Terza Generazione - anno II - n. 4 - gennaio 1954

• • • Un'alternativa pos1t1va alla fuga llì Prinie riflessiorii culturali sull'iniziativa . . nei paesi Se fossimo un partito politico avrem– mo il vantaggio di poter proporre a se– conda delle nostre idee modificazioni e trasformazioni delle strutture economiche– sociali e amministrative del paese: nazio– nalizzazioni o libero scambio, scuole pub– bliche o private, riforme di vario tipo, svi– luppi produttivi, ecc. E' questo infatti il terreno proprio dell'azione politica, anche se 0~3i essa si svolge tutta al di sotto di questo livello (ed è per questo ap– punto che se ne può rilevare la sua crisi entro gli strumenti pratici e i termini tra– dizionali) sicchè si continua a « propor– re » all'infinito senza poter realizzare e soprattutto si finisce di parlare sempre più solo a certuni e non ad altri, a un certo gruppo di persone e non a tutti. Il fine delle iniziative di generazione Noi invece, che muoviamo su un piano diverso da quello politico, non facciamo proposte generali di trasformazioni delle strutture politiche, sociali ed economiche, ma proponiamo a tutti una trasforma– zione dell'atteggiamento mentale con cui oggi essi guardano le strutture. Ci muo– viamo sulle relazioni tra gli uomini che sono alla base delle strutture economiche, sociali e amministrative, e soprattutto pro– poniamo via via ai diversi gruppi cose concrete da realizzare che permettono lo- 1·0 di 1nuoversi in con.formità dell' atteg– giamento nuovo, partendo dalle posizio– ni attuali spesso contraddittorie ma per giungere a un riconoscersi comune. Abbiamo gia proposto, come linea per l'inchiesta nei paesi, l'osservazione della vita che vi si svolee tutti i giorni (men– tre restano scoperte linee e modi per l'inchiesta nelle città e negli ambienti di lavoro), indichiamo ora alcune linee per lo sviluppo delle iniziative a cominciare dai paesi. Facciamo esempi molto banali: fino a oggi, per esempio, i proprietari dicono che non si può fare una carciofaia o si– stemare un terreno perchè le tasse e il costo della mano d'opera sono troppo al– ti; i contadini dicono che non possono coltivare meglio perchè non guadagnano abbastanza, ecc. Tutti problemi veri, ma l'unica cosa che si fa 9er risolverli è ri– volgersi alle strutture amministrative esi– stenti o per dare loro nuovi compiti che restano sulla carta (o per chiedere faci- 16 Biblioteca Gino Bianco litazioni che nella situazione sono più o n1eno assurde) o per affermare che bi– sogna del tutto cambiarle. Questo comportamento è insufficiente e sterile. Comunque, esso rivela che non si crede neppure più all'efficacia di un ri– chiamo puro e semplice all'iniziativa pri– vata (come questa è correntemente inte– sa) che è l'alternativa tradizionale alla politica. Nella crisi generale, con i mezzi e i princìpi che oggi ha a disposizione, l'iniziativa privata dei proprietari e dei contadini è incapace di muoversi almeno quanto lo stato e le istituzioni. Noi che crediamo a questo, pur pensando di rivol– gersi a gruppi di « privati », nello stesso tempo riteniamo che l'appello debba es– sere fatto quando essi si trovino in con– dizione di rispondere e di agire fuori dal– l'eterno circolo vizioso: mancanza di ca– pitale che non permette di affrontare al– cun problema, mancata soluzione dei pro– ble1ni e assenza di un vero investimento che non permette la circolazione di ca– pitale. In sostanza noi rileviamo la necessità di un'attività che crei le condizioni a che i singoli possano e vogliano agire im– prenditorialmente. E riteniamo che que– ste condizioni siano essenzialmente ~og– gettive, sul piano dell'atteggiamento, del– le idee 1 della coscienza storica. Le inizia– tive di generazione hanno appunto come loro fine la preparazione nei giovani ita– liani di queste condizioni soggettive. F queste maturano nel lavoro e nello stu– dio. Nuove forme anche per il rischio imprenditoriale All'azione dei singoli bisogna pertanto chiedere qualcosa di più preciso che ren– da una sua applicazione efficace e non nominale ai problemi che deve affrontare. Bisogna chiederle in primo luogo di con– siderare il rischio come un fatto normale e nece:,sario dell'attività imprenditoriale. Non si tratta del rischio di subire una grandinata o un incendio al .fienile, che s1 subiscono con rassegnazione o contro e al massimo ci si premunisce. Rischi di questo genere ognuno li subisce, voglia o non voglia; e non sono loro a dar corpo al vero rischio imprenditoriale. Questo si corre nel tentativo di inventa– re e applicare qualcosa per impedire la • ' c1tta grandine e il fuoco, o per sfruttare me– glio le ricchezze della natura. All'inizia– tiva si chiede il rischio di inventare, non di subire. Solo così l'appello all'iniziativa privata diventa concreto, perchè essa sa che cosa deve fare. Questo rischio «attivo » è il solo elemen– to che giustifica la riscossione di profitti: l'imprenditore è colui che inventa conti– nuamente le nuove combinazioni produt: tive, e il pro.fitto è la sua mercede. Chi si adagia su combinazioni produttive ac– qu1s1te e studia l'ambiente solo per giu– stificare la sua immobilità e non per mu– tarlo, non guadagna un profitto ma una rendita di posizione ed è inutile appel– larsi a questo tipo di « iniziativa priva~ ta » perchè essa non esplica le sue fu ,_ z1on1. Chiedere all'iniziativa di correre ·rischi «attivi» dovuti alla invenzione non ba– sta: bisogna che questi rischi siano ra– gionevoli. In un'epoca di crisi come l'at– tuale non si possono correre rischi in– ventivi da soli: questi sono pensabili, sia pure sottoposti alla probabilità di errori e di sperperi (che preparano una crisi successiva), nelle epoche di espansione quando. per esempio, si scopre un con– tinente e si organizza un nuovo me.r– eato e si inizia lo sfruttamento tecnico di un nuovo campo scienti.fico. Nelle epo– che di crisi, e in un' eooca di maturo e ormai complesso sviluppo tecnico con1e la nostra, non ci sono solo gli errori n1a la quasi certa impossibilità di riuscita. Nell'Inghilterra settecentesca il nonno di Dar,vin poteva dedicarsi da privato alla selezione del bestiame e alla creazione di nuove razze: oggi nessun privato può far– lo perchè la complicazione dei problemi scientifici è divenuta tanto grande da ren– dere irragionevole a un singolo un ten– tativo del genere (un aspetto della crisi è proprio l'accumulazione di idee e f~td che chiedono una integrazione efficiente fra loro, senza che gli uomini siano ca– paci di costruirla). A chi si ponga in atteggiarnento im– pre11ditoriale oggi si deve chiedere di 1·a– giona1·e i suoi rischi inventivi, cioè di di– scuterli co11 altri 2 di rischiare insieme. Nella maggioranza delle zone rurali ita~ liane non c'è più nessuno che possa ri– schiare da solo: il collegamento con gli altri e la tecnica sono divenute due ga– ranzie insostituibili. Non ci sono solo pro-

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