Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953

L'ideale e il possibile Riflessioni per la ricerca La presente generazione trova, sulla via delle nuove azioni cui aspira, un nodo teorico e pratico irrisolto, la cui non so– luziont ha condizionato finora lo svilup– po storico: cioè la frattura tra l'ideale umano e le possibilità attribuite all'azio– ne umana. L'ideale umano che si è andato chia– rendo e precisando come l'ideale di que– st'epoca dell'umanità potrebbe esser così definito: una condizione in cui l'azione muova da una totale operante autocoscien– za dell'unità indissolubile del bene della persona e del bene dell'umanità. Tutta la età moderna è pervasa da questa aspira- . zione all'ideale, dal desiderio di strappar– lo dàl mondo delle buone intenzioni, do– ve viene sistematicamente falsificato in modo farisaico, per portarlo nel mondo delle azioni concrete. Tuttavia ciò impli– ca appunto ben più di una generica buo– na intenzione: implica l'invenzione effet– tiva di un nuovo modo di agire che sia autenticamente e totalmente conforme alle profonde tensioni del nostro ess~re. E' proprio dinanzi a questo problema che sinora l'inventiva umana ha fatto fal– limento, sicchè la cultura moderna ha co– stantemente affermato la necessità di un preventivo mutamento dell'assetto sociale perchè nascano uomini capaci di agire secondo I 'ideale umano. Nel frattempo, gli atti da compiersi per realizzare il mutamento della struttura sociale non possono compiersi che secondo il cosidetto criterio della « massima effi– cacia». In pratica, ciò comporta la con– siderazione degli uomini solo come osta– coli o come ausili al mutamento della struttura sociale, cioè infine come cose e non come uomini (da cui la conseguenza che l'unica comune azione possibile tra gli uomini sia quella garantita dalle di– rigenze politiche): l'ideale morale non po– trà dunque realizzarsi che grazie ad azio– ni condotte coi mezzi della volpe e del leone. Ogni desiderio di un comporta– mento attualmente conforme all'ideale ri– mane nel mondo dei « buoni sentimen– ti », perchè visto come atteggiamento di « profeta disarmato ». E « i profeti disar– mati ruinorno »: Machiavelli è la prima grande coscienza moderna perchè dà pa– role alla drammatica esperienza della cri– si dell'Umanesimo, sentita nella sua inca– pacità a fondare la comunità d~lla nazio– ne italiana. • e Hlustta~oni, paTtiC"olari el 1anco La storia dimostra come l'esperienza italiana sia stata rivissuta secoli dopo dalle grandi nazioni moderne e sia diventata così esperienza europea e mondiale, espe– rienza tragica dell'umanità. La breve terribile storia della Rivo! u– zione francese, chiave di volta delle con– traddizioni nel successivo svolgersi della storia nazionale, non può capirsi senza questo drammatico conflitto. La grande esperienza morale di un popolo, che ac– quista coscienza di essere non più il pos– sedimento di un re ma una libera e vi– vente comunità nazionale, non potè trova– re altra classe dirigente che quella degli scettici e cinici politici girondini che non seppero inventar altro, per garantire l'uni– tà nazionale e il potere repubblicano, che il gettare il paese nella guerra e quindi t;iel vortice della violenza interna e in– ternazionale. Una tale situazione, che con– dusse alla riduzione semplice della Nazio– ne allo Stato, fece dell'idea nazionale non più un'esperienza vivente ma una predi– cazione astratta, usata come strumento giustificatore delle ingiustizie dell'assetto sociale e degli arbitrii di governo: deter– minando così quella reazione storicamen– te crescente che si è generata, contro l 'i– dea nazionale medesima. Se noi sentiamo nelle grandi pagine dei « Discorsi alla nazi?ne tedesca >> assegna– re a quel popolo, come compito naziona– le, di realizzare nel suo essere il modello di un uomo e di una comunità in cui « il compiacimen~o del buono e del retto per se stesso>> diventi il movente di azione in un luogo della speranza e del timore materiale, e guardiamo poi al successivo svolgersi della storia tedesca, sentiamo che deve essere avvenuto qualcosa come una grande abdicazione e disperazione nazio– nale per rendere possibile a Bismarck e a Hitler di diventare capi di un popolo la cui coscienza era nata alle parole di Fichte. La crisi del 1848, il ricadere del– la grande ondata di libero prorompere di sentimento nazionale popolare, debbono essere stati ben profondi per permettere a classi dirigenti., largamente corrotte dal materialismo, di usare di un popolo pa– cifico, pieno di amore e d'interesse per lo spirito e per la cultura, come di una n1issa gregaria di baionette. Nella storia del movimento operaio si ha un fenomeno analogo. Oggetto della speranza operaia, fin dal suo primo sor– gere, è una società in cui il lavoro di eia-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=