Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953

Il fascismo esame Cari amici, tutte le volte che inBieme abbiamo affrontato e cercato di chiarire, per noi e per gli altri, i pensieri e le irrequie– tezze ohe ci fa cevano t orza, tutte le volte che ablJ'iamo cercato di espri1nere dei giu– dizi legati più che alla nostra cultura, alla nostra esistenza, ci siamo trovati di fronte al problema del fascismo. Ci eravamo ripromessi perciò di e~ trare nel merito non appena possibile, Jon·i,inti ohe molte nostre intuizioni sul fascismo, molti rifiuti ai giudizi correnti, 'l-vrebbero potuto essere spiegati, acqui– jtare maggior senso in un disegno più organico, e servire a chiarire quello che 1Jentivamo ancora in maniera confusa e 7iovanile. Un mistero di famiglia Ormai questo esame non può subire ri- ardi : al terzo numero della nostra pub– ~licazione, dopo aver abbozzato la pas– rione che ci ha mossi e i limiti ohe ci riamo scelti, diventa importante cercare ti porre il problema _dei nostri rapporti JOn gli altri (e poichè siamo gli ultimi venuti, e fra questi quelU ohe hwnno ·i'nunciato ad ogni eredità « in proprio », ti tratta in fondo di porre il problema tei nostri rapporti con quelli << prima di wi ~, con la tradizione). Fin'ora, ogni qual volta abbiamo co– '1,inciato a fare qualcosa del genere, ci t iamo trovati di fronte ad un « mistero 'i famiglia», ad un periodo, quello ta– oista, ài cui non esistono spiegazioni ufficienti, ma che caratterizza tuttavia 1 uanti sono venuti dopo e a cui non si uò rifiutare di essere venuto vittorio– amente dopo quelli - niente affatto se- .. ondari nella storia d'Italia - che erano :, rima di lui. ~- Ohe il fascismo sia il fatto centrale i ella nostra storia recente non è sco- 1 erta nostra, nè affermazione scandalo- a : ne conseg1,e che Bul banco di prova el fascismo possiamo pretendere di ve– , ere al paragone le forze della tradizione i loro giudizi. E sarà banco di prova nche per noi, perchè anche noi dovremo iotivare un gwdizio ( e, secondo '1 no- BibliotecaGino Bianco di • coscienza delle 8tro costume, chiamiamo senz'altro quanti si riconoscono nel nostro atteggiamento a contribuire, d-al loro punto di vista, alla completezza di tale giudizio). Mi sono proposto di riassumere qui i punti delle nostre precedenti discussioni, di esporre le nostre esigenze, di additare i problenii, per allestire una qualche piat– taforma «pubblica». Ne uscirà un in– vito a giudizi ulteriori, che possano dare una risposta, sul terreno proprio, agli interrogativi di chi, come me, non può più a lungo sostenere un silenzio senza so– .'?petti e senza pericoli di confusione. La guerra fine di un'epoca di civiltà Io penso che di fronte al problema del fascfamo noi abbiamo acquistato due ipo– tesi che oi permettono di allargare il punto di osservazione: due ipotesi che sono proprie della nostra generazione e che, se sviluppate in giudizi concreti, po– tranno rappre.~entare un nostro originale contributo. Per ora queste due ipotesi ci sono ser– vite per approfondire la nostra discus– sione. Esse sono: 1) che la prima guerra n1ondiale rappresenta la fine di un'epo– ca di civiltà, la distruzione di un equi– librio storico (non: solo politico perciò) costruito nei secoli, la fine della direzione politica organizzata del mondo, l'inizio di uri periodo aperto agU esperimenti nnarchici, l'esplodere di quel fenomeno che oggi chiamiamo « crisi»; 2) che in Jtn periodo di crisi i giudizi si depaupe– rano e per affermare la propria parte di verità diventano parziali e manichei, sic– chè di fronte a questo fatto bisogna re– citperare la « ricchezza dell'uomo'>, quel– lo ohe intendeva,mo quando abbiamo scritto « ritrovare la dimensione umana dei problemi~ o ancora < ci muove una sorta di atteggia.mento umano... volto a scoprire i valori comuni a tutti gli uo– mini ... », cominciando dai valori com·uni ad una stessa generazione. Ohe la crisi - le cui dimensioni a~ cora ci sf11,ggono in tutta la loro radi– calità - si sia manifestata, con la prima guerra mondiale, è stata per noi una scoperta importante ed ha avuto diverse • • generaz1on1 conseguenze. Innanzi tutto abbiamo vi– .'Jto ohe c'è uno stretto legame fra le due guerre mondiali, come aspetti di un JJiedesirno svil·upparsi di forze, non più controllate da 'ltna « dirigenza politica>> del mondo. Ci ha mostrato poi l'insuf– ficienza delle soluzioni nel periodo fra le d·ue guerre, proposte dalla dirigenza politica tradizionale ( europea ed an– glo-francese) a Versailles e nella So– cietà delle Nazioni. Insufficienza anco– ra aggravata e resa più terribile dalla .llrande « crisi» del '29, ohe ha denun– ciato inesorabilniente i limiti della diri– _qenza « imprenditoriale » moderna. Ci ha mostrato come nel crollo del– l'equilibrio abbiano giocato forze nitove che le dirigenze politiche mondiali era– no prima riuscite a contenere e a do- 1ninare: la Russia con il bolscevismo da un lato, l'America dall'altro. Nascono con la prima guerra i germi della spar– tizione del mondo in due, maturata dopo la seconda guerra. Ci ha fatto capire infine il valore mon– diale e di « crisi>> della fine dell'equili– brio giolittiano in Italia e l'es'istenza di una « generazione della guerra >>che è la prima generazione della crisi, con i suoi problemi incomponibili nell'equilibrio pree– sistente. Il fascismo nasce àalla crisi, quindi si 111,uovecon intuitiva coscienza della rot– tura dell'equilibrio interno ed internazio– nale: ne p·uò profittare per tentare senza scrupoli la carta giocata dal bolscevismo in Russia, di affermarsi con la forza, nel vuoto delle dirigenze politiche interna– zionali. },{ a il fascismo non ha una cul– tura oltre la crisi e (a differenza di Le– nin) neppure una << 011,ltura >> della orisi: questo è il si,o limite, radicale e decisivo, 1na ohe gli permette ugualmente (e forse gli taci-lita il compi.to) di essere l'espres– sione della « generazione della g11,erra » in Italia e di battere in manfera non politica (« senza programma») le forze della politica tradizionale. T1.1,tti i giitdizi sul fascismo non ten– gono conto di questa « forza di crisi >> che esso ha per aver intuito l'esistenza della crisi. Sono quindi giudf zi politi o-i che si rifanno quasi sempre ai valori del- 39

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