Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953

Invito all'iniziativa Appunti per l'organizzazione della ·cultura No_n pretendiamo risolvere il problema di fondo, ma comune, togliendoli dall'isolamento, perchè possano portare dei giovani intellettuali svolgere una ejf ettiva opera di ad un lavoro sollecitazione 1. Nell'attuale situazione di crisi della cultura e di inadeguatezza della strumen– tazione culturale, la sitt,azione del giova– ne intellettuale, condizionato negativamente dall' a,rnbiente in cui è costretto a vivere e dell'inconsistenza dei centri culturali, è quella dell' « isolato ». Non può scambiare idee ed esperienze con quanti hanno i suoi stessi problemi, non ha la possibilità, pur sentendone l'esigenza, di ritrovarsi in un'attività di ricerca, che, superando l'in– sufficienza dei centri organizzati esistenti, · lo ponga, col fornirgli strumenti adeguati, in condizione di apertura di. fronte ai pro– blemi del suo tempo. La rottura con la realtà o la posizione dialettica con la so– cietà in cui si vive, sembrano essere gli un1c1 atteggiamenti possibili in una situa– zione come l'attuale che vede la coscienza della crisi esprimersi solo in termini di protesta individuale. 2. Crediamo che non sia strano parlare di « isolati > in una società che vede pullu– lare organizzazioni culturali di ogni tipo: la straordinaria varietà degli istituti di cultura, lungi dal costituire un aumento di possibilità per lo s11iluppo dei giovani in– tellettuali, rappresenta, nella disposizione odierna, ~n ulteriore indice di crisi. La civiltà moderna col suo svilupparsi ha moltiplicato gli organismi di studio: ogni attività, p-ratica ed intellettuale, si è ormai creata la sua scuola, il suo circolo specializzato; è sempre mancata però una razionale divisione dei compiti per cui oggi ci troviamo nell'assoluta impossibilità di classificare in ordine funzionale gli isti– tuti esistenti. Non si sa più chi lavori per il progresso delle scienze, chi per il con– sumo culturale, chi pèr la diffusione o l'in– segnamento: colpisce soltanto l'enorme - tU– spersione delle energie, costrette ad esau– rirsi in attività che, slegate tra loro, riman– gono contraddittorie e fine a se stesse. Talvolta si cade nel nominalismo per cui dietro le « ragioni sociaU » delle orga– nizzazioni culturali non si riescono più a distinguere gli interessi cui si vuole rispon– dere (si pensi ad alcune università libere, alle numerose facoltà di, scienze sociali, alle scuole di gior'fl,alismo, ecc). 3. Il disorientamento provocato dall'ir– razionale divisione dei compiti tra i vari istituti di cultura non permette al giovane Biblioteca Gino Bianco di vedere per quale centro organizzato passi la sua linea di sviluppo. Non solo. La disorganica distribuzione geografica esclude automaticamente tutti i « provin– ciali », che vedono soffocare nell'isolamen– to la loro aspirazione alla cultura. Avviene che giovani con veri interessi di ricerca per le scienze storiche trovino nelle loro città al posto dei servizi essenzialissimi, come le biblioteche, solo accademie di eruditi. Esaminando poi l'atteggiamento dei gilJ– vani più preparati, di tutti coloro cioè che hanno degli interessi specifici di studio, ci si accorge facilmente perchè gli istituti culturali esistenti (ivi compresa l'univer– sità) non soddisfino le loro esigenze: com– piendo_-infatti soltanto un'opera di siste– mazione e µ,i diffusione del sapere passato questi istituti ignorano i problemi nuovi che premono sui giovani e che li spin– gonò ·alla ricerca; si riducono così, come già da altri è stato detto, a simbolo del distacco esistente tra la cultura e la vita. Con ciò ci siamo avvicinati ad uno dei punti nodali del problema della crisi della cultura. 4. Oggi non è più sufficiente diffondere dall'alto, in modo illuministico, acquisi– zioni di « grandi intellettuali». Perchè si abbia un effettivo sviluppo della cultura nazionale è necessario produrre secondo una linea di contatto continuo tra i « pro– duttori » culturali e la realtà del paese. E' chiaro quindi che non si risolve nulla con il semplice ridimensionamento del consumo: la non funzionalità dei centri di cultura non è che l'aspetto esterno, orga– nizzativo, di una disgregazione più vasta. Si può pure, come alcuni vogliono, esten– dere il Cons_iglio delle ricerche, alle scien– ze morali: prima però è necessario chiarire e definire i tipi di ricerca, alt-rimenti la riforma si ridurrebbe ad un vuoto espe– diente. Fino a quando non si affronterà il problema del lavoro produttivo intellet– tuale in termini di funzionalità (l'intellet– tuale che ricerca, l'intellettuale che inse– gna, l'intellettuale che produce per il con– sumo), al miglioramento organizzativo non corrisponderà un aumento qualitativo di produzione. 5. I giovani non posseggono gli stru– menti per risolvere i problemi di fondo dello sviluppo della cultura. Non per que- sto essi debbono rimanere inattivi in at– tesa che «miracolistici» interventi dall'al– to modifichino l'attuale situazione. Creèlia– mo che sia possibile e che si debba fare qualcosa per ridare ai giovani la fiducia nelle proprie capacità, per aiutare i mi– gliori a uscire dall'isolamento e a svolgere un'azione organica ed espansiva. Preliminare, f o"rse, è prendere coscienza di due fatti: l'esistenza· di energie dispo– nibili sul piano di un lavoro produttivo culturale, ed il maturarsi intorno ad esse di problemi del tutto nuovi, mai prima d'ora affrontati. La disponibilità è propria di chi, avendo coscienza dei limiti della società in cui vive, non si abbandona e reagisce cercando di chiarire a se stesso, con gli strumenti culturali a sua disposizione, il perchè di una situaziorJ,e. Tale atteggiamento, per assumere un significato positivo e non esaurirsi in un fatto di speculazione indi– viduale, deve verificarsi con le esperienze di tutti gli altri giovani che, in un'analoga situazione, condizionati dalle stesse deter– minanti, sentono gli stessi problemi. Non un incontro casuale, quindi, ma un dia'!'. logo responsabile di persone che vogliono chiarire una posizione per poi portare un contributo concreto alla ricerca muovendo dalle proprie esigenze e dai problemi reali. 6. Affermare che biso_gna cominciare dai problemi, significa capovolgere il metodo tradizionale (che nella migliore delle ipo– tesi solleva la realtà ad una cultura già determinata) per impostare la linea di ri– cerca in modo omogeneo alle necessità del momento, tenendo conto della situazione storica e dell'individualità del nostro paese. In questo senso si può parlare di una « so– litudine dei giovani » •• i maestri, occupati a diffondere l'acquisito, non cortoscono i condizionamenti nuovi dai quali bisogna per necessità muoversi e quindi non pos– sono più svolgere una azione di direzione. E,rendere coscienza di questo non signi– fica rifiutare sistematicamente la produ– zione di coloro che, sia pure in tempi ed in forme diverse dalla nostra, hanno già raggiunto una maturità intellettuale: dire che non ci riconosciamo nei maestri im– porta porre una condizione morale al no– stro lavoro. Il primo compito infatti cui dobbiamo assolvere è quello di formu– lare i problemi nuovi in termini validi 33

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