Una città - anno III - n. 21 - aprile 1993

suoi protagonisti e nelle sue vittime, anche se protagonisti purtroppo non ce ne sono, sono tutti vittime e ha gettato un'ombra lunga sul futuro dell'Europa, anche per l'incapacità dimostrata dall'Europa stessa e dalle diplomazie di spegnere questo focolaio al suo interno, questa vergogna al nostro fianco, perché anche di questo si tratta. Sono stato in Somalia e mi sono chiesto diverse volte, nel gioco feroce di chi butteresti giù dalla torre, se valeva la pena di intervenire in Somalia o piuttosto in Bosnia: ho lemie perplessità, assolutamente comuni a molta gente, sugli interventi che si realizzano dove ci sono dei grossi interessi economici. Però ricordo il periodo del Golfo, una guerra per il petrolio, quando, e lo dico con un po' di amarezza, ci fu un'altra attenzione. Non è che una guerra è più nobile se non è per il petrolio. Il pacifismo non deve muoversi di converso. di riflesso. quasi in modo speculare, ali' interventismo dettato dal petrolio. Credo che i profughi della ex-Jugoslavia in Italia non arrivino a duemila mentre l'Austria ne ha diciannovemila. Noi non abbiamo veramente fatto nulla, senza togliere nulla a quei pochi che di cose ne hanno fatte. il pacifismo sembra agire di converso ali' interventismo Se noi guardiamo ali' Italia dei giorni del Golfo, all'Italia che si spaccava in Parlamento, forse questo fornisce una lettura del- !' indifferenza del Governo e del Parlamento, qualcosa di più di una indifferenza, forse si tratta di incapacità. di assenza di una politica efficace nei confronti dei problemi della ex Jugoslavia. Mar assenza di dibattito politico, che avesse una lettura italiana da parte dei partiti italiani, ha generato per converso l'assenza di iniziative del pacifismo: quando ci fu il problema del Golfo, ci fu uno schieramento e una rottura fra i partiti e ci fu una mobilitazione di pacifisti per bene. mossi non da beghe partitiche, ma da un sincero spirito pacifista. Sulla Jugoslavia non si è rotta la sinistra italiana, non si sono scontrati i conservatori e i progressisti, non si sono scontrati i federalisti e i centralizzatori. non si sono divisi i giornalisti. E' sembrata risultare estranea proprio 1•Italia, che aveva certo le sue gatte da pelare e meno nobili motivi di contesa, e questo è sembrato generare anche un"assenza del movimento pacifista. C'è stata la marcia dei cinquecento a Sarajevo e, detto con molto affetto per quelli che hanno partecipato, sono state raccolte solo testimonianze individuali che è qualcosa capace di incidere poco sulla realtà di Sarajevo e poi, per converso. sulla realtà italiana. Non tolgo nulla alla bontà di quella iniziativa però era una voce nel deserto, che ha seminato poco e raccolto nulla, al di là delle testimonianze individuali sommate a quelli che hanno partecipato. Mi pare che proprio in questi giorni si stia parlando di lanciare un movimento di adozioni e/o di affidamento di bambini bosniaci. E' un progetto di difficile attuazione? Il bambino che ho inaffidamento sta durante il giorno con una baby sitter che è una profuga di Sarajevo, che ho cercato e ho scelto perché naturalmente sono disposto a ospitarlo per sempre, mal' intendimento mio è che lui sia restituito a Sarajevo non solo perché ha un padre lì, ma perché la città torni a vivere. Ripeto che questa è una scommessa che non riguarda poi solo loro. Ci sono anche i casi dei bambini figli dello stupro, bisogna muoversi perché si aprano veramente le frontiere ai profughi in questo momento. Ma non bisogna limitarsi a tamponare le ferite e a consolare quelli che piangono, bisogna fare qualcosa di più efficace. L'emsulmano della città che sa che nel momento in cui aprisse veramente le porte, Sarajevo verrebbe a cadere. Immaginate l'esistenza di queste migliaia di persone che non hanno scelto di fare la guerra e che sono trattenute in ostaggio da 12 mesi. Immaginate cosa vuol dire il succedersi dei giorni, le notti passate nelle cantine, le piccole umiliazioni, come per il vecchio maestro il fatto di non potersi radere, per qualcuno il fatto di non potersi comprare un libro o per altri il fatto di non avere più sigarette da fumare. Sono cose che minano la dignità, di chi ne è vittima ma anche di chi sa che una cosa di questo tipo sta succedendo e non fa nulla. Per conto mio alcune cose possono essere fatte. Non credo molto. ripeto, nell' intervento militare, mi pare un'avventura molto pericolosa per tutti. una ferocia "educativa": uccidere per cacciare bargo evidentemente non è bastato così come Ma alcune cose possono essere fatte tranè stato applicato. Ci vorrebbero dei mezzi di quillamente, come vietare lo spazio aereo. pressione più efficaci dal punto di vista una misura che e· è già ma che non viene cieli'iniziativa diplomatica. rispettata, vengono fatti ancora dei bombarUn intervento militare? damenti, dei mitragliamenti in elicottero. Il Sono perplesso rispetto ad un eventuale in- governo italiano. per esempio. a suo tempo tervento militare così come viene normai- esigeva un· inchiesta e che venissero puniti mente inteso. nel senso che credo che an- coloro che abbatterono l'elicottero italiano dremmo incontro a un connitto che rischie- sui cicli della Croazia (ad abbatterlo fu un rebbe di allargarsi e che sarebbe estrema- Mig dell'aviazione federale serba, una mismentc sanguinoso. sione di volo registrata con tanto di nome e Sono contrario non solo perché si possono cognome). Oggi i familiari degli aviatori risparmiare delle vite umane, ma perché (che erano lì in qualità di osservatori per credo che l'efficacia sarebbe relaiiva. Ci conto della Comun ità Economica Europea), sono delle milizie ben addestrate. feroci, non hanno mai avuto una riga e non è mai ormai abituate alla guerra, con il gusto della stato istruito nessun processo. 11ministro guerra purtroppo. Colombo è stato a Belgrado. La cosa era di lo credo che una forza cli pace fortemente facilissimo accertamento perché sapevano armata, una forza di pace mas!-.icciaingrado quale Mig ha sparato, anzi era un ufficiale di incutere timore e quindi cliavere un forte pilota inmis~ioncclivolo regolarmente regideterrente forse potrebbe ottenere qualche s1rata. Sarebbe stata un· inchiesta rclativarisultato. E insieme a questo iniziative piate- mente semplice. rispetto ai processi di cui ci ali come convocare il Consiglio d'Europa o riempiamo la bocca sui crimini di guerra. il Parlamento europeo a Sarajevo. cioè eli- Allora è inutile che noi assolviamo la nos1ra minare la vergogna dei 370 mila mussulma- coscienza promettendo questi processi nel ni, serbi e croati che sono in un vero e mentre il reato continua a essere perpetrato, proprio campo cliconcentramento. inquesto perché oggi e' è qualche donna che viene momento nient'altro che ostaggi. L'assedio stuprata, c'è qualcuno che viene ucciso ~cnè serbo, i maggiori responsabili cli questa za ragione alcuna. Ben vengano i sussulti guerra sono i serbi, ma in qualche modo civili,l'inclignazioncmoralcdigros~o~pcsquelli sono ostaggi anche del governo mus- ~orecome quella cliuna nuova Norimberga. B1ol1otecGa ino Bianco però questo non ci assolve dal fare oggi e subito le cose che possono essere fatte subito. Tu sei stato diverse volte in Jugoslavia, hai saputo qualcosa di più preciso sui campi di concentramento e sulla violenza alle donne? A volte è una guerra che viene combattuta come tutte le guerre moderne con la propaganda. Si parla spesso cli genocidio. ma i serbi non hanno inmente il genocidio. iserbi hanno in mente la pulizia etnica. Ti riporto una confidenza che mi fece un poliziotto serbo una sera, dopo aver bevuto in abbondanza, su qualcosa che era successo poche notti prima a Sbornik in Bosnia, ai confini con la Serbia, una località che in questi giorni è molto combattuta, dove in genere vengono bloccati i convogli. Mi ha detto: "Avevano fatto dei prigionieri. che erano civili, uomini, donne e bambini, un gruppo di una trentina di persone. Li hanno portati in qualche cortile di casa qui vicino perché li ho sentiti da casa mia tutta la notte che cantavano canzoni serbe. perché erano obbligati a cantare canzoni serbe. Verso l'alba ho sentito delle raffiche climitra e poi silenzio". Perché questo? C'è rodio feroce di chi ha avuto un parente ucciso. la vendetta cli chi deve sfogarsi. Ma la ferocia di queste morti ha una forte sottolineatura ''educativa·•. uccidono per cacciare. Quelli che stanno nei campi di prigionia sono persone clicui loro ben volentieri si clisfcranno.Quando parliamo clilager, le parole devono avere il giusto significato: quelli non sono lager di sterminio. anche se sono posti dove il miliziano va e preleva una donna per rubare una sua pretesa forma di piacere o dove si può uccidere con tutta facilità: ma non e' è sistemalicamente lo sterminio. L'opinione pubblica internazionale pone gli occhi su questa cosa per chicclcrc cliconsegnare questi prigionieri perché sanno semplicemente che è il prodotto ultimo cli pulizia etnica in una zona, "li abbiamo raccolti in un campo e li restituiamo", perché non è pcnsabi le sterminare per intero i mussulmani. E poi esistono anche campi mussulmani. Le proporzioni sono cli 80 campi serbi contro I O mussulmani e I O croati, anche perché sono i serbi che hanno conquistato 1'80 % elci territorio. Anche se il responsabile numero uno è Milosevich che è stato il primo a dare inizio a questo vcrminaio e a queste incursioni nazionalistiche, quindi gran parte clicolpa cliquesta guerra poggia sul versante serbo, vorrei anche dire che non si tratta solo di colpevolizzare il versante serbo. soprattutto se vogliamo salvare gli ultimi residui di possibilità cliconvivenza. Dobbiamo evitare le equazioni facili come serbo uguale criminale di guerra, anche seè vero che sono loro i protagonisti essendo i vincenti sul campo. Riguardo agli stupri posso dire che chiamano vendetta e che fanno parte di tutte le guerre. La cosa più allucinante è la volontà di lasciare gravide le donne stuprate. Questo si avvicina molto al nazismo. C'è, da parte dei serbi che li commettono, la volontà non solo di umiliare ladonna, ma anche una volontaria inte112ionedi costringere la donna a partorire un serbo, perché il seme dell'uomo era serbo. Questo riporta al problema di fondo della convivenza fra le etnie che è quasi una chiave clivolta, il problema più grosso. Purtroppo io penso che discutere -aborto sì, aborto no- sia in qualche modo fuorviante perché mi sembra una polemica consumata in "corpore vili"delle donne bosniache, ma per un utilizzo italiano, per rinfocolare schieramenti, progetti di legge o progettidi abolizionedi leggi riferite all'Italia. E' fuorviante anche perché questi gruppi interi di ragazzine ineffetti hannogià abortito, non hanno bisogno né di buoni né di cattivi consigli, né di profonde speculazioni. Non solo per una forma cli rispetto -lasciamo che siano loro a decidere-, ma anche perché hanno già deciso. in moltissimi casi. Purtroppo è una tragedia che si dipana con una facilità e una profondità crescenti e lavacuità del dibattito italianosuqueste cose scorre via veloce. Il rischio è che la pulizia etnica a questo punto sia consolidata. Potranno convivere nuovamente i serbi, i croati, i mussulmani? Cosa si potrà fare? lo credo che ormai sia troppo tardi, ci sono degli odi radicati e delle ferite troppo profonde. Conosco delle persone che a sei mesi dall'inizio della guerra continuavano a frequentarsi in compagnie miste con vari amici serbi o mussulmani. Continuavano a vedersi, a parlarsi e oggi hanno rinunciato. Mi sembra molto difficile per un serbo che non abbia preso le armi, mite, che sia rimasto anche dentro a Sarajevo durante l'assedio, e lealmente nei confronti degli altri, non esserequalcunoconsiclerato diverso. La convivenza richiede sempre un travaglio lungo perché non è vero che poi l'uomo è così buono. Bisogna saper riconoscere se stessi per poter poi apprezzare quelli che non sono come te e che quindi ti possono dare delle cose. L· intolleranza etnica richiede solo un colpo cli fucile e protratta così nel tempo anche le persone più accanitamente contrarie alla guerra faranno fatica a far finta che nulla sia successo. c'è citi si suicida, vecclti clte si lasciano andare Solo forse in presenza cliunmassiccio schieramento internazionale che garantisca la sicurezza sarebbe possibile. ma si tratterebbe di una tolleranza imposta e non so quanto funzionerebbe, forse ci vorrebbero anni e anni. Chiacchierando con i miei operatori sloveni. che sono cliCapodistria. mi dicono che l;1si è salvata un po· climultinazionalità perché continuano ad esserci croati. mussulmani e tutti quanti guardano da lontano questa guerra e mantengono un minimo cli convivenza inquesto angolo della Slovenia. Ma prevedono che si formeranno degli stati etnicamente puri. e forse ci vorranno 2 o 3 generazioni, quando saranno degli stati anche un po· noiosi. perché una ragazza serba trovi un mussulmano piacente e una ragazza mussulmana trovi un interesse per un croaSara·evo e noi 10. E se, comunque, nessuno lavorerà per tener vivi i fantasmi del passato ... Se l'Europa non fa i conti oggi con questa vergogna, con le sue responsabilità, rischia di trovarsi 1• inferno alle porte di casa. La via a una costruzione di una leadership internazionale è così difficile, così tormentata, vediamo che tutto è così confuso; o si costituiscono del legaranzie, dei punti di riferimento, delle certezze. del "sentire comune", il concetto di ··casa comune", oppure governare le tensioni diventerà sempre più difficile. Da quest'ultimo punto di vista credo che 1•Europa debba lamentare l'assenza di Gorbaciov, anche rispetto alla crisi jugoslava. La ''casa comune" sembra oggi barcollante, perché in Russia è in crescita un panslavismo poco rassicurante. Sono finite le super potenze e assistiamo quasi a una diaspora impazzita di piccole potenze che devono crescere ed affermarsi in guerre che sono sempre più fratricide e che sono quelle che sfuggono di più. E Sarajevo oggi è nell'occhio di questo ciclone impazzito ... Sarajevo è una città così. E in uno sfondo comunque drammatico, puoi trovarti di fronte situazioni quasi paradossali. C'è un gruppo che fa teatro alle undici di mattina, ci sono ragazze truccate (mi chiedevo come fosse possibile dato che non ci si riusciva neanche a lavare) che poi fanno la fila alla fontana per lavarsi con il rischio di un bombardamento. Dicono che conta poco come fanno perché bisogna volersi bene per continuare a sopravvivere. E' una città dove ci sono dei suicidi, ci sono dei vecchi che si lasciano andare. Per loro è tremendo. Noi ci occupiamo dei bambini perché sono i più incolpevoli, ma la sofferenza non risparmia nessuno. Avevo conosciuto per strada una ragazza non più ragazza che parlava l'italiano perché aveva studiato in Italia, laureandosi in architettura a Roma ed aveva lavorato in uno studio. Sono -andato a casa sua a bere un caffè e mi raccontava di quando aveva rinunciato a lavorare nello studio di Roma in parte perché aveva dei genitori anziani a Sarajevoe inparteperchépensavache l'esperienza acquisita a Roma le potesse consentire un destino professionale brillante a Sarajevo che era una città abbastanza spregiudicata dal punto di vista architettonico, che aveva un fascino non indifferente per qualunque architetto e a maggior ragione per un architetto che era nato a Sarajevo. Liliana tornò a Sarajevo un anno prima della guerra. All'ultimo censimento lei si era dichiarata jugoslava, ha il padre croato e la madre serba. Il padre, che ho conosciuto, parlava italiano e aveva partecipato a dei raduni di partigiani, credo a Rimini. Naturalmente egli scuoteva la testa rispetto a quello che stava succedendo. Sono tornato una seconda volta a trovarli e la ragazza era visibilmente sfiorita nel giro di 4 mesi; ho fatto fatica a trovarli perché l'appartamento incui stavano era stato bombardato, fortunatamente durante la loro assenza, e si erano trasferiti al piano di sotto al posto di un'altra famiglia che era andata profuga. Il giorno dopo uscivo da Sarajevo. Sarei rientrato provando il percorso per portare fuori il bambino, e ho portato loro una spesa, della quale sono rimasti felicissimi. "Cosa posso portare?" Chiedevo. La signora aveva un sorriso come se avesse paura di chiedere troppo perché le sembrava un lusso eccessivo: della marmellata, mi disse. Il padre mi chiese le batterie per la radiolina che era l'unico suo mondo. "Non è possibile uscire da Sarajevo?" Chiedevo loro. "Noi non siamo di nessuno", mi rispondeva la ragazza, siamo jugoslavi, non siamo né serbi, né croati. L'ultima volta, tramite un mio amico. mi ha fatto sapere che aveva bisogno di soldi. glieli ho mandati. Al ritorno il mio amico ha detto che non era riuscito a parlarle a lungo, magli aveva detto che il p"aclrera morto. Questa è la storia di una famiglia. Ora il compito di Liliana, anzi il suo lavoro -prende 5 marchi tedeschi al mese- è andare per conto del governo mussulmano della città a registrare i danni dei bombardamenti nelle case e valutare i costi cliguerra. L'ultima cosa che mi ha detto è stata: "Se un giorno riuscissi a uscire eiaqui non tornerò mai più a Sarajevo". • INffRVISff: A To11iCa11110::.:.o: Liana Gavelli. Ma>,imo Tesei. A Mimmo Pinto: Ro!'lannaAmbrogcui e Franco Mchmdri. A Gia1111Di'Elia: Rocco Ronchi e Gianni Saporcni. A Carlo Galli: Franco Mclandri. A Fm11cescoCa11111iom•: Ilaria Baldini e Robcno Borroni. A Midheu, Ba:dalic: Liana Gavclli. Massimo Tc,ci. Folo di Fauslo Fabbri. Folo di pag. 2 e 3: di Midhcl:l Ba1.dalic;di pag. 3. 4. 5. 6: di Claudio Baz1.occhi: di pag. I O: di Libero Casamurma; di p:,g. I I: di Ilaria Baldini. UNA ClffA' HANNO COLLABORA 'fO: Riia Agnello. Rosanna Ambrogcni. Giorgio Bacchin. Ilaria Baldini. Nico Beni. Paolo Bcnoui. Robcno Borroni. Libero Ca,amurarn. Michele Colafalo. Fauslo Fabbri. Daniela Filippclli. Rodolfo Galeoni. Liana Gavelli. Alex l~1nger. Diano Leoni. Mar,io Malpcui. Silvana Masselli. Orlanda Mancucci. Franco Mclandri. Morena Mordemi. Carlo Poleni. Linda Prali. Rocco Ronchi. don Sergio Sala. Albcno Salvalo. Gianni Saporcni. Sulamil Schncidcr. Fabio S1racla, Ma"imo Te,ci. Sarah Wibon. Ivan Zanini. Progcuo grafico "Ca-...1Waldcn ... Fo1oh11DTP· SCKIBA UNA CITTA' 5

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