La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

Il più recente esempio di questa antiecologica ideologia pedagogica sono i nuovi strumenti di valutazione delle scuole elementari e medie, che riescono a coniugare i guasti del peggior tecnicismo didattico di matrice anglosassone con quelli .del pressappochismo e del burocratismo tipici ddl' ammil)istrazione scolastica italiana. Il gergo disaineno e oscuro delle circolari e dei documenti, l'ossessione compilatoria che 'tende a trasformare gli insegnanti in frenetici amanuensi, la presunzione dell'oggettività e del controllo che si estende dagli aspetti cognitivi dell'apprendimento alle componenti psicologiche, affettive, valoriali stanno deteriorando la qualità della vita nelle scuole e rischiano di nevrotizzare irreversibilm'ente i rappotti tra dirigenti, docenti, genitori; e tra adulti e bambini. Ma sembra che ai responsabili della politica scolastica questi risu1_tati appaiano ~oddisfacenti, tanto c?e la mania della valutazione sta gradualmente mvadendo, per via gerarchica, ogni grado e ordine di scuola, dall'asilo nido ( !) alle superiori; come in certi inquietanti problemi di matematica, anziché mobilitare ogni risorsa per chiudere il buco della vasca che perde, ci si adopera per misurare esattamente la quantità di liquido che esce in un tempo dato, e intanto l'appartamento può tranquillamente, continuare ad alla.rgarsi. Inutile dire che bisognerebbe battere una strada diametralmente opposta: rela:tivizzare la valutazione, riconoscendo l'inevitaoile presen- · za di elementi soggettivi in chi valùta, ·in chi è valutato, nella stessa fissazione degli obiettivi all'interno di un campo disciplinare e nella definizione dei livelli di accettabilità delle prestazioni4; tener presente che gli uniti obiettivi osservabili sono quelli più- semplici e banali, mentre quelli veramente significativi (capacità cognitive complesse, scelte di valore, atteggiamenti etici, abiti culturali) non sono riscontrabili né misurabili. Ogni osservatore che descrive un mondo sta descrivendo se stesso che descrive quel mondo; ogni insegnante che descrive la prestazione di un alunno sta descrivendo se stesso che descrive quella prestazione. Questo significa che quando valuto le capacità di un mio studente, non sto misurando qualche ·cosa che è dentro, la testa, ma sto esprimendo un giudizio più o meno positivo su una mia relazione con lui. Il mito dell' oggettività propugnato dalle più diffuse teorie della valutazione offre un alibi eccellente a quegli insegnanti che non vogliono assumersi la responsabilità morale dell'inevitabile soggettività delle loro scelte, e costituisce un'arma costantemente puntata contro l'infinita varietà degli stili cognitivi dei bambini e dei ragazzi. Anche nell'insegnamento, come in ogni altra esperienza umana, "ciò che veramente conta non può essere contato" 5 . Un'agenzia di banalizzazione Dal punto di vista comunicativo l' ossessione della valutazione rafforza un modello di insegnamento integralmente fondato sulle "domande illegittime" 6 : tutto ciò che gli studenti devono dire o fare è predeterminato dai programmi e dall'insegnante, e le loro prestazioni sono valutate in base alla maggiore o minore aderenza alla risposta "giusta" che era già nota in partenza. Fin dalla prima elementare i bambini imparano che, quando il maestro fa una domanda, non desidera apprendere da BibliotecaGinoBianco loro qualcosa che non conosce, ma vuole verificare se sanno rispondere secondo le sue previsioni. Grazie a una sistematica applicazione di questo modello comunicativo unidirezionale, la scuola, oltre a divulgare un'immagine sconfortante della conoscenza e della cultura, tende a trasformarsi in un'agenzia che addestra i giovani alla prevedibilità e al conformismo: "I test scolasdci - scrive Heinz von Foerster - sono un mezzo per misurare il grado di banalizzazione. Se lo studente ottiene il· punteggio massimo, ciò è segno di una perfetta banaliz·- zazione: lo studente è completamente prevedibile, e .quindi può essere ammesso alla società. Non sarà fonte di sorprese né di·problemi" 7 • , Se i bambini e i ragazzi non sono concepiti come organismi-viventi mutevoli e imprevedibili ma come "scatole nere" il cui funzionamento è manipolabile e ·controllabile dall' estern0, agli insegnanti non tocca un ruolo meno banalizzato. Il nostro sistema scolastico non li_considera come esseri pensanti, in grado. qi trarre autonome conclusioni e di elaborare modelli propri a partire dalla loro esperi(mZa . quotidiana, ma come passivi .esecutori di prescrizioni formulate da altri soggetti (pedagogisti, didatti, burocrati), i quali si guardano bene dal mettere il naso in una classe e dallo sperimentare in prima persona ciò che vanno teorizzando. Così la separazione della teorra dall'esperimento che, da Galileo in poi, dovrebbe essere scomparsa dalle abitudini mentali 'degli studiosi, è viva e vegeta nel campo della didattica. L'idea che l'insegnamento sia un'attività puramente esecutiva e di basso rango_è conft;rmata dal fatto che, se un insegn·ante vuolç fare carriera, deve necessariamente cambiare mestiere, diventando direttore didattico, preside o ispettore; e anche i recenti progetti che mirano a differenziare le mansioni e a "incentivare la professionalità" (bleah!) propongono di premiare con aumenti èli stipendio le attività di programmazione, organizzazione, coordinamento: qualsiasi prestazione è considerata più meritevole e prestigiosa di quelle che si svolgono ogni giorno in classe, a contatto diretto con gli studenti. La carriera e la missione Questo tipo di subordinazione gerarchica ha (forse), un suo fondamento in quei settori dell'attività produttiva dove il lavoro di progettazione è più complesso e sofisticato di quello esecutivo; ma in campo educativo non c'è dubbio che il compi~o più impegnativo, coinvolgente, creativo e socialmente rilevante è il dialogo quotidiano con i bambini e i ragazzi, e che ogni altra mansione andrebbe subordinata a questo. Del resto, proprio perché in questa fase non c'è niente di buono da aspettarsi da una politica scolastica che riesce nel1' ardua impresa di propagare gli aspetti più repulsivi dell'ideologia produttivistico-manageriale aggravando al tempo stesso gli intoppi e le inefficienze del sistema, bisogna investire ogni speranza nelle persone che vivono dentro la scuola, e in particolare in quegli insegnanti che amano il loro mestiere e sono consapevoli del suo straordinario valore sociale 8 . Alcuni decenni fa ci siamo abituati a deridere chi parlava dell'insegnamento come di una missione. Certo l'espressione è fastidiosamente retorica, ma bisognerebbe inventarne un'altra equiva- . lente per dare un nome alla testardaggine di chi, senza farsi troppo scoraggiare da una

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