La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 2 - marzo 1995

Bit LORO E NOI Claudio Bazzoccchi Claudio Bazzocchi è membro dell'Associazione della pace e lavora come volontario nella ex-jugoslavia. ♦ Il movimento pacifista, ambientalista e della solidarietà si sta accingendo ad una riflessione sempre più approfondita sul rapporto fra città, politica di pace, solidarietà e tutela del territorio. Il pensiero di Giorgio La Pira e padre Ernesto Balducci è f andamento culturale di questa riflessione. Ricordiamo l'appello a partire dalle città nell'ottica planetaria della famosa frase di La Pira "Gli Stati passano, le città restano", profetica nel paventare l'insostenibilità dello Stato-nazione armato di fronte ai grandi problemi del pianeta. Padre Balducci ci ha insegnato come la città custodisca la storia, la memoria, la riflessione, la compassione per generazioni e generazioni passate, i continui aggiustamenti, i cambiamenti, i rivolgimenti, i segni del tempo, le linee incerte e misteriose della complessità, certo nessuna giudicabile in base al criterio dell'etnia, della nazione o di chissà quale ineluttabilità storica. La guerra nella ex-Jugoslavia come aggressione alle città A questo punto della riflessione è importante interrogarsi, per chi, come me è impegnato nel lavoro di solidarietà a favare dei popoli della ex-Jugoslavia, sulla natura della guerra nei Balcani e come la riflessione sulle città diventi fondamentale a questo proposito. La guerra in Bosnia-Erzegovina è una guerra contro le città. Chi ha voluto e vuole diviqere la Bosnia-Erzegovina ha colpito il tessuto multietnico che era stato costruito nelle città, vero simbolo ed espressione dell'idea di cittadinanza come partecipazione delle differenze ad un tessuto civile comune. È chiaro che in _quelle città convivenza multietnica non significa solamente vivere l'u-1 no accanto all'altro: la casadi un serbo a quella di un musulmano, quella di un croato a quella di un serbo. Multietnicità a Sarajevo, Tuzia e Mostar significava e significa ancora, nonostante tutto, multiculturalità, partecipazione delle differenze alla vita comune delle città. In queste città fin da piccoli si avvertono le differenze non come limite negativo, ma come ricchezza, ampliamento del proprio punto di vista: tante sono le pasque, i natali, le ricorrenze religiose e tante quindi le feste da celebrare tutti insieme, ogni volta. A Sarajevo come a Mostar ogni pietra ha un nome, una storia, è carne viva, corpo della memoria. Il "grande · 10Bianco PIANETA TE_RRA vecchio" di Mostar, Stari Most, per esempio, era il luogo di un rito di passaggio: i giovani mostarini si tuff avano dal ponte nella N eretva per sancire il passaggio all'età adulta. Gli aggressori delle città della Bosnia-Erzegovina vogliono occultare le tracce della storia, sradicare le contaminazioni ancora vive, ancora feconde di storia ed accadimenti, le solidarietà prodotte da secoli di eventi, di relazioni interetniche, personali, complesse. Alla fine di un· secolo che già l'ha vista trovarsi sull'orlo dell'abisso l'Europa di nuovo rischia di cancellare se stessa, la sua storia, la sua complessità e cultura. Come già in passato è la memoria a giungere in soccorsodell'Europa che rischia di distruggere se stessa distruggendo la propria storia. La letteratura, l'arte, l'architettura, il territorio sono il prodotto di secoli di interazioni e mescolanze, frutto di dialoghi, relazioni, incontri, storie... al plurale e senza maiuscola. Gli assedianti delle città della Bosnia-Erzegovina sono iconoclasti proprio perché vogliono cancellare la memoria, ma le città hanno resistito, e questa resistenza è un grande patrimonio per tutti gli europei, per le città d'Europa, per l'Europa delle città. Quale impegno e assunzione di responsabilità per le nostre città Di fronte alle nostre città, i nostri Enti locali, i nostri sindaci devono assumersi responsabilità ben precise in nome dei comuni valori europei delle città e di un 'unica idea di cittadinanza laica e paritaria. In questo ultimo anno l'esperienza del Consorzio Italiano di Solidarietà (un coordinamento di oltre 150 organizzazioni di volontariato e di Enti locali che lavorano in ex-Jugoslavia) è stata quella di un intervento mirato a mettere in rapporto le istanze civile delle città italiane con quelle delle città della Bosnia-Erzegovina: scuole, teatri, medici, organizzazioni pacifiste e della solidarietà, consigli comunali e provinciali ecc. La stessa organizzazione dei convogli umanitari per le città assediate è stato un modo per raggiungere le città, instaurare dialoghi e relazioni politiche, far sentire ai loro cittadini che non erano dimenticati e dare legittimità e forza alle istanze civili e sociali che resistevano all'interno delle città assediate. Agli Enti locali italiani abbiamo sempre chiesto di lavorare assieme a noi proprio in questa opera di sostegno alle città. Illoro impegno di coordinamento e di garanzia istituzionale degli interventi praticati è stato per noi molto prezioso, siaper migliorare e rendere più efficace l'intervento stesso nella ex-Jugoslavia, siaper creare nelle città una rete di solidarietà e interesse. Questo è molto importante perché le nostre città soffrono di un tessuto sociale sempre più lacerato, sempre meno luogo della partecipazione politica e della costruzione collettiva e individuale di senso. L'esperienza del Consorzio Italiano di Solidarietà si è fondata proprio sulla partecipazione delle nostre città, compresi gli Enti locali, per la tessitura di una rete di più soggetti sociali e istituzionali impegnati nella costruzione di un progetto a favare delle città della Bosnia-Erzegovina. Ci sembra molto importante sottolineare che se la città riescea diventare di nuovo lo spazio della progettualità, allorapuò sperare di essereluogo attivo di partecipazione e creazione di senso. Vediamo quindi come la solidarietà nei confronti delle città della Bosnia-Erzegovina

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==