Terza Generazione - anno II - n. 9 - giugno 1954

ma può essere considerato interno al mer– cato medioevale, ugualmente si possono con– siderare interne le aree agricole delle colli– ne ed esterne le zone di mercato della lana. Sistema apparentemente semplice è in effetti aperto a complessi legami (e ciò geograficamente che socialmente). Questo gli consente di partecipare a pieno titolo al mondo medioevale e di aver forza anche dalla forza di quello a diventar vulnerabile alle sue debolezze: così quando appare pie– namente consumata la decadenza di quello, anche il sistema perde come di forza vi– tale e vengono alla luce j suoi limiti inva– licabili, scoppia la sua decadenza e si pa– lesa la sua inferiorità di fronte alle forme n1ercantili, industriali, agricole e di alleva– mento che si accompagnano alla nascita del mondo moderno. Il « tallone di Achille » sta nella ptanu– ra: se essa è percorsa dai barbari o di essa si impadroniscono signori in lotta, il siste– ma ne risente, e quando in essa mutano il regime sociale, produttivo e proprietario al– lora la crisi è aperta. Di fronte ad una agri– coltura « n1oderna » il sistema dimostra il suo tempo, può resistere nei suoi mar– gini facilitata dalle insufficienze di quella, ma porta la questione sul piano di forza il risultato non è dubbio. La valvola del sistema Fin qui la pastorizia transumante e il sistema cresciuto in accordo con essa: ma cosa si può dire di preciso riguardo al Mo– lise? Il Molise è attraversato da Nord a Sud dai tratturi principali (a partire dal mare e non secondo l'ordine di importanza si possono vedere sulla carta quelli Aquila– Foggia, Centurella-Monsecco, Celano-Fog– gia, Castel di Sangro-Lucera, Pescasse– roli-Condella) e percorso da Est a Ovest da bracci e tratturelli di raccordo, una vol– ta assai numerosi. Degli otto « riposi » (istituiti come vedremo, da Alfonso I d'A– ragona nella loro forma più recente come riserve di pascolo autunnale « perchè qui– vi gli animali potessero figliare a trattener– si finchè si fosse fatta la distribuzione e la assegnazione del pascolo invernale » (3) tre sorgevano in territorio molisano (56 etrari presso Isernia, 21 a Cantalupo, 4 a Boiano) prima erano forse più piccoli ma più nume– rosi. La carta dei tratturi qui riprodotta ri– sale al principio di questo secolo ad un periodo in cui la liquidazione dei tratturi era già piuttosto avanzata, ma offre una idea sufficientemente indicativa. Grandi greggi di migliaia di pecore dunque lo attraversa- . vano due volte l'anno, si fermavano nelle mezze stagioni, e certo nei tempi più an– tichi dilagavano per le colline incolte. Ma per le sue caratteristiche il Molise Biblioteca Gino Bianco .,___ C.•f•• •~ltHtt1 - • • • C••f,u. -"I 1.00 p ·,4 R. T E D I! t 1. ♦♦• l11stctw.111uti cli ~"'J•r" d AO • • • .Sul>ol).a.J,.u,h C ooo . . • Albu&.\i. I r 1t A , ~ ,,,. I I ~ ,A.,••O \ . . .. D'E.LLJ\. I principali insedia1nenti di Bulgari, serbo-dalmati e albanesi (Carta del Sec. XVII). se si può dire geograficamente al centro della zona della transumanza, non può es– serne considerato il cuore. Va piuttosto con– cepito come una grande valvola interna al sistema che ne garantisce la stabilità, quando vicende di breve momento lo col– piscono in parti più vitali, che ne consente l'adattamento in periodo più lungo. E tutto questo vuoi come un grande « riposo », vuoi I come zona di scambio agricolo e di assor- bimento di popolazione, di consumo inter– no persino della lana quando il commercio incontra difficoltà. Lo sviluppo agricolo Da tempi remoti esistevano nel Molise, secondo gl_i autori, « immensi stuoli » di pecore. Vi si nomina anche una qualità « nostrana » distinta dalla aquilana, dalla gentile di Puglia, e in epoca più recente dalla merinos. Ma non esistono indirizzi per cui appaia che i molisani abbiano avu– to parti di iniziativa nella transumanza tanto che in uno dei riordinamenti delle disposizioni in proposito fu istituita la « dogana delle pecore rimaste », una tassa che colpiva le pecore che vivevano sui fondi e che spinse la transumanza anche le pecore dei proprietari delle zone che si prestavano ad un tipo di pastorizia stan– ziale. In sostanza, il Molise si afferma ben pre– sto come una regione agricola, o meglio dove il lavoro dei campi .appare l'attività principale. Esiste forse una continuità di– retta con .il passato nelle zone dell'olivo che esportavano olio a Roma (Venafro e Larino) (4).; la cultura della vite si riaffer– ma estendendosi in molte zone, senza con– centrarsi in altura particolare, segno caratte– ristico di un largo investimento di lavoro e di una intensa capitalizzazione di fatica. Ma le colture più diffuse sono quelle ce– realicole estensi ve: nella piana di Sepino e lungo le valli del Fortore e del Biferno (perchè in quella del Trigno domina la pa– lude). Più tardi il Molise raggi ungerà la forza di essere uno dei granai del Mezzogiorno e i suoi grani duri saranno ben apprezza– ti. Ma non si tratta in questo caso di un fenomeno di recente espansione agricola per una pressione sociale (come avviene invece ad esempio in Puglia) si bene della conclusione lenta di un processo pluriseco– lare. Quale continu1ta esista tra il periodo ro– mano e questa caratterizzazione agricola della regione già intorno al sec. IX e X è difficile dire, cosi che è forse più facile affrontare la questione dei rapporti tra contadini medioevali e i gruppi di coltiva– tori liberi, rimasti forse nell epoca romana chiusi nell'anonimato della cronaca locale e delle antiche abitudini, 1 discendenti diretti dei coloni romani o dei loro schia– vi. Se i paesi mantengono gli antichi nomi (3) G. Galanti, « Descrizione geografica e politica delle Due Sicilie >>, Napoli 1794. (4) In epoca imperiale Larino faceva parte della provincia Apula, durante le in– vasioni la città antica decadde e scompar– ve. /\Ila fu più tardi ricostruita in zona limitrofa. 15

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