Terza Generazione - anno II - n. 12 - settembre 1954

Nessun. eroismo ma 11el lavoro di ogni una Questa r1v1sta, che si rivolge soprattutto ai giovani, non ha 1nai creduto suo compito creare un 1novin1ento gio– vanile di 1nassa, e quindi individuare e fissare una propria ideologia e una struttura organizzativa, che potessero con– frontarsi e superare le ideologie e le strutture di altri n10- Yi1nenti giovanili. T. G. ha voluto e vuole assumersi un al– tro con1pito, e rappresentare per la gioventù italiana e per la generazione del dopoguerra, un diverso punto di con– fluenza. Non sarà male riaffermarlo ora, dopo un pri1no anno di lavoro. T. G. ritiene suo co1npi~o portare la generazione del dopoguerra a prendere L'esatta coscienza delle condizioni in cui vivia1no e quindi delle possibilità di azione, indi– cando ai giovani dei criteri di vita, proponendo ad ognuno ed a tutti di uscire dalla zona delle esigenze, della pura e semplice richiesta, delle utopie di rinnovamenti di là da , enire, per una azione concreta, per un modo di essere e di vivere concreto e concretamente operante. Si è proposta e si propone, di fronte all'oscurità della situazione e di fronte alla richiesta di nuove azioni che i giovani avanzano, di individuare un criterio di azione rale, che possa far luce nell'oscurità, essere elemento di chiarificazione, creare nuova realtà. La gravità di portare a termine un co1npito come questo si misura nel constatare come la condizione storica oggi faccia sì che ognuno di noi consideri il proprio desiderio e il proprio ideale come pure vanità, la propria tensione morale come moto dell'a– nimo inutile perchè incapace di produrre nuove azioni. Vie– ne così continuamente a mancare lo sforzo stesso di ade– guare il dato al desiderio, viene a mancare uno dei due ter- 1nini; e viene meno la speranza umana, che è la qualità ne– ces aria a questo sforzo di porsi creativan1ente di fronte al futuro. Per questo oggi tutto predica l'abdicazione, tutto predica il criterio del male minore come solo criterio di a.Lione, tutto in definitiva predica lo scetticismo. IVIal'unico n1odo di procedere che è riservato all'uomo è di superare il distacco esistente tra il dato e il desiderio. E' questa anzi, oggi, la fondamentale caratteristica della generazione, di possedere un « potenziale umano », un pa– tri1nonio di desideri, un senso acuto di ideali, che come tale è motivo di speranza per tutti. E non bisogna mai dimen– ticare che il desiderio viene prima dell'appagamento, come la privazione pri1na del possesso, la domanda pri1na del problema. Questo patrin1onio non \ a disperso come vano e inutile, anche ,e non ha trovato finora un punto di ap– plica?ionc- proprio, e quindi la possibilità di rendersi vi– sibile. Il problema rimane dunque quello, per ognuno, di far 2 BibliotecaGino Bianco • 1,.1nnovata in oralità sì che tale domanda non venga meno, n1a riesca a tra1nu– tarsi in azioni concrete, fedeli a questa do1nanda. Ora la domanda che oggi ognuno avanza e la risposta che si aspetta, riguardano essenzialmente il superamento della lotta dell'uo1no contro l'uo1no, di una corsa alla vita sostenuta con l'eliminazione degli altri, riguardano in al– tri termini una considerazione dell'uomo come uomo, e non co1ne cosa. Il rispetto del valore di ognuno co1ne indi– spensabile al proprio valore, l'esplicazione delle proprie capacità come possibile solo nell'integrazione con le ,capa– cità degli altri, il supera1nento di fatto, con azioni nuove, dell'individualismo. Le richieste di nuovo che i giovani pongono sono tutte rivolte, nella loro più profonda, anche se non esplicita radice, a questo superamento. E allora il primo 1nomento dove si è oltre l'oscurità è legato alla pos– sibilità stessa che la persona prenda su di sè questo pro– blema, lo faccia in sè diventare atteggian1ento e comporta– n1ento di vita, come cercavamo di indicare: « Bisogna ri– nunciare a tutte Je scelte che portino, in un 1nodo o in un altro, ad accettare sia pure di fatto e a n1alincuore il sod– disfacimento dei propri intereEsi particolari, dei propri pia– ceri, del proprio egoismo come criterio prin1ario del co1n– portamento. L'azione non è piì1 morale, e come tale, è 1ne– no umana quando sia non solo dannosa e 1nortifera per il prossimo, ma anche solo indifferente verso il prossimo ». Ma tale atteggiamento rischia di restare sterile, di di– ventare inetto moralis1no, qualora non trovi dei modi di applicazione, non individui cioè un criterio di azione, una idea chiarificatrice e una possibilità di concrete azioni ad essa rispondente. Cosa fare? questo interrogativo si perpe– tua in questi anni nei nostri ani1ni co1ne l'interrogativo di tutti. l\1a non si farà un passo avanti che non sia illu– sorio, finchè si aspetterà da altri la risposta, finchè le solu– zioni ai nostri problemi le crederemo possibili derivazioni da uria nuova soluzione teoretica (che la generazione non possiede) o da una bruta rivendicazione di diritti, a cui il moralis1no finalmente conduce. La possibilità di rispon– dere alla domanda sta in atti pienamente positivi e rea– lizzati nella totale responsabilità cli ognuno. E allora occorre rompere un errore, l'errore di un cri– terio di \·ita stabilito sul piano dell'intenzione n1orale, e non sul piano dell'azione 1norale, della concreta azione mo– rale. E' questo errore che tiene fcnni, in un immobilismo angoscioso, tutti i giovani, soprattutto coloro che escono dalle scuole professionali e dall'università, quelli in un 1no– do o in un altro legati ad una funzione intellettuale. Essi avvertono che il lavoro che iniziano nelle fabbriche o ne– gli uffici o nella libera professione, non solo deve essere

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