La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 4 - giugno 1995

strettameqte legate allo sviluppo della motorizzazione, sia in quantità che in potenza, tanto da costituire un segmento definito, e di grande interesse, del mercato automobilistico nelle fasce alte, una menzione particolare spetta sicuramente a 9,uelle legate alla gigantesca dilatazione della cnminalità organizzata che va sotto il nome di mafia o di camorra. Qui, lo stesso veicolo può essere utilizzato quasi senza soluzione di continuità per andare a: riscuotere i "pizzi" del racket per cui si -lavo- . ra, per andare a raccogliere porta a porta i voti per l'uomo politico che lo protegge, per fare da autista a lui o a qualche suo parente, o per trasportare una partita di droga o di refurtiva. Soltanto il passaggio ad attività di livello superiore, come omicidi o sequestri di persona, potranno richiedere un abbandono temporaneo del "mezzo proprio", per attingere in via del tutto provvisoria, al parco veicoli messi a disposizione dell'organizzazione. L'auto dei pendolari Esiste infine chi ha assoluto bisogno dell'auto per lavorare, non nel senso che la usa durante l'orario di lavoro, ma solo perché il· suo padrone non provvede in alcun modo a farlo arrivare sul luogo di lavoro, e a rimandarlo a casa, con mezzi - pubblici e privati - pagati dall'impresa; come fa invece, non solo per qualsiasi altro materiale utilizzato nel processo produttivo, ma anche per qualsiasi scarto o rifiuto in esso prodotto. È questa la massa sterminata dei pendolari, creata e alimentata senza soste, a beneficio dell'industria automobilistica e petrolifera, dall'inefficienza crescente, e non casuale, del trasporto pubblico. Il destino dei pendolari - sia "infraurbani" che extraurbani; sia che usino mezzi pubblici che automobili proprie - è dominato da un circolo vizioso che si alimenta e cresce su se stesso, senza che si possano più distinguere le cause dagli effetti. L'inefficienza dei trasporti pubblici costringe una quota crescente di questi infelici a ricorrere al "mezzo proprio" per recarsi al lavoro. Ma gli ingorghi creati da questa pendolarità individuale rende più inefficienti - per l'utente - e più costosi - per le amminis_trazioni - i servizi pubblici, alimentando ulteriormente il passaggio al trasporto privato. Qualsiasi tentativo di invertire questa spirale si scontra con il fatto che non si sa più da dove cominciare: non si può ridurre il pendolarismo .individuale senza migliorare l'efficienza del servizio pubblico. Ma, d'altra parte, non si può rendere più efficiente quest'ultimo fino a che le strade di accesso e di uscita dai poli ~ttrazione dal pendolarismo continueranno ad essere intasati dai mezzi privati. Il tempo di lavoro I pendolari si trovano così accomunati da un destino, che ha riportato la durata della giornata lavorativa ben oltre la misura che essa stessa aveva all'inizio della rivoluzione industriale. Calcolando nel tempo di lavoro anche il tempo di trasporto da e per i luoghi dove esso si effettua - e non si vede perché non si dovrebbe farlo: il pendolare non viaggia certo per il prnprio piacere - è facile imbattersi in dilatazioni effettive dell'orario di due-tre, ma anche quattro-cinque ore giornaliere; di esse, almeno ONTHE ROAD la metà sono imputabili non alle distanze in quanto tali, ma solo ai rallentamenti imposti dagli ingorghi del traffico. Ancora più impressionante è l'allungamento volontario della giornata lavorativa praticato da molti di coloro che sono in posizione da poterlo decidere autonomamente, e che non ha altra motivazione che quella di arrivare al 1avoro prima che il traffico abbia raggiunto il suo apice di intensità, o di lasciarlo dopo che l'abbia esaurito, perché il tempo. non speso sul luogo di lavoro si dissiperebbe comunque in mezzo al traffico. Questo mostruoso allungamento della giornata lavorativa, soprattutto a causa dello stress provocato dalla guida in mezzo al traffico, o dagli spostamenti a bordo di mezzi pubblici sempre più scomodi e fatiscenti, incide forse sulle condizioni di salute dei lavoratori più di tutta l'intensificazione dei ritmi e delle prestazioni imposte dalla cosiddetta organizzazione scientifica del lavoro e giustamente divenute origine di storiche lotte e di grandi movimenti di resistenza. All'origine di questa barbarie c'è un solo vero colpevole: l'automobile Ma il calcolo del .costo del pendolarismo non finisce ovviamente qui. Chi è costretto a usare un mezzo proprio - che forse altrimentì non si potrebbe neppure permettere - per recarsi al lavoro dovrà mettere nel conto anche i costi di mantenimento e di ammortamento della sua automobile che, anche nel caso di un'utilitaria, difficilmente possono scendere al d_isotto ~i un terzo o di un quarto di un salano operaio. Certamente costi considerati consistenti a carico del singolo lavoratore si presenterebbero anche nel caso di un ricorso integrale a un sistema di trasporto pubblico efficiente e economico, ma inferiori a quelli imposti da un'automobile di almeno dieci volte. L'auto da diporto Con questo siamo arrivati all'ultima cate~ goria di automobilisti: coloro che posseggono una o più automobili, non per ragioni di lavoro, o per un uso misto, ma esclusivamente per diporto. Ho l'impressione che le persone che si trovano in una situazione del ~enere siano, tutto sommato, una minoranza, cioè che, nonostante l'immagine pubblicitaria dell'automobile sempre presentata come strumento di libertà e di fuga dalla routine del lavoro, la schiera di coloro che si sarebbero comunque dotati di un auto anche se le necessità del lavoro non lo avessero imposto, sia assai sottile. In altre parole, la grande espansione della motorizzazione privata che ha costituito la molla dello sviluppo capitalistico del nostro secolo non si sarebbe mai verificata nelle forme che ha assunto, se ·per la stragrande maggioranza dei lavoratori non fosse stata assimilata, in una maniera o nell'altra, a una componente delle loro risorse personali, cioè della "forza-lavoro" che essi vendono al capitale. . ?icc~é, in quest'ulti~a categoria, possiam~ hm1tarc1 a collocare - 11 che comunque non e poco - le seconde macchine degli individui o dei nuclei familiari in cui il numero degli autoveicoli eccede quello delle persone regolarmente occupate. Si tratta soprattutto di uri consumo opulen-

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