Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953

ea ro Cicca 1 dini. a 1Jbiamo letto la presenta.zione (, il pri– mo numero della t1,a rivista, e abbiamo ~-u ·ato d'orientarci in mezzo al labirin– to delle letterP. rlr>gli articoli e delle in– chieste. Non ti nascondiamo che tra tante testimonianze di questa terza genera– : ione. molte ci sono sernbrate 1.:eramente f<'~ici nel cogliere il segno, altre 1neno, ,,u,e an<rJra addirrittura fuori di tono. In fondo, non ci stupiamo di questa va– , i< t ì, perc-hè se non fos8e così, la rivista ,,ircnf(>1e1Jl>e inutile e noiosa. R dalle , ,,,1 1 rarl'li::ioni, dall<' polemiche, che si r J,ia ri,w·ono le idee e eh e a poco a poco :-ir 1 1e fuori la re1 ità o almeno un tram– ,, ( tu rli re, ità. 1 yian10 completamente (/'a ·r·o, rlo ('On te e i tuoi amici quando rerutte di dare una fisionomia alla terza t,< n, /'(/;,ione, alla nost,-a r,ene, azione. E in fon rio l'usr·iJ e dal rolto anonimo per un I alto autonrnno <' reale. Quindi il no– .'-;f,o di..,senso su 1 ·r>1te c·osc r·he arete sr riff<'. 11011 (' n<'l JJU n to <1 i pa rten ;,{I, sr>rn- 111a i in r·erte r·on<"lusioni. f,,a lette, a su i /Jl'OlJlern i della poe8ia ha ,·<Tf< mente to('r·r,fo il seyno, affe1 mando 1'11111•1" tan:a che ha questo prolJlcrna per lo tlfJ."i/1<1 r1u1P1a;.ione. /..,o pcn8iamo un '" olJ r'ma fonda 111<7ntale.q1u sfo <lC'lla poe- .! ~ibliotecaGino Bianco Discussione Poesia e • impegno • storico Se "Momenti ,, è riuscita ad aprire il dialogo con i giovani, ciò è perchè ha rappresentato un punto di riferimento per coloro che hanno compreso quanto urgente oggi sia denunciare, e se del casò sprofondare, i valori equivoci su cui poggia il nostro edificio culturale sia, non verehè ci siano tanti giovani ohe s('ri,;on.o, ma verohè ai pare che la Zette– ratu ra occ"UJJi un posto essenziale nella nostra i:ita. Quasi tutti noi siamo passati attraverso l'e3perienza della scuola, e an– (·01 a oggi, poco o molto, leggiamo. Sa- 111 ofessionale. Questa, rni sembra un po· la storia ideale di tutti, e ci pare che un· discorso sulla poesia debba cominciare proprio qui. In fondo, a nostro primo problema è proJ}rio di scelta e di formazione. Sono ranno forse libri letterari o di cultura, rligrorsi inutili il voler parlare di « li- o riviste serie e specializzate, oppure sol- rello zero anche per coloro di questa tanto selezioni o Època o i q'U,Otidiani. nenera~ionc> elle l'iconosoono nella poesia Oflnu no di noi, secondo il tempo e la pro– fessione, ha conservato questa abitudine, questo .r1usto dalla scuola di leggere. Per questo abbiamo voluto discutere con voi il problema della poesia. Soprattutto per– ch è, se vo,qliarno trovare quel nuovo, qi,el diverso che sia la fisionomia della nostra generazione, bisogna che cerchiamo di ve– der eh ia ro e di non aver paura di par- 1 ure. Tutti noi. ti dicevamo, siamo usciti dal– la sruola. Da quella scuola dove per tanti anni ('f hanno parlato, tra le altre cose, della poesia. Abbiamo letto i rlassici - que[Jli autori e quelle opere ohe almeno la tradi~ione ha roluto éatalogare così·-. A rolte con piacere, con partecipazione. . lltre volte con noia o con disgusto. In fondo, la prima scelta critica l'abbia mo fatta allora, senza indagare, più per in– f II ito eh<' per altro. Poi con gli anni, for– se per un aecenno o per caso. a1Jb1t1 mu ('Ominciato r1 l<'ggere i contemporanei, e a poco a poro i classici ci sono sembrati inutili e noiosi. Sentiva1110 nei contempo– ranei un linguaggio e una comunione molto più l'icina a noi. Poi abbia mo com in e-iato a sf'e{lliere anche tra i contemporanei e .·iamo ritornati a quei classici che ci pa– r<'L'ano più ricini al nostro r1usto e alla no8tra se.nsibilità. E questa scelta, conti– nua an(ora Og[li per tutti noi, anche se JJ<'I' {Jl(olr·uno è rlirr>ntata un'abitudine la pro ori a roca.zinne umana; che legano fonda mentalrnente le loro capacità alla parola poetica come poeti o come critici>>, o peggio ancora di crisi della poesia o di rrisi dell'umanità. Anche se poi si cerca rl i (< prenderne esatta coscienza, perohè .~<'n Ja questa esattezza le linee per uscir– ne. non vossono verificarsi che illusorie o relleita rie)). Queste frasi ci sembrano tanto ce, ti certi rim,edi che vorrebbero rurare tutti i mali e non cwrano niente. I/inizio di 1.tn cliseorso s1.,lla poesia non può partire di qui, se non vuole finire, J)roprio come accade in molti vostri arti– coli. in un 11,rnanesimo - parola che vuole 8pier1are tutto e ohe non dice niente. Se l'Ofilia mo inizia re questo discorso con se– rietà e, soprattutto, per costruire qual– cosa, dobbiamo avere il corag[lio d'uscire dal generico e clall'im-preoiso. Dobbiamo prendere coscien.za dei compiti e della si– tua,zione storica della nostra generazione. pigliando esempio da quello che ave1,ano fatto i r1iovani francesi e tedeschi degli anni 1.920-'80. nobbiamo saper esprimere <'hiaramente la nost1a riPolta e il nostro rl i8,r,11 sto per certe forme di conformismo u <li accadcmi:smo a v,z,1,otoohe sono tra i mali più radicati nella nostra cultura e nella nostra società d'oggi. Piangere sulla r·,isi, per poi soltanto sperare o credere n<'ll'11on10 ~en:a mai don1andarsi quale rl<'hba essere la .~11a.l'era dimensione, ci

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