Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953

Esperienze di • generazione Non si può cercare altrove la strada della donna: . nella vita sociale essa deve essere chiamata ad occuparsi delle persone, 11,ondelle cose Credo che molte di noi si siano chieste se c'è un nostro posto nella terza generazione : se c'è un posto per le giovani accanto ai giovani. Delle donne e della posizio– ne delle donne e della funzio– ne delle donne si è parlato e si parla: ma forse non è ma– le tentare ridiscutere anche noi il problema, se problema c'è o, al contrario, liquidare una volta per tutte l'argomen– to, se non sono necessarie no– stre soluzioni. Un problema c'è. Non si trat– ta di andare a riesumare le posizioni del vecchio femmi– nismo, nè di impostare la que– stione in termini di rivendi– cazioni femminili e cose simi– li; in un certo senso tutto ciò non è mai stato altro che un aspetto secondario della in tera faccenda : e ne è pro– va il fatto che la parità dei sessi, sul piano sociale ormai quasi totalmente raggiunta, non ha nè risolto nè elimina– to il problema. Problema che mi sembra con– sistere soprattutto nell'essere l'attuale posizione delle don– ne anch'essa una << posizione di es.clusi » : se per esclusi si intendono (e mi sembra sia questo il senso che voi date alla parola) coloro che nelle forme attuali della vita so– ciale non trovano un loro po– sto, coloro che per inserirsi nel meccanismo della vita moderna devono << falsificare le ·proprie più autentiche possibi– lità >>. Nella società moderna si è operato come uno sfasamento tra ciò che la donna fa e ciò che per natura è chiamata a fare. Mentre da un lato ha continuato ad avere una fa– miglia, dall'altro ha incomin– ciato a lavorare, a guadagna– re, a vivere una vita propria. !\fa lo sfasamento non è tanto tra questi due termini fami– glia-lavoro, quanto invece tra vocazione della donna per la famiglia e per un lavoro e ter– mini e modi in cui la società moderna la costringe a tra– durre tale vocazione. Accanto a questo aspetto fondamentale del problema, ve ne è un altro non meno impor– tante: quello della consapevo- lezza della donna stessa di fronte alla propria situazio– ne e del suo atteggiarsi. D'altra parte non ser,e a nulla voler risolvere il proble– ma, eliminare lo sfasamento rifiutando ·i di accettarlo: non si può cancellare ciò che è ac– caduto negli ultimi 60 anni e riportare la donna a quel che era. ]torse è più utile tentare nuovamente un esame di quel– lo che la donna è oggi e di quello c-he potrebbe e tloYreb– l>e es8ere : e su questa base cercare di operare una fusio– ne. tra il compito antico a cui la sua natura stessa la c·hiama e i nuovi che la strut– tura della società rnoderna le assegna. E' chiaro che tale fu– ~ione sarà completa quando unica 8arà la ragione di en– trambe le categorie di compi– ti : quando cioè esse a ,Tanno un medesimo scopo e la loro , diYer~ità sari't limitata solo ai 1nodi (·on cui esso ~i persegue. Una delle e.·perienze fonda– n1entali che ha fatto delle donne quelle che esse sono og– gi, è stata senza dubbio quel– la femminista: l'esperienza della parità dei sessi, del di– ritto di voto e di lavoro, della equiparazione dei salari e co– sì ,ia. E' chiaro però che mal– grado le esigenze vere e pro– fonde così non si è toccato il fonclo del problema: finchè so– stituisce l'uomo, finchè si li– mita a fare ciò che fa l'uomo, la donna non è felice. E men– tre non riesce ad essere « come l'uomo >>,perde in questa spe– eie di gara con l'altro sesso il meglio della propria natura e delle proprie possibilità. Tuttavia anche altro è Ye– nuto fuori dall'esperienza femminista : da. essa la donna ha imparato ancora ad ap– prezzare i vantaggi dell'indi– pendenza economica, della li– bertà dalle idee preconcette, e dal complesso di << quello che dirà la gente». Vantaggi se forse non fon– damentali, certo, notevoli, tali cioè che, una volta apprezzati, ad essi non si possa più ri– nunciare. A poco a poco, an– zi, essi sono diventati la ragio– ne principale del laYoro delle donne o per meglio dire la ra– gione principale per cui molte BibliotecaGino Bianco donne si accollano un lavoro ma8thile. Ciò che esse voglio– no ~embra essere l'indipenden– za economica con tutti i van– taggi che essa comvorta: la li– bertà materiale, per così dire. E il lavoro ·non è che un mez– zo per ottenerla: quindi qua– lunque lavoro, purchè sufficien– temente retribuito, è buono. Xaturalmente, quando la situa– zione econon1ica familiare lo permette, ci sono molti altri pretesti per essere « libere >> : l'iscrizione all'Università, i viaggi di cultura o qualunque altra cosa. E tutta via questa non è una e. istenza così ricca di interes– si e di scopi da appagare l'a– nimo umano, sia pure femmi– nile. Di qui un senso di scon– tento, di disagio, latente e ine– spresso, magari; n1a presente e continuo. Sembrerebbe che la compen– sazione a tale scontento la donna possa cercarla e trovar– la nel matrimonio : anzi il ma– trimonio nella maggioranza dei casi si presenta come la sola Yia d'uscita, l'unica pos– sibile liberazione da un lavoro fatto soltanto per arrivare al 27 del mese. Senonchè nel cer– care la compensazione non si esce dall'ordine di idee che ha causato lo scontento stesso, giacchè in moltissimi casi ad un lavoro che lascia insoddi– sfatti per il suo rispondere alla sola finalità pratica, si sostituisce un matrimonio che non è concepito molto diver– san1ente da un affare. Ci si sposa J?er sistemarsi : procurarsi la tranquillità eco– non1ica e liberarsi da quello che 11otremmo chiamare il com– plesso di inferiorità della zi– t<'lla di fronte alla società. In queste garanzie di placida esi– stenza, di rispettabilità, di ono– rato ancoraggio che il ma tri– monio offre (purchè natural– rnente contratto con una per– sona << per bene ») si vede il Ruo valore fondamentale : e si eonsiderano tali garanzie co– me condizione non solo neces– saria, ma pienamente suffi– ciente alla riuscita del matri- , monio stesso. Naturalmente, di tale con– eezione del matrimonio non . i ha in generale coscienza : essa è diventata come « inna– ta » nei membri di una socie– tà in cui la sicurezza econo– mica, la tranquillità, la rispet– tabilitit ~ono con. ·itlerati i mas– simi Yalori, da perseguire ad ogni co~to, perchè ritenuti i soli garanti della felicità uma– na. Che la sopra,,alutazione di tali ·valori troYi la sua giu– stificazione nell'esperienza de– gli ultimi 50 anni è ,ero : ma è altrettanto vero che non v'è conto in banca o esistenza tranquilla e conforteYole che possano Roddisfare il bisogno profondo, umano. di dare alla vita uno scopo, un fine al di– sopra del soddisfacimento del– le esigenze materiali. . Non si può prendere in con– siderazione il lavoro della don– na solo ('Ome une maniera di riempire il tempo· o di contri– buire alle spese della famiglia in cui è nata. fino al n1omento in cui il matrimonio le darà un suo posto ; nè il ma trimo– nio può essere visto solo co– me « sistemazione>>. Intesi in questo modo, entrambi vengo– no svuota ti di ogni significa– to: si nega implicitamente che per la donna essi possano ri– spondere a una personale vo– cazione. Forse questa mentalità è il frutto del tentativo di conci– liare il dato di fatto della so– cietà moderna (la donna che lavora) con una concezione del matrimonio conservatrice delle forme tradizionali, senza curarsi che esse possono esse– re divenute apparenze senza sostanza. Nella grande mag– gioranza dei casi si hanno idee molto confuse sui possi– bili compi ti della donna nella società moderna : di conse– guenza nell'educazione (mora– le. sentimentale, sociale) delle giovani l'argomento viene af– frontato con prudenza: per lo più si esaurisce con una serie di formule, della cui validità la tradizione è garante. ma che ha uno il non piccolo difetto di non rispondere per nulla alle domande e ai problemi che la vita moderna pone a una gio– Yane. E tuttavia l'esistenza di que– sti problemi viene spesso aY– vertita: come senso di squili– brio, disagio interiore, insod-

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