Una città - anno III - n. 23 - giugno 1993

t quando ha una sua funzione-, di aver fatto cose in comune e costruito insieme, possa, una volta usciti dalla comunità, portare a una forma di vita più genuina e più umana. E che possa comunque portare a una capacità di sopravvivenza e di resistenza che prima non c'era: uno può ritagliarsi una sua vita privata, anche se sta al gioco generale. Certo che l'ideale sarebbe che in queste comunità, contemporaneamente alla cura per la salute dell' individuo, ci fosse la cura per la salute sociale, per la salute più profonda dell'individuo stesso, cioè una cura che ridia un senso alla vita. Ripeto che queste comunità non le conosco, però credo che già il fatto di mettere insieme delle persone e insegnar loro ad aiutarsi l'un l'altro e ad amare il lavoro nella sua giusta dimensione, a costruire qualcosa di positivo, sia già contro una società che non è che si basi tanto sul lavoro come attività umana, ma si basa sul lavoro in quanto creatore di benessere, di superiorità, di prevaricazione rispetto all'altro, una società dove non esiste più la vera solidarietà. l'abate poteva essere discusso, anche espulso Nelle strutture della nostra società la solidarietà è data dal I' uguaglianza di interessi in senso venale, dal1' avere di fronte un comportamento imposto che fa agire in modo simile gruppi di persone che hanno lo stesso interesse materiale. Rispetto a questo la comunità è già un correttivo. Ma molte comunità sono organizzate, in modo fortemente gerarchico, attorno alla figura forte del leader, che non viene mai messo in discussione. Questo non può bloccare la ricerca di unequilibrio personale? Si, è vero; però è anche vero che sono state proprio delle comunità che si rifanno ad una dimensione autenticamente solidale a criticare queste cose. Ci sono comunità che in qualche modo si possono richiamare al primo monachesimo, in cui piano piano emerge la figura dell'abate, della guida, e l'abate chiamava sempre i monaci "fratres", non era mai isolato. Anzi, spesso veniva contestato ed espulso; quando i fratres si ammutolivano di fronte a lui nella disapprovazione l'abate era emarginato. La parola d'ordine delle comunità monastiche, e la spina dorsale del monachesimo, è la parola "fraternitas", cioè il legame orizzontale. Evidentemente, una guida è necessaria e, anzi, non c'era solo un abate, ma diversi superiori. Contava moltissimo l'anzianità, perché chi è più vecchio ha più esperienza. Il monaco anziano ha sempre contato molto per la sua esperienza e non solo nel monastero, ma anche nell'ambiente esterno, perché i monasteri, anche i più rigorosi, non erano mai isolati del tutto dalla vita secolare, tanto è vero che certi monaci diventavano papi, come, per esempio, Gregorio VII. Comunque se ci sono comunità di recupero che hanno strutture gerarchiche, hanno poco a che fare con le comunità ideali, dove la struttura deve essere orizzontale. Ed ancor meno hanno a che fare con le aggregazioni dei primi eremiti, dei primi monaci tra tarda antichità ed inizio del medioevo, dove certo emergeva via via un capo, ma questo chiamava gli altri fratres, e gli altri lo potevano chiamare pater, ovvero ne riconoscevano la maggiore capacità di affrontare la vita in comune, la cultura. Ma la parola che caratterizza la vita monastica è fraternitas, quindi la comunità, sia allora come oggi, ha senso quando ci sono legami di solidarietà non determinati da una guida superiore. Una delle cose che mi ha colpito del suo libro è che nel mondo oscuro del Vl0 secolo ci sia una grande facilità d'incontro: i monasteri, gli eremi, radunano romani e barbari, credenti e non credenti. In un secolo ritenuto prossimo alla fine del mondo c'era questa disponibilità all'incontro, mentre oggi la disponibilità all'incontro è molto difficile. lo direi che non esiste questa radicale differenza, perché anche allora c'erano lacerazioni fortissime, anche allora c'erano un Occidente ed un Oriente che tendevano sempre più alla separazione. Al di là di questo, vi sono le faide politiche, lo stesso monachesimo è un monachesimo diviso in tanti gruppi. con tante tendenze. Quindi è una situazione che non vedo nemmeno sotto questo punto di vista sostanzialmente diversa dalla nostra. L·opposizione di civiltà, la differenza e l'opposizione tra Occidente ed Oriente, nonostante gli incontri, gli scambi, le collaborazioni, nel medioevo si fa sempre più rigida, si definisce sempre più duramente. L'Oriente è una civiltà che si fa sempre più diversa, perché in Occidente i barbari ricreano a modo loro un mondo e un modo di vivere. Non lo ricreano ex-novo, ma il signore feudale occidentale è più figlio dei barbari che dei romani. Si crea una civiltà di campagna, di villaggi, di fortezze mentre in Oriente resta una civiltà di città, di grandissime città, si pensi che quando Roma aveva al massimo 50.000 abitanti, Bisanzio era una città di 500.000 persone, Damasco lo stesso. comunque l'uomo non ha camminato . invano Quindi sono mondi che si fanno sempre più diversi. Inoltre nel primo medioevo non c'è solo questa diversità tra barbaro e civile, tra Occidente ed Oriente, c'è proprio la frammentazione, la polverizzazione del potere, la dispersione ad ogni livello della vita sociale. Non esiste più qualsiasi forma di solidarietà che vada al di là degli ambiti personali, l'esempio migliore è il patrizio romano che trasforma la villa di campagna in una fortezza, ed i propri lavoranti in soldati. Quando poi si arriva al massimo della dispersione allora si innesta la reazione contraria. La stessa cosa sta accadendo ora, lo vediamo con i nostri occhi: siamo arrivati al massimo di attuazione di un sistema, di uno stile di vita e c'è una reazione che ci spinge ad arrivare fino in fondo. Bisogna però stare attenti a che ciò è giusto quando si tratta di correggere le cose: non si può distruggere, nel senso che la storia lascia sempre una parte che va conservata, l'uomo non ha camminato invano. Io sono convinto che le istituzioni, quando un sistema arriva a maturazione, prevalgono costantemente, diventano totalizzanti e quindi prevaricatrici, però le istituzioni hanno sempre dei contenuti di libertà, di giustizia che vanno salvaguardati. Nel finale del suo libro "La società feudale" Bloch dice che per quanto il sistema feudale sia stato duro con gli umili, noi di esso abbiamo ancora qualcosa da conservare: la democrazia, la "Magna Charta Libertatis", i parlamenti, nascono allora. - CASSARURALEDARTIGIAN-AFORLI' NEL CUORE DELLA CITTA' B10 10 eca ■ 1anco CONVERSAZIONI DI ABISSINIA La casa è di proprietà della responsabile dei magazzini della locale missione cattolica. E' una donna di 27 anni che i 5 parti, i frequenti attacchi di malaria e la stessa qualità della vita, hanno precocemente invecchiato. Intatti sono invece la carica umana, la luce vivissima che si sprigiona dallo sguardo, la naturalezza e la serenità con cui conduce la sua esistenza. L'abitazione è di recentissima costruzione ed è stata portata a termine in pochi mesi di lavoro grazie ai miseri risparmi accumulati ed alla concreta solidarietà di una serie di amici, tutti colleghi di lavoro. E' a pianta rettangolare e la struttura portante è formata da una trama di pali di legno in cui le fessure sono state tamponate da uno spesso strato di malta di fango e paglia. Esternamente le pareti così ottenute sono state rivestite da listelli di bambù intrecciati. li tetto è di lamiera ondulata, il pavimento di cemento. Le finestre non hanno vetri, ma solo tavole di legname grezzo come ante. Una piccola veranda copre l'ingresso principale dove alcuni vasi di fiori attendono tempi migliori. La recinzione esterna e la latrina verranno costruiti in un prossimo futuro, quando le finanze della famiglia lo permetteranno. Per il momento, le profonde incisioni create nel terreno dal1' erosione dovuta al I ibero scorrimento dell'acqua di pioggia nei pressi della casa, servono discretamente ai bisogni di una buona parte degli abitanti dell'intero sobborgo. La cucina è ali' esterno e per la sua costruzione sono stati riutilizzati i materiali provenienti dalla precedente abitazione. Non c'è acqua corrente e l'elettricità è fornita da un filo che, provenendo dalla casa di un vicino, permette l'accensione di una lampadina semplicemente avvitandola all'apposito supporto. L'operazione contraria è necessaria per lo spegnimento. Il vicino ha permesso l'allacciamento sulla base di un corrispettivo in denaro da pagare mensilmente perogni lampadina utilizzata. Questa la ragione della presenza di un unico punto luce che viene spostato da uno ali' altro dei tre locali in cui è divisa la casa, a seconda delle esigenze. E' insomma una di quelle abitazioni che i tecnici dello sviluppo chiamano "casa tradizionale migliorata". E' il tramonto di una giornata afosa. Il caldo, pesante e denso, annuncia le prossime piogge. Dalla posizione elevata in cui si trova la casa lo sguardo spazia lontano. Sulle montagne del Sidamo a est e sul Lago Abbaya a nord, compatti nuvoloni violacei avanzano minacciosi spaccandosi con intermittenza in squarci luminosi. Un rantolo soffocato, sordo, ininterrotto, li accompagna. Ci ritroviamo, all'interno dell'abitazione, un gruppo di colleghi della missione cattolica di Arba Minch, capoluogo del North-Omo, nel sud-ovest dell'Etiopia. Sono l'unico bianco del gruppo. All'interno l'aria profuma di caffè appena tostato, di mirra e di altre resine bruciate in un piccolo braciere. In tutto il Paese contorno tradizionale di ogni riunione con viviale è lo svolgimento della "cerimonia del caffè". I chicchi vengono dapprima tostati su di un fornello a carbone di legna. A tostatura eseguita il recipiente che li contiene viene offerto a ciascuno dei presenti perché possano goderne la fragranza. Successivamente il caffè viene macinato all'interno di un mortaio di legno, vi si aggiungono varie spezie e la polvere così ottenuta è versata ali' interno del- )' apposita caffettiera di terracotta a cui viene aggiunta acqua bollente. La miscela così ottenuta viene riportata a bollore sul fornello e poi lasciata riposare qualche minuto. Finalmente il caffè ·t-~ viene servito a tutti i presenti, compresi i bambini. Il cerimoniale prevede che a ciascuno si serva per tre volte. La quantità di caffè utilizzata è comunque la stessa, a cui viene aggiunta nuova acqua bollente ottenendo dunque una bevanda di volta in volta meno forte. La persona preposta al servizio del caffè ha il capo coperto dal tradizionale velo di cotonina bianca, dai bordi ricamati a vivaci color.i. Nel nostro caso si tratta della graziosa figlia adolescente della padrona di casa. Siede su di un basso sgabello ed ha tutto il necessario distribuito sul pavimento a portata di mano. Un letto di erba verde tagliata di fresco, su cui vengono distribuite variopinte corolle di fiori selvatici, funge da tovaglia. La ragazzina svolge il suo servizio con gesti esperti e misurati. Segue una precisa gerarchia nella distribuzione delle tazzine: prima gli ospiti più importanti e più anziani, poi i familiari e i più giovani. Mentre il caffè viene centellinato a rumorosi sorsi, un'altra componente importante del cerimoniale viene consumata: la conversazione. Colgo l'occasione della presenza di un collega e della giovane moglie, al cui matrimonio alcuni mesi fa ho partecipato, per farmi spiegare il complicato processo tradizionale che permette a due persone di unirsi in matrimonio. E' lo stesso sposo a raccontare, mentre la moglie lo ascolta in silenzio osservandolo con occhi dolcissimi, ridendo sommessamente e coprendosi il volto con le mani per la timidezza e l'imbarazzo. "Ci siamo conosciuti alla scuola serale che entrambi frequentavamo. Rientrando a casa dopo le lezioni, di notte, percorrevamo a piedi il lungo tratto di strada insieme ad altri compagni di scuola. Così abbiamo cominciato a parlare fra di noi. Si discuteva delle lezioni, degli insegnanti, delle nostre difficoltà, del le speranze. Dopo un anno le ho chiesto cosa lei ne pensasse se le avessi chiesto di sposarla. Lei rispose di essere d'accordo, ma che avrei comunque dovuto seguire la tradizione, mandando i miei rappresentanti a trattare con i suoi genitori. Cosl ho fatto. Ho parlato con la mia famiglia, abbiamo scelto un paio di anziani amici come rappreCoop. Cento Fiori LAB. ART. fITOPREPARAZIONI Via Val Dastico, 4 - Forlì Tel. 0543/702661 - Estratti idroalcolici in diluizione l: lO da pianta fresca spontanea o coltivata senza l'utilizzo di prodotti di sintesi. - Macerati di gemme. - Opercoli di piante singole e formulazioni con materia prima biologica o selezionata. - Produzioni su ordinazione sentanti e li abbiamo incaricati della trattativa. Loro si sono presentati ai parenti di mia moglie ed hanno avanzato la richiesta. Il primo incontro è solo formale e nessuna risposta viene data in quell'occasione, a parte la fissazione di un nuovo appuntamento. Il tempo che intercorre viene utilizzato per prendere informazioni sul richiedente, per valutare la sua richiesta e per nominare, a loro volta, una delegazione di anziani ambasciatori che si limiteranno ad informare le famiglie sull'andamento delle trattative. La ragazza, fino a quando non sarà presa una definitiva decisione affermativa, non verrà informata della richiesta. lo e mia moglie -mi viene spiegato- avendo una certa educazione, avevamo già chiarito precedentemente fra noi la cosa, ma nei villaggi l'uso è che la ragazza non venga informata del suo prossimo matrimonio che alla vigilia delle stesse nozze. Le trattative si concludono una volta che si sia raggiunto un accordo su ogni punto in discussione. Sulla base dell'accordo si redige un documento in cui vengono dettagliatamente descritti gli impegni assunti da ognuno dei contraenti ed elencati tutti i beni, proprio tutti, che ognuno porta in dote. Questo vale soprattutto per l'uomo, ·perché qui da noi non ci si aspetta un grande contributo da parte della moglie. La firma del documento costituisce la vera cerimonia civile che sancisce l'unione in matrimonio. Ad essa partecipano solo le famiglie, gli sposi, e gli anziani che hanno condotto la trattativa, i quali saranno anche i garanti ed i depositari di copia dell'atto sottoscritto. In caso di divergenze e di separazione il documento di matrimonio costituisce la base formale di riferimento ed in caso di controversie gravi la legge ne sancisce la validità legale per una eventuale separazione dei beni. Alla cerimonia privata segue quella pubblica in cui gli sposi assistono, seduti ed in rigoroso distacco, ai festeggiamenti degli invitati che generalmente consistono in abbondanti libagioni, canti e balli, in almeno un discorso di saluto in cui si invoca, fra l'altro, la divina benedizione, e nella pubblica presentazione agli sposi (ed alle di loro famiglie) dei doni degli amici e parenti". Interrompo il mio interlocutore ricordando un episodio accaduto durante il suo matrimonio: a bagordi già piuttosto avanzati avevo notato che gli sposi avevano abbandonato gli scranni su cui avevano assistito, serissimi, ai festeggiamenti e sotto il grande tendone appositamente predisposto eravamo rimasti un gruppo di irriducibili e danzanti invitati. Improvvisamente un giovane irrompe nel locale correndo e sbandierando un drappo di tela bianca macchiato di sangue. Grida di gioia e plateali manifestazioni di soddisfazione coinvolgono i presenti che circondano vocianti e complici il nuovo entrato. Sorrisi ammiccanti ed un poco ebeti si stampano sul viso di coloro che, opportunatamente seduti sulle panche, sono stati privati della stabilità delle gambe dagli abbondanti abeveraggi. Molto importuno ma altrettanto curioso chiedo dunque quale sarà il comportamento dei promessi sposi nella fase che è compresa fra la risposta affermativa della famiglia della giovane e l'ufficiale celebrazione del matrimonio. Chiedo insomma una spiegazione ed una conferma sull'ostentazione della prova della verginità della ragazza. La risposta mi viene data con tranquillità ed una punta di orgoglio: "Naturalmente ci potevamo incontrare, lei poteva frequentare la casa della mia famiglia ed io quella della sua. Ma si stava insieme solo di giorno ed in presenza di altre persone. Fino al momento del matrimonio niente di più c'è stato fra noi". Ovviamente mi passano la parola per sapere come la gente si comporta da noi. Mi rendo conto di non avere molto da dire a proposito di tradizioni. Risolvo la questione rimanendo sul generico e spiegando che molto meno formalità sono indispensabili e soprattutto meno persone è necessario coinvolgere per sposarsi o semplicemente convivere, permanentemente o saltuariamente. Spiego che spesso è una autonoma decisione degli interessati che, dopo essersi conosciuti intimamente per un certo periodo di tempo, semplicemente comunicano la loro idea ai parenti i quali, a quel punto, non fanno che prendere atto di uno stato di fatto. La mia risposta mi pare molto debole e non sono affatto soddisfatto di questo gioco di tradizioni a confronto. .. Ritorno alla mia casetta, luogo di consumo di povere abitualità da mondo "sviluppato". Un interrogativo, forse più un fugace dubbio, mi accompagna nella notte: è più semplice vivere in un mondo dai valori chiaramente definiti e dalla viva tradizione o piuttosto in uno in cui l'accettazione di qualunque comportamento coincide con l'affermazione della libertà? Quella sera, nella semplice serenità di un racconto, mi è sembrato di leggere una risposta. Rodolfo Galeotti mercoledì 30 giugno ore 21 P.za Dante 21 Diapositive, informazione e dibattito su un progetto di cooperazione internazionale. A cura di Rodolfo Galeotti UNA CITTA' I 5

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