Terza Generazione - n. 0 - agosto 1953

di cui si parla tanto, ma che non si riesce a tradurre in formule storicamente valide, perchè la si ricerca ancora in quei térm:ini politicistici e sindacali, in cui non la si può trovar-e perchè è una realtà anteriore e più profonda del- 1' organizzazione sociale e po– li ti ca. I giovani sono oggi come massa quella le cui istanze e tensioni non possono essere problematizzate e portate a coscienza, cioè poste sul piano storico, che nella prospettiva di fondo di un nuovo m10dodi essere uomini. Essi non pos– sono avere alcuna vera spe– ranza nelle parti esistenti se non al prezzo di un atto di violenza più o meno consape– V!Oleverso la loro vocazione, verso 1a nuova potenza di agi– re che la storia ha ma turato in essi, verso il prezioso si- I • • mztz • zn gn:idìcato che, per l'umanità tutta, ha la loro giovinezza. I giovani però non hanno coscienza del valore umano e storico che ha oggi questo loro « modo di essere »: sono quindi portati a ritenerlo un peso di più, una debolezza, qualcosa che si deve soppor– tare e nascondere, pe:rchè « vivere è falsificarsi», è « di– re cose che non si credono », è fare « atti che non si fareb– bero se non per necessità». La realtà vera non è il loro mondo interiore, i loro desi– deri di vivere e di agire, ma la società costituita che a essi appare solo come insieme di abitudini, di opere e di cose. Per questo i giovani corro– no oggi un immenso pericolo, proprio nel momento in cui cercano di inserirsi nella vita sociale: quello di cercare l'in– serimento e il lavoro a prezzo di una falsificazione delle loro più autentiche possibilità e delle loro più vere aspirazioni. Un uomo che passa attraverso una simile esperienza rimane ferito nella capacità di spe– rare e finisce di essere quindi prestissimo uno scettico e un corroso dalla vita. Se si vuole salvare con un atto di efficace conservazione attiva alla nazione e all'uma– nità il grande patrimonio di energie del domani, si deve fornire ai giovani la possibi– lità di trovare una vita di azione e di lavoro che sia con– forme alla loro verità e non pagata con il sacrificio di essa. Ma perchè questo sia possi– bile, bisogna rompere l'insop– portabile peso del sofisma materialistico che grava sui giovani sino a schiacciarli. Si tratta di mostrare che la real- • cuz abbzClmo troppo tà più vera è la loro tensione di azione, a prezzo che sia de– siderio di vera azione respon– sabile verso la nazione e ver– so tutta l'umanità. Il saper essere coerenti a questo atteggiamento e a que– sto metodo è la condizione di un'azione che voglia instau– rare un contatto profondo coi giovani come massa ed aiu– tarli a diventare autentica forza di vita e di sviluppo. Se si offrirà, con opportune ini– ziative, alla massa dei giovani un modello di azione effetti– vamente al di fuori del mate– rialismo pratico, da essa co- mincerà ad emergere progres– sivamente la possibilità di un nuovo e più vero modo di es– sere uomini, una nuova e più vera umanità. GIANNI BAGET Rompere questo cerchio, ed aprire nuove possibilità vare se sapremo reinserire nella vita nazionale gli di vita. E ci si pnò « esci usi » di oggi realmente arri- Caro Ciccardini, percorsa da quanti, avendo operato per re– inserire il nostro Paese nel quadro della civiltà demotratica, hanno poi avvertito che l'operazione era riuscita solo a metà, e la nuova atmosfera si appesantiva, sino a 'di– ventare asfittica, ed a comprimere le po$si– bilità di espansione della nuova realtà in cui si è vissuto dal 1945. stanza di ricupero della classe lavorat, ice nei termini meccanicistici del miglioramen– to delle condizioni di vita, fornendo della critica marxista l'accezione più banalmente positivista, incidente assai frequente nel marxismo militante italiano, nonostante la nostra cultura abbia avuto i suoi Labriola, i suoi Mondol/o ed il suo Gramsci. E la nostra esperienza social-democratica accolgo volentieri l'invito a rispondere alla tua lettera, e sono certo di interpretare le conclusioni e le istanze di un settore dell'opinione della nostra generazione, che ha /atto un'esperienza sensibilmente diver– sa -1.alla tua, ma, come te ed i tuoi am.ici è giunta all' « ora zero ». L' « ora zero » che propone alla rifl,essione l'esperienza vissu– ta negli ultimi anni, e postula l' acquisi– zione di formule nuove e nuovi criteri, da sostituire a quelli a cui abbiamo creduto nel passato, e che nel comune f allime11to delle nostre aspirazioni hanno manifestato la loro insufficienza. e prospettano la ne– cessità di intraprendere nuove strade. Noi. che siamo stati dirigenti della gio– ventù socialista, abbiamo passato le varie fasi del dramma nella maniera forse più bruciante. Abbiamo creduto, giovanissimi, nelle possibilità rivoluzionarie della classe operaia, ed abbiamo rifiutato di accettare, noi che fummo di «lnizatwa Socialista », il il suo assoggettamento alle necessità della strategia internazionale, che ne deviavano la volontà di rinnovamento in un fattore di statica conservazione interna. Criticava– mo il patto di unità d'azione e il triparti– tismo dietro al quale si ricostruiva pezzo per pezzo il vecchio statò burocratico, e riprendeva posto l'antico personale dirigen– te. Credevamo nel marxismo, nell'assegna– zione fideistica alla classe operaia della mis– sione rivoluzionaria, nella validità degli strumenti di lotta tradizionali. E quando nel 1947 fummo parte attiva della scissione socialista, credevamo nella possibilità di un linguaggio « più a sinistra dei comunisti », tale che ci permettesse di convogliare su una piattaforma effettivamente rivoluziona– ria le sole /orze che ritenevamo capaci di compiere il « salto qualitativo » dal n?8nv della necessità al regno della libertà. Ma nella nostra sincera adesione a quello stra– ordinario /atto culturale che fu il « Mani– festo » del 1848 si insinuava il virus .dell'op– portunismo riformista, che proponeva r i- si chiudeva di fronte al comprovato arre– tramento di questa forza politica su un pia- t no di assoluta povertà culturale, ridotta orniai ad un coacervo di istanze disordina- È un dato di /atto, noto a me corne a te, che i nostri giovani, sia quelli che ancora sono impegnati in un'azione militante, sia quelli che se ne sono ritirati o non l' f;,n. no neppure intrapresa, avvertono la condi– zione di esclusi. E non solo i giovani: vi è un larghissimo settore, che ha le sue punte n.egli ambienti intellettuali, nei quadri del– l'industria e dell'amministrazione, e persi– no dei partiti politici, che sente di non aver trovato il suo punto di inserimento . nella vita nazionale, è consapevole che le sue ca– pacità ed energie non sono utilizzate al punto di massimo rendimento, condanna la società e la cultura in cui viviamo per la sua inettitudine a convogliare le sue risor– se umane ad un livello di « pieno impie– go ». Ed è per questo che il discorso che rivolgiamo in ,nodo particolare ai giovani. vale anche per loro, e se troveremo una nuav.a s,trq.dq_. 11,qn sttrà soJ,ttfniJ() lq.., ft[pq,a .della ntnt+-t1- generdsio'ne, md llo'vra essf!re i: te, nelle quali è al vertice il « ricupero del- . la classe operaia», ma vi è l'assoluta iuca- : pacità di svolgere una critica di fondo dei mezzi per realizzare il ricupero stesso. Non si vuole riconoscere cioè che la crisi socia– lista non è soltanto una crisi politica, sU]!e- r rabile con l'impostazione di una diversa ca t– tica o strategia_ ma una crisi culturale ri– solvibile soltanto qualora si ponga in di– scussione l'intero edificio politico-ideologico del movimento, e lo si metta a contatto con le elaborazioni culturali più moderne del positivismo della « Critica sociale » tu– ratiana. E il discorso non vale soltanto per Saragat ed i suoi collaboratori di destra e , di sinistra. Indipendentemente dalla pos– sibilità contingente di realizzazione d~lla cosidetta « operazione Nenni», infatti, è a mio avviso certo che un'effettiva capacità di rinnovamento da parte socialista è condi 4 zionata ad una profonda rivoluzione cultura- le, che dischiuda la classe dirigente alla ri– cerca di nuove forme di conoscenza dei pro– blemi e da nuove direttive per l'azione, sia capace di riaprire la leva -dei quadri giovani, e di introdurre nel moviniento operaio una

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