La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

GIRO D'ITALIA CATANIA CHE CAMBIA Riccardo Bruno Riccardo Bruno collabora a "Segno". ♦ Per capire come sta cambiando Catania basta passare per piazza Università o dalle parti del teatro Massimo Bellini alle otto di sera. La città inizia a riempirsi di tavolini, prima dieci, poi cento, infine un tappeto che copre ogni strada. È la rivoluzione di questi ultimi anni, il segno più tansibile del mutamento: i giovani catanesi che s1 riappropriano dei loro spazi, delle loro vie, delle loro piazze. Sei anni fa è stato il Nievskji il primo locale ad essere aperto, nella salitella che porta dentro la barocca via Crociferi. Pub di sinistra, all'inizio, luogo . d'incontro prima ancora che birreria e trattoria. Poi, piano piano, tutt'attorno di locali ne sono spuntati molti altri, anno dopo anno ogni vecchia bottega disponibile è stata ridipinta e si è trasformata in un ritrovo. Adesso non si contano più, sono tutti uguali, birrerie e trattorie in fotocopia. Catania, ancora uria volta, non si sottrae alla legge dei suoi cromosomi: città levantina, che fiuta subito l'odore del denaro, che dovunque annusa il commercio, il lampo di un affare. Non esistono più locali di sinistra o di destra, l'ideologia s1 è rarefatta dentro gli hamburger. I ragazzi di Catania hanno, invece, inventato una sorta di "struscio della birra": alle dieci ci vediamo al Nievskji, alle undici andiamo alla Cartiera, e dopo mezzanotte un salto al Picasso, che, a rigor di etichette, è un pub di destra. Eppure quei tavolini che hanno invaso la città, sono la vera rivoluzione di questi ultimi cinque anni. Effimera, mercantile, ma pur sempre rivoluzione: ci s'incontra la sera, nascono nuove idee, covano nuovi fermenti, crescono nuovi progetti. Ricchezza potenziale, che stenta a trovare spazi, vie di fuga. La novità è che adesso c'è un'amministrazione che cerca di fare da sponda istituzionale. Il sindaco Enzo Bianco, giunta progressista, l'anno scorso ha provato l'espenenza dei Caffè Concerto, piazze che d'estate si trasformano in palcoscenici. Trof>pi alla fine, ma Catania non conosce mezze misure. Prendiamo ad esempio la musica: negli ultimi dieci anni sono nati decine di grupri, si suona un po' di tutto, d,tl rock al rap, da doo woop alla musica popolare. Fenomeno sorprendente, non solo nel .panorama italiano, tanto da far guadagnare alla città il titolo di "Seattle europea". Ci sono per esempio i Fior (hanno suonato con i Rei, i Nirvana, i Deep Purple), gli Uzeda, i Kunsertu, i Lautari, Kaballà, Quartered Shadows ... Cantano in inglese, in italiano e sempre più spesso in siciliano: "L'uso del dialetto è solo un modo per comunicare la nostra passione - dice Marcello Cunsolo, chitarra e voce dei Flor -. La nostra musica è uno strumento per esprimere le nostre origini di uomini del sud". Alla voglia di suonare l'amministrazione comunale ha risposto mettendo a disposizione una sala dove incidere e provare, la Casa del rock, sorta a Librino, quartiere simbolo della p·eriferia. E ha affidato a Franco Battiato e al filosofo Manlio Sgalambro l'organizzazione dell'Estate catanese: concerti, incontri, dibattiti; piccoli passi per scuotere dal torpore la città. Ma di strada da fare ce n'è ancora tanta, gli spazi per fare musica sono ancora troppo pochi, le sale di registrazione e di prova insufficienti, e spesso i progetti rimangono tali. Dalla città giungono segnali contrastanti, così come dal Palazzo comunale: l'assessore alla Cultura, ad esempio, ricevuta la delega alle Politiche giovanili, dopo un anno di incontri e discussioni alla fine ha preso l'unica decisione di trasferire la delega all'assessore alla Pubblica Istruzione. Ma qualcosa comunsue si muove, e la voglia di fare, il bisogno d, comunicare Sf>essosi esprimono attraverso la nascita di un giornale. Come lmminews, un foglio formato tabloid fatto da e per gli immigrati. "Stiamo cercando di creare uno spazio autogestito - dice Rida di Casablanca, da cinque anni in Italia, da quattro a Catania - dove possiamo esprimerci, proporre, progettare, denunciare. Potersi creare uno spazio come questo vuol dire avere la possibilità di valorizzare, con rispetto e non nel solito modo folkloristico, le proprie radici, la propria cultura, la propria storia". Nell'ultimo numero di lmminews c'è un'inchiesta sui fenomeni di razzismo nel Ragusano, e il lancio di quello che viene chiamato "immiprogetto". "La scommessa - spiega Rida - è quella di creare una rete di testate autogestite da immigrati in tutto il territorio italiano. Per contrastare le discriminazioni razziali, per un'informazione che valorizzi gli immigrati non solo come lavoratori ma anche come portatori di una cultura, di una coscienza politica". Stessi obiettivi di un gruppo di giovani senegalesi ed etiopi che, all'inizio dell'anno, ha preso in affitto un locale nella centrale via Etnea. L'hanno chiamato African's Teranga (che vuol dire ospitalità), e doveva essere il loro punto di ritrovo. È durato un paio di mesi, poi sono arrivate le forze dell'ordine e hanno messo i sigilli. In compenso l'assessore alla Cultura, che ha sostituito la delega alle Politiche giovanili con quella agli Immigrati, ha dato vita a una Casa ·dei popoli, rimasta però ancora sulla carta, e ad una consulta che però gli immigrati gradiscono poco: "Non sappiamo - protestano - chi rappresentano quelli che sono stati chiamati a farne parte. Forse solo semplicemente chi è più ruffiano con gli amministratori". Il filosofo Sgalambro avverte: "Non c'è una sola Catania. C'è la Catania di mafia, e ce n'è una nuova e disincantata: è un nuovo de-

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