La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

PIANETA TERRA Il nuovo corso dei laburisti inglesi Mare Stears (traduzione di Francesco Esposito) Mare Stears è ricercatore di Scienze Politiche presso l'Università di Oxford. • Cercando di cambiare le sorti elettorali del partito laburista, il suo leader, Tony Blair ha cambiato lo stesso partito. Su questo non vi _possono essere dubbi. In piena ascesa nei sondaggi d'opinione, il partito laburista inglese ha finalmente invertito la corrente. Dopo un lungo periodo di disfatte elettorali - accompagnate e in parte prodotte da conflitti interni al partito - il Labour non appare soltanto più gradito all' elettorato ma anche profondamente ristrutturato. La trasformazione sembra così decisiva che praticamente tutti i dirigenti del partito ne parlano ormai come del "nuovo Labour". Il cambiamento di norma viene associato alla pubblicizzatissima riscrittura dello statuto del partito. Un emendamento allo statuto, scritto in parte personalmente dallo stesso Blair, e approvato da poco in diretta televisiva in una apposita conferenza di partito, è stato reclamizzato come la svolta più significativa in tutta la storia recente della sinistra inglese. Giornali e riviste di tutti gli orientamenti politici - sia in Gran Bretagna che altrove - ne hanno parlato come della "rottura definitiva con il passato laburista". Come dice lo stesso Blair, il cambiamento di statuto viene percepito come un'innovazione capace di liberare il Labour dalle tenaglie di un "dogma moribondo"; il nuovo statuto è pensato per mettere il Labour nella condizione di affrontare le sfide degli anni Novanta, e rappresenta per i laburisti inglesi un'equivalente della Bad Godesberg della Spd tedesca. Questa - almeno - è la versione ufficiale della storia. Ma la realtà che sta alle spalle di questo esercizio - indubbiamente efficace - di public relations è un po' più complicata. Per quanto nessuno possa seriamente negare la rilevanza dei cambiamenti verificatosi nel partito laburista inglese nell'ultimo anno, la natura di questi cambiamenti non è po1 così facile da ricostruire. Secondo la macchina propagandistica sempre più oliata dello stesso Lal:iour, il cambiamento dello statuto implicherebbe il definitivo abbandono della vecchia ideologia del partito e lo sviluppo di un "nuovo credo". In superficie, Tony Blair sembra essere riuscito in un obbiettivo che molti altri leader laburisti non avevano avuto il coraggio o la capacità di realizzare: ha sostituito dopo settantasette anni il vecch10 slogan della "nazionalizzazione dei mezzi di produzione, dis.tribuzione e scambio" - la famosa "clausola 4" - con il nuovo impe- ~no statutario a difendere e rncoraggiare "un'economia dinamica". Mentre sottolinea la necessità di "un'alta qualità dei servizi pubblici" la nuova clausola riconosce per la prima volta nella storia laburista i meriti e i vantag$i economici del "mercato e dei rigori della concorrenza". La vecchia clausola - una dichiarazione quasi marxista successiva al1' esperienza traumatica della prima guerra mondiale - è stata superata da un'accettazione dell'economia di mercato scaturita dal clima "clintoniano" degli anni No vanta. Essa segna, dunque, la rottura ufficiale con la strategia delle nazionalizzazioni e il riconoscimento degli svantagsi e delle inefficienze tipiche d1un pervasivo intervento governativo nell'economia. Ma 9.uesta rinuncia alle nazionalizzazioni in realtà era cominciata molto tempo fa. Persino i governi labunsti tra il 1945 al '51 si erano limitati a nazionalizzare i servizi essenziali e di fatto i governi di Harold Wilson e di J ames Callaghan non hanno mai preso troppo sul serio l'impegno sottoscritto nella clausola 4. Quando Neil Kinnock si candidò nel 1992 non si impegnò esplicitamente a rinazionalizzare le proprietà e le imprese statali privatizzate dalla signora Tatcher. Se il Labour si è trasformato con la leadership di Tony Blair, la natura di questa metamorfosi forse va cercata altrove. Il cambiamento dello statuto infatti non segna un cambiamento significativo nell'identità del Partito Laburista. La trasformazione del Labour è in realtà molto più profonda di quanto non dica una semplice riscrittura dello statuto. Perché per ~uanto la nuova clausola espliciti soltanto l'abbandono della strategia delle nazionalizzazioni, il "nuovo Labour" di Blair non ha preso le distanze esclusivamente da una specifica strategia economica ma ha anche rimesso in discussione i suoi eccessi di fiducia in strategie politiche basate sulla centralità dell'economia. Gordon Brown, il luogotenente di Blair ha osservato recentemente che il "nuovo Labour" ha rifiutato la "vecchia tendenza laburista a cercare sempre una soluzione economica ai problemi sociali". Lo stesso Blair ha aggiunto che ormai il Labour non è più "schiavo dei fraintendimenti" generati dalla distinzione marxista tra struttura e sovrastruttura. Al posto della vecchia ortodossia, i leader del Labour pensano ormai che i problemi della società inglese non derivino tanto da limiti del sistema della produzione o della distribuzione ma da una patologia diversa e abbiano bisogno perciò più di soluzioni sociali che economiche. Il "nuovo Labour" non condanna le prestazioni economiche del mercato ma l'insieme di valori morali che hanno caratterizzato gli ultimi due decenni. In particolare, il "nuovo Labour" si schiera contro l'etica dell'individualismo, contro l'avidità individuale, sempre più diffusa, contro la tendenza di individui e associazioni a disconoscere le loro responsabilità reciproche, contro, soprattutto, il declino dello spirito comunitario. L'edificio sociale

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