La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

nanza capace di incoraggiare la partecipazione civica e ancor di più la democratizzazione della nostra vita pubblica, particolarmente nella sfera economica, piuttosto che perseguire una . pseudo-politica dell'identità. . Ricordo una discussione che avemmo una volta con Eric Erickson durante la quale mi sono piovuti addosso. un bel po' di improperi per l'aver fatto notare ad Erickson, con rispetto, che lui sbagliava e che la maggior parte della gente nell'età moderna non cercava la propria identità bens.ì stava combattendo contro quelle identità che conosceva perfettamente e delle quali voleva sbarazzarsi. L'estrapolazione dalla psicologia dell'Ego di un curioso tipo di auto-definizione non solo _difetta di precisione ma è un espediente diversivo. Detto questo, è interessante, Jean, che tu abbia concentrato la tua critica sui limiti, sui pericoli, sulle trappole di un certo tipo di politica dell'identità senza via d'uscita tipica del movimento delle donne e, implicitamente, di alcuni gruppi etnici. Ma è davvero la politica dell'identità che produce omogeneità politica negli Stati Uniti, o qualche altro principio politico? A me sembra che esista una implicita politica dell'identità di una certa maggioranza. Il. suo affermarsi non è sorprendente, visto il forte controllo dei mezzi di comunicazione e delle istituzioni educative. Penso davvero che se vogliamo parlare di politica dell'identità non possiamo parlare solo di quei gruppi che rivendicano una politica dell'identità esclusiva, ma si deve affrontare l'argomento delle origini di certe politiche dell'identità che sono comunque efficaci anche se non esplicite. Jean Elshtain: Ho una risposta da dare a Norman. La politica dell'identità che ci riguarda sostiene che se una persona è membro di un particolare gruppo fin dalla nascita allora la sua visione politica scaturisce, o dovrebbe scaturire, da quelle idee che l'appartenenza a quel gruppo presuppone, altrimenti tradisce la propria razza, classe o gruppo. Sto pensando, Norman, ad Hannah Arendt, cht; si è opposta, per tutta la vita, non ad una politica femminista incentrata su problemi e domande specifici, ma a una politica in cui la "donna" diventa una categoria politica coerente. Lei era contro la forma di politica dell'identità a cui alludevi tu, secondo la quale un ebreo, ad esempio, in quanto ebreo deve necessariamente aderire a certe idee. Lei fu criticata anche per questo. Tutta.la sua filosofia era una argomentazione contro la politica dell'identità. James Miller: Sono stupito dal modo in cui· questa conferenza si è aperta. Jean e Nortnan hanno a malapena menzionato l'argomento •della razza. Mi sembra una stupefacente ammissione della nostra abilità ad evitare i veri problemi che ci hanno condotto qui. Mi sembra che l'intera conversazione sia partita con il piede sbasliato. Stiamo facendo delle tipiche conversaz10ni da salotto su cosa sia.il bene comu~e ed un dialogo pieno di significati ad alto livello di astrazione, mentre si dovrebbe provare a comprendere una comunità che rimane invisibile a molti di noi. David Rieff: Sono d'accordo con Jim. Quello che abbiamo visto finora è la tipica linea di condotta che, ad essere sincero, gli accademici in particolare e i bianchi in generale sePIANETATERRA guono quando si deve parlare di razza. È possibile parlare di razza in questo paese? • Un'altra cosa da sottolineare è che né Norman né Jean si pongono la domanda "cosa è il razzismo". Abbiamo parlato ~i identità di gruppo, dei pericoli dell'identità di gruppo, delle sue varie forme ... cosa ne è stato del razzismo? È scomparso? Per quanto ho visto io in questo pa_esenon mi sembra affatto. Il razzismo è ancora il fulcro dell'esperienza di questo paese ed è la sua grande ~ragedia irrisolta. Michelle Moody-Adams: Anch'io sono stupita dal fatto che nelle battute iniziali si sia prestata così poca attenzione all'idea di razza, e sono rimasta colpita dalla discussione di Jean su Hannah Arendt e sul concetto della donna come coerente categoria politica. Le letture che abbiamo preparato per questo incontro, in particolare gli articoli sulla politica di New York, mostrano che, nel bene o nel male, se i neri appartenenti a certi gruppi e certe parti dell'America finiscono per condividere una politica dell'identità è perché sono entrati in una struttura politica che esisteva prima che loro ne prendessero parte. Mi sorprende sempre notare quanto sia esiguo il numero di persone capaci di dire." era già stato fatto prima". Non voglio incolpare quanti temono la rabbia presente nella politica dell'identità dei neri, ma la gente sembra fraintendere quello che sta succedendo. La politica dell'identità è parte integrante della: storia americana. Però adesso che cominciano a praticarla anche i neri diciamo: "è una cosa terribile". Larry N achman: Io penso che Jean abbia introdotto questa discussione nel modo più appropriato utilizzando le categorie di identità e di gruppo. Ma continuerei dicendo che, se c'è una diversità, essa risiede all'interno di ogni essere umano, il quale ha più di una sola identità, assume più ruoli, e agisce come un virtuoso che si sposta da un ruolo all'altro. Capisco la tentazione di fare affermazioni del tipo "tutti i cattolici vogliono" o "le donne sentono". Il problema di queste affermazioni è che qualche volta ci fanno dimenticare che né i neri, né le donne, né i cattolici hanno una unica e sola identità. Barbara Fields: Credo che ci sia della confusione nel modo in cui J ean Elshtain usa il t~r~ine '.'J?olitica".Ci sono J?O~titipi differenti di°pol1t1ca e Jean parla pnnc1palmente della politica_ delle idee, del conflitto ideologico o delle situazioni di competizione elettorale Nella nostra discussione dobbiamo tener presente un altro tipo di politica - l'esercizio del potere da parte delle persone che lo detensono. Se osserviamo la nostra storia, questo tipo di politica è sempre stato fondato sul principio d'identità. Per molto teml?o era basato sull'identità dei maschi bianchi di origine europea nord occidentale e la maggior parte di quello che facevano era finalizzato, in un modo o in un altro, ad assicurare che il loro gruppo mantenesse il predominio. Nella storia americana è direttamente riscontrabile il movimento progre~sivo per diminuire il monopolio del potere di quel particolare gruppo e il dischiudersi di · quel sistema ai maschi d1 altri gruppi etnici, alle donne e ai neri. Ma tenendo a mente questo tipo di f olitica, è facile vedere che per diversi secoli i sistema ha storicamente imposto la

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