Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953

Una inchiesta • lll • ogni paese Rendersi conto dell'ambiente è il primo atto di iniziativa Oltre il 65 % della popolazione italia– na vive, secondo i dati dell'ultimo censi– mento, in centri inferiori a trentamila abi– tanti e più di due terzi di questa percen– tuale in centri inferiori ai diecimila. Si può quindi affermare che almeno metà della popolazione italiana vive in pae– si di varia grandezza e di varia importanza. Non esistono statistiche che ci dicano quan– ti abitanti dei paesi italiani siano soddi– sfatti del loro luogo di abitazione e forse il tentativo di costruirle non approderebbe a nulla. Infatti la gente si pone questa do– manda solo nei casi in cui ha qualche pos– sibilità di andarsene: solo allora sceglie tra il proprio paese, un paese più grosso o la città. I vecchi è raro che se ne vadano; è ab– bastanza frequente invece che gli uomini e specialmente i giovani si spostino periodi– camente o definitivamente in altri luoghi. E' un fenomeno per larga parte naturale e che si verifica anche in molti altri paesi, anche se in Italia la cosa oggi si coipplica perchè in città ci sono ben poche possibi– lità di trovare lavoro per la crisi che la nazione attraversa. Non ci vogliamo ora fermare sull'analisi storica ed economica di questo fatto, ma piuttosto su una idea che è spessissimo radicata nella testa di quelli che se ne vanno: che a casa loro, nel loro paese non ci sia nulla di interessante, ma tutto sia ordinario, indegno di essere os– servato e poi migliorato, mentre in città tutto ha un sapore straordinario, un che di magico. Importanza delle cose di tutti . l . . giorni. Basta parlare trovandosi in un ritrovo cittadino con uno della nostra età che viene dalla provincia (paese o cittadina) per sen– tire subito affiorare questa idea: in città tut- B~bliotecaGino Bianco to merita osservazione, dalla nuova stazio– ne, al traffico stradale, all~aria condiziona– ta, ai primi grattacieli, alla televisione che compare nelle vetrine; anche le comunica– zioni tra le grandi città, le fabbriche e le aziende commerciali che vi producono e vi operano sono fatti che attirano l'attenzio– ne, specialmente da parte degli immigrati stabili o periodici. Questi argomenti ani.mano la discussione la sera negli autobus e nelle ferrovie se– condarie che li riportano a casa: tutte co– se interessanti a cui è bene e fa anche pia– cere pensare quando in campagna è ormai buio e se ne sente una certa mancanza. Non è il caso di stare a vede;-e come sia stato possibile costruire e godere tutte le belle cose della città (si vedrebbe che le campagne e i paesi vi hanno avuto la loro parte); quello che importa è invece capire che le cose della città sono della stessa na– tura delle cose della campagna: il neon della galleria cittadina è lo stesso che usa il bar nuovo sulla piazza del paese, le strade della città sono studiate secondo un piano che si chiama « piano regolatore > nel quale degli esperti tengono conto di tutte le necessità e le dispongono in un certo modo: ma le vie più antiche della città, quelle che sono generalmente più contorte e più strette, più ricche di palazzi e chiese antiche sono nate come le strade di un comune di campagna, sia quelle del paese, che quelle tra i campi; sono nate con un « piano » che la gente si trovava da sola, via via che il tempo passava, in base a necessità magari meno complicate, ma serie come quelle considerate dal piano regolatore. Dietro la disposizione di tutte e due c'è un problema che prima era pre– sente e poi è stato risolto. Se le grandi fabbriche e aziende com– merciali di città hanno qualcosa di colos– sale, sono dotate di macchinari e capitali, mentre la grossa masseria del nostro paese è dotata di poco capitale, e invece di con– ti in banca e macchine mostra fieno, pe– core e formaggi, non è detto che i suoi problemi siano meno complessi di quelli della fabb~ica: ci sarà per esempio da spiegare perchè ha meno macchine e me– no capitale; questo, come tanti altri, è un problema grosso e importante che gli abi– tanti del paese, e specialmente i giovani, devono considerare; perchè allora potran- no dire non solo di conoscere il proprio paese, ma di avergli risolto un qualsiasi problema, di averlo conquistato in modo che loro sono diventati i paesani di cui noti si può fare a meno perchè il paese vada avanti. Ma per far questo bisogna che abbandonino l'idea che il loro paese non è interessante; questa idea l'hanno più loro che gli uomini adulti, con cui vanno ogni giorno o ogni settimana in città: gli adulti al paese hanno la moglie e i figlioli e ci restano sempre un po' at– taccati. Una volta lasciata questa idea tta i fer– rivecchi, i giovani del paese devono chie– dersi se le cose che vedono e sentono sem– pre sono così per caso o hanno una ra– gione: per quel poco che ho provato a fare questo lavoro, so che dietro alle co– se che si vedono ci sono sempre ragioni molto profonde, che uno a prima vista non sospetta nemmeno: è chiaro che se quelle cose sono anche ferme, scoprire le ragioni per cui sono ferme significa tro– vare il modo di farle muovere o di elimi– narle. J/ alore dell'iniziativa di paese per la • . generazione. Prima di continuare questo discorso dobbiamo spiegare 'perchè ci preme tanto che i giovani dei paesi si chiedano cosa c'è sotto le cose che vedono e sentono sempre. Nello scorso numero Scassellati ha spie– gato perchè la campagna e i paesi sono i luoghi migliori per far nascere iniziative: nei paesi più che nelle grandi città, egli dice, « vi sono dei problemi che interes– sano i giovani e che sono alla loro por– tata ,., cioè solubili e individuabili con le loro forze attuali. Il maggior numero di iniziative dunque, nasce tra i giovani dei paesi e delle campagne. Dopo verrà tutto il resto, le iniziative su scala più vasta, e i problemi più grossi, ma in principio i giovani devono partire con le loro forze per individuarsi, conoscersi, acquistare e fare acquistare fiducia in se stessi. Paesi e iniziativa sono dunque stretta- 1nente collegati: se dai paesi i giovani non

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