Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954

indice di come la realtà conosciuta dal pen– satore marxista fosse molto più ristretta di quella che a loro, a distanza di anni, è da– to di conoscere. In altre parole: arrivati a Gramsci per un'esigenza che veniva dal lo– ro presente, i giovani cattolici che hanno compiuta una tale esperienza sentono di e,;– ,;ere non con Gramsci o contro Gra1nsci, 1na dopo Gramsci. Oggi, dopo il riconosciuto falliniento cul– turale dei << maestri », questo è ancor più evidente: non si può rifiutar nulla det_l-' e– i;perienza del passato: tuttavia ora come non maz, per tutto quello che ci è dato conoscere dei nostri problerni, ci si accorge che le soluzioni stanno davanti a noi e che è impossibile trovarle nell'esperienza di chi ci ha preceduti. La questione quindi dell'uso di un linguag– gio « marxista » da parte dei giovani cattolici è molto più ampia di quello che gen~rat– mente si crede ed investe proble1ni gravi ed importanti: di fondo, co,ne si è soliti di– re. Farebbero bene a capirlo i politici e i pubblicisti prima di scrivere i loro articoli e di pronunciare i loro discorsi; farebbero bene a capirlo i giovani comunisti che si pongono il problema della comprensione del mondo cattolico. I primi sarebbero più cauti nei loro giudizi, i secondi capireb– bero che è inutile tentare di far opera di proselitismo sul piano tattico del piccolo problemismo. Oggi la questione di fondo è quella della conoscenza dei problemi aperti e dell'invenzione di adeguate solu– zioni: le intese e gli incontri si possono avere soltanto a questo livello. Anche se talvolta quando si è su questa strada, qual– che parola scivola e fa arrabbiare coloro che hanno una diversa esperienza. A. P. La Resistenza nella tradizione culturale europea Aìla prima raccolta> "Lettere di con– dannati a morte della Resistenza italiana", Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli hanno fatto seguire queste '' Lettere di condan– nati a morte della Resistenza europea ", ( 1) con prefazione di Tr01nas Mann. Non si tratta solamente d'un allargamen– to spaziale che la prima raccolta ha subìto, anche se i raccoglitori si sono forse mossi da questa iniziale intenzione. Il risultato in ogni modo è diverso, nel senso che im– plica e pone problemi storici e prospettive storiografiche assai più complesse. In certo modo gli stessi raccoglitori lo hanno av– vertito, quando affermano che "stretta– mente connessa al movimento che fu poi detto "Resistenza" è la opposizione di in– dividui e di gruppi sviluppatisi fra le due guerre mondiali in Italia, in Germania, in Bulgaria e in altri Paesi, nel tempo e nel– la misura in cui si affermarono forze fa– sciste o indirizzi di politica interna ed este– ra che minacciavano di sboccare nel fasci– smo e la guerra; opposizione che a partire dal 1936 ebbe nella Spagna la prima, gran– de espressione unitaria. Ugualmente non si può separare dalla resistenza sviluppatasi nel corso della seconda guerra mondiale quella iniziata dai patrioti austriaci e ceco– slovacchi sin dalla soppressione da parte te– de5ca delle loro autonomie nazionali (rispet– tivamente nel marzo r936 e nel marzo 1 937) ,, (2 )· Questo allargamento del fatto " Resisten– za ", come svolgentesi " nel corso della se– conda guerra mondiale ", con fatti e con idee precedenti; in termini più propri (u– scendo dal particolare angolo d'interesse: i fatti di morte documentabili in documenti scritti), questo collegamento con una cul– tura />recedente e giustificante, è 1netodolo– gicamente ineliminabile per una compren– sione e un giudizio sulla " Resistenza ". Ora ~iblioteca Gino Bianco l'aver affrontato un ambito europeo, l'aver giustamente posto a protagonista della « Resistenza >> la gioventù europea, mette più chiaramente in rilievo come la "Resi- stenza " sia legata sostanzialmente alla tradizione culturale europea, rappresenti un momento di questa cultura. Solo in questa dimensione si può iniziare una comprensione storicamente sufficiente. Ci pare allora meno esatto definirla (come anche R. Battaglia ha tentato di fare nella sua "Storia della Resistenza italiana ", che ha pure evidenti pregi nel presentare un vasto materiale e un suo prinw ordina– mento) in due componenti, sociale e pa– triottica. Anche se la lotta di una classe e il desiderio di un rinnovaniento sociale, co– me la lotta di una nazione e il desiderio d'una pacifica convinvenza, vi sono presen– ti. Lo dimostrano tante invocazioni e tan– te accorate e serene e amorose parole di queste lettere. E risulta, del resto, dalla comprensione nella tradizione culturale eu– ropea dei concetti di nazione e di classe, di Stato, società civile e rapporti sociali. J\1a non a caso, potremmo osservare, i sen– timenti nazionalisti, egemonizzati politica- 1nente delle destre, sono stati in Europa filo-tedeschi; non a caso contro di essi ha combattuto ed è nwrta la gioventù europea. Di fronte alle idee e alla violenza dei partiti fascisti, nazionalsocialisti e degli Sta– ti da essi conquistati, la cultura europea, pur giunta a un momeno di grave crisi ( co– me denunciava il fatto ste~so di quelle conquiste), pur contenendo in sè posizioni contrappo5te, contradditorie, l'un l'altra eli– dentisi, si è difesa ed ha lottato, anche per difendere e salvare una struttura e u · sistema (politico, sociale ideologico, di pen– siero), ma soprattutto la possibilità prima, umana, di vita, la possibilità per l'uomo di vivere e di manifestare e sviluppare la pro- pria vita, con la libertà che ontologicamen– te è legata al fatto di essere uomini e di vi– vere. E' in questa condizione che la lotta per la " Resistenza " ha trovato tanta gio– ventù europea decisa fino a morire. Si è co– sì meravigliosamente come per incanto, ri• trovata nel suo nucleo sostanziale, la tra– dizione culturale europea, nei suoi valori più puri d'umanità. Era questo il valore uni– versale che la "Resistenza" ha difeso e affermato. Ma fuori dell'atto vitale, come tale irripetibile, quella difesa e quella af– fermazione rimane viziata dalla forma sto– rica dell'ideale democratico che risulta equi– voco in quanto f andato in radice su una li. bcrtà individuale e alla fine egoistica. Fuori di quell'atto vitale, i problemi inerenti al– le strutture sociali o ai sistemi ideologici tornavano a ripresentarsi con tutta la gra– vità di una situazione di crisi universale, che il dopoguerra ha appunto rnesso in sco– pertura. Posto tutto questo, non poteva forse dar– si scelta più opportuna nell'assegnare a Thonias Mann la prefazione a questa rac– colta. l\lann infatti ha forse più di altri vissuto e rappresentato (particolarmente nel " Doctor Fa!'stus ") il dramma dello uma– nesùno europeo di fronte alla scoperta della natura diabolica e distruttiva dell'imanen• tismo; e in questi il dramma della nazione tedesca che al formarsi della cultura mo– derna ha presieduto. E l'invocazione a Dio, che chiude il grande romanzo manniano, non è tanto indice d'una soluzione cristia– na o cattolica: indica piuttosto la presenza della religiosità nello storicismo, vivo anche nella tradizione italiana. E' questa presen– za, anche nella prefazione alle " Lettere ", che permette a l\Jann di scoprire e di dire, mediato dal paragone felice con il racconto di Tolstòj (" Divino e umano "), quanto di più umano vi sia in questi documenti: l'a- •

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