La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

PIANETA TERRA RAZZA E RAZZISMO NEGLI U.S.A. Norman Birnbaum, Robert Boyers, Terence Diggory, Dinesh D'Souza, Ron Edsforth, Jean Elhstain, Barbara Fields, Christopher Lasch, James Miller, Michelle Moody-Adams, Larry'Nachmann, Orlando Patterson, David Rieff, Jim Sleeper UN VECCHIO DILEMMA, OGGI "Salmagundi" (traduzione di Elena Fantasia) Il testo seguente è la traduzione parziale degli atti di un lungo seminario su Razza e Razzismo organizzato dallo Skidmore College di New York e pubblicati integralmente sul numero 104-105 di "Salmagundi". Ringraziamo calorosamente Peggy e Robert Boyers e i loro amici per avere permesso la nostra traduzione. Al seminario hanno partecipato: Robert Boyers, direttore di "Salmagundi", ]ean Elshtain, filosofa, Norman Birnbaum, sociologo, James Mil{er, filoso/o, studioso di Foucault, David Rieff, autore di reportage su Los Angeles e sulla guerra in Bosnia, Miche/le Moody-Adams, filosofa, Larry Nachman, docente di scienze politiche, Barbara Fields, storica,Jm Sleeper, editorialista del New YorDaily News, Dinesh S'Souza, storico, Terence Diggory, anglista, Larry Nachman, docente di scienze politiche, Orland9 Patterson, sociologo,Ron Edsforth, economista. E stato loro ospite Cristopher Lasch il cui intervento è pubblicato a parte. ♦ RAZZAE RAZZISMO Robert Boyers: In molti libri usciti recentemente sulla questione razziale, scritti da persone che ammiro, ci sono molte cose che non condi- ~ido. Suppongo che altre persone presenti qui abbiano avuto reazioni simili. Nonostante possa attirare l'idea che differenze rilevanti separino le persone di sinistra da quelle di destra, la mia sensazione è che nel campo dei rapporti razziali, così come in molti altri campi, questi tipi di divisione politica non aiutano a centrare il vero problema. Non c'è dubbio che qualcuno possa recepire le mie lamentele come un invito a rinunciare definitivamente a pensare in termini politici e potreste considerare inutile parlare di razza senza fare riferimento a categorie politiche o ai problemi del mondo del lavoro. A questo posso solo rispondere: aspettiamo e vediamo. Molti di coloro che si trovano qui oggi hanno più volte dimostrato nelle loro opere che è possibile parlare di politica e di razza senza affettazione e senza fingere di avere tutte le risposte. Spero che nel dibattito che seguirà sappiate sfruttare al massimo le vostre capacità. Jean Elshtain: Suppongo che una delle cose che ci ha condotto qui è la preoccupazione per la assoluta prevedibilità, banalità e condiscendenza mascherata da sensibilità che caratterizzano molta politica attuale, inclusa la politica razziale. Quindi, se dovessi dare un titolo a queste brevi osservazioni introduttive, definirei ciò che ho da dire un breve manifesto contro la politica dell'identità. In questo momento stiamo proclamando la diversità ovunque - si pensi alla natura . di tutto questo.parlare sulla "differenza". Nei campus universitari e fuori, nella società, le proclamazioni di differenza sembrano troppo spesso promuovere un'omogeneità dell'identità di gruppo, un tipo di fondamentalismo razziale e di genere. Penso all'immagine della danza in circolo nel Libro del Riso e dell'Oblio di Kundera, il riso e la rabbia di coloro che partecipano al circolo magico, che ostracizzano e cercano di distruggere chi ha defezionato accusandolo di aver tradito il gruppo. La mia esperienza personale della politica dell'identità proviene sostanzialmente dalle teorizzazioni e dalla pratica del femminismo negli ultimi vent'anni. All'interno del femminismo c'è un filone che pratica e predica la politica dell'identità, promuovendo là tesi che nella donna autentica c'è una sorta di pura essenza e che la. sua politica scaturisce da questa identità fondamentale. Questa visione non permette alcun parere di principio contrario. La politica dell'identità mi sembra in contrasto con il grande ideale di democrazia. L'ideale di democrazia non è la realizzazione di un popolo in cui le differenze sono state annullate nell'interesse di un volere civile unificato. Piuttosto, è l'ideale di un mondo civile nel quale si discute e ci si confronta sull'uguaglianza, l'autorità, la legittimità, il potere, la libertà, e così via. La libertà ha bisogno di persone responsabili che sappiano prendere posizion~ e discutere su di essa in modo civile. L'ideale di democrazia è alimentato dal presupposto che nessuno di noi · sia rinchiuso nella propria pelle, che la nostra identità e le nostre idee non siano riducibili alla nostra appartenenza a una razza, a un gruppo etnico, o a un sesso. In questo ideale di democrazia l'educazione dovrebbe schiudere il mondo davanti a noi piuttosto che rinchiuderci in gabbie di genere, razza ed etnia. Norman Birnbaum: In generale condivido l'interesse di Jean per una politica della cittadiPIANETA TERRA

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