Una città - anno II - n. 18 - dicembre 1992

perché allora col legno si faceva quasi tutto e dunque non si poteva fare a meno di proteggerli, ma si proteggeva il prodotto, non qualcos'altro. D'altronde, abbiamo eliminato più boschi negli ultimi cento anni, in Europa e fuori d'Europa, che in tutta la storia dell'umanità. Ma è possibile non creare l'idea dell "'altro", del "diverso"? Non è forse un aspetto fondante, da cui non si può uscire, del nostro pensarci essere umani; del nostro essere un qualcosa di interno, ma, allo stesso tempo, di diverso dalla natura? Si esce riflettendo, cercando di arrestare la corsa. Oggi abbiamo sopratutto bisogno di fermarci. Lo dicono in tanti, ma non è mai detto abbastanza, perché in fondo nessuno si ferma veramente. Fermarsi non vuol dire fare un week-end. Il week-end è la continuazione della settimana lavorativa, trasformata in forma vacanziera, ma con lo stesso stile, lo stesso ritmo, la stessa mentalità. Non ci si ferma per pensare, per cambiare, si cambia solo nomenclatura ad un periodo della propria esistenza, ad una settimana, ad un fine settimana, ad un pezzo dell'estate. eia diverso funzionale a diverso sostanziale Se invece ci fermassimo, ci guardassimo nello specchio e avessimo anche il coraggio di ammettere che abbiamo sbagliato, potremmo vedere che tutto ciò che abbiamo chiamato "altro" o "diverso" è diverso solo funzionalmente. E' "diverso" solo perché ci si possa riconoscere l'uno con l'altro, perché si possano capire i pregi e idifetti l'uno dell'altro, ma non diverso nella sostanza. Il "diverso" è nato soprattutto da un grande senso di paura, che a sua volta è nato dalla rimozione di tutto ciò che noi chiamiamo il "diverso". Quando nelle città italiane del medioevo i lupi venivano impiccati perché ritenuti criminali, malvagi, lo si faceva perché si dava un'anima al lupo. Il lupo era ritenuto qualcosa di profondamente perverso ed era diventato il punto di convergenza che faceva scatenare ciò che di perverso era invece nell' uomo. Da allora ad oggi ci si è mai guardati nello specchio? Ci si è mai fermati cercando di renderci conto che noi abbiamo creato il diverso, che da diverso funzionale è via via diventato un diverso sostanziale? Certo l'uomo deve difendersi dal lupo, ma l'uomo esagera quando vede nel lupo il brigante, il malvagio. Proprio San Francesco d'Assisi ammansì il lupo di Gubbio, che gli abitanti vedevano con un terrore assurdo, perché I' uomo può uccidere il lupo, dicendogli "tu mangi anche le persone perché hai fame, non perché tu sia cattivo". Ordinò quindi agli ugubini di dar da mangiare al lupo ed il terrore finì. E' difficile guardarsi nello specchio, liberarsi di un lungo passato che negli ultimi decenni sempre più fortemente ha portato al distacco dalla volontà di dubitare, dalla volontà di avere forti sospetti sul comportamento umano. Al distacco dalla volontà di vegliare, come avveniva in quel periodo di grandi crisi che è stato l'alto medioevo, nel silenzio delle notti per considerare ciò che avviene come esterno, non più attaccato a noi. Ma questo è molto difficile. Al contrario, assistiamo invece ad un attaccamento sempre più stretto dell'uomo a quelle che chiamavamo protesi, diventate ormai degli arti. L'uomo è diventato egoista, visionario, solitario perché non vuole perdere nulla; perché teme che qualsiasi persona gli tolga qualche cosa, anche quegli ammennicoli a cui si è tantoaffezionato. Tra poco classificheremo come "altri" anche i nostri genitori, i nostri fratelli. Se ci fermiamo veramente, però, rimaniamo quello che siamo; esiste una "natura" al di là delle storicità che potrebbe emergere fermandoci? Naturalmente vale la pena di fermarsi solo se poi ne viene un risultato positivo. Fermarsi, dunque, per cambiare in meglio. Io sottolineavo la necessità dell'arresto di un certo stile di vita, per considerarlo molto lontano da noi. Preliminare, è appunto una sosta che ci permetta di considerare le cose, di giudicare fino a che punto devono essere continuate e quale loro componente, soprattutto quale loro spirito e motivo informatore, vada eliminato. uno strumentario risolutore cli fuHi i problemi Io mi guardo bene dal I' abbracciare quelle prospettive ecologiste che divinizzano la natura, che rischiano di considerare più l'albero che l'uomo, più l'animale che la persona umana, però la tecnologia, senza cui l'uomo non sarebbe tale, contiene ormai una sostanza perversa che va individuata e separata dagli aspetti positivi del la tecnologia stessa. Ma credo, e lo dico stando male, che ciò sia molto difficile. Il primo passo è appunto fermarsi, considerare la realtà attuale. Il secondo passo, ancora più arduo, è cercare di capire quello che stiamo facendo. Fermarsi per buttare quanto c'è di perverso e tenere il buono. Ma l'ingegneria genetica che cura il diabete è la stessa che permette gli innesti di geni umani in animali. Come scindere? L'ingegneria genetica, come tutta la tecnologia, ha due facce. Una faccia positiva e indispensabile, quella che guarisce le nostre malattie, ed una faccia abusiva. E' questo l'intervento, giudicato abusivo anche da molti scienziati, in campi come quello dell'interrelazione fra mondo umano e mondo animale; un campo in cui non sappiamo, al di là di ogni aspetto moralistico, fino a che punto ci sia lecito intervenire. Non sappiamo quali ripercussioni ci possano essere. Allora: perché non vietarci di farlo? Almeno fino a quando non saremo più avanti con la scienza genetica. Lo strumentario che ha l'uomo per intervenire su se stesso e su ciò che chiamiamo "altro" è indispensabile, ma è sempre più ispirato dalla volontà di utilizzarlo come mezzo risolutore di tutti i nostri problemi. E' in questo senso che si stanno profondendo le conoscenze tecnologiche; soprattutto si sta perfezionando la nostra mentalità di utilizzatori fideistici della tecnologia come risolutrice dei più grandi problemi. Perché non si parla solo di risolvere il problema della fame, ma anche problemi che riguardano la mente umana. Si entra nella sfera immensa della follia, della nevrosi, si cerca di prospettare un cervello umano addomesticabile, con strumenti che, mi permetto di dire, fanno ridere di fronte alla complessità del cervello e dell'anima dell'uomo. Si prospetta già un uomo diverso, si vuole costruire un uomo diverso, ma sarà un omino, un piccolo uomo come lo sono molti scienziati, che credono di essere solo loro a sapere le cose. A volte un contadino "ignorante" nella sostanza ne sa più di tanti scienziati, perché conosce meglio e rispetta certe esigenze profondamente umane che, volere o volare, sono ancora legate al mondo della natura e devono esserlo. E speriamo che questo tenue filo non sia mai tagliato. - LA COSA MERAVIGLIOSA E' ormai senso comune affermare che la civiltà europea/ occidentale viva una crisi di senso che si ripercuote in ogni aspetto del modo di essere e di vivere di noi contemporanei e, fatto ancor più preoccupante, questo accade mentre la capacità operativa che la nostra civiltà ha creato cresce in modo apparentemente inarrestabile. Tale capacità operativa si presenta oggi sotto le spoglie del sapere logico-scientifico, l'unico sapere che parrebbe non avere nulla da temere dalla crisi del senso e dei valori della nostra civiltà. La scienza pretende infatti di essere una modalità conoscitiva ed operativa "oggettiva e sempre modificabile", una modalità che di per sé non esprimerebbe alcun senso o alcuna teleologia, "accontentandosi" di conoscere sempre più approfonditamente le "cose" del nostro mondo e su di esse agire. E' proprio in virtù di tale pretesa "oggettività" e "laicità" che, soprattutto in epoca di crisi di senso, essa può tranquillamente dispiegarsi e "piegare" a sé la società, senza più remore moralistiche o limiti metafisicamente determinati. Ed è proprio in questo procedere, in questa presa del potere tendenzialmente totalitaria, che la scienza sempre più entra non solo nella nostra quotidianità, ma anche negli eventi-limite della nostra esistenza: la nascita e la morte. D'altra parte non può essere che così: è proprio negli eventi-limite dell'esistere, nel rapporto che sappiamo creare con essi, che si determina il modo del nostro essere nel mondo ed è quindi su di essi che la scienza deve misurarsi nel suo essere ormai l'unica cifra dell'occidente. Un esempio di questo procedere della scienza e del- !' adesione acritica ai suoi metodi e fini mi pare, almeno da ciò che traspare dall'intervista pubblicata nel numero 16 di "Una Città", quello espresso da Gabriele Ravaiol i,esponente di rilievo dell' AIDO. Ravaioli dichiara infatti del tutto tranquillamente che "Il dramma è che noi parliamo di riciclo ( ...) e i cuori e i reni li buttiamo via" o che "Mentre abbiamo la certezza sulla morte non abbiamo la certezza sulla vita" e pare non avvedersi che, così dicendo, egli parla non tanto della vita che ognuno di noi sperimenta, ma presenta unicamente l'immagine che del nostro vivere ha la scienza. Inoltre con le sue parole egli mette anche in luce le assurdità cui la logica scientifica giunge. Proprio perché "scienza", cioè sapere ed operare "oggettivamente" fondato, essa non può che oggettivizzare totalmente il suo campo d'azione; solo oggettivizzandolo, solo rendendolo "cosa" senza altra natura che la sua materialità, infatti, esso sarà misurabile e definibile. Una misurabilità e definibilità che, a sua volta, è la condizione essenziale perché la scienza possa diventare, da conoscenza, azione e pratica. Ed è co:,ì che, nel caso specifico della "scienza dei trapianti", essa si trova nella condizione di dover misurare, definire, inscatolare in concetti, quindi in astrazioni, la mutevolezza del vivere e di ciò che, per primo, di tale vivere ci dà possibilità e consapevolezza: il nostro corpo, la sua vita, la sua morte. In questo procedere, tuttavia, la vita -quella con la minuscola, quel la concreta, quotidiana che tutti sperimentiamo- si prende la rivincita ed ecco che le logiche scientifiche giungono al paradosso di non sapere più su che cosa basare il loro fare; giungono cioè a non poter più definire i limiti e gli ambiti ali' interno dei quali la loro azione sarebbe lecita. La scienza quindi, volendo presentarsi come l'unico vero strumento e fine di "una battaglia per la vita" arriva, come dimostrano le parole di Ravaioli, a dire che l'unica certezza che ha non è tanto sulla vita, cioè su quanto tutti sperimentiamo, ma sulla morte, cioè sul mistero che tutti attende, ma di cui nessuno può dire, definire, l'esperienza. Non solo, ma nella stessa logica il corpo stesso, cioè quel- !' entità scientificamente indefinibile che ci fadire"iovivo", diventa solo "cosa", la cui vita e la cui morte non sono uno stato inerente al corpo stesso, ma devono essere decise dalle macchine, dall'osservazione tecnologico-scientifica. Il problema, quello che alla logica scientifica sfugge, è che ciò che noi siamo lo sappiamo, ma, almeno con le categorie di pensiero occidentali, molto difficilmente possiamo definirlo. Il considerare i corpi degli esseri umani solo "cose" che contengono un'anima immortale o, ali' opposto, considerare I' irriducibile singolaritàcheognuno di noi è come una specie di "incidente", di fatto trascurabile, della biologia è ciò che ha permesso le più grandi nefandezze, magari in nome della liberazione dei corpi o degli spiriti presenti o futuri, ed è questa stessa logica quella che governa oggi pratiche come quella del trapianto di organi. Una logica per cui riesce incomprensibile buttare buoni "pezzi di ricambio" e che finisce per stupirsi se qualcuno con un pezzo rotto ha crisi psicologiche e di coscienza ali 'idea di montare un pezzo nuovo. Il problema fondamentale, ed all'interno del quale anche l'eventuale possibilità di trapiantare organi andrebbe posta, è che noi, quindi anche il nostro corpo morto, non siamo, né possiamo essere, "cose". Siamo un tutto unico,· singolare ed irripetibile, un "miraculum", una "cosa meravigliosa", e ·quanto questo sia vero non ce lo dice solo il nostro vivere, ma, forse ben di più, ce l_odicono gli affetti e le sensazioni, il relazionarsi col mondo, di cui siamo causa negli altri o che gli altri sono per noi. Ognuno di noi è parte di un insieme di affetti, di relazioni, di significati, cioè di vita, in cui siamo precipitati da un evento meraviglioso, la nascita, e da cui solo un altro evento, drammatico e quindi "meraviglioso", quale la morte, può separarci. Ma nascita, vita, morte, appunto perché singolari, "meravigliosi/miracolosi", come tali vanno visti e vissuti, checché ne dica la pratica della cura delle malattie che sempre più vuole presentarsi come "scienza del la vita". Solo se saremo capaci di sentire il vivere nostro e altrui in questo modo sarà, forse, possibile pensare di donare organi. Solo se potremo farlo così come una madre allatta il suo neonato o i vecchi eschimesi si facevano abbandonare dai familiari sul pack in attesa che un orso li divorasse. Lo stesso orso che poi il cacciatore avrebbe ucciso per far cibare con le sue carni i figli. Spesso nipoti del vecchio che attendeva, solo, la morte sentendoche "oggi è un buon giorno per morire". Franco Melandri BREVErrARE LA VlrA: L'ANIMALE fRANSGENICO Inventare la vita è sempre stato un sogno più o meno recondito del I' immaginari o umano, oggi l'ingegneria genetica sembra dare una mano alla realizzazione di questo progetto. Il termine transgenico viene usato per indicare quegli animali che hanno integrato DNA esogeno nella linea germinale come conseguenza dell' introduzione sperimentale di materiale genetico. Nel 1982 Palmiterecoll. introdussero un frammento di DNA, contenente il promotore del gene della metallotionina di topo fuso al gene che codifica la sintesi dell'ormone somatotropo di ratto, in pronuclei di ovuli fecondati di topo. Dei 21 topi nati sei presentavano uno sviluppo abnorme del corpo, circa il doppio, e furono definiti "supertopi". Nel giugno dell'85 Brinster e Palmiter annunciarono di essere riusciti a creare pecore, maiali, conigli transgenici per l'ormone della crescita. Nel1'aprile del 1988 un topo bianco è entrato nella storia della giurisprudenza come il primo animale brevettato negli Stati Uniti. Philip Leder e Timothy Stewart hanno ottenuto questo transgenico per la vivisezione inserendo un oncogene nelle cellule uovo del topo dando vita all'Oncomouse o topo di Harward destinato a sviluppare inesorabilmente il tumore mammario. E' cominciata così la messa a punto di animali transgenici da utilizzare nei laboratori di vivisezione, in zootecnia e come produttori di particolari sostanze utilizzabili dall'industria farmacogenetica. Anche in Italia entro cinque anni saranno ottenuti alla facoltà di agraria dell'Università Cattolica a Cremona i primi esemplari di vacche transgeniche in grado di produrre latte con meno grasso ed un maggiore contenuto di proteine. Un fine dichiarato sfiora addirittura il ridicolo: ottenere un latte bovino che abbia le caratteristiche del latte di bufala per produrre mozzarelle! Il centro di ricerche biotecnologiche (Crb) dell'Università Cattolica di Cremona si svilupperà - guarda caso - con l'apporto finanziario e scientifico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Un'altra area di ricerca riguarda il contenuto di cisteina nel sangue di pecora per la produzione di lana. E' stato infatti notato che le cheratine presenti nella lana sono caratterizzate da un alto tasso di cisteina e che quando il livello di tale amminoacido viene sperimentalmente aumentato anche il peso della lana aumenta. La ricerca pertanto punta ali' introduzione nella pecora di geni che codifichino per il sentiero di sintesi biochimica della cisteina al fine di incrementare l'amminoacido circolante. Un esperimento in tal senso è stato condotto da Murray e coli. ( 1989) sulle pecore australiane di razza Merino, e da Ralph ( 1988) per produrre pecore transgeniche in grado di sintetizzare cisteina. Un ormone particolarmente studiato in zootecnia è, come facilmente immaginabile, quello della crescita, (GH). Le ricerche effettuate sulla costruzione di animali transgenici per l'ormone della crescita hanno dimostrato che il persistente eccesso di GH, per es. nei maiali transgenici, è nocivo alla salute generale degli animali. Tra le patologie prevalenti si sono rilevate zoppaggine, letargia, ulcere gastriche e nelle femmine anestro. I lavori sulle pecore transgeniche hanno dimostrato che l'eccesso di produzione del l'ormone della crescita riduce il grasso, aumenta il ritmo metabolico e la temperatura, causa anormalità schel~triche e pregiudica la sopravvivenza. Le pecore transgeniche contenenti un gene di fusione di metallotionina e somatotropina sono infatti morte tutte prima dei 12 mesi. Un altro aspetto davvero inquietante è legato alfa brevettazione degli animali ingegnerizzati. L'animale transgenico viene equiparato ad una invenzione e come tale suscettibile di brevetto. Secondo il premio Nobel Renato Dulbecco la brevettabilità dei transgenici è non solo necessaria ma giustificabile sotto il profilo biologico. La manipolazione del genoma degli animali domestici ha portato fino ad oggi ad un'alta dose di sofferenza nei soggetti sottoposti ad interventi di transgenia. Non c'è lavoro che non sottolinei l'alterazione di processi metabolici essenziali e la presenza di gravi patologie. Il maltrattamento genetico assume sicuramente un aspetto più problematico rispetto a quello stabulativo e alimentare, perché non può essere rimosso dagli animali su cui è stato effettuato, ma solo emendato. Per questo è necessario battersi prima di tutto affinché animali malformati non vengano portati in vita. Roberto Marchesini UNA CITTA1 da leggere In questo anno e mezzo sono stati intervistati Remo Bodei. filosofo: don Pielro Fabbri, della Caritas di Forll: Renzo del Carria. presidente onorario della Lega Nord di Toscana; il Rabbino Luciano Caro; Giorgio Ceredi. vecchio comunista; Oscar Laghi, psicoanalista di Forlì; don Francesco Ricci; Maurizio Viroli, forlivese che insegna a Princeton; un sieropositivo e sua moglie; Beniamino Matatia e Cesare Finzi, ebrei di Faenza; Hannah Siniora, dirigente palestinese; don Arturo Femicelli, prete carismatico di Forll: padre Ennio Pintacuda, di Palermo; Angelo Panebianco. editorialista del Corriere della Sera; Aristide Missiroli. medico di Forll; Grazia Parisi, psicologa Usi Forlì; Dario Antiseri, professore universitario di filosofia di Roma; Judith Malinadel Living Theatre: Giannozzo Pucci, fondamentalista verde; Giovanni Zauli. professore di scuola media; Valeria Capelli, professoressa di Forll; Matilde Mengozzi. casalinga; un'anziana signora ebrea: Serena Sartini, di Animai Liberation di Rimini, Elena Baredi, scout comunista ingraiana di Cesena; Milad Basir, palestinese: Augusto De Molo, professore di liceo scientifico; Fadila Bakadour. algerina di Cesena: Livia Zanni e sua figlia Laura; Gabriella Frignani. mamma; Liliana Casadio, della comunità di Sadurano; Valerio Paccheui e Tilverio Turroni, ex-operai della Becchi: GiorgioCelli, etologo; Carlo Sorgi, magistrato: Loris G., ex-tossicodipendente; Patrizia Gentilini, aiutoprimario a Oncologia di Forlì: Mariella Rivalta, exmissionaria laica oggi affidataria; padre e figlio albanesi: Antonieua Di Castro; Nusseibeh. dirigente palestinese dei tenitori: Mauro Bacciocchi, responsabile dell'exufficio di collocamento; Viviana Venturi, psicoterapeuta; Graziella Salaroli, coordinatrice volontari IOR: Pippo Tadolini. ginecologo; Lida De Carolis e Maria Montanari,di Comunione e Liberazione: gli "extra" di Collina: Mario Bartoli, medico: Maria Pia Dradi, etnologa; Katia Baffioni, insegnante: Giuseppe Copertino, pastore avventista; Giovanna Ravaioli. assistente sociale: Flavia e Sandra Busalla. etnologhe; Florence Ribot. di Cà del Vento di Imola; Paolo Bianchi. gay di Cesena; Vito Fumagalli, storico; Nanni Salio, teorico pacifista: Roberto Marchesini, presidente del comitato nazionale difesa animali d'allevamento; Carlo Ginzburg, storico: Adriano Sofri; Edoardo Albinati. scrillore; don Piero Morigi, teologo; Fausto Thaiten Guareschi, maestro zen· Alberto Salvato, militante pacifista; Ana Gomez, ricercatrice universitaria; Daniela Ciani, femminista'. Giampiero Morelli, filosofo: Carlo Flamigni, primario di Fisiopatologia della riproduzione a Bologna: abbonamento ordinario: 25.000 abbonamento sostenitore: 50.000 e.e. n. 12405478 intestato a eoop. UNA eJTTA', Via Ariosto 27, Forlì Tullia Ze_vi.presidente ?ell'Unione delle Comunità_lsraelitiche italiane; Alex Langer, deputato europeo verde; Gianluca Manzi, poeta e filosofo: don Dario C1a111A: lberto Asor Rosa, storico e critico della lelleratura: Villoria Sanese. psicologa callolica: Lilia Casali, di Animai Liberation; Franco Rusticali cardiologo; Giovanni Di Santo; Marco Tarchi, leader della "Nuova Destra": don Oreste Benzi· Frane~ Morigi. pacifista; Marco Martinelli, del gruppo teatrale "Le Albe": Cannen Silvestroni, s~ultrice; Andrea Canevaro, clocent_edi pedagogia speciale: Mohammed El Hamouni, insegnante arabo; Bifo Berard1; Piero Casavecch1a. della nv1sta "Tendenze": Floriano Debar, zingaro sinti ... e tanti altri. 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