Terza Generazione - anno II - n. 6-7 - marzo-aprile 1954

pre di fronte l'alternativa o di farsi asszmz– lare o di reagire nei modi di una ribellio– ne primitiva e disperata. Questa capacità assimilatrice di Roma è la sua forza cd essa la esercita non solo nei confronti dei popoli a lei superlori con cui entra in contatto, Etruschi, Greci, e Cartaginesi, ma anche verso i popoli che essa sconfigge. In questo caso si ha l'im– pressione che a poco a poco Roma li schiac– ci, svuotandone i ·valori vitali, fino ad assi– milarli completamente in funzione sztbordi– nata. Individuati, ad esempio, quali sono i punti di forza dei vari popoli italici, Roma li fa suoi, ma strumentandoli su un piano tecnico sicchè ciò che per quelli era ra– gione di vita finisce per diventare uno stru– mento, politicamente utilizzato dal Senato romano. Così alla fine si ha l'impressione che i vari popoli italici continuino, fino al– l'epoca delle guerre sociali, a non potersi sottrarre ad una egemonia che finisce di renderli del tutto subalterni. E ciò avviene perchè il criterio di giudizio politico, che è la grande superiorità di Roma, viene ben presto messo a ser·iizio dello spirito df, po– tenza e dell'interesse economzco. Fino a Sentina i Romani non avevano dominato che Latini e Laziali in tutto ab– bastanza simili a loro. Ora dominano E– truschi e Galli dando il colpo di grazia alla loro già avanzata decadenza. Tenendo le pianure con il sistema delle colonie colle– gate dalle strade consolari, facendo Joro largamente sopportare i pesi delle guerre e privandoli dei vantaggi, esonerandoli da ogni iniziativa di significato eminente che possa confortarli ad una autonomia anche quando si tratti di iniziative che la stessa Roma ha a suo tempo appreso da loro, Roma finisce per ridurli alle sole attività che garantiscono la normale vita di con– sumo. Il Mo lise tagliato fuori dalla storia. Con i Sanniti l'opera dei Romani seguirà vie più complesse. Dopo la fine della se– conda guerra (304) i Sanniti vedono il loro territorio pressochè accerchiato da un saldo sistema di colonie e di alleanze e questo si rafforza dopo la terza guerra (290) e dopo la guerra tarentina. Non resta loro che di– fendere il territorio montuoso, ma è una po– sizione di chiusura e di isolamento. Essen– do loro impedite le vie di espansione, i Sanniti vengono ridotti e costretti alle più antiche abitudini di vita, ed è questo un fatto che non può non avere profonde ri– percussioni sociali relegandoli subito in una condizione di inferiorità a cui sono aperte soltanto le vie di una feroce ma disperata ribellione. Alla fine delle guerre il territo– rio del Sannio comprende 8000 kmq.: fino alle guerre sociali le varie tribù rimangono separate tra loro senza possibilità di riprende– re con successo le armi. I Romani usa– no una tattica differenziata: si annet- BibliotecaGino Bianco tono tutto il territorio Irpino gra:::ze a una pace separata con quelle tribù, tolgono ai Pentri T"enaf, o e 11cl 263 fon– dano u11a colonia latina ad l.sen1ia. 1Vc:l restante Alolise i Roma11i non entrano per lungo tempo: quando vi entn.ra ,1110 in11ove– ran110 poco, fisseranno gli insediamenti Sl• quelli .sanniti, ribatt ranno con c;trade le antiche piste. Per intanto girano intorno, appoggiandosi saldame11tc alla rete di colo– nie lungo la Fia AJ>pia e su Lucera da cui garantiscono l'alleanza dei popoli della co– sta adriatica: Be11cve11to divide gli Irpini dai Pentri, mentre Isernia ostacola i rap– porti tra i Pentri e gli altri italici. Con Ve– nafro in mano ai Romani, gli interessi dei Sanniti molisani si spostano necessariamen– te verso l'Adriatico, dalle ricche pianure campane a quelle più povere della Puglia. Durante la prima gue,ra punica l'equi– librio tra Rorna e i popoli italici sanniti non viene turbato. Le vicende della seconda, in– vece, " turbano profondamente il procec;so di graduale adattaniellto dei popoli italici all'ordine di coc;eimposto da Rom.a ". In que– sta occasione i Sanniti restano fedeli e for– niscono ai Romani un fortissimo contingen– te di truppe (70.000 fanti e 7.000 cavalieri ~·econdo la tradizione). La 1'Jerdita di parte di questi uomini, sommata a quelle subite nel corso delle guerre precedenti, provoca un sensibile spopolarnento del territorio, tan– to che nel 179 a. C. la repubblica pensa di trasferire nel Alolise 40.000 coloni liguri schiavi. Non abbiamo con precisione dei dati su questo periodo ma possiamo presumere che tra la fine della guerra tarentina, questa de– duzione di coloni e la guerra sociale avven– gono nel 1'1 olise radicali trasformazioni so– ciali ed ambientali. lvla ciò avviene in sen– so da accentuare quello squilibrio tra po– polazione e risorse che avevamo visto origi– narsi con effetti espansivi a partire dal V se– colo per un eccesso di popolazione. Ora in– vece, nel II secolo, la popolazione è cosl decresciuta ed è avvenuto un indebolimen– to sociale così graYe che R01na ha dovuto e potuto tentare di mutare la caratterizza– zione antica della regione. Nel corso di un secolo la crisi dei Sanniti si fa più rapida: i liguri soprattutto introducono per le nuo– ve loro abitudini di vita una dinamica nel– l'equilibrio delle risorse, e ciò avrà conse– guenze anch'esse gravi per la regione. Un ultimo tentativo le tribù, di cui ci occupia– mo, lo compiono con la guerra sociale. ~e motivazioni per cui esse si battono sono pro– babilmente diverse dalle motivazioni degli altri italici che hanno cercato la loro al– lenza, aspirando a conquistare la parità di diritti con Roma. N elf '87 ancora, esse si in– seriscono nelle lotte civili di Roma, seguen– do Mario contro Silla. Questi, rinzasto vin- ~ citare, nell'83 le doma sanguinosarnente, vi deduce colonie di soldati, ed opera in modo tale che questa data può considerarsi la fi– ne della " nazione " sannita, la fine delle sue libertà tribali e dei suoi gruppi et11ic1. In questo periodo a\vicne anche, secondo la tradizione, un pri1no 1nassiccio disbosca– mento. Il f enonieno, a prima vista, ha delle cause che non sono nè tecniche nè econo- 11iiclze ma sociali. E' difficile pensare che il legnanie sia venduto a trasportato, molto probabil1nente invece il bosco è incendiato (già allora avven,ze forse ciò che su larga scala fecero i molisani nella seconda metà dell'8oo). Ciò può essere avvenuto sia per eventi belli<-i, sia j)er allargare il territorio a disposizione delle popolazioni e di cui or– mai non si possono mutare i confini, sia so– prattutto per rispondere alle necessità dei coloni liguri. Si rompe così un ~ltro grande fattore del– l'antico equilibrio tra popolazione e risorse nel l\1olise: con la distruzione del bosco si estende la granicoltura 111-a si inizia il dis– sesto ri.el suolo delle colline e cresce l'ini– paludamento delle pianure. In un primo mo- 1nento gli effetti sono /Joco visibili perchè la popolazione è bassa e perchè la messa a col– tura di nuovi territori non può non dare al– l'inizio discreti risultati, tenendo anche con– to di un 1niglioramento elementare della te– cnica. ,,la quando con le guerre successive i ca,npi saranno abbandonati, per la m.an – canza di cognizioni tecniche sarà più fa– cile sottrarre nuove terre al bosco che non rimettere a coltura quelle abb'lnclonate e nel frattempo degradate o quelle impoverite dal– lo sfruttamento di una lunga coltivazione. Quelle non serviranno più che come pa– scolo povero: la ripresa su larga scala della pastorizia sembrerà un'uscita conveniente non solo dal punto di vista comnierciale ma anche un'ottima e naturale utilizzazione del– le condizioni anibientali. Si apre, dunque in questo perio_do, un ci– clo di instabilità, per nulla attenuato dalla successiva assegnazione di terre a soldati nel periodo triumvirale ed au~usteo.. Coloni~ vengono dedotte allora a Sepino, Boiano, Tri– vento, Larino, V enafro allo scopo di far ri– sorgere l'econoniia pubblica e consolidare la romanizzazione delle provincie italiche. I nuovi imniigrati, che sono dei veterani del– l'esercito, occupano quei territori con le lo~ ro famiglie e si dedicano all'agricoltur.a. Scarse sono le tracce di centuriazione in tut– to il Molise, ma si riconosce l'insediamento dei coloni in molte zone che coincidono con quelle che ancora oggi sono a insedia– mento sparso. Nla si tratta sempre di zone limitate, e ciò lo si constata anche dallo scarso sviluppo delle vie di comunicazione. Il restante territorio rimane stazionario e chiuso nella sua vita primitiva. Per vedere su quale strada sarà cercato il ristabilimento di una qualche fornia di equi– librio .storico nel Mo lise occorre vedere bre– ve mente che cosa è nel frattempo successo nelle zone che gli stanno intorno. BALDO ScAssELLATI (Continua nel prossimo numero)

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