Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953

apparente violenza. Coloro che aspirano al migliore dei mondi possibile hanno dav– vero qualcosa in cui sperare! Ma, nonostante tutto, e forse per fortu– na, la «machine à gouverner» non è ancora pronta per un prossimo domani. Oggi siamo di ftonte alla minacciosa possibilità di un grande Stato Mondiale in cui una deliberata, consapevole, primordia– le ingiustizia potrebbe essere la sola con– dizione per la felicità statistica delle mas– se; uno Stato che per ogni intelletto libero sarebbe assai peggiore dell'inferno ... >. In altri termini, il governo meccanico dell'uomo non può aver successo se prima non impariamo a conoscere i propositi in– nati dell'uomo e la ragione per cui voglia– mo governarlo. Da quando abbiamo avuto la sfortuna di scoprire la bomba atomica, i nostri gior– nali hanno parlato molto degli accorgi– menti e dei segreti americani. Ma c'è una cosa as~ai più importante di questi accor– gimenti tecnici, una cosa che gli Stati Uni– ti non posseggono certo in misura illeci- Biblioteca Gino Bianco tamente grande. E' il sapere cosa s1 vuo– le; e così determinare non soltanto come raggiungere i nostri fini, ma anche quali debbano essere i nostri fini. Posso distin– guere fra le due cose con un esempio. Qualche anno fa un noto ingegnere ame– ricano acquistò un pianoforte automatico assai costoso. Dopo una settimana o due apparve chiaro che le ragioni dell'acquisto non dovevano ricercarsi in alcun interesse particolare per la musica suonata dal pia– no. Esso nasceva piuttosto da un vivo in– teresse per il meccanismo dello strumento. Per questo signore, il piano automatico non rappresentava uno strumento musica– le, ma un mezzo per dare a qualche in– ventore la possibilità di dimostrare il pro- prio talento nella soluzione dei problemi relativi alla produzione della musica. Sen– za dubbio questo è un atteggiamento am– mirevole per uno studente di scuola me– dia, m~ lascio giudicare al lettore se sia altrettanto ammirevole in un tecnico dal quale dipende il futuro culturale del paese. Ignoro quali stano le letture della no– stra gioventù. Non s6no pratico di diverti– menti, ma mentre conservo ancora un cer– to rispetto per Al Capp e Li'l Abner, de– vo riconoscere che difficilmente il livello delle nostre letture per ragazzi è sul pia– no della pungente saggezza di Capp. In un certo senso questo personaggio adempie al– la stessa funzione delle fiabe e della mi– tologia della mia fanciullezza, e cioè quel– ~a di portare ai giovani un po' della sag– gezza didascalica delle antiche età. Quelle fiabe ci avevano insegnato alcune delle più semplici e delle più evidenti ve– rità di vita. Avevamo imparato che quan– do troviamo un genio in una bottiglia, è meglio lasciarlo tranquillo; che quando il pescatore implora troppo a lungo il cielo affinchè gli conceda una grazia per sua moglie, egli finirà esattamente dove ha co– minciato; che se per caso ci chiedessero di esprimere tre desideri, dovremmo fare molta attenzione a quello che realmente vogliamo. Queste semplici e ovvie verità sono l'equivalente fanciullesco di quella coscienza del Destino che possedevano gli antichi greci e che molti moderni europei ancora conservano, ma che è ormai quasi del tutto perduta in questo paese dell'ab– bondanza. I greci giudicavano la scoperta del fuo– co con sentimenti assai contrastanti. Da un lato il fuoco era per essi, come per noi, una grande conquista dell'umanità. Dall'al– tro il rapimento del fuoco al cielo costi– tuiva per gli dèi dell'Olimpo una sfida che essi non potevano non punire come af– fronto alle loro maestà. Vediamo così il castigo di Prometeo, il portatore del fuo– co, il _w-ototipo dello scienziato: un eroe, ma un eroe dannato, incatenato a una rupe del Caucaso mentre gli avvoltoi gli rodono il fegato. Udiamo. nei versi squil– lanti di Eschilo, il semidio incatenato chia– mare tutto il mondo che vive sotto il sole a testimone delle sofferenze a cui lo hanno condannato gli dèi. La coscienza del destino è la coscienza che il mondo non è un piccolo e morbido nido creato per proteggere l'umanità, ma un territorio grande e in gran parte ostile, nel quale noi possiamo raggiungere grandi risultati soltanto sfidando gli dèi, ma con la coscienza che tale sfida sarà inevitabil– mente punita. E' un mondo pericoloso in cui non vi è alcuna sicurezza, eccetto quel– la, alquanto negativa, dell'umiltà e del sa– crificio delle proprie ambizioni; un mondo in cui v1 è una adeguata punizione non

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