Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953

Invito all'iniziativa , Proposta agli • uni versi tari • • È tempo di ritrovare una moralità alla nostra condizione di esonero Nelle nostre università si è oggi perduta la coscienza viva della tradizione culturale recente che pure ha rappresentato un fatto notevole, da qualsiasi parte lo si giudichi, nella nostra società nazionale. Quanti fra gli studenti universitari hanno il sentore di passare per quelle aule dove tanti en– tusiasmi suscitò il positivismo e dove, più tardi, fu vivissima la discepolanza alla cul– tura egemone di Croce e dei suoi allievi? Dirò di più,· si è perduto del tutto il senso della discepolanza, l'orgoglio e la fatica di far pa1·te di una « scuola »., di seguire un maestro. Quello che resta di questa tr(l-dizione non antica sono più spes– so i litigi di bottega, volti più a un gioco di influenze per ottenere delle cattedre, che a un proprio dibattito di idee. L'università è diventata un fatto « am– ministrativo >: il rapporto più reale è di gran lunga quello che passa fra lo stu– dente e la segreteria. Da parte dello stu– dente non si chiede di più, generalmente, che avere i /erri di un mestiere da eserci– tare, quando von ci si Umiti addirittura al foglio di carta che serve per i concorsi. Da parte dello stato non si chiede niente di più che l'università fornisca un certo nume– ro di «addetti a specifiche funzioni», nè più si chiedono dei quadri « formati alla fun– zione dirigente civile ». E da parte dei pro– fessori non si chiede di più che una onesta informazione sulle materie insegnate. Agli studenti d'oggi, che così hanno tro– vato l'università, questa riduzione ammini– strativa può apparire come cosa non ecce– zionale e non differente dal passato. Co– sicchè quando si parla di rinnovamento .culturale dell'università è facile che essi lo capiscano soprattutto come ammodern~ mento di ciò che esiste: ammodernamento che 11adal numero dei microscopi al sosti– tuire un corso sulle guerre di successione Biblioteca Gino Bianco con un corso su Giolitti, nei casi migliori ad aprire uno spiraglio alle questioni cul– turali di moda, quale il cinema od il teatro. E' sulla linea di questa tendenza che i più sensibili, alla /acoltà di legge, fanno le tesi sul diritto di sciopero. I Ma il fenomeno è più profondo. E' l'oc- chio che si muove dietro il microscopio che non sa vedere cose che solo la pas– sione per una ipotesi abbracciata può mo– strare e mettere in rilievo. E' il professore inteso come «maestro» che è sparito. E' venuta a mancare cioè la giustific~ zione allo studio: il sapere di contribuire con lo studio, non solo al proprio per/e- zionamento individuale, ma a una . mts- sione unitaria, il capire di fare una cosa giusta in un quadro generale, non è più una qualità che renda baldanzosi i gio– vani ricercatori. C'è al fondo di questo /enomeno . una realtà, t-roppo spesso affermata, ma diffi– cilmente accettata in tutte le sue conse– guenze: la crisi della cultura. E' un problema che investe anche la scuola e anche gli studenti, ma che non è risolvibile solo nella o dalla scuola o dagli studenti. Ben vengano tutte le iniziative che pos– sono far prendere coscienza di questo e che possono risolversi in una chiara richiesta di cultura e di « scuola », ma a risolvere il problema non basta la problematica gio– vanile, perchè, checchè se ne dica, all'uni– versità si va in primo luogo a imparare e non a insegnare e non sono gli interessi parziali che possano far concorrenza agli esami e alle lezioni . Le modifiche alla sostanza dell'istituto universita1·io sono andate di pari passo con l'evolversi della situazione culturale italia- na: nella società liberale, fresca dello sforzo nazionale unitario, sicura nelle mete da proporre e nei fini, l'università era « ispi– rata» e piena dei niotivi liberali-nazionali. Il sorgere delle « scuole r- che formarono l' « università ideologica » e che sostituirono ai motivi unitari, i motivi di corrente di pensiero, rappresenta già un indebolirsi della primitiva e più totale funzione. Ma oggi l'epoca dell'ardore positivistico è as– sai lontana e lontano è già anche il tem– po tn cui la scuola crociana impregnava di sè l'università. Su quella via si sono fatti altri e più gravi passi. Il fascismo compì l'ultimo tentativo di ideologizzare l'università ai fini dello stato che aveva costruito, mentre le ultime luci della « scuola crociana universitaria> illu– minavano le crisi dei giovani che matura– vano l'antifascismo. Poi la guerra, l'atmosfera confusa del dopoguerra, la fretta dei reduci, lo smar– rimento delle giovani matricole, l'indaffa– ramento dei professori. Nel periodo in cui la politica fu tutto, anche nell'università la politica entrò e alle « scuole » si sostituirono i dibattiti e alle metodologie scientifiche le etichette di parte: l'università « politica » è stato un fatto breve, ma significante. Ma negli ulti– missimi anni con la crisi della politica in cui anche lo Stato è diventato « ammi– nistrativo », solo alcune minoranze hanno potuto permettersi il lusso di trascurare gli studi per cercare un agganci.o positivo con l'esterno: fatto di minoranze che non incide sulla struttura e la natura dell'istituto e sui valo1·i dello studio. E' stato più facile così che il dibattito 11ni,ve,-sitario rinnovasse le dirigenze poli– tiche giovanili piuttosto che l'universitrl stessa. Una volta erano le facoltà, i gruppi

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