Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953

e quindi pone la candidatura alla succes– sione dell'ordine preesistente. Ma la man– canza di una cult11,ra adeguata farà sì che . le sue « grandi cose >> .~iano di cartapesta, farà sì che la dina-mica del fascismo fini– rà di mutuare i su.oi contenuti da una si– t u,azione che non saprà dirigere. Tutta la « generazione della guerra », che sente l'insuf fioienza della dirigenza statale, è percorsa da un fremito « sov– versivo » : si distruggono gli altari elevati ai valori dell'« epoca del progresso», e du– ramente colpiti dalla guerra. Tutti si sen– tono al.le porte ài qualcosa di nuovo: si chiede la costit11,ente, la repubblica, i con– sigli di fabbrica, si sa con certezza che gli ex conibattenti giocheranno un ruolo decisivo per l'avvento dell'« ordine nuo– vo». Ma da dove mutuare le idee adegua– te 'I Q11,elledella tradizione egemone, quel– le dell'intelligenza europea dal '70 al '14 sembrano compromesse dalla fine di un mondo chi11,so della cui scomparsa ci si rallegra : si proclama allora l'urgenza det– l'azione che può far sorgere nuove idee. Tutte le giovani correnti si cimentano col problema della prassi, ma troppo spesso restano in1>ischiate nelle panie della cul– tura minoritaria e di opposizione sui cui testi si erano formati in gioventù, sui te– sti dPll'irrazionalismo, dell•attivismo, del,– l'anarchismo, dell'ultimo ottocento e del primo no1,,ecento (Nietzsche, Sorel, per citare i maggiori). Sotto questo assalto perdono ogni forza i pilastri del parlamentarismo, del libe– ralismo classico, dell'ordine intellettuale e morale costituito : la generazione della guerra è alle soglie del potere. E questi valori comuni il fascismo convoglierà in un moto di incandescente eclettismo. Qui tocchiamo in modo preciso i limiti del fascis1no. Le « grandi cose », il ritorno a Roma, lo stile di vita, il giudizio di sen– .~o com11,ne (quello dell'opintone itaUana del '35) non sono tali da giustificare una compressione di straordinaria gravità : il fascismo per un'int1tizione cerca di soppri– mere tutte le altre direttrici storiche di sviluppo, con una violenza totalitaria che finisce di falsificare tutti i ,z;alori, di de– gradarli, nel cornpito di distruggere tutto quello che esso non riesce a comprendere, tutto quello che non riesce a combinare. E' questo il senso profondo della per– ài ta storica provocata dal fascismo e che è stata comunemente espressa, giu– stamente ma insitfficientemente, nella condanna morale della violenza,, e di cui la ragione, a no,'ttro avviso, sta certo BibliotecaGino Bianco nel fatto di essere il fascismo entro, non fuori i termini della crisi. Queste sono alcune delle idee che il problema del fascismo ha sttscitato nelle nostre discussioni: esse ci hanno portato a cercare rispo,'Jte e prove prima di tutto nelle interpretazioni esistenti e ne sono di conseguenza venuti 1'1na serie di n11,ovi stimoli alla discussione eh e non sarà inutile esporre. L'accidente della storia d'Italia A Benedetto Croce risale la rappresen– tazione del fascismo come un accidente, come attività illegale cioè di una banda di avven t 'llrieri che senza avere « radice nel pas8ato » interrompe in modo vio– lento il progresso dell'Italia liberale. Per Croce la storia d'ItaUa è la storia dello Rtato liberale unitario, comincia dal 1870 ed è in continua ascesa. C'è nel fondo di questa rappresentazione 11,na conce– zioue aristocratica illuministica per la quale .r;olo gli intellettuali politici fanno storia. Di fatto quindi la posizione crociana è l'Pspressione organica 011,lturale della classe dirigente prefascista, a cui sfugge completarncnte il problema della guerra e delle dirigenze ea;trastatali ·della so– cietà. In questo senso l'interpretazione di Croce è la più parziale ed anche la più debole rispetto al fascismo: infatti Orooe non p1cò spiegarsi, nella storia dello Sta– to italiano conie storia della· libertà, in quale maniera la g1ierra sconvolga il gio– ro delle classi dirigenti: come i conser– vatori siano interventisti, come i libe– rali si lascino travolgere e come il socia– lism.o sia ne1.1tralizzato dalla guerra « na– zionale>>. La g1.terra interrompe veramente la storia della libertà e infrange le -illu– sioni dello svil'ltppo indefinito, assieme a,ll'equilibrio del mondo che le coltivava. Croce considera la g11,erra soltanto come un incidente: non può negarla ·di fronte alla realtà della << generazione della uuer- 1·a >>, non può riconoscerla come figlia della storia della libertà. Q11esta debo– lezza, perde lui e i suoi di fronte al t a– scismo: essi si sono consegnati mani e piedi alle forze che la gu,erra ha sca– tenate. C'è nella sna Storia d'Italia una in– tenzione di « serenità» obbiettiva che contrasta vivamente con la realtà della sua interpretazione. Contestiamo la << serenità» di questa visione, non perchè sia incapace di spie– vare il fascismo, preoccupazione relativa per Croce, dal momento che non vide mai al di là della << resta1.1,razione » dello sta– to liberale tradizionale prefascista, ma perchè nega completarnente il valore di Gobetti, che dalla guerra avel a tratto la sua lezione. E questo è problenia aperto per le gio– vani tendenze liberali, che, proprio per non essf'rsi poste sulla via di rivedere i oi1.1,dizi correnti sul fascisrno, possono porre sul meclesinio altare Gobetti ed il suo 11<:>.oatore, la « generazione della guer– ra>> e U teorico della restaurazione. Non a caso quindi Croce parlerà di « rivoluzione » in riferimento ai fascisti, come di un inspiegabile eclissi di civiltà, .solo nel 192 , quando gli ultimi liberali escono dalla L-XVII Legislatura. Jfa al– lora Gobetti era niorto da molto. La speranza di grandi cose Di contro a Oroce altri dànno del fa– sci.smo l'interpretazione di una conse– g1.tenza diretta delle potenzialità del– l'evoca precedente (interpreta.zione << otti– mistica>> fascista e interpretazione « pes– si1nistica » dell'antifascismo << deniocra– tico »). r olpe è il più autorevole e degno rap– prf'.~entante dell'interpretazione « fasci- 8ta ». Egli pone 11,n problema estrema– niente diverso da tutte le altre tendenze, preoccupate sopratt11,tto di spiegare la storia dal punto di vista della dirigenza statale: introduce l'idea di una dirigen– za « della coscienza nazionale>> che ha i 8llOi albori nel Risorginiento e che giun– gerà a.cl afferniarsi quando, nella guerra, si formerà una coscienza popolare uni– taria che sostit1tirà, con il fascismo, alla fiacchezza liberale la « speranza di gran– di cose>>. Alla posizione del Volpe non corrispon– de l'indirizzo delle attuali tendenze neo– fasciste, le q1tali si cucinano 11,na storia chP fa cultura della cronaca passata ed è più ,t;!toria pe1·sonale dei gerarchi, nie– rnoria e biografia, che vera interpreta– zione di un ai 1. enimento. E se p11,re qitalche volta si rifanno a Folpe, non si può dire che ne compren– dano realmente i problemi da lui addi– tati: i-ale a dire che nella smodata difesa pole1nica dei singoli fatti del «regime», i neofascisti hanno perduto il senso sto– rico di itno dei pos8ibili significati del 41

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