Terza Generazione - n. 0 - agosto 1953

dividere con altri la sorte che ini è data. Pcnnettctemi per– ciò di per onali1zare con un a tratto noi, quell'io che è co- ì difficile n1ettcre sulla car– ta, quando i parla di _cose ac– cadute e soprattutto Y1ssute. rei 19·15 noi entranuno g10- \'ani in1i nella politica. Credo che questo non. ia_ un _fatto normale: for e 1 g1oyan1 do– ,-rebbero troYare la loro 1natu– rità altrove che non nella po– litica, affinchè pos ano in essa portare quello che li contr~d– disting-ue dalle altre genera210- ni e non correre il rischio di , . e sere modellati dalle soluzio- ni già precostituite. 1\Ia nel '45, era assai diffe– rente: la politica era tutto: morale e rivoluzione, peran– za e novità cl'esperienze, con– servazione e poesia. Era un fatto n1olto Yitale in cui cia– scuno cercava la sua parte e Yi si trovava a suo agio. ~ oi vi trova1nmo le peran– ze per il no tro avvenire, la idea di un inondo nuovo. la condanna di ciò che era brut– to, cattivo cd ingiusto. Per questo potete capire co~a fos: se per noi la Repubblica, d1 diverso e di significa ti \'O, ri– spetto a quello che poteva si– gnificare per le altre genera– zioni: il ca1nbia1nento o la conquista di istittPioni. l\Ia l'antifascismo (chè que– sto era la politica del '45) non poteva avere le risposte a ta~– ta domanda. Esso era una ri– bellione, ma non a,·eva matu– rato soluzioni nuoYe e valide a risolvere i proble1ni da cui era nato. Presto ci accorge1nmo che quei problemi avevano radici più profonde che non l'avven– tura totalitaria del nostro pae– se. Radici che giungevano fi– no alle ideolog·ie, ai principi ed alle spera111e dell'età mo– derna. Era l'età n1oderna c.hc entrava in crisi con le sue idee e le sue istituzioni, e il fascisn10 era un portato ccl una conseguenza di questa crisi. Era una maniera en·ata e spa– ventosa cli porre i problen1i che pure esistevano. L'antifascisrno non sopra\·– visse alla sua \'ittoria perchè non aveva maturato le ragio– ni profonde, legate a tutto il ondo moderno, dell'insorgere ella 1nalattia fascista. a reazione un 1ana 111a ilhunini– stica, popolare 1na de1nocrati– cistica, ottirn ista n1a non so– luti\'a. Noi gio\'ani si1ni condivi– den1n10 allora le illusioni che la generazione, educata all'an– tifa cis1no, alimentava dentro di sè. Fu1n1no allora e tremisti e rnas i1nalisti, pensando che lo estren1izzare lo stato delle que– tioni portas e ad una soluzio– ne, senza capire, allora, che bi– oo na invece su1)erare lo stato \') delle questioni. Fu il periodo in cui fumino faziosi, assordanti, in cui gri– davan10 all'integralismo n1ora– lista, legati ast1 auan1cnte e f uriosan1cn te ai pri nei pi che la realtà non riusci va ad as- orbire. Fu allora che diventam1no rninoranza e che la p~icologia 1ninoritaria ci portò fatal– n1en t~ a curare le éli tcs, a per– dere il contatto con le 1na se, a ritenerci incon11 resi ... \lcuni cedettero in quel periodo. ;\Itri di noi giovani e i 1ne– no gio\'an i ;n·an ti a noi, pas– sarono ad una nuoYa fase, ca– ratterizzata da una n uo\'a ill u– s1one. I Se la si tua,ionc non era ca- pace di accettare subito le no stre esigenze, bisogna\'a cam– biare la situazione. Lasciam- 1no che l'idea di una rh·olu– zione in tcgrale ri n1anesse ri– po ta nell'inti1no delle nostre coscie111e•c coltivam1no la illu– sione <.he alcuni cambiamenti, parziali 1na significativi, instau– rassero le condizioni per il . . prog-ra1nn1a massnno e m~ss1- 1namente vago. Fu questo il pe– riodo riforn1ista. Ci sian10 battuti per le ri– fonne, affidando ad esse le no– stre speranze. E forse abbia1no fatto quakosa perchè qualco– sa venisse fatto nel nostro paese. i\ 1 I a alla lentezza, alle diffi– coltà pratiche, alle obbiezioni tecniche, in buona o in catti– va fede. che il nostro entusia– srno provorc1\'ano, non sapeva- 1110 rispondere adeguatamen– te. Ci rivolgenuno a cercare gli strumenti adatti, affinchè le rifonne procedessero, irreali e velocissirnc così con1e noi le sog·navarno. Condivicle1n1no cioè l'illusio– ter n1utare dall'inter- no i partiti, di poter l~ga~e 1~ masse alle nostre aspiraz1on1, sviluppando i partiti come strumento in n1ano alle rnassc. Ci batternn10 all'interno dei partiti per diventare da mi– noranza, maggioranza, con1- ba ttcndo con 1noralismo, con un'idea politica della organiz– zazione, qualche volta con de– magogia. Spesso le masse non ci e– guirono: in realtà noi pro– spettavamo i loro proble1ni, ma esse non li senti va no co– me loro, legate più di noi al- 1' esistente, alla politica spìc– ciola e conserYatiYa. Qualche volta fummo parte cli una rnag– gioranza, ma la situazione ge– nerale con le sue profonde ragioni di crisi, rese inutile questa n1aggioranza. E non a caso era proprio la situazione internazionale, con i suoi pro– blen1i più gro si del contra– sto antifascis1no-fascismo nel– la nostra società na,ionale, con le n1inaccie di guerra, con le sue ideologie incoinponibili, che in1pose a noi di cedere il passo, di rin,·iare le pseudo soluzioni. Ci ritro\'a1nmo invi– schiati_ in una carta 1noschici– da: e più ci agitava1no e più ne eraYarno presi. Eppure 1nolta gente credeva in noi: e fra questi, noi, i più giovani, quelli come me, cre– devano ad una via di uscita. Voglio dire cioè che, nono– sran te la situazione, originata da una crisi al di sopra delle nostre forze, ci tenesse per la gola, un qualche fermento e- , . ra stato gettato, un attesa esi- steva fra i gio\'ani e fra la « po\'era gente ». l\·Ia presto l'esperimento del partito cl i massa fallì nei suoi fini strategici. Non resta\'a che il gioco tattico delle tenden– ze, che sen1pre più si limita– \'a ai \·erti ci. I ca pi più responsabili si ritirarono, giudicando necessa– rio trovare giudizi nuovi, o non riconoscendo più, nel campo della lotta politica quella zona di interessi che li aveva resi militanti nel '45. Sparirono così dinanzi ai no– stri occhi gli uo1nini che era– no la generazione prima di noi, la generazione d fascismo: quella che av. to vita al Politecnico, nache Sociali, ad Inizia cialista. Rimanemmo s giovani e ci trovan1n10 in~prov~ visan1ente all'avanguarcha d1 coloro che avevano fatto del– la strada con noi. Jntanto anche noi erava1no cresciuti aveva1no stretto con– tatti con i nostri coetanei, nel– le organizzazioni e nelle uni– versità. Senza più obbiettivi stategi– ci, che non fosse l'ansia dei pri1ui giorni, fatta a1nara e do– lorosa dalle esperienze recenti, co1n111c1an1mo a porci i nostri perchè. Allora i discorsi erano già virtualn1ente fuori della poli– tica:· parlaYa1no della crisi, del problema della storia, delle rnatric i della societ:~ 1noderna. Cerca1nn10 una funzione pro– pria elci giovani, i contenuti delle nostre esigenze. Affron– tan1n10 la neccssi tà di un n1e– todo autonon10 e di una \'oce originale dei giovani. ~Tacque CO!)Ì, in un punto qualsiasi dello schiera1nento giovanile, (se ne fece band~– tricc la rivi~ta giovanile « Per l'a,ione » del ì\Iovin1ento Gio– vanile D. C., diretta prin1a da Baget e poi da 1ne) l'idea di una terza generazione che ve– nis e dopo e che fosse diver– ·a da quelle •prefascista e an– tifascista. Era l'idea che dovessi1no ri– fare da noi culture ed ideolo– gie, rinnovare con un n1etodo nostro hti tuzioni e tradizioni. Su peran1mo allora, con le nostre speranze, quelli che e– rano stati i limiti dell'antifa– scis1no e 1nentre ci propone– van10 i problemi della societi1 nazionale, delle sue strutture e della maniera cli co1nprender– le, ci collegavamo ai grandi problemi dell'età moderna, al– le spaccature ed alle crepe ~e– colari sulle quali erano nau– frao·ati i nostri sogni e che a- o ve\'ano distrutto le nostre pos- sibilità d'azione; capitalis1no– con1un1sn10, clericalisn10-laici– s1no, conservazione-rivoluzione. . In questo laYoro cercan1n10 con buona lena coloro che a– vessero il significato di n1ae– stri per noi: e già. in questa ricerca badava1no all'essenzia– le : on a quello che pera aveva s1gn1- parte in cui a- ato, n1a a quello ne avevamo, n– ovo, i potesi sulla

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