Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953

Invito alla • ricerca La • generazione e la • storia Abbandonata ogni distorsione e ogni mito, si costruisce partendo dai problemi aperti, cer,cando ga– ranzie in una cultura propria che deve maturare con la coscienza dei problemi L'esatta comprensione di un fatto è as– sicurata, molto spesso, dalla intelligenza di fatti del medesimo genere: il « nuo– vo >, da comprendere come tale, tarda a divenire acquisizione. Questo è ancor più vero quando si cerca di inquadrare con– cettualmente un fatto, un'iniziativa e si compie il lavoro di definizione e di studio indispensabile al loro pieno svilupparsi. La comprensione è notevolmente facili– tata se l'elaborazione di nuove ipotesi, l'in– troduzione di categorie di giudizio diverse dalle tradizionali, risponde a effettive esigenze e alla realtà storica: coloro che vedono nelle nuove acquisizioni possibi– lità di allargare il campo della conoscenza e, con ciò stesso, le potenzialità d'azione, sono in condizione di apertura, e aiutano così il processo di comprensione. Probabilmente tale atteggiamento è da assumere nei confronti della « generazio– ne »: la categoria nuova da introdurre, ac– canto alle tradizionali, per dare un signi– ficato proprio, sul piano delle acquisizioni culturali, all'attuale maturarsi dell'unità dei . g~ovani intorno ai problemi aperti nel paese. L'uso corrente che della parola genera– zione è stato fino ad oggi fatto ci potrebbe imporre di non parlare di un nuovo ter– minologico; se si esamina però la rap- i presentatività del termine ci si accorge che I raramente, nel campo letterario ed anche I in quello storiografico, si è andati al di là di parziali intuizioni. Di qui infiniti equi– voci per cui talvolta si è parlato di gene– razione come di un fatto semplicemente i anagrafico, tal' altra si è usato questo ter– mine come sinonimo di civiltà. Della generazione sfuggiva così quella t:he a noi, oggi, sembra essere la realtà . fondamentale: un lavoro comune, ma au- tonomo, a personale responsabilità, di uo– i mini di fronte ai problemi del proprio tempo, teso e impegnato totalmente al suo Biblioteca Gino 1anco pieno raggiungimento; non legato « sta– ticamente > ai termini necessari di una si– tuazione di crisi, ma piuttosto alla dinamica totale dello sviluppo umano; talchè per ritrovarlo con le sue caratteristiche si deve muovere dalla storia piuttosto che dalla sociologia. E' quindi una realtà nuova da intro– durre: bisogna portare su un piano cultu– rale l'intuizione diffusa che riconosce una comune coscienza e una unità di azione negli uomini cresciuti prima di quei « gros– si » eventi (le guerre mondiali, ad esem– pio) che, ponendosi nella storia come vio– lente fratture, spingono per forza propria alla considerazione dei momenti che li han– no preceduti. Ogni generazione è nuova rispetto alle precedenti. Dice il Bloch nella sua Apo– logia della storia, che la comunanza di impronta, venendo da una comunanza di età, fa una generazione. Ora è proprio questa «impronta> che varia in rapporto ai condizionamenti ai quali la generazione è sottopo~ta e per riferimento ai problemi che la stessa si trova a dover riso! vere. Nè si può, per comprendere il fenomeno, riferire una generazione alla precedente, chè altrimenti si capiscono solo le diversità, ma non il perchè del mutamento di « im– pronta». Più importante dell'esaminare lo scambio delle esperienze tra padri e figli è vedere per quali nuove determinanti sto– riche i figli ripensano in un certo modo le esperienze dei padri, rileggono con un animo, una disposizione, un interesse nuovo i « testi » che, dopo aver contribuito a for– mare i padri, distingueranno loro in modo diverso. In termini più propri si può forse dire che l' « impronta » della generazione è data dalla presa di coscienza di fronte alla sto– ria di una comunanza di compiti da svol– gere, dal ripensamento del passato in fun– zione delle esigenze e delle necessità del presente: essa è quindi un fatto reale ed essenzialmente dinamico, chè altrimenti non si spiegherebbe il distacco spesso nettis– simo tra i giovani e gli anziani. E' chiaro quindi che se la generazione è riconoscibile da un comune agire per determinati compiti, essa non si può con– fondere con la civiltà che rappresenta nel– la storia una « fase » molto più lunga. I problemi però intorno ai quali una ge– nerazione si matura segnano, nella mag– gior parte dei casi, dei momenti partico– larmente delicati nello sviluppo della ci– viltà. Esiste quindi un rapporto, in termini di incidenza, tra il maturarsi di una gene– razione e le crisi che la civiltà attraversa. Perchè l'incidenza sia propria, rappresenti cioè un fatto di crescenza, è necessario che , gli elemen.ti guida di una generazione (che sono poi quelli che ne interpretano, in modo proprio, le esigenze) prendano co– scienza delle necessità del momento sto– rico, ne intuiscano le linee di sviluppo, sap– piano trovare forme organizzative e tecni– che adeguate. Purtroppo, se si guarda la storia, fino ad oggi ciò non è avvenuto in modo pieno. Coloro che hanno svolto una funzione di guida si sono sempre riconosciuti capi di qualcosa d'altro che una generazione: non a caso gli uomini si sono sempre accorti di aver compiuto qualcosa insieme solo dopo un evento, sicchè il giudizio storico– politico nel migliore dei casi riconosce og– gi, dal « fatto », l'unità di una genera- . z1one. Sono sempre mancate due cose: la co– scienza di essere generazione anteriore al- 1' evento che farà poi parlare di un comune destino e, di conseguenza, una cultura che permettesse di porre il problema di un la– voro comune nel momento cronologica– mente precedente l'azione. Non c'è stato mai cioè il senso di un lavoro da com– piere, di una funzione propria da svolgere:

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