La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 3 - aprile-maggio 1995

Bi In che rapporto stanno teatro e delinquenza? Nel "fare teatro" in carcere, che peso ha la storia e l'identità criminale? Qual'è-ad esempio, per i tuoi attori~ l'importan'za di aver vissuto un particolare tipo di "protagonismo" nel sociale, protagonismo ch_ein c~r~eforme e con certi segni di potere e di prestigio_perdu:a durante la loro detenzione? Se è giusto ritenere che il tessuto di relazioni interne al carcere sia in gran parte basato sulla loro identità precede.nte, quando il teatro si propone c?m~ un luogo e un modo nuovo dj tessere relazioni, cosa cambia e·quanto cambia per loro? . Inizialmente pe11savo che teatro e delmquenza fossero delle cose molto vicine. Anche per questo, da al~ora, s~lle l?ro identità prece- . denti alla detenz10ne .c1abbiamo lavorato tantissimo: il problema era quell<?di non soppri-: merla e anzi fare in modo che 11lavoro teatrale prendesse for.za dal fatto c_hei detenuti sono stati dei grandi delinquenti. .. Certo, ora loro stanno scontando una pena, si allontaneranno e forse si sono già allontanati da quel mondo e da quella identità, ma c_orn:unque hanno u_n passato alle spall~. Propno come Enea: un disastroso passato alle spalle. . · . D'altra parte, dall'identità e dalla _stona personale passata o presente; occorre_ mvece · difendersi. -La stanza del teatro è, all'mterno del carcere, come un'oasi. È una piccola isola,· e tante volte se ne parla in questi termin_i. Appena gli attori metto1:o il piede fo~ri di _quest'isola, è chiaro che nprendono a vivere il loro personaggio reale (r.eale come può es~er~ quello di un detenuto). Questo passagg10 e stato molto difficile· anche soltanto individuarlo, all'inizio. Cominciare a proporre questa stanza come un'isola non è stato semplice né indolore: può sembrare molto banal~ e però è indispensabile, anche perché non s1 possono né adoperare né accettare dentro il lavoro teatrale i meccanismi e le connotazioni che i dete-· nuti hanno nel carcere o che avevano prima del carcere. Non si può per più di un motivo: fra l'altro finirebbero per ammazzarsi fra loro o, nella migliore delle ipotesi, non riusciresti a ·fare teatro. Ognuno starebbe se~pre a _pensar~ a come mantenere il suo ruolo, 11suo livello d1 potere, la su·~immagine_e il suo reso specifico, all'interno d1 una rete d1 rapporti tanto sclero- ~ica quanto necessaria alla loro sopravvivenza m carcere. Il teatro certo interviene a modificare relazioni e ruoli, ma fino a un ceno punto. La realtà del carcere non solo è pesante ma è a'n:- che qUalcosa di incombente; soprattutto è qualcosa che loro non si sono certo scelti e dentro (e contro)· la quale hanno organizzato . le loro difese (e le loro offese). Quando dal rapporto con quella realtà _emergon<;>_ : anche in teatro_- delle spinte o delle nec~ss1ta personali particolari, quan1o ~d es~mp10 qualcuno viene preso dalla voglia d1farsi vedere e ascol- ' BUONI t:· CA JTI 10Bianco tare, dall'esigenza 1i darsi i~rortanza o di do~ minare un altro, bisogna lasciar fa.re e magan usare in chiave e in sede teatrale quello che viene fuori_.Bisogna vivere quello che si_vive e poi si può scegliere e intervenire sul v1s_suto. Questo è peraltro un corretto metodo d1 fare teatro dal momento che non c'è una vera con- _trapp~sizione ma solo u~a nor~a!e contr~ddizione fra il fingere scemco .e 1 es1g~nza d1 sostenere la propria autorap_presentaz10ne. Guardando la serie dei vostri spettacoli, non si può non osservarç c_ome improvvisamente le scelte abbiano cominciato a_daderire in modo forse eccessivo, _eper taluni imbarazzante, alla realtà della prigione. Soprattutto quando si è arrivati a rappresentare. "The brig" di Brown, ma anche quando avete allestito i{vostro spettacolo più jamoso e apprezzato il "M arat-Sade" di -Weiss. · · ' Si può forse _dire_è~e, all'es_terno, il vostro "M~rat-Sade" sza stato festeggiato ma talvolta anche osteggiato per lo stesso rr:otivo: p~r una scelta tautologica che per molti _hafunzionato come facile effetto di raddoppiamento, e che per altri è suonata come una sgradev_olee. appunto fqcile messa in scena della situazione carceraria. Qualche volta c'è un bi_sogno di ·co1:1prendere in che rapporto sta il personag~10 e la storia dello spettacolo con quello c_hes1conosce o che si sa rappresentare nella vita. Al tempo dello spettacolo s1:1"Masaniello" qualcuno si chiedeva, ad esempio, quanto potesse essere stato simile a un camorrista. Ma altre volte, ·senza dichiararlo, si è però _lavorato contro questo rapporto di corrispondenza stretta tra la scena e la vita (già perché il carcere è la l<?~O ·vita, e non è giusto dimenticarlo a vantaggio · del pubblico). Ad èseml?io, in_"Marat-?ade", i detenuti dovevano fare 1pazzi dentro 11carcere ed è stata un'esperienza di lavoro faticosissi:Ua. Inizialmente avevamo cominciato a "fare gli scemi", ma ovviamente non era quello che dovevamo e volevamo fare. Il folle era però insopportabile. Il problema era quello della propria immagine e del proprio ruolo: quant_o posso mettere in gioco il mio ruolo, ma persino il mio io o l'idea c?e le.altr~ pers?n~ h_anno di me. C'erano degli ostacoli fort1ss1m1, ma poi lentamente sono arrivati a·fare i pazzi._ f:d è proprio a questo lavoro e a qu~sto ~semp1<? che penso, quando dico delle d1ff1colta che gli attori-detenuti hanno dovuto incontrare. All'{nterno del carcere recitare il pazzo è difficilissimo. Intanto, perché molti sono stat~ realmente in manicomio - chi per finta e chi per storia vera_-:-e- poi_R_erchéti d~str1;1ggel'i~- magine che hai e che t1 e davvero md1spensab1le. · Il "Marat-Sade", del resto, era stato scelto proprio per questo e, se magari allo spett~tore esterno può essere arl?arso taut~log1~~ 11f~r recitare a dei detenuti 11ruolo dei folli 1mpngionati in un ma1:icomio,. visto da_ll'i:1ternos_iè invece trattato d1 un percorso d1 differenziazione notevole, di un process·o di ricerca duro come se si dovesse rappresentare il proprio opposto. In un certo senso era proprio così. Soltanto dal di fuori il mondò dell'esclusione sembra tutto uguale. ♦

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==