La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 2 - marzo 1995

meva un'accezione particolare nel clima culturale scaturito dal Concilio Vaticano II; stava cioè a indicare un "segno dei tempi", un'attenzione alla dimensione sociale e una disponibilità a cogliere la "sfida del mondo". È facile dire oggi che quell'intuizione ha lasciato a sua volta un segno, un solco profondo che fa da spartiacque. L'editoriale con cui "Segno" si presentava ai lettori ("Cambiamo per continuare"), pur non volendo essere un proclama ideologico, definiva con estrema chiarezza il raggio di intervento della rivista: rifiuto del confessionalismo, aperta adesione allo schieramento democratico e popolare per un rinnovamento del paese, rivendicazione di un meridionalismo non recriminatorio né campanilistico, battaglia per una depurazione della fede da ogni scoria temporalista. L'intento era esplicitamente quello di contribuire all'interno del mondo cattolico a intrecciare un-dibattito critico sui grandi problemi del mondo contemporaneo intorno ad alcuni contenitori tematici: la Chiesa, la pace, i Sud del mondo, la mafia. Non quindi una semplice nv1sta palermitana o s1c1liana, ma un ambito più vasto, nazionale e internazionale, di confronto e di riflessione. Una rivista militante perché basata su una discriminante scelta etica per il bene comune, sulla secca dicotomia tra vita cristiana e mafiosità, su un' evangelizzazione priva di ambiguità, connivenze, omissioni. Vent'anni dopo quel programma e quella scelta di campo sono ancora vitali e operanti. Lo ricorda Nino Fasullo nell'editoriale, tutt'altro che celebrativo, con cui si apre il numero 160: "all'origine della rivista c'è un'opzione di natura teologica ed ecclesiale piuttosto precisa: la convinzione che la fede cristiana non è un 'dono' che possa essere religiosamente fruito in modo individualistico come un bene esclusivamente personale, ma è una 'grazia' e una forza da spendere nella città a beneficio degli altri, credenti e non credenti, senza complessi di superiorità nei confronti di chi non dovesse condividere la stessa fede". È quindi la laicità, cioè l'esercizio libero e responsabile della ragione, l'elemento pregnante dell'esperienza di "Segno". Perché la fede può essere corrotta - afferma Fasullo - non tanto da un eccesso di autonomia della ragione, ma semmai da un suo difetto, da un suo uso distorto, ideologico. Oggi come vent'anni fa il binomio fede-politica può vivere solo accettando l'autonomia e al tempo stesso il necessario rapporto tra i due termini, che trova terreno d'incontro nel rifiuto degli integralismi e nell'adesione alle istanze dei poveri e degli emarginati propugnata dalla teologia latino-americana della liberazioné. Ripercorrendo questi vent'anni "di studi e di fatiche, ma non di solitudine", Fasullo non può che ricordare tanti ,:he queste battaglie non possono più farle, dal giudice Chinnici a padre Puglisi. Non è solo per ragioni cronologiche che il discorso, il cerchio, si chiude col parroco di Brancaccio, un altro terribile girone periferico, assassinato dalla mafia. Parlando di una Chiesa che finalmente sembra schierarsi senza remore dalla parte giusta, Fasullo si lascia scappare due "forse". Due dubbi, due riserve, che- sono, dopo tanti morti, davvero troppi. • L'orologio di noi impiegati Filippo La Porta Filippo La POrta lavora presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma. Scrive su "Il Manifesto" e altrove. • Dai primi di marzo in tutti gli uffici comunali romani farà la sua comparsa un oggetto metallico di forma squadrata, un parallelepipedo a tre blocchi con una striscia luminosa, fantascientifico e primordiale come il monolìte di Kubrik. Non ha la spugnosa e minacciosa mollezza della "cosa" blobbiana, non possiede le fattezze splatter di Freddy Kruger, eppure sembra avere una inquietante valenza simbolica che tra~ scende la sua stessa funzione: si tratta dell'orologio con relativa timbratura del cartellino. Un oggetto peraltro affettuosamente familiare (seppure di forma mutevole), ben noto al nostro immaginario visivo, dai cartoons cc;mWilcoyote e il cane da pastore alle gags di Fantozzi, da Charlot alle strisce linusiane di Bristow. Eppure in questo momento diventa I'epitome tangibile del processo di cambiamento radicale della pubblica amministrazione in Italia, dal "rivoluzionario" decreto-legge n.29 del governo Amato (1993) alla recente Finanziaria e al rinnovo del contratto nazionale. Il decreto legBibliotecaGinoBianco VOCI

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