Una città - anno III - n. 21 - aprile 1993

I' GIUSTO INTERVENIRE MILITARMINTI?I LA GENTI COSAPUO' FARI DI CONCRETO? Rispondono Alberto Salvato e Alex Langer Trovo assurdo pensare ad un intervento armato come modo per risolvere il problema della Jugoslavia. non solo perché sono un pacifista. ma perchéso, anche per precedentiesperienze.che laguerra aggrava i problemi anziché risolverli. Ma noi. gente normale. qualcosa possiamo ugualmente fare: sosteneree stare vicino alle vittime di questo assurdoconflitto. Siamo di fronte ad una guerra dentro la guerra: questadecisione dell'embargo nei confronti della nuova repubblicajugoslava ormai ha fatto decine e decine di morti. Non arrivano i generi di prima necessità, le medicine e gli ospedali sonocostretti anon ricoverare più nessunoperché non hannociò cheserve per curare, gli ammalati cronici muoiono quotidianamente, e può essere curato solo chi riesce a procurarsi medicine al mercato nero. Su questecose dovremmo mobilitarci epremeresul nostrogoverno che appoggia questo embargo, che prima di tutto colpisce lapopolazione civile. Poi dare aiuti materiali alla gente che lotta contro questaguerra e sostegno ai profughi, chedi questi tristi avvenimenti non sono la causama la conseguenza.Qualcosa va fatto e subito, perché siamo già in forte ritardo. Le occasioni che si sono presentate per fare sentire la nostra voce, non le abbiamo sapute cogliere. Per esempio, quando ci sono state le elezioni in Serbia, la sinistra non ha capito quanto sarebbe statogiusto eopportuno appoggiare Panie, che poteva costituire una reale alternativa a Milosevic. Questo non è statoe così, di fatto, l'Europa, il mondo, hanno dato il loro avvallo alla vittoria di Milosevic. Poi, con la decisione dell'embargo, hanno dato ancora più fiato al nazionalismo. Vorrei dire comunque che la mia opinione è che non siamodi fronte ad una guerra fra nazionalità, ma fra bande di delinquenti. Se l'informazione fosse più esatta, più puntuale. potremmo capire che quella che ci viene fatta apparire come la guerra di una partecontro lealtre, èqualcosadi di verso. Non solo leartiglieri eserbebombardanocontro i villaggi. maanchequelle croate e musulmane. Le zone accerchiate sono molte di più di quelle citate dalla stampa. E poiché di una guerra tra bande si tratta, occorre denunciare nome e cognome di tutti i delinquenti responsabili di ciò chestasuccedendo in quei territori, ma occorre anchedenunciarechi finanziaquesta guerra. lo so che mentre in Serbia non si trova carta igienica, armi ce ne sono in abbondanzae necontinuano ad arrivare di nuove. E quando l'altro giorno ho tentato di entrare in Jugoslavia dall'Ungheria. con un carico di medicinali. non mi volevano lasciare passare. mentre so che da quella frontiera passano armi in continuazione. Questa è la realtà chedobbiamo tentaredi cambiare con un'azione energicae convinta verso il nostro governo, perché si impegni a realizzare un vero embargo delle armi. A me parecheci sia una volontà politica, a livello mondiale, che ha interesse alla maggiore distruzione possibile della Jugoslavia, perché più la ex repubblica federativa socialista jugoslava sarà distrutta e meno costerà farvi investimenti. E poi quando uno stipendio è ridotto a 35000 lire al mese, quando un medico che in ospedale, fino a 3 anni fa, prendeva 2000 marchi al mese ora ne prende 110-120, è ovvio ormai che là saràfacile speculare. trasferirvi le attività produttive anziché andare ad Honk Kong. Per me questo interesse economico è evidente. Anzi, per confermare quello che sto dicendo, c'è anche un'altra notizia: c'è già un progetto per costruire due nuove centrali nucleari tedesche in Croazia. Dobbiamo allora smascherare gli interessi economici che governano questo conflitto e batterci contro essi abbandonando l'idea di un intervento armato, perché entrare in Bosnia con un esercito, sarebbepura follia. Alberto Salvato C'è una giusta esigenza di non rassegnarsi alla passiva acquiescenza verso la più grande tragedia europea.dopo lasecondaguerra mondiale, e qualche tentazione semplicistica dietro la domanda. Oltre alla fondata consapevolezza che l'Europa ha fatto poco, ha agito spessoin modo sbagliato ed ha omesso molte cose giuste. Oggi penso che davvero occorra un uso misurato e mirato della forza internazionale, e quindi nel quadro dell'ONU (bisogna che qualcuno nel Consiglio di Sicurezzase ne faccia promotore: perché non la Comunità europea attraverso la Francia e la Gran Bretagna?). Per fare cosa?Non certo per appoggiare alcuni dei contendenti contro altri, ma per fermare alcune azioni particolarmente intollerabili e far capire che c'é un limite, che la logica della forza non paga: impedire ogni bombardamento dal cielo attraverso 1·imposizione. anche armata, dell'interdizione aerea sopra la Bosnia Herzegovina; neutralizzare e distruggere gli armamenti pesanti cheassedianocittà evillaggi: aprire la strada all'arrivo degli aiuti umanitari. Se poi non bastasse,si dovrebbe valutare ulteriormente la situazione. Non credo che sin dall'inizio un intervento militare sarebbe stato giusto - oltre che difficilmente possibile. Non si tratta, infatti, di una situazione netta, dove una potenzaaggrediscee gli altri subiscono:purnella prevalenteresponsabiIità del regime serbo, bisogna tener conto anche dell'azione soprattutto croata: una volta che si afferma l'impossibilità che etnie diverse convivano all'interno di una stessacornice statale e che si puntaal lacostruzione di stati etnici, non ci si deve meravigliare troppo se tutti tentano di modificare i confini a proprio vantaggio e puntano alla bonifica etnica del loro territorio. E poi non si deve dimenticare quante cose incruente -possibili e forse efficaci- sono state omesse: si doveva fin dall'inizio indicare una linea chiara: I) nessunaindulgenzasugravi violazioni dei diritti umani (come p.es. nel caso del Kosovo); 2) nessunaaccondiscendenzaversosecessioniunilaterali. non negoziate nel quadro di una soluzione accettabile per tutti. con garanzie chiare per tutte le minoranze che sarebbero risultate tali da unadisintegrazione dello Stato precedente; 3) nessunacomprensione per i diversi signori della guerra (serbi, croati ed infine anche musulmani), ma incoraggiamento e sostegno a tutte le forze meno nazionaliste e più democratiche: nella stampa. nelle radio e televisioni, tra i partiti, tra le amministrazioni (p.es. un chiaro sostegno alla Bosnia ed alla Macedonia, piuttosto che alla Croazia ed alla Serbia): 4) apertura di una corsia preferenziale per tutta la Jugoslavia e le sue entità subentranti verso la Comunità europea; 5) intervento di corpi civili (osservatori. mediatori. volontariato, ecc.)soprattuttonelle fasipre-conflitto. anche dispiegamento preventivo di truppe ONU di interposizione edi dissuasione (cosache dovrà esserefattaoraurgentemente nel Kosovo. in Macedonia. in Voivodina. forse anche nel Montenegro). Cosa possono fare le personecomuni? Non poco. Possonosostenerechi aiuta i profughi. e chiedere al Governo, ai Comuni. alle Regioni, di aprire le nostre porte a loro, alle donne violentate. ai prigionieri rilasciati dai campi di detenzione etnica. Possonosostenere.anche con denaro, coloro chepromuovono soccorsi e coloro che continuano a lavorare per la riconciliazione e per una pace democratica: per esempio il Comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nella ex-Jugoslavia "(c/o Casa della nonviolenza, Via di Spagna, 8, 37123 VERONA, 0458009803, fax 8009212), o il Consorzio dei progetti per la ex-Jugoslavia (e/o ARCI, v. Francesco Carrara 24, 00196 ROMA, Raffaella Solini, 06-3201541, fax 3610858). o il gruppo che cura un quotidiano ponte telefonico tra croati e serbi (Comitato dei cittadini per la solidarietà con la Bosnia Herzegovina. e/o TELMA, p.le Duca d'Aosta 12/a, 20 I 00 Milano, 02-66723227,9; fax 66710063; TELEFONSKI MOST, ARCI, Milano, 025456551, 5782575), o Beati i costruttori di pace (Via Marsilio da Padova, 35 139 Padova, 049663882), o tanti altri ancora. E possonopungolare il governo e l'opinione pubblica italiana ogni giorno: scrivendo lettere ai giornali, telefonando alle diverse rubriche radiofon iche con microfoni aperti. interpellando i loro rappresentanti politici al Parlamento o anche in Consiglio regionale o comunale. Infine i più volonterosi possono anche partecipare in prima persona ad una delle innumerevoli iniziative pratiche di solidarietà e di sostegno, recandosi anche di persona in quelle parti della ex-Jugoslavia, dove ciò è possibile. Tutti i gnippi sopra menzionati organizzano in modo sistematico aiuti e sostegno:ci si può utilmente inserire. Alex umger Pest Control LaCassdaeiRisparmdiFi orlì igiene ambientale • Disinfestazioni • Derattizzazioni • Disinfezioni • Allontanamento colom~I da edifici e monumenti • Disinfestazioni di parchi e giardini • Indagini naturalistiche 47100Forlì - viaMeucci, 24 (Zona 111dustria/e) Te/. (0543) 722062 Telefax (0543)722083 81 1otecaGino Bianco I Un digiuno di solidarietà per la ex Jugoslavia: perché e come. Abbiamo deciso di cominciare un digiuno collettivo per testimoniare la nostra solidarietà con tutte le vittime di guerre di stati, civili eper bande nella ex Jugoslavia. Sappiamo che una vasta, varia e fattiva azione di solidarietà è condotta da tempo, con aiuti materiali, viaggi e contatti diretti, ospitalità, organizzazione di posti di accoglienza, offerta di strumenti di comunicazione: alcuni di noi ne partecipano com'è loro possibile. Tuttavia ci sembra giusto e utile che tutti, e anche chi non partecipa se non marginalmente di questa trama di aiuto civile concreto, mostrino di sapere che l'offesa alle persone e alla umanità compiuta nella ex Jugoslavia, la minaccia che pesa su regioni finora non toccate, e la lezione che ne viene a noi, in casa nostra, sulla fragilità preziosa della convivenza civile, hanno messo l'Europa democratica di fronte al più duro e vergognoso scacco dalla fine della guerra. Abbiamo fiducia nella forza inerme di un digiuno: esso migliora chi lo compie, parla un linguaggio efficace e pulito agli altri, dispone alla condizione più favorevole per perseguire ed applicare scelte giuste, a cominciare dal sostegno alle iniziative volontarie di solidarietà già attive, con qualunque ispirazione ideale o religiosa. Abbiamo probabilmente opinioni e sentimenti diversi, né ci siamo consultati su questo: alcuni di noi vorrebbero che la legittima presenza internazionale nelle regioni in guerra venisse dotata di una forza armata adeguata a imporre la pace e punire gli aggressori; altri sono contrari o diffidano di ogni impiego della forza armata. Altri pensano che le cose siano andate troppo oltre per giustificare queste divisioni, e che siano i fatti compiuti a imporre scelte che in passato avrebbero potuto e dovuto essere evitate. Ancora, alcuni di noi ritengono che vadano denunciate le diverse responsabilità nelle aggressioni, nei massacri e nelle violenze; altri pensano che la denuncia delle responsabilità sia oziosa e rischi di essere strumentale. Ma siamo tutti d'accordo sulla necessità di una solidarietà cheprovi almeno ad avvicinarsi, simbolicamente e praticamente, all'eccezionalità della sofferenza umana e della devastazione civile che ci avvengono accanto. Abbiamo per questo pensato di cominciare il digiuno, il giorno 2 aprile, in coincidenza con l'apertura a Verona dell'incontro che vedrà la partecipazione di un numero ragguardevole di persone affezionate alla pace e alla convivenza provenienti da tutte le regioni della ex Jugoslavia; abbiamo anche pensato di affidare alla presidenza di quell'incontro il nostro digiuno, perché ne faccia l'uso più giusto ed efficace, e gli attribuisca gli obiettivi pratici sui quali ci fosse l'accordo dei partecipanti. Poiché il colloquio veronese mira a convocare una conferenza rappresentativa dei più autorevoli esponenti di tutti i gruppi moderati dell'intera ex Jugoslavia, esso ci offre un'opportunità preziosa di offrire loro la nostra iniziativa solidale, come si offre una sottoscrizione o un aiuto materiale. Per parte nostra intendiamo condurre il digiuno a termine, escludendo ogni oltranzismo, e lasciando ad ogni aderente di stabilire e comunicare la durata della propria partecipazione; di unirci a quanti altri, con ispirazione autonoma e diversa, abbiano intrapreso iniziative simili; e di chiedere a tutte le persone di buona volontà di unirsi al digiuno a turno, in modo da assicurargli una lunga durata -che ne faccia un fuoco perennemente acceso, fino a che il martirio di quei paesi non sia arrestato- e una partecipazione collettiva così imponente da colpire e contagiare le coscienze. Può sembrare che qu_estainiziativa sia intempestiva o debole di fronte al rum·orosoprevalere di problemi drammatici nel nostro paese, come in altri dell'Europa occidentale: sembra a noi il contrario, che senza sottovalutare lagravità dei nostri guai e l'impegno serio ad affrontarli, sia tanto più necessario conservare il senso della misura delle ferite inflitte all'umanità e anche il senso dello spirito migliore che da una più pronta e forte solidarietà può venire alle nostre proprie cose. Ci proponiamo di informare dell'andamento del digiuno, e di raccogliere le adesioni e le notizie sulle iniziative parallele, attraverso l'Arcs-Arci a Roma, al numero 3222205; fax 322231 ?(in particolare dalle 9 alle 13 risponderà Jacopo). Presso il partito radicale ci si può rivolgere a Maria Teresa Di Lascia (06-689791 ). Di chiedere inoltre di informare ed appoggiare l'iniziativa a radio (Radio Radicale, Italia Radio, Radio Popolare, ecc ... ), giornali (in particolare al Manifesto, a Cuore, oltre a che ai quotidiani e settimanali d'informazione) e con ogni altro mezzo. Fra i promotori del digiuno (l'elenco completo sarà fornito al più presto) ci sono: Pina Grassi e Anna Maria Procacci (senatrici verdi); Giampiero Rasimelli (Presidente nazionale Arei); Alexander Langer (europarlamentare, copresidente del Verona Forum); Luca Fornari e Massimo Della Pelle ( di Anagrumba); Giovanni Lolli (direz. Pds); Franco Torreggiani (Cons. Pds Parma, Dir. Arei Nova); Tom Benettollo, Stefano Cristante, Rosanna Carpo, Francesco Scalco (Arcinova); Piero Lo Sardo, Enzo Piperno (ARCS-Arci); Nadan Petrovic (pacifista di Sarajevo); Giorgio Albonetti; Nora Barbieri; Stefano Magnabosco (Arei Solidarietà); Marco Boato (deputato verde); Toni Capuozzo (inviato a Sarajevo); Domenico Cecchini; Stella Cecchini; Paolo Cesari; Ilaria Ciuti; Orietta Rossi Pinelli; Enrico Deaglio; Sergio D'Elia; Carlo Degli Esposti; Maria Teresa Di Lascia; Lisa Foa; Wlodek Goldkorn; Mauro Martini; Mauro Manzoni e Alessandra Cipollina; Fausta Orecchio; Mimmo Pinto (Pres. Arcs); Adriano Sofri, Gianni Sofri; Loredana Susani; Franco Travaglini; Adachiara Zevi; Oreste Del Buono; Michele Serra. UNA CITTA' 7

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