La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 9 - novembre 1995

dire piuttosto che a un vero e proprio disagio. Come stanno le cose allora? San Giorgio Jonico è una énclave del buon senso, della tolleranza e del "politicamente corretto"? O forse è la prova che è altrove che si getta benzina su un cerino acceso per farlo apparire un incendio? L'idea è che il circo barnum dell'informazione stia artatamente gonfiando dei fatti e dei disagi locali, che riguardano prevalentemente i grossi centri metropolitani del nostro paese, cercando al contempo di dilatarne e generalizzarne la portata. Sparare ogni giorno in prima pagina o nei titoli di testa la notizia degli episodi di violenza a opera di stranieri nel quartiere "San Salvar~o" a Torino (percentuale di immigrati supenore al 10% della popolazione) significa con:.. tribuire a determinare un senso comune secondo il quale gli extracomunitari, organizzati in gang criminali, hanno ormai preso in mano le redini dei principali traffici illeciti e imperversano nelle nostre città. L'immagine dell'assedio viene così interiorizzata da tutti gli utenti della televisione e della grande stampa e fatta propria anche dal salumiere del paesino sperduto della Calabria in cui vivono magari tre nigeriani su dodicimila abitanti, che mai aveva in precedenza provato fastidio per la presenza di immigrati. Con i nomadi il siocci è ancora più semplice. Gli obiettivi più visibili sono anche i più facili da colpire. I Rom con la loro irri_ducibileresistenza a conformarsi agli stili di vita metropolitani sono facilmente individua-. bili, anche topicamente, e quindi diventano un comodo bersaglio per gli spietati cecchini del mondo dei media (di destra e anche di sinistra) perché, come ci viene ricordato quotidianamente, e come dice l'anziano passante di San Giorgio, "rubano, chiedono l'elemosina e sono sporchi". Allora non possono essere che loro la causa del disagio nelle nostre città, del- !' abbassamento della qualità della vita e dei servizi, del degrado delle periferie, dell'aumento della microcriminalità e della prostituzione. Ora come sempre la cultura di destra ha bisogno di capri espiatori, ma mai come adesso ha trovato nella voglia di "normalità" della sinistra un insperato ma agguerrito alleato. Legge e ordine, quindi, come direbbero i laburisti inglesi di Tony Blair, purché sia chiaro che si tratta della nostra legge e, soprattutto, del nostro ordine. La polemica su Rom ed extracomunitari è la riprova di come, anche fuori dei contesti economici si stia assistendo alla inarrestabile affermazione della cateso ria del "pensiero unico" che porta alla negazione delle alternative, alla soppressione delle diversità, alla omologazione delle culture e, perché no?, al livellamento dei disagi. Così che il triste epilogo di questa storia potrebbe anche essere che, al termine dela campagna (elettorale?) contro stranieri e nomadi, anche i tolleranti cittadini di San Giorgio Jonico potranno finamente rendersi conto del fatto che il loro vero problema non è la disoccupazione o la siccità, ma la presenza degli ospiti montenegrini della "Robert Owen"? E dire che non se ne erano mai accorti! • WOLE DI VENTO GALATINA NASCITA VITA E MORTE DI UN CENTRO SOCIALE Luigi Abaterusso Luigi Abaterusso, è nato a Galatina e studia a Bologna. • Novembre 1992. Mi aggiravo annoiato per le strade di Galatina e da qualche sera ero attratto dalla luce che proveniva da degli ambi$ui locali che si trovano su via Marche. Incuriosito, pensai di entrare perché da fuori si vedeva gente, ragazzi; al massimo avrei rimediato una figuraccia ma volevo scoprire di cosa si trattava. Vinsi la mia timidezza, alla cui sconfitta contribuì una curiosità morbosa, ed. una sera freddissima in cui sentivo in misura maggiore la voglia di compagnia, entrai. Come in un film, mi ritrovai tra facce sconosciute che si chiedevano curiose chi ero e cosa volevo. Il mio sguardo scorse rapido su tutti i presenti a cercare qualche viso noto, non per forza conosciuto, e miei occhi ormai folli dalla vergogna, per essere entrato in quel posto caddero su Massimo, un mio ex compagno di classe alle elementari di cui avevo completamente perso le tracce ma che in quel momento mi sembrava la mia unica speranza di salvezza, il mio unico aiuto, la sola corda su cui asgrapparsi; era l'unico che potesse aiutarmi a ritrovare le coordinate della ragione che avevo ormai smarrito e a cui si aggiungevano quelle occhiate interrogative che continuavano a cadere su di me. Massimo mi salutò e mi chiese con stupore che cavolo ci facessi lì, proprio io. C'eravamo visti l'ultima volt_aa~l'uscita dalle elementari, più di cinque anm pnma. "Veramente, ho visto le luci accese, ho visto gente e ho pensato che si potesse entrare, comunque non c'è problema, vado via subito", risposi, un po' rassicurato dal viso amico e dalla consapevolezza della figuraccia. Invece mi invitò a vedere i locali, mi presentò un sacco di gente e a quel punto ormai completamente calmato, tentando già di inserirmi stabilmente in quel posto che pochi minuti prima avevo appreso chiamarsi "Centro Sociale Giovani in Campo", gironzolavo per le quattro stanze che sarebbero diventate la mia seconda casa e, in alcune situazioni, anche la prima. L'inserimento fra gli altri ragazzi già presenti nel Centro non fu difficile, ma laborioso. Esperienze completamente diverse facevano di tutto per non accomunarci e non trovare quindi lo spunto per un dialogo. I primi quindici giorni (dalla fatale serata ero sempre lì) li trascorsi stando quasi sempre zitto e ascoltando tantissimo: volevo rendermi conto di dove mi trovavo. Cominciai a interessarmi ~elle prime

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