La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

pacifismo non può tutto. Che ci sono delle circostanze in cui è impotente. La comunità internazionale già allora avrebbe dovuto mettere fuori-legge la Serbia. È stata un ottima cosa l'instaurazione del tribunale per i crimini di guerra, ma è conosciuto da troppo J?Ochi,non ha colpito l'immagmario della gente. La Serbia andava espulsa da tutto, dall'Onu come da tutti gli altri organismi internazionali. Sottoposta a un vero embargo. Solo così sarebbe stata costretta a rendersi conto che l'opinione pubblica internazionale era contro la sua politica. Che il pacifismo si sforzi di salvare le cose fino all'ultimo è giustissimo, ma ci sono delle soglie oltre le quali non si può davvero andare. Non basta essere pacifisti per risolvere ogni problema. Di fronte all'alternativa tra salvare un principio (non usare violenza alcuna) oppure optare per un intervento cruento, ma curativo di un male, penso si debba scegliere quest'ultimo. È più coraggioso moralmente chi accetta di violare uno dei principi per un'esi~enza superiore rispetto a ch1, pur di restare "puro", cade nell'abdicazione fatalista. Chi deve fare l'intervento: l'Onu, la Nato, un gruppo di stati alleati per l'occasione? La mia risposta è: non me ne importa niente! Se la via dell'Onu è la più praticabile, benissimo, ma non nascondiamoci dietro a un dito .. L'importante è trovare una soluzione. Alla base delle contraddizioni dei _pacifisti ci sono delle ragiom curiose. Vede lo scenario bipolare faceva sì che la lotta rivoluzionaria fosse sempre e comunque buona perché antiimperialistica, per cui si al?- poggiavano le guerriglie rn Centroamerica come in Vietnam. La vera ragione, però, è da individuarsi in una componente di tipo "tellurico". Per la prima volta si parla di queste cose in Europa. Quando i problemi erano lontani era facile fare una marcia in favore del Vietnam, nella peggiore delle ipotesi si prendeva qualche manganellata o una denuncia. Ora le cose ci toccano da vicino e non basta manifestare. Penso che ci sia una componente di questo tipo, altrimenti non m1 riesco a spiegare una modificazione del genere nell'atteggiamento della sinistra. I pacifisti sono molto critici Y.!;JS;J. nei confronti dell'operato della comunità internazionale. Uno dei motivi di opposizione a un intervento della Nato è proprio questo: come possono porre fine a una guerra quegli stessi stati (Francia, lpghilterra, Germania) che sono i principali responsabili della stessa? Se è vero che gli affrettati riconoscimenti aelle dichiarazioni d'indipendenza hanno favorito il degenerare della situazione, se è vero che l'Europa è stata incapace di f ormulare una politica estera unitaria, tuttavia si deve imputare ogni colpa all'Occidente? No. La colpa della situazione bosniaca dal punto di vista eziologico, c10è della cause della guerra, non può essere attribuita ali' occidente. Il che non toglie che biso~nerebbe chiedere le dimiss10ni di tutti gli statisti occidentali che non sono stati capaci di fare il loro lavoro, cioè di fare politica. Non siamo nel 1914, quando le informazioni impiegavano giorni ad arrivare. Sapevano tutto, ma di cosa si occupavano? Non sono stati loro a accendere la miccia bosmaca, ma non sono neppure stati in grado di fare i pompieri. Non sono più colpevoli di Milosevic, ma hanno pur sempre una responsabilità storica immensa. La situazione balcanica poteva essere disinnescata all'origine con un pronto intervento politico-diplomatico. Per questo li considero alla stregua dei capitolazionisti di fronte a Hitler. Dobbiamo comunque imparare a liberarci della mentalità poliziesco-tribunalizia. Che la Germania abbia commesso un errore con il riconoscimento immediato è un conto, ma pensare che quella sia stata la causa del macello successivo mi pare eccessivo. È vero che la Germania aveva intenzione di realizzare un'occupazione economica della zona per procacciarsi futuri mercati, ma il capitalismo contemporaneo, per quanti difetti abbia, ha dimostrato di potersi svilup_pare senza produrre simili disastri. Evitiamo allora le gene.ralizzazioni facili e banali. Tre sono i presupposti del pacifismo nonviolento: a) il principio dell'ottimismo antropologico, secondo il quale, essendo l'uomo tendenzialmente rivolto al bene, la conv ers ione è sempre possibile anche per il peggior criminale; b) il principio della fallibilità: dal momento che posso sempre avere torto e il mio avversario ragione, non lo devo distruggere, ma ascoltare e comprenaere; c) il principio del dialogo: devo esseredisposto a rinunciare a una parte delle mie ragioni per accogliere una parte delle ragioni a;ltruie poter pervenire a una forma di verità superiore. Questi principi mantengono una loro validità anche in situazioni come quella bosniaca? Sì e no. I tre principi da lei ricordati sono sempre validi e devono essere comunque difesi e praticati. Almeno fino a che esistono degli interlocutori. La domanda è: a cosa serve il dialogo se la contro~ parte non vuole trattare? L' esempio è dato dai serbi di Pale che sono stati gli unici a rifiutare l'ultimo piano del Gruppo di Contatto che attribuiva al 51% della Bosnia a lzetbegovic e il 49% a Karadzic. Se non bisogna mai rinunciare al dialogo, dobbiamo chiederci se noi lo abbiamo davvero favorito questo dialogo. All'inizio si è sottovalutato il problema, poi si sono fatti degli interventi diplomatici di scarsissima rilevanza e d~ p_oca_intell!,&enza senza ma1 nusc1re a rncastrarli" in una trattativa vera e propria. La nostra responsabilità storica sta nel non aver capito in tempo la gravità della situazione e nel non essere stati capaci di costruire un vero piano di pace facendo anche delle concessioni quando era ancora possibile. Ma oggi che cosa s1 può concedere? Oggi si può solo capitolare. Oggi nella ex-Jugoslavia, vuoi per colpa dei serbi, vuoi per colpa anche nostra, non ci sono possibilità di dialogo a breve scadenza. Non serve a niente limitarsi a praticare i principi nonviolenti tra di noi, si deve tener conto delle condizioni generali. Nell'ultimo capitolo de I doveri degli stati mi soffermo proprio sul problema dei limiti della tolleranza. Non si può tollerare tutto, perché sarebbe indifferenza etica o trionfo del male. Attualmente quasi tutti concordano nel parlare di f allimento dell'Onu. La verità è che ci troviamo in un sistema internazionale senza governanti. In Bosnia, come ieri in Somalia, non si sa chi deve prendere le decisioni: gli ame-

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