Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953

umano, è il momento più alto: ed è ne– cessario che stìamo con gli altri tenendo gli occhi al momento più alto del loro destino. Con n1eraviglia, ci accorgiamo che adul– ti non abbiamo perduto la nostra antica timidezza di fronte al prossimo: la vita non ci ha per niente aiutato a liberarci della timidezza. Siamo ancora timidi. Sol– tanto, non ce ne importa: ci sembra di esserci conquistato il diritto d'essere timi– di: siamo timidi senza timidezza: ardita- 1nente timidi. Timidamente cerchiamo le parole giuste in noi. Ci rallegriamo tanto di trovarle, di trovarle con timidezza ma quasi senza fatica, ci rallegriamo d'avere così tante parole in noi, così tante pa– role per il prossimo, che siamo come ubria- cati di facilità, di naturalezza. E la storia dei rapporti umani non è mai finita in noi; perchè a poco a poco succede che ci diventano fin troppo facili, fin troppo naturali e spontanei i rapporti umani: co– sì spontanei, così senza fatica che non sono più ricchezza, nè scoperta, nè scel– ta: sono solo abitudine e compiacimento, ubriacamento di naturalezza. Noi credia– mo sempre di poter tornare a quel no– stro momento segreto, di poter sempre at– tingerci giuste parole: ma non è vero che ci possiamo sempre tornare, tante volte i nostri sono falsi ritorni: accendiamo di falsa luce i nostri occhi, simuliamo solle– citudine e calore al prossimo e siamo i.n realtà di nuovo contratti, rannicchiati e gelati sul buio del nostro cuore. I rapporti umani si devono riscoprire e riinventare ogni giorno. Ci dobbiamo sempre ricorda– re che ogni specie d'incontro col prossi– mo è una azione umana e dunque è sem– pre male o bene, verità o menzogna, ca- " rità o peccato. Noi siamo ora così adulti, che i nostri figli adolescenti già prendono Illustrazioni da una storia Sacra del '700 Anche gli esclusi sono La paura rende schiavi di se stessa, ed in ogni comunità in cui è penetrata le parole im– pazziscono e perdono il loro si– gnificato per acquistare quel– lo opposto. Riconosciamo in questo un poco il nostro mondo? Libertà, schiavitù, pace, amore e odio, tutte parole il cui significato è divenuto cosi strano che ri– schieremmo di non capire uno sronosciuto che ne parlasse senza precisar le. Pochissime cose sono più co– municative della paura nelle masse. Essa può giungere a condizionare automaticamente tutte le reazioni di un uomo, sia in quanto individuo, sia in quanto parte di un gruppo. Quando la bomba atomica cadde su Hiroshima nel 1945 qualcuno disse che essa segna– va la fine delle libertà indivi– duali perchè era arrivata la paura ed era arrivata per ri– manere. Non era paura della bomba però, la bomba atomica era solo un simbolo. La paura c-he ci circonda e ci stringe non ha una determinante chia– ra e precisa o perlomeno que– sta determinante non è quasi n1ai formulata in termini chia– ri. E' si in origine, come tutte le paure, una paura del dolore e dell'ignoto, della fame e del– la guerra, della bomba atomi– ca e della magia, ma nelle sue ultime terminazioni è diventa– ta paura del nostro vicino di casa, paura del conoscente, . ' comunita e la solitudine paura qualche volta anche tra i membri di una stessa fami– glia, dei pensieri anche quan– do non lo è dei corpi. La paura in tutte le sue gra– dazioni può chiamarsi terrore e può anche essere solo disa– gio, ma in tutte le sue grada– zioni ci limita e ci impoverisce spiritualmente. Quest'ansietà senza riposo del mondo contemporaneo non si può far risalire solo alla in– sensata esperienza di una guerra o al terrore della bom– ba atomica. Non si teme la bomba atomica come normal– mente non si teme la morte; semplicemente non ci si pen– sa. Questo perchè l'una e l'al– tra non sono nelle nostre espe– rienze e quindi non abbiamo terinini di paragone. L'origine della nostra paura è un'altra. E' nata dalla pratica consta– tazione che la società costrui– ta dai nostri padri con tanta generosa fiducia non era forte abbastanza per resistere ai ci– cli di depreRsione e assorbire il tumore maligno della disoc– cupazione che li accompagna– va. dalla constatazione che la nostra società (quella latina più spiccatamente) dopo un breve ringiovanimento entusia– stico, politicamente del primo liberalesimo e culturalmente del romanticismo, andava nuo– vamente perdendosi nel tremo– lante ramn1ollimento della se– nilità. Ogni senilità è accom– pagnata da debolezza, mancan- BibliotecaGino Bianco a guardarci con occhi di pietra: ne sof– friamo, pur sapendo bene che cos'è quello sguardo; pur ricordando bene d'avere avu– to un identico sguardo. Ne soffriamo e ci la1nentiamo, bisbigliamo domande sospet– tose, pur sapendo ormai così bene come si svolge la lunga catena dei rapporti uma– ni, la sua lunga parabola necessaria, tutta la lunga strada che ci tocca percorrere per arrivare ad ·avere un poco di misericordia. NATALIA GINZBURG esperienze di generazione non é una condizione naturale za di fantasia, paura di soffi d'aria ed è proprio di questo male che soffre la nostra so– cietà, non voglio dire muore. Il cercare di proteggerla con ormoni artificiali o elevando– !() intorno mura protezionisti– che, estraniandola, imbarba– rendola e calcificandola, come ba tentato di fare il fascismo, non è che un'altra dimostra– zione di cecità e della soprad– detta mancanza di fantasia. Il fatto è che il nemico era già tra noi e dentro di noi e la so– cietà così com'era non poteva più essere difesa, bisognava modificarla e adeguarla alle nuove esigenze che andavano presentandosi, proprio quel1o che non si volle assolutamente fare. Così adesso stiamo vi vendo alla giornata, difendendoci per non veder crollare in un atti– mo quello che non volemmo modificare gradualmente, per– chè un crollo trascinerebbe con con sè, .oltre alle scorie, cose alle quali non possiamo più assolutamente rinunciare di colpo, cose sulle quali siamo cresciuti e ci siamo formati e C'hesono diventate nostro pen– siero e no$tro sangue. E que– sta non è vuota retorica. Oggi chi si difende ha pau– ra perchè, anche non renden– dosene razionalmente conto, ha la sensazione di sentirsi i:acqua alla gola e con l'acqua alla gola la difesa non può e8sere che spezzata e solitaria. • La politica immobile, l'indu– stria timida, la cultura debole e divisa, la nostra stessa in– certezza non sono che anelli di una 1 unga ca tena ciascuno dei quali è a sua volta causa ed effetto. Il primo anello, e probabilmente non esiste un primo anello solo, può essere campo d'ipotesi ma spesso è soltanto terreno dell'opinabile. E' nata negli uomini la dif– fidenza e questa ci rende soli, non vi sono più vie di mezzo, o si è di qua o di là, basta una parola, un'esitazione per– chè tutti ci piantino in fronte un'etichetta e, avendoci classi– fka ti, si mettano il cuore in pace. E se noi ci rifiutassimo di essere gratuitamente schedati sotto un'ideologia, sotto un partito che non è il nostro, se il nostro gruppo non esistesse perchè non siamo capaci di tro– varlo'? Non ci rimarrebbe che la via solitaria dell'esclusione e della solitudine interiore. ~ oi fummo troppo giovani ., per fare la guerra, ma la vi– Yemmo nelle nostre case, nei nostri genitori, nei nostri fra– telli maggiori, la vedemmo ab– battersi su di noi material– mente con le sue devastazioni, la soffrimmo nella nostra e nell'altrui depravazione. Ancora fummo troppo gio– vani per lanciarci nel gioco politico del 1945, quando tutto era politica e tutto si rimet– teva in discussione, per tenta-· 29 •

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