Studi Sociali - anno III - n. 19 - 10 giugno 1932
6 . l»;voro ratto in comune, sulla collaborazione deÙe opere, delle battaglie, delle indagini. Ci unisca l'identita dei compiti, non il caso di un'3.· medesima residenza. Queste federazioni tecni– che, che cli rimbalzo diverranno di affinitA, potran– no confederar•! e abbracciare cosi tutto quanto de– va essere oggetto dell'azione nostra. Si com1,Iete– ranno run l'altra, equiU1brerann0 le loro attivitA, svolgendosi autonomamente, celebrando i propri, Congreslji particolari, ed altri generali della Confe– d~r.aziqnet che avra,11110 costituita. Praticheremo in esse il federalismo, e ci prepareremo per essere un fattore d'influenza se non preponderante, per lo meno assai efficace nella rivoluzione sociale ven– tura. Tali &ano, riassmiti forse con troppa fre, t.ta, i concetti personali che io sottometto all'esame dei compagni. Mi piac&rebbe che fossero contradetli nel caso che non gradissero o non convincessero. Il Pericolo (Continuazione e fine; vedi numeri precedenti) La lotta non 1iu6 essere ratta solo di critiche. Si Lnce solo quando ai pu6 contrapporre alla realt(, e– ,ist~nte la creaz.ione d'un'altra realta. Lo stesso discorso si potrebbe tenere per quel che riguarda i sindacati cattolici (deboli appunto perché ai sono urtati a una realtA contraria assai potente) e perfino per quel che riguarda le missioni. Quando uuclei di uomini liberi sapranno condurre senza le mire imperialistiche r,legli Stati, senza gli scopi di prc,sclitismo della Chiesa un'azione d'affratellamento reale coi popoli meuo civili o sempl:cemente pili lon– tani da uoi, organizzando l'assistenza nei paesi che ne hanno bisogno, stabilendo un sistema di scambi culturali con tutti, la potenza delle missioni, la. cui intluenza si basa sopratutto sulla scuola e sull'ospe– dale, sarA distrutta. Ho citato le scuole, i sinJacati, le missioni, le opere cli beneficenza, a titolo d'esem– pio; ma gli esempi si potrebbero moltiplicare nella stessa misura in cui si moltiplica l'attivita di prose– Elismo esplicata dalla Chiesa in questo campo. C'é 1ioi tutto un Iato clella propaganda cattolica che sembrerebbe facilissima da combattere colla sempli– ce arma dél r 1co o. Voglio parlare d quella pro– paganda cbe si rivolge alla parte più propriamente zuperstiziosa dello spirito umano: miracoli grossola– ni, immar;ini, indulgenze, preghiere speciali per qu17 sto o quel santo, etc. Accanto a riviste d'ordine cul– turale, sapientemente dirette e destinate all'ambien– te dello persone colte, la Chiesa ha una quantità di piccole riviste di propaganda impregnate d!l uno spi– J":to medioevalf' e rivolte demagogicamente agli istin· ti della credulita più bassa. ed infantile. Orbene, sem– brerebbe c-!te lutto questo edificio fosse destinato " cadero al suono d'una risata. Invece non é cosf. Cl sono aneora larghi strati di popolazione che si at– taccano a queste materializzazioni della loro credenza. con J'affetto generato da una iunga tradizione. E in questi ambienti una larga opera di cultura s'impone. So!o conoscendo quanto grande e variato sia il mondo, quante cose e idee esistano al di fuori della loro cerchia, le menti piccole si aprono e si staccano dal feticcio. Solo bisogna badar bene a non contrappor– re all'idolo un allr'ido!o, giacché nell'alternativa !a scelta é dubbia e potrebbe risolversi nel senso con– trario al nostro. Bisogna presentare agli occhi di chi vuole imparare tutta l'ampiezza del campo del pen– siero, affinché egli possa scegliere in libertà la sua via. Mi si permetta un ricordo personale che ha valore di prova. Nei miei primi anni scolastici, tutti i miei compagni e tutte le mie compagne erano cattolici; ed lo ho potuto seguire passo passo, come sopra un terreno d'esperimento la trasformazione dei più sin– ceri e dei più intelligenti di ioro sotto l'influenza della lettura e del!o studio. Entrati nella scuola calia per– suasione di formar parte d'un organismo immenso, in possesso della verità assoìuta e destinato ad as– sorbire in sé tutto il mondo, essi•vedevano a poco a poco al!argarsi i loro orizzonti; io spettacolo del– l'immensa varietà nelle idee_ e nelle superstizioni ù· mane dava loro le vertigini e infiltrava il dubbio fe– condo nei ioro cervelli. L'autorità della rivelazione perdeva valore ai loro occhi. quando imparavano che ci sono mille rivelazioni che si distruggono a vicen– da. E a poco a poco cominciavano 8. guardare come dall'alto la sfera in cui prima erano racchiusi e che per loro rappresentava il mondo. Il cattolicesimo pas– rava insensibilmente per loro dal campo della 'fede S'.l'UDI SOCIALI Pero, se qualche errore contengono, non credo cha sia in ci6 che si riferisGe all',intensita del lavoro. Solo qu,ando "Ciascllno 1 ' l~vof~ra ~'di~ettamente;' per la Organizzazione di cui formi parte, sentendo o v1>dendo a che conclude il risultato dei. suoi sforzi, l'organizzazione sara amata _e avra ragione d'essei– compresa. Solo allora cesseré. di reggersi per la tenacia sfibrante di pochi compagni, e si conver– tirA. in mfopera veramente c'omune, della quale tutti si sentiranno partecil)i attivi e necessari: in un'opera anarchica, in una parola. Altrimenti, temo assai che la lim:tazione della sua portata e della sua vitalità la trasformi in una burocrazia sterile e centralizzatrice. Attività, molta attività, disimpegnata in ta! modo che la selezione si produca automaticamente. É la norma sintetica che si dovrebbe adottare; ed é quella che io propongo. GASTON LEVAL. Cattolico personale a quello dei fenomeni storici. ~ allora, nella solitudine un po' paurosa in cui l'abbandono della fede li lasciava. essi cominciavano con tatica e cc:Jn gioia il lungo lavoro della ricostruzione individuale del la loro personalità. E il nostro fine é appunto questo: che ciascun uomo modelli da sé la sua statua inte– riore, rituggendo dall'umiliante, anche se comoda, u– nHormità degli stampi che ~i trovano beli' e fatti al di tuori. Se non lottassimo per questo scopo, non varrebbe la pena cli combattere la Chiesa. • •• Questo sani. in fondo il criterio con cui dovremo combattere quando suonerà per l'Italia l'ora della li– berazione. In quel momento il pericolo cattolico non sara tra i meno minacciosi per noi. Se la rivoluzione italiana. sara una semplice rivoluzione democratica, la lotta contro il rinnovato potere temporale e contro i mostruosi privilegi cli cui la Chiesa s'é impadronita coll'abilità intr:ganle d'un giocatore di borsa, 1irende– ra un carattere diplomatico che non é nostro compito discutere. E la nostra missione in questo campo sa– ra quella stessa cli tutti i nostri compagni degli altri pa s1. ifa se 1rvece emo, -alla cad11ta del :se• smo, un rivolgimento a carattere sociale, cioé pili. o meno "nostro'', allora il problema cambia d'aspetto. G:ù fin c1·ora si comincia a discutere il nostro atteg giamento di fronte al cattolicesimo. In genere si no– ta in queste discussioni una confusione quasi fatal– mente determinala dall'atteggiamento della Chiesa in questi ultimi anni. Si nota cioé la tendenza a con– fondere la lotta contro il fascismo con quella contro il cattolicesimo. Se si pensa che lo stesso colpo che abbatterà il fascismo dovra abbattere anche il po– tere temporale dei papi e i privilegi "politici" di cui la Chiesa gode, si ha perfettamente ragione. Ma la Chiesa non é tutta nella sua veste politica. Quando si sani. tolta al papa la sovranité. sui piccolo Stato pon– tificio, quando si saranno es1wopriati tutti i beni ec– clesiastici (ammesso - com'é sperabile - che la ri– voluzione arrivi tino a11'espropriazione della proprieta privata), la potenza della Chiesa non ne sanl che de– bolmente diminuita. Il nostro maggior nemico, che é lo spirito stesso del cattolicesimo, abbarbicato all'ani– ma popo!are con radici di cui diff:cilment2 si ritro– va. 13. fine. rimarrebbe in piedi e in posizione di com– battimento. E qui comincia l'errore di molti di quelli che so– gnano di far "piazza pulita''. Essi dicono: "Comb:l.i· teremo il prete come combatteremo il fascista". E in,·ec~ la lotta. sara profondamente diversa. Il fa– s~ismo é semplice oppressione violenta, é un sempli– c~. pe ·q morto che colla viofen~a dovremo scrollarci di (lesso. Il cattolicesimo invece é riuscito, coll'ai1:1to delle J}redisposizioni psicologiche e dell'a.bitudin~. ad ad?r;re intimameute alle fibre pill gelose dell'anima popolare. Per abb9tlere il fascismo lutti, dal Bren– nero alla Sicilia, dentro i confini e fuori dei con– fini, ci drizzeremo in piedi unanimi, come se i qua– rauta milioni fossero una sola persona e una sola volonta. Per distruggere colle stesse armi, anche ap– oarentemente - e sarebbe vana apparenza - il cat– lolicesimo, dovremmo impiegare l'autorità e proprio rautorita pili. ripugnante che é quella diretta a,re– primere le manifestazioni del pensiero e delle creden· ze individuali. Certo, anche q1,ando non fossa piu uno stato, anche quando non fosse più un grande proprietario, la Chiesa rimarrebbe sempre un nemi• co con cui non é possibile far vita comune come sareb- ba possibile di fronte a tutte le altre correnti cli pensiero, anche religiose,, per6 ,Più li"b~re.. La Chies~ regola tutq i suol at~i sulla sua perenne ~e1;5Ie_nza a.cl assorbire quanto la circonda. Profondam3nte cc,nvinli/ d'aver dir;ttp a tutto,. càrne unica rappre– sentante:, di Dio sulla terra, 1 non ricOnosce in teo• · ria altri diritti che non siano i suoi. Un modus vi– vendi con lei sarebbe quindi sempre basato sulla sua 1 assegnazione a rin·.1:1eiare a 'ti6 che le é impossibi– le ottenere, impegno s:.:.b::>r<linato a numerose rè– striziont mentali. ~.-..rcbbe sempre quindi un modus vivendi diplomatico che un·organizzazione liberta– ria mal potrebbe a.ccettare e vigilare. Vinto e inde– bolito lo Stato, la Chiesa rimarrebbe sempre come un perenne pericolo d'un ritorno e d'un rafforzar-si dello Stato. Faremo allora come tanno i bolscevichi che trasformano le cattedrali in musei antireligiosi? No. Delle misure di questo genere non solo sareb• bero contrarie ai nostri principi di liberté., ma 1·appresenterebbero anche un grave r,crico!o. Posso sbagliarmi, ma credo che uno dei punti deboli del– lo stato bolscevico sia appunto la re!ig'one. li ma– terialismo marxista d'origine germanica mal si adat– ta alla mentalita ~ neralmente mistica dai popoli slavi. Ora un simiic ,:rhema imposto dall'alto non attraverso la propaga1...'a, ma attraverso la compres– E-ione statale non pu6 non generare uno spirito di fronda che, se no!! si manifesta violentements come le rivolte per farne, cova per6 sotto la cenere e as– petta !e occasioni. Quando i saceròoti avessero gli stessi diritti e gli stessi doveri di tutt! gli altri cittadini, costituireb– bero si sempre un esercito, e un esercito nemico. ma lo armi per combatterlo non dovrebbero mai es– sere altra da quelle che egli stesso impiegherebbe. Saremmo ben inc_apaci se, a paritA di condizioni e di armi, non riuscissimo a vincere, colla nostra opera di propaganda e di cultura, un nemico a cui abbiamo apportali tanti colpi nell'epoca della sua potenza! Sinché €siste un cattolico. egli ha diritto ad avere la sua chiesa e a sentire la sua messa. La nostra bat– taglia non é contro i muri del tempio, ma contro i pregiudizi che si annidano nei cuori dei credenti. Torno a ripetere: distruggere le manifestazioni ma– teriali d'una relig:one é una vittoria spicciativa e facile, ma é solo apparente quando con quest'atto ci sono feriti nel cuore degli uomini dei sentimenti geJosi che s'tnapr'iscono si fanno angusti e pili set.tari sotto quella violenta eù esteriore soffocazio– ne. Avremo vinto davvero, sapremo davvero con certezza d'aver vinto, quando gli uomini guarderan– no le nostre magnifiche chiese italiane (dico nostre, dei credenti e dei non credenti perché sono un te– soro caro al cuore di tutti quelli che amano il bel– lo) collo stesso sentimento con cui noi poss:amo guardare ora il Partenone. Cert:.imente, posta su questo terreno, la lotta ri– chiedo un continuo sforzo interiore di superamento, richiedo all'esterno una preoccupazione incessante per elevare sempre più i! tono della propag1nda, per ~1largare i nostri orizzonti intellettuali. Biso· gna stare sempre all'er1,a perché la nostra tolleran– za libertaria non cada nell'indifferenza, nel rilas– samento, che sarebbe la nostra morte e la vita del nemico. Sara un lavoro pili. difficile, ma sarA il solo che possa efficacemente liberarci dalla grami– gna della superstizione, non tagliandola violente– ment: alla superficie, ma sradicandone con cura e cca ;ìazienza le piti minute ramificazioni. Per raggiungere questo scopo bisogna condurre per anni ed anni una lotta vigile e multiforme, sen– za trascurare i dettagli e senza lasciarsi sedurre dal comodo semplicismo dell'azione violenta, che sarebbe in questo campo pericolosissimo. Le misu– re immediate, rivoluzionarie, saranno evidenter.1~.:– te violente. l beni ecclesiastici saranno naturalmen– te espropriati come tutti gli altri e il mantenimento dei sacerdoti cesserà d'essere a carico della co– munita. :\1a quando si fosse giunti ad una condizione di completa uguaglianza nelle possibilitA e nei mez– zi di lotta, l'impiego della violenza contro una pro- 1,aganda che non ado1,era violenze sarebbe non so– lo umiliante ma anche dannoso, in quanto verrebbe ad essere, in fondo, un argomento a favore dei no– stri avversari. Distrutti i privilegi, dovrebbe comin– ciat'e- il lavoro giornaliero di propaganda e cli cultu– ra che si fa o d1Jvrebbe farsi ora negli altri paesi, colla differenza che esso sarebbe condotto a par!ta di condizioni col nemico. Se noi avremo una forte influenza nella vita italiana del periodo postrivolu– z!onario, dovremo far si che il lavoro per la clitfu– sione popolare della cultura sia condotto colla stes– sa energia che il lavoro per la conquista,,del pane
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy