Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954

more, la dignità, la fede e la speranza, il perdono, il desiderio di bene per tutti, d'un futuro migliore per tutti. Ed è questa ,pre· senza religiosa che, constatando la radica– le incertezza della vita di oggi, la crisi che la " Resistenza'' non ha risolto, il preva– lere di forze e di sentimenti che alla "Re– sistenza'' sembrano continua1nente opporsi o vogliono rinnegare, permette a Mann di sperare; è una fede nel valore della vita e nel valore della morte, nei buoni destini dell'umanità: "Inutile, sciupato il loro so– gno e la loro 1norte? No, non può essere Non c'è stata idea per cui gli uomini abbia– no combattuto e sofferto con cuore puro e abbiano dato la vita, che sia andata di– strutta " (3); « l'impulso ad avvicinare la vita umana al bene, a ciò che è conforme alla ragione e voluto dallo spirito, è un compito imposto dall'alto, che nessuno scet– tismo può infirmare, a cui nessun quieti– smo può sfuggire. Nonostante e attra– verso - tutte le disfatte, ha la vita per A • pr?pos1to di Internazionale La formazione democratica si può ottene– re, oggi, 1n Italia, soltanto con un rapporto culturale e pratico con il problema della costruzione della società democratica, che è problema civile, di scoperta e di inizia– tiva e non problema di astratta formazione di nuove coscienze e neppure di integrazio– ne morale della formazione procurata nor– malmente dalla vita della società e dalle sue istituzioni ufficiali. I nostri educatori non possono sottinten– dere una società sicura di sè, ottimista, dinamica e aperta ad ogni intraprendenza soggettiva, come si è abituati a considerare che ~iano gli Stati Uniti, nè una società con una indiscussa e ancor valida tradi– zione, come si è abituati a considerare la Inghilterra e le altre democrazie modello « occidentali ». La società italiana è disgregata. Le ini– ziative che sostiene, j suoi stessi organi istituzionali, le parti sociali, le parti cul– turali, gli interessi economici, le necessità e le ambizioni che affondano le radici nel– la sua storia anche al di là e al di fuori della storia dello Stato unitario, si contra– stano a vicenda, si misconoscono o si igno– rano. Nè sj compongono, per i diversi gradi di sviluppo, per il loro caratteristico sezio– nismo d'origine, per retaggio di impostazio– ni polemiche, per fossilizzazione di motivi BibliotecaGino Bianco sè '~ (4). Ma il valore della morte come possibili– tà e dono di vita, come arricchimento per la vita degli altri, se è comprensibile solo in una dimensione religiosa, non è attribui– bile a una idea piuttosto che a un'altra. E' una possibilità inerente all'uomo come uo– mo, e legata a quell'atto vitale. Può darsi, e si dà, nella " Resistenza " e fuori della " Resistenza ''. Per questo, già si accenna– va, quelle vite donate rappresentano un " di più " irripetibile, come tale, in strutture o sistemi, in quanto legato, fuori dell'atto di donazione, a ideali il cui valore risulta equi– voco e non tali perciò da rappresentare, co– sì come oggi sono forma ti, un punto di umanità indiscutibile. N è si vuole con que– sto camuffare di inequivocità l'errore radi– cale dell'altra parte e la corruzione che ne è provenuta. Si vuole anzi sottolineare che la " Resistenza " è legata, sia pure con li– miti e errori, alla cultura europea e quindi a una comunicazione di idee e di valori, in cui solo le nazioni europee possono vivere. E' legato a questa sorgente, a questo valo– re supremo, che le conferisce superiorità storica di fronte a chi ha voluto difendere i valori nazionali. Ma il problema dello sta– bilirsi e svilupparsi di una comunità uma– na migliore, dove le parti abbiano un loro posto e significato, è legato, sostanzialmen– te, al riconoscimento di valori che siano principalmente inequivoci e comuni; è lega– to cioè al superamento, cui tutti siamo in– teressati, di una crisi di cui "Resistenza '' e " anti-Resistenza " sono degli aspetti; al riconoscimento, in questo caso, del valore e dell'errore che vi sono immanenti. C. L. (1) Lettere di condannati a morte della Resistenza europea, a cura di PIERO MAL VEZ– ZI e GIOVANNI PlRELL Einaudi, Torino 1954. ( z) Lettere... cit, p. XXV. (3) Lettere... cit., p. XXII. (4) Lettere ... cit. pp. XXII-XXIII. una • • • • 1niz1a t1va del Servizio Civile congiunturali; nè dal loro contrasto viene fuori, perchè non può venir fuori così, da solo, un superamento che tutto compone, aprendo nuove problematiche e facendo le– va di nuove forze. A noi mancano tradizione e fede civili comuni. La realtà della condizione comune della provincializazzione dell'Italia e dell'enormità e della fatalità dei nostri pro– blemi insolubili - è un dato di coscienza negativo, che fonda l'apatia e l'arrangiarsi particolare e immediato di ciascuno alla ricerca o alla difesa di un piccolo o grande privilegio. In queste condizioni non è Jo spirito sociale democratico che viene favo– rito, ma quello corporativo e gregario. I cittadini democratici si formano alb scuola di una tradizione viva d~ compren– dere e da interpretare: alla scuola di un dinan1ismo sociale, che insegna a cogliere dappertutto le potenzialità di sviluppo del compito comune in atto. Dove tutto c_iò manca, il cittadino den10- cratico, iJ leader piccolo o grande, si può formare soltanto nella ricerca delle s-pe– ranze e delle potenzialità oggettive ancora esistenti, nel tentativo di interpretarle e di favorirne l'atto, nello sforzo di promozione· di un movimento capace di interessare dei– le energie disorientate sulla linea delle pos– sibilità rinvenute di conservare e di svilup- pare in qualche punto la società. Non è facile per le persone educatesi in comunità artificiali e temporanee, entr.tnd.> nelle maglie della società, cominciar étd in– staurare il costume, diverso da quello vi– gente, che vi avranno appreso. Non basta che si abbia modo di migliorarsi in apposi i i ambienti perchè, immessi nella società, co– mune, si possa essere il lievito di un nuovo sviluppo. Questi uom1n1 nuov_i avrann0 sempre delle piccole o grandi responsabi lità sociali secondo le leggi ignorate e ne– cessitanti della sua struttura e non ne con– trasteranno razionalmente il destino impli– cito. Se sapranno meritarsi, per i rapporri umani che avranno imparato a voler instau– rare, un ascendente personale nei confronti degli uomini che toccherà loro di dirigere, non modificheranno con ciò la ragione della loro autorità e della loro responsabilità: la maschereranno - o l'adorneranno, se si preferisce. Il loro diritto alla fiducia e alld direzione personalmente meritato non po– trà esercitarsi, se non nell'ambito del dirit– to loro affidato per il fatto di stare in un determinato posto. Coloro che tengono rapporto d'ufficio se– condo ragioni personali di confidenza, di responsabilità e di ascendente, invece che per ragioni tecniche impersonali, se non si muovono in una società vitalmente demo- 39

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