La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

grappati agli autobus. Sorgono dalle baracche i fantasmi neri, si materializzano nel centro città catapultati fuori da un iperspazio di poco conto. Si calcola che esistano a Nairobi almeno quarantamila piccole imprese informa li, che hanno origine negli slum o comunque impiegano persone che abitano negli slum. Senza questo tessuto di piccole aziende la metropoli Nairobi non sopravviverebbe, senza la manodopera delle baracéopoli le fabbriche della zona industriale sarebbero chiuse. Ma alla baraccopoli la città non fornisce nessun tipo di servizio. Le mappe del consiglio municipale non ne riportano neppure la localizzazione: il termine utilizzato per contrassegnarle è quello di "insediamenti informali", i proprietari delle baracche dispongono di licenze temporanee di occupazione del suolo pubblico, che vengono di frequente revocate senza preavviso, quando qualcuno intende spianare l'area per dare il via alla speculazione edilizia. Peter N ganga è un ragazzone alto con gli occhiali e un maglione verde. Vive nello slum di Korogocho, è uno degli attivisti della parrocchia di St. john. Seduto su una panca della chiesa, al termine di una rappresentazione teqtrale da lui stesso organizzata, incide dentro al microfono del mio mangianastri la storia dell'esecuzione sommaria di uno dei ragazzi della parrocchia. Qua~do gli ho chiesto se era disposto a farlo mi ha risposto subito di sì, ma intuisco la fatica cheprova nell'affrontare questa storia. Parla tenendo gli occh'ifissi a terra, capiscoche rivive l'episodio con terrore. Sono arrivati troppo tardi, il loro amico· era già a terra svenuto, la faccia coperta di sangue. Era un Kikuyu, non c'entrava assolutamente nulla con il furto effettuato nella casa di un Luo, ma spesso succede così, si trova un colpevole a caso. Peter ha consigliato ai propri compagni di etnia Kikuyu di allontanarsi, ha provato a parlare con i Luo, della sua stessa etnia. Dice: erano impazziti, avevano gli occhi più grandi del normale, quando io parlavo_con loro non credo che potessero ascoltarmi, avevano qualcosa di sconosciuto dentro alle loro menti. Camminavano attorno al corpo del mio amico tenendo ancora i sassi in mano, ogni tanto gliene tiravano un altro in testa. Saranno stati in trenta o quararJ,ta, uomini e donne, forse lui era già morto. E arrivato un ragazzino con un copertone, lo hanno infilato addosso al corpo del mio amico, lo hanno cosparsodi benzina e lo hanno bruciato. Nei giorni successivi ci sono stati scontri tra Luo e Kikuyu, fortunatamente senza morti. Gli scontri sono stati sedati grazie al nostro intervento: i Korogocho Peace Makers, i membri di un organismo ecumenico che raccoglie tutte le Chiese del quartiere, cristiane e islamiche.Le baracche di Nairobi si riproducono a gran velocità, aggrappate alle pendici dei valloni scavati dai tre fiumiciattoli che attraversano il pianoro, rasentando il centro città. Dalla cima del Kepyatta Conference Center, il grattacielo simbolo di Nairobi, si vedono bene questi serpenti di colore rossastro - il colore della terra e della ruggine - che si insinuano tra le grandi strade radiali a doppia BibIiotecaGinoBianco carreggiata cercando di introdursi nel centro città. Se invece scendiamo al livello della strada, i valloni dello slum tornano a essere invisibili: bisogna lasciare le strade, abbandonare i percorsi usuali, cercare dietro agli edifici commerciali o ai condomini decorsi che le delimitano, e avvicinarsi fino al citf,io del vallone per vedere, giù, le baracche. Se non si compie questo sforzo di deragliamento, si può continuare a pensare che Nairobi sia una città piacevole e tranquilla, dove vivere bene. Le architetture del centro di Nairobi sono quel!~ delle cfty ~i tutto il mondo. Verrebb~ da dire: dell occidente, comprese ·le teste di ponte che l'occidente insedia nelle savane di ogni continente, deter:minando mutamenti sociali e mutazioni antropologiche di cui poi si rifiuta di portare la responsabilità e paga re le conseguenze. La violenza implicita nelle faccia te a specchio del grattacielo verde della multinazionale Lohnro, il potere di sottrarsi allo sguardo ricavando dietro a quegli specchi uno spazio estraneo al contesto circostante, contiguo semmai alle villette bianche nel verde dei sobborghi di Muthaiga, o agli altri grattacieli, o agli alberghi-città (negozi, ristoranti, uffici, piscina e casinò) a cui accedere tramite la rampa dei megaparcheggi all'americana, t;acendo della distanza una mera funzione de tempo impiegato a trasferirsi da un punto all'altro della Nairobi ricca: questa violenza e questo potere concorrono alla apparente scomparsa dello slum, che pure insiste testardo a risalire i valloni nel tentativo di sottrarsi a un destino di invisibilità, cercando una chiave d'accesso ai totem da cinquanta piani che lo sovrastano. Perché il Kenyatta Conference Center è l'unità di misura. Una domenica mattina a Korogocho inèontro Nyash. É appena uscito dalla messa, e mi accompagna come per un pellegrinaggio a guardare la discarica che si estende per chilometri al di là di quello che lui chiama lo stagno. Lo stagno è un lago artificiale f armatosi entro una cava in disuso. Noi ci affacciamo sullo strapiombo e mi comunica: lo stagno è profondo due volte il Kenyatta Conference Center. E racconta: ogni anno, almeno due o trecento cadaveri, riemergono dalle profondità dello stagno. E gente, dice lui, che non sopporta più di vivere in baraccopoli. Gente che dice, basta, non lo posso più sopportare, e allora si butta. Il corpo dell'annegato va giù fino infondo e riemerge sette giorni più tardi. Chissà perché proprio sette, ma se una madre non vede tornllre a casa un figlio, sette giorni dopo va a vedere se riemerge dallo stagno. A volte sono i banditi, che uccidono qualcuno e gettano il cadavere nell'acqua per farlo sparire. A Milano, una mattina di dicembre, trovo una cartolina di Paulino nella casella della posta. Una cometa, dipinta in colori vivaci. Con il pudore tipico di chi non ha ancora capito nulla del mio agnosticismo, Paulino non mi augura Buon Natale. Dice solo: Felice anno nuovo, da Nairobi. Qui stiamo tutti bene. Paulino. ♦

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