La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

L'America è vicina Lucia Annunziata L'America si è avvicinata all'Italia. Questo è stato il filo conduttore di molti dei commenti che hanno spiegato all'Italia il "ribaltone" con cui i repubblicani, a novembre, hanno rubato ai democratici la maggioranza alla camera, ottenendo per la prima volta da quarant'anni il controllo delle due camere del Congresso, lasciando così Clinton in condizione di virtuale isolamento. La somiglianza con l'Italia sarebbe nell'affermarsi di una forte destra anche negli Usa. Interpretare la sconfitta di Clinton come una battaglia tra destra e sinistra per l' anima del paese, è tutçavia solo una pia illusione, l'illusione di chi crede che negli Usa sia ancora questa la posta in gioco: e infatti molti di questi commentatori sono gli stessi che, al momento della sua elezione, hanno definito Clinton un uomo "di sinistra", addirittura up nuovo Kennedy. E vero certamente invece che l'Italia somiglia sempre più agli Usa, ma nel senso che quello che avviene oggi lì anticipa per molti versi quello che può essere il futuro dell'Italia. Gli Stati Uniti infatti non sono dietro di noi, ma avanti a noi nel processo politico; non stanno, come l'Italia, gestel").dol'eredità della caduta del muro, ma l'anno 2000 della fine della politica. Concetto questo che (se una patria ha) proprio in America è nato: come sbocco di uno sperimentato sistema bipolare, e della breve primavera del protagonismo della sinistra negli anni Sessanta. Se per una cosa è interessante, dunque, guardare agli Usa è per questo loro aspetto futuribile: per il loro contenere, come specchio magico, le gioie e gli orrori di quando ci saremo liberati davvero del sistema dei partiti. Perché Clinton ha perso? Il voto che il Presidente ha BibliotecaGinoBianco perso è quello della classe operaia e della classe media che ha abbandonato i democratici a causa della crisi economica. I numeri tuttavia non raccontano il clima di disillusione creatosi negli Usa intorno al giovane presidente. Le ragioni di questa disillusione sono molto più che soltanto economiche. Clinton - che è stato eletto, va ricordato, con strettissimo margine - è stato accolto, è vero, come il ·"liberatore" dell'era reaganiana. La sua elezione interrompeva dodici anni di Washington repubblicana, e prima ancora, l'ultimo respiro democratico alla Casa Bianca lo aveva tirato Carter, cioè una delle più deboli (o perlomeno così percepita) recenti presidenze americane. I festeggiamenti per il reingresso dei democratici alla Casa Bianca vennero confusi in una parte degli Usa - e in Europa forse ancora di più - per l' esultazione dell'America dei poveri, delle vittime del reaganismo, dei liberal e delle donne contro la reazione. Da questo all'idea di Clinton "di sinistra", il "nuovo Kennedy" appunto, il passo è stato breve. In realtà quel quadro di entusiasmo dei primi mesi era una splendida illusione ottica, e il voto di questo novembre l'ha svelata. La prima illusione ottica riguardava Clinton e i suoi programmi, che non sono mai stati "di sinistra". Tecnicamente, la formazione politicà di Bill Clinton - a parte l'episodio molte volte ripetuto della sua visita da bambino alla Casa Bianca di Kennedy - avviene nell'ambiente dei democratici moderati del Sud, una vera e propria corrente dentro il partito che indica l'appartenenza del giovane leader all'ala "di centro" dello schieramento democratico, e che non a caso concupisce per il suo allargamento futuro il settore del voto·che si è staccato dai repubblicani, quello che è andato in parte con Perot e che ha in parte già dato al giovane Clinton il suo margine di vittoria contro :Bush. Il pro- . gramma di Clinton, a guardarlo bene, al di là di tutti i suoi infiorettamenti sulla giustizia sociale, rispecchia bene gli interessi della classe media, dei "suburbs". Questa classe media bianca (in curva considerata anche buona parte della classe operaia) è.da anni nel sistema americano il settore elettorale più determinante nelle elezioni; perché è la più acculturata, la più stabile, e anche la più estesa nazionalmente. Le trasformazioni di questa classe hanno costituito il perfetto termometro delle oscillazioni dei comportamenti elettorali negli Usa: democratica quando-viveva nelle città, repubblicana da quando si è trasferita nei suburbia. È stato esattamente il suo voto a determinare la vittoria di Reagan, poi quella di Clinton e infine, di nuovo, quella dei repubblicani a novembre. È una classe èiifficile da gestire, è liberale in molti casi, ma ormai ferocemente spaventata, sia dal conflitto sociale che dalla crisi economica. Clinton ne è in realtà il perfetto rappresentante: fortemente individualista, competitivo, orientato al successo e al benessere, eppure fortemente motivato da ideali di giustizia sociale. Clinton non è né di destra né di sinistra in senso classico: non è più un liberal e nop è un puro conservatore. E quella sorta di macedonia ideologica che gli

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