempio, sulla Tiburtina, che è la zona industriale storica di Roma, c'è un quartiere di periferia, il Tiburtino Quarto, costruito nella seconda metà degli anni '50 soprattutto per l'immigrazione abruzzese. Allora la cultura prevalente era UNA SERA DI DUE ANNI FA Dzevad Sabliakovic, noto giornalista della TVjugoslava, è oggi 1111 esule. Da un anno vive e lavora a bordo della nave che dall'Adriatico trasmelle 24 ore su 24 notiziari e musica per la ex Jugoslavia. Ci ha spedito alcune pagine del diario scritto durante i mesi in cui era bloccato a Sarajevo, dove aveva dato vita ad 1111TaV indipendente. 10 aprile 1992 I cani abbaiano nel centro di Sai"ajevocome se fossecampagna. Le strade sono vuote, spettrali, solo cani. Da questa guerra è difficile che uscirò vivo, anche se non partecipo. Indipendentemente da chi vincerà, se un vincitore ci sarà. Un caos insanguinato sarà-sicuramente. E' già cominciato. Speravo non fosse possibile, ma è già qui! La realtà! Adesso è in silenzio, e tutto il giorno è stata una sparatoria. La paura si è infilata eassestatadentro di me. Il momento della morte può arrivare anche stasera. In forma di parossisticarabbia eestasi. Mi chiedo se avrò la forza per la dignità. Rimango aSarajevo. Ho paura, ma rimango. Ho promesso di rimanere con il nostro progetto fino all'ultimo giorno. So che questo giorno è vicino: una tv indipendente non può sopravvivere in guerra. So che anche le nostre trasmissioni, cui la gentecrede più che aqualsiasi altro mezzo di comunicazione, non possono essereconservate. Per questo comincio a scrivere. Provo a ricordare quando è cominciato. Cominciato cosa? Nessuna parola, nessunaespressioneè esattamente corretta. Per me è cominciato tutto nella notte fra il 4 e il 5 aprile quando un giovanotto con la calza sul viso e un fucile in mano si è avvicinato ali' auto in cui ero con duemiei colleghi. L · indice sul grilletto. "Andiamo in albergo ...'', gli dice il mio amico. Il giovanotto alza il Kalashnikov. Altri due, con i fucili, stanno avvicinandosi. Un po' più in là un poliziotto in uniforme guarda e non si muove. Anche in Croazia la guerra è cominciata con la divisione della polizia. Il mio amico al volante manovra lentamente, è tutto concentrato, ha capito in che situazione siamo. All'improvviso parte fortissimo, salta il viale e si butta contromano verso il centro di Sarajevo. In giro non c'è nessunoedè sabato! Saltiamo tutti i semafori rossi. Appena raggiunta la casa di mia sorella comincia la sparatoria e r inferno si accende. Tutto si ripete tre giorni dopo: il centro della città è coperto dal fumoedal fuoco del bombardamento. Le lingue di fuoco salgono dalle finestre degli edifici che erano l'immagine di Sarajevo. Dal dodicesimo piano di un grallacielo in Kosevsko brdo guardiamo increduli. '·Sono pazzi?" ripeti amo sotto voce. 29 Maggio 1992 Dopo il massacrodi ieri in via Vaso Miskin nel centro della città, dove 14 personesono stateuccise, stasera l'apocalisse si completa. Verso le 22 detonazioni mai sentite prima squassanola città: sono razzi Katuscia. Per le esplosioni il grattacielo trema. Tutti gli inquilini sono per le scale all'altezza dei piani centrali. Distrulli, spaventati ma senza panico donne, anziani, bebé, bambini. Nessunopiange, nessunofascene isteriche. i bambini perfino giocano. I sentimenti che mi riempiono sono rabbia e indignazione. Ma chi sono gli uomini che sparanogranate sulla città, sui bambini? Ritorno nel mio appartamento al dodicesimo piano da dove vedo una gran parte del centro: tutto è in fiamme, inimmaginabile. un'apocalisse selvaggia. Nel buio della nolle c'è ungran fuoco mai visto in vita mia. E' la fine del mondo e di ogni ragione. Granate e razzi continuano a cadere nel centro. Brucia la città che rappresentava la specificità cli questa regione, la sua bellezza, la sua sensibilità. la vitalità, lo spirito, l'ingegno. Non c'è ragione che possagiustificare questa malvagità. Mi sbrigo a scrivere perché non sosesopravvivo alla prossima granata. Non riesco acapire la politica e il mito che vogliono bloccare la corrente vitale della primavera, con le sue ciliegie mature e la felicità umana. Guardo le fiamme che salgono: è la fine di Sarajevo. della dolce e sensibile Bosnia. Dal male nasceràsolo male. L'odio diventerà totale come questo buio. Seesco vivo da questo inferno non credo che tornerò mai più. Seduto sul pavimento, le spalle al muro. guardo il tremolio del fuoco sui muri, penso alle mie figlie e cerco di non impazzire. 23 agosto 1992 Esco in un giorno incredibilmente bello strappato alle sparatorie. E' così bello che è incredibile che qualcuno abbia voglia di uccidere. Gli inquilini del grattacielo accanto alzano le tapparelle e guardano verso Trebevic, la montagna da dove i Serbi sparano. Guardano se arri va la granatache puòdistruggere questa mattinata falla solo per le cose belle e buone. E' successo dopo. Esplosioni molto vicine ci hanno spinto nei rifugi. ma siamo rimasti tutti per le scale, vicino all'ingresso. on ne posso più e per rabbia. dispello, protesta esco fuori. La stradaèdeserta,masubito arriva un levriero afgano, belli simo. Alle mie parole si avvicina, dimenando la coda insanguinata. Ha il collare. è pulito e triste e sembra dire: prendetemi e tenetemi. Uno dei tanti cani di razza i cui padroni sono morti o fuggiti. Entra nel rifugio con gli occhi belli, stanchi, persi. Non vuole mangiare né bere né uscire. Fuori si è calmato un po·, la gente comincia ad andarsene. Ma lui non esce. Alla fine un ragazzo rie ce a portarselo dieLro, cercheranno da mangiare. S'allontanano e la camminata elegante di quel cane ha dell'incredibile. Non c'è luce per il sesto giorno e tulli dicono che bisogna mangiare le piccole razioni di riserva dei freezer. Oggi saràunabella giornatacon menù di carne! I I problema è cuocere senzaelellricità. Per fortuna la sparatoria si allontana, si va tutti in cortile ad accendere fuochi per cuocere. 31 agosto 1992 Dopo mezzanotte è cessato i I bombardamento. La cantina è piena di gente, abitanti della casae passanti. Cantine come vere catacombe. gente distrulla, muta. ma calma. Siamo qua sollo da piL1di cinque ore. Ho provato a leggere, per caso ho un libro adeguato: ·'Elogio della pazzia", ma è impossibile per via del costante frastuono delle granate e del tremolio della candelina che illumina la icona, ma non il mio libro. Quando le granate sorvolano il tcllo si senteun rumore che somiglia al pianto di un bambino. Quando cadono più vicino la cantina trema e noi aspettiamo che la successivacadasulla nostracasa.Dopo mezzanotte scende un po· di calma. La gente comincia ad andarsene. Ai passanti che si sono rifugiati lì da noi dal tramonto si offre cli dormire nelle varie case, fuori nessuno gira, solo i soldati che possono spararesenzaavvertimento perché c'è il coprifuoco. Da me e mia sorella vengono due ragazzini. I settembre 1992 Ci alziamo presto. Mia sorella è sedutain cucina,ci guardiamo stanchi: ma che buon giorno! I rifiuti si sono accumulati, vado a buttar via due sacchi. I container son lontani come i I diavolo, per la strada come al solito non c'è nessuno, solo i cani che mi seguono nella speranza che ci sia qualcosa per loro, ma ormai non si butta via più neppure un briciolo. Torno a casa e bevo mezzo bicchiere di acqua. "Non ce n'è più'' dice rassegnatamia sorella. Prendo i bidoni, so che in una scuola a un chilometro da qui c'è r acqua. Sorrido, se devo morire è più dignitoso mentre porto l'acqua che l'immondizia ... La scuola è piena di profughi, davanti alle aule ci sono le scarpe sparpagliate, anche i bagni son pieni di persone che prendono acqua. Mi ci vuole un'ora per riempire i bidoni. Appena escoricomincia la sparatoria. Corro per togliermi da un'area allo scoperto e mi nascondo in una stradina più sicura. Prendo fiato e mi accorgo che la casa lì davanti è strana:quella infalli nonè una finestra. è un grande buco da cui sventola una tenda. Tutto il muro è pieno di buchi grandi e piccoli, a Sarajevo non esiste una strada sicura. A casa trovo il mio amico Dubravko e nostra cognata. Questaè Sarajevo: intorno al tavolo siamo Goga, serba,Dubravko, croato, mia sorella ed io, mussulmani. E quella pazzia dalla collina, che ad ogni costo vuole distruggere questa bellissima cosa, continua ... ' '.' 1 f l J
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