Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953

Stati Uniti: crisi nel paese dominante? L'4 Economist > ha dedicato una serie di articoli alla possibilità che l'economia americana cada in una depressione e alle conse– guenze per l'Europa. Riassumiamo le parti essenziali sotto forma di un dialogo tra il settimanale e un lettore. Lettore - Dunque, l' « Economist > ritiene probabile che l' econo– mia americana cada in una crisi? Economist - Desideriamo affermare categoricamente che noi non facciamo profezie. Non pensiamo che una crisi americana sia certa, meno ancora vogliamo pronosticare quando questa eventualità può accadere. D'altra parte, la possibilità di un rallentamento dell'economia americana ci sembra abbastanza grave e abbastanza grande, da giustificare di parlarne qui. Lettore - Che cosa intendete esattamente per crisi? Economist - Ci spieghiamo con questo esempio statistico: U.S.A. PRODUZIONE IMPORTAZIONE 1929-32: depressione -44% - 70% 1938: recessione 6% -35% 1949: 1% ' -9% pausa - Lettore - Su quali elementi vi basate per prospettare la possibilità di una crisi? Economist - Sulla base di un aumento annuale di circa 700.000 lavoratori, e secondo l'attuale tendenza della produttività, gli esperti americani ritengono che la capacità produttiva degli . Stati Uniti sia destinata a salire, in « condizioni normali», di 10-12 miliardi di dollari all'anno. Ora, se la produzione na– zionale lorda aumenterà effettivamente di 10-12 miliardi di dollat·i all'anno, oppure con qualche altro ritmo, dipende da questo problema: le tre principali categorie di spesa (spese pubbliche, spese private in investimenti e spese private per consumi) saranno sufficienti ad assorbire tutta la produzione che può essere prodotta, anzi, che deve essere prodotta se l'economia vuole essere al livello di piena occupazione? Lettore - Quali possibili alternative ci sono? Economist - Una pausa, sul genere di quella che si ebbe nel 1949, avrà luogo se le spese nei prossimi anni aumenteranno in Ame– rica in modo da assorbire solo una frazione dei 10-12 mi– liardi di dollari di aumento della capacità produttiva. Una recessione, del tipo del 1938, avrà luogo se le spese, anzichè aumentare, diminuiranno di 10 o 20 miliardi di dollari. Una depressione, del tipo del 1929-32, avrà luogo se la recessione avrà un effetto a valanga, cioè se i produttori e i consuma– tori, in preda al pes1imismo, ridurranno gli investimenti e i consumi su vasta scala. Lettore · Quale di queste possibilità è la più probabile? Economist - Una delle principali ragioni per temere una pausa o una recessione, è che il governo americano può abbastanza BibliotecaGino Bianco presto ridurre o sospendere gli acquisti militari di beni e servizi. Verso la fine del 1953 e più ancora verso la metà del 1954, salvo che si m_anifestino fenomeni compensatori, il ral– lentamento degli acquisti pubbUci dovrebbe fare sentire i suoi effetti. Sfortunatamente, effetti analoghi dovrebbero pro– venire dagli investimenti privati che, secondo una analisi della loro costituzione, rallenterebbero proprio verso quell'epoca. Rimane il terzo genere di spesa, quella per consumi privati. Si può dire, forse, che la storia dipende oggi ... dalle ambizioni delle casaUnghe americane ci1·ca la loro cucina. Lettore - Vi sono rimedi? \ Economist - Una recessione potrà essere bloccata soltanto con due generi di difesa: la difesa naturale inerente all'economia americana, e la difesa artificiale che qualsiasi governo ame– ricano, prendendo Keynes come il suo Clausewitz, dovrebbe affrettarsi ad erigere. Il New Deal del Presidente Roosevelt era basato su certi princìpi che gli economisti dicono key– nesiani e che gli altri, la gente ordinaria, chiamerebbe « buan senso ». Si riconosceva che dal momento che una recessione è dovuta alla impossibilità della domanda di espandersi così rapidamente come la capacità produttiva, il modo ovvio per rimediare è di stimolare la domanda, con maggiori deficit di bilancio, minori saggi di interesse e maggiori spese governa– tive. Il New Deal ebbe indubbiamente qualche successo. Sem– bra abbastanza indubbio, fortunatamente, che il governo re- pubblicano, in caso di una nuova recessione, adotterà nuova– mente qualche forma di New Deal, anche se le darà un nome diverso e un colore diverso. Probabilmente si incomincerà· con riduzioni fiscali, seguite da una politica di denaro a buon mercato e finalmente da una politica di lavori pubblici. Ma è proprio sui lavori pubblici che bisognerà insistere. Lettore - Che conseguenze può avere tutto ciò per l'Europa? Economist - In caso di una pausa o di una recessione americana, l'Europa dovrebbe fronteggiare un'altra dose di crisi del dol– laro, di restrizione delle importazioni, di riduzione delle ri– serve auree, di svalutazione monetaria, di disoccupazione. Lettore - Perchè non fare come dovrebbe fare l'America? Perchè non predisporre gli stessi rimedi? Economist - Il problema non è, nel caso dell'Europa-, identico a quello dell'America, dove si tratta di stimolare la domanda, ad ogni costo. In Europa non basta stimolare la domanda, bisogna ancora stimolarla nella gi11sta direzione. E giusta di– rezione vuol dire direzione che conduce ad investimenti pro– duttivi e non conduce, invece, ad un peggioramento della bi– lancia dei pagamenti. Fin d'ora sarebbe bene pensare ad ac– cumulare, per quanto possibile, dei dollari. E questa discus– sione non sarebbe inutile se portasse come risultato l'avver– tenza che bisogna pensare a tempo alle cose che possono dan– neggiare. da Spoglio stan1pa internazionale dell'Ufficio stampa dell'Unione Industriale di Torino, 7 aprile 1953.

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