Studi Sociali - anno I - n. 8 - 8 settembre 1930

condizioni delle premesEe marxiste, oppure, animato <ialla volonta e dal 'desiderio di approfittare della situazione rivoluzionaria, abbandona momentanea• mente le .premesse marxiste, rispondendo loro: "Com'é meccanica l'idea che essi hanno imparato a memoria nel corso dello sviluppo della, social-de– rnocrazia -dell'Europa Occi'dentale, secondo la quale noi non saremn10 ancora maturi per il socialismo in Russia, perché le premesse economiche obiettive del socialismo, come dicono questi sapienti signori, e.i mancherebbero. E a nessuno viene in mente di do- 1w1ndarsi: non potrebbe darsi che un popolo, tro– Yù!Hlosi in una situazione rivoluzionaria del genere di quella creata dalla guerra imperialista, in una situazione disperata e senza vie d'uscita, si decida a lanciarsi in una lotta che gli faccia _ intravedere qualchB possibilitlii. di realizzare delle condizioni J\uove in vista dello sviluppo ulteri-ore 'della civilta? Se la crea:done ùel socia1ismo esige un livello cti cultura determinato (benché nessuno sia capace di <!sfinire esattamente questo livello determinato) non potremmo noi cominciare per fare una rivoluzione onde acquistare le premesse di questo livello di cultura determinato e dopo, appoggiandoci sul po– tere degli operai e dei contadini e sull'organizzazio– ne dei Soviet, cominciare a raggiugere gli altri po– poli?.,. E se lo st"to 'disperato e senza via d'uscita degli operai e dei contadini, decuplando le loro for– ze, desse loro la possibilitR. di realizzare in manie– ra differente dei popoli dell'Europa occfdentale, a mew3 cli altre transazioni, le premesse fondamenta– li della nuova civilizzazione? In ché cosa questo ca,:nbierebbe la linea cli sviluppo generale della sto– ria universale?" Quanti sforzi teorici per conciliare le sue rinalitii. e le necessita della lotta rivoluzionaria con le dot– trine dd determinismo! Questi sforzi teorici .nella r,ratica si trasformarono nello snaturamento e nel– }(\ stroncamento della rivoluzione russa da parte del bolscevichi che, schiavi della teoria, vollero e vo– gliono, con la dittatura, che ,a rivoluzione si svi– luppi nei quadri dell'ideologia marxista. Nel 1917, ano scoppio della rivoluzione 'di marzo, Lenin prima di partire per la Russia. scrisse a de– gli amici che, dato lo stato pri•mitivo dell'industria, gli pareva che la Russia fosse un paese poco adat– to, se non inetto, per un'immediata trasformazione in senso socialista. Giunto in Russia trov6 il popolo in piena convulsione rivoluzionaria. Il governo com– posto ,Jalla democrazia liberale, dai menscevichi e dai sociallsti riV'Oluzionari (i popolisti di un tem– po) era debole, ma esisteva. ·Lenin comprese subito che senza un nuove, impulso rivoluzionario òel po– polo, i bolscevichi, quasi tutti profughi e con poco seguito fra le masse, sarebbero stati condannati ad esercitare un'infima influenza sul corso degli avve– nimenti, se non riuscivano a partecipare diretta– mente al governo. Nelle citta, nell'esercito e nelle campagne sorgevano e si moltiplicavano i soviets di operai, di soldati e di contadini. tentatiV! istintivi di autogovBrno delle •masse e perci6 in concorrenza e in opposizione al governo costituito per dominare le masse. Gii operni delle citm sopratutto spingeva– no la rivoluzione e tendevano a fare dei sovicts gli J;jtrnmenti delle pi(i ar'dite realizzazioni sociali. I contadini, stanchi cli attendere la poca o nessuna ,·olontii. del governo a dar loro la terra, procedevano. essi stessi alla espropriazione. I Eoldati che si erano associati e mescolati al popolo in rivolta per otte– nere la fine immediata della guerra, si rifiutavano <l1 restare in trincea; e il governo si- barcamenava fi',i gl'!mpegni con l'Intesa e l'esercito in piena de– c01nposizione. · "'\Non era dunque pili. il caso, per i bolscevichi, di parlare di acc-nrdi con la borghesia liberale, 1 .ma di appoggiarsi sugli elementi estremisti - socialisti rivoluzionari di sinistra e anarchici - per abbatte .. :·e l,a bOrghesia e i suoi alleati di governo, impadro· nirsi del potere e prendere le redini del -movimento. li''ormularono un programma pratico di attuazi·one im•mediata che incarnava le aspirazioni popolari e che trovava consenzienti tutti coloro che aspirava• 110 alla pace, alla liberta e allo sviluppo della rivo– luzione: "La pace immediata, la terra ai contadini, tutto il potere ai Soviets". Fu con· questa ,parola d'ordine che i bolscevichi si fecero strada fra le masse e misero le altre fraziovi rivoluzionarie nella ccndizione di doverli appoggiare. Non potevano cer– tamente i socia.listi•· rivoluzionari sinceri e ,gli anar– chici essere contro la cessazione della guerra e il dar la terra a chi la lavora. Non potevano certamente essere gli anarchici ad ,pporsi a che tutto il -potere passasse ai- Soviets, i inali rappresentavano il princi!iio dell'autogoverno del1a collettivita dei produttori, e venivano conside– rati dagli e,narchici come organismi di .transazione per arrivare al cO'munismo anarchico. Eppoi .i bol– scevichi furono abili. Parlavano si di dittatura, ma di una dittatura del proletariato, esercitata attre.– v€rso i soviets, una cosa provvisoria, una dura ne~ cessita per schiacciare definitivamente 1a borghe– sia. I bolsce'vichi erano pur essi c-omuniati (in se· guito assunsero in fatti questo nome) ; accettava– no la formula socialdemocratica: "A ciascuno se– cC'ndo il suo lavoro", ma era un'ingiustizia, un'in– giustizia provvisoria; ·essi erano per la formula de• gli anarchi"ci: "Da ciascuno secondo le sue capaci– ta e a ciascuno secondo i suoi bis-ogni''. "Stato e Rivoluzione", scritto da Lenin alla vigi– lia della rivoluzioP.e d'ottobre é un ''vieni meco" èei bolscevichi agli anarchici, é la riproduzione della parola d'ordine del •partito bolcevico di quel tem. po. "Noi non dissentiamo dagli anarchici - scrive'. BibliotecaGino Bianco STUDI SOCIALI va infatti Lenin nel libro sopra citato - su la qiicstione dell'ab-olizione dello Stato, cÒme punto di vista finale; per6 noi altri sosteniamo che per arri– vare a questo punto do!Jbiamo momentaneamente oervirc.i dei meto<!,i dello 'Stato contro gli sfruttato– ri, all<> stesso modo che la dittatura te:npor_;mea delle classi oppresse é necessaria per la soppressto– nc di tutte le classi. Marx sceglie il modo piii chia– ro e acuto per spiegare la sua posizione .contro gli anarchici. Liberati dal giogo capitalista dovrebbero i lavoratori deporre le armi, oppure impiegarle con– tro i capitalisti a fin di rompere la loro resistenza? E l'i111piego sistematico çlelle armi di una classe contt10 un'altra, cosa significa se non una forma transitoria dello Stato?" Per Lenin, e anche per Marx che Lenin interpreta nella maniera piii. . . libertaria, la Comune di Pa– rigi era un esempio pratico di ci6 che si doveva in– tendere per dittatura del proletariato. E la Comune di Parigi .non era forse animata 'da un potente s01- fi:ù umanitario e liberatore? Non venne sempre con• siderata, a cominciare da Bakounin, come un ten• tativo di organizzazione sociale dal basso jn alto In senso federalista e libertario? E' vero che le due parole "dittatura" e "proletariato" sono due te~nll• nl contradittori e inconciliabili, in quanto "dittatu– ra" é il potere despotico di una persona e di un gruppo di persone sul resto <lella collettivita; men– tre "pr<>letariato" indica la categoria di nullatenen– ti, vale a dire della stragrande maggioranza della collettività; quindi, la "dittatura del proletariato" sarebbe la dittatura della stragrande maggioranza. e cioé· non sarebbe più dittatura. Ma queste 'distin– zioni parevano oziose di fronte all'incalzare degli :wvenimenti. In sostanza, il potere al Soviets di ope– rai, di soldati e di contadini era l'autogoverno, il , •meno stato"; non era un potere statico e fisso, ma un'organizzazione mobile e flessibile. emanazio– ::1e diretta delle masse, capace 'di evolversi e di trasformarsi con l'evolversi e con il trasformarsi delle masse stesse. Fu cosi che fino alle i,:iornate d'ottobre e un ,po' anche <lopo, gli anarcblci appoggiarono I bolscevi– chi, spesso si confusero con essi, e se questi non aYessero pratica.mente soppresso i Soviets, senza c)ubbio gli anarchici avrebbero continuato a farne parte. Non solo questo, ma i Soviets sarebbero riu– sciti a raggruppare tutte le forze di progresso d'a– vauguardia de1la Russia rivoluzionaria, la Iivolu– zione r..vrebbe continuato la sua marcia e forse si sarebbe estesa agli altri paesi. Ma i bolscevichi, porta'!i alla testa 'della rivolu– zione dagli avvenimenti d'ottobre, sl accorsero che, per le ragioni sopra esposte, il regime soviettista mal si prestava alla dominazione del loro partito, a.I:~ formazione di uno Stato forte e centralizzato ifuale t=-ra sn~nato da essi. Del resto l'entusiasmo dei bolscevichi oe,· i Soviets era più apparente che rea– le. Gi~ ueJ J 9~5 PSSi restarono indifferenti alla for– •mazi'O·ne dP.i roviPt~.; Lenin vi fu ostile, secondo rife– risce Zinovid. Nel 1917 Lenin nutriva scarsa fiduci.a nei Soviets e di fronte alle difficoltà di conquistarli, egli fn su] punte di cambiar par·ola ò 'nrèin~ affac. ciando l'idea che l bol6cevtchl ernll') rllrne "n~lla t!ecessit8. di assumere il potere ::,en~;acontare sul SÒviets'', I bolscevichi hanno in realta lanciato la parola d'ordine di passar "tutto il potere ai Soviets'', ~urne ~ vevan lanciata l'altra "la terra ai contadini" (il programma dei socialisti rivoluzionari) che ,puro ·ave.van0 combattuto per decenni, perché queste era– no le profonde aspirazioni delle masse, ed era quin– di l'Ìrnico· mezzo per poter farsi strada fra di· esse. Ma una volta arrivati, la preoccupa:done principale dei bolsceviéhi fu di svuotare i Soviets di ogni loro funzione ·e di esercitare la loro dittatura attraverso 1ma burocrazia fortemente centralizzata e al servi– zio déi capi Co•munisti, sicché Lenin poteva affer– ·mare qualche tempo dopo che ' 1 ogni questione im– portante sia d'ordine politico, sia riguardante l'or~ ganizzacione, non 6 decisa dagli organi statali della ·r,cstra repubblica senza cb·e norme 'direttrici siano emanate dal comitato centrale del partito." Il blocco dell'Intesa, i pericoli ,della controrivolu– zione, le armate 1nercenarie della reazione e una serie di <lifficolta favorirono i loro disegni, Dappri– ma fu con la riorganizzazione dell'esercito e della polizia che venne ristabilita la "disciplina dall'alto, .mettendovi alla testa uomini di assoluta fiducia del partito comuniEta; poi seguirono le a !tre branche òell'attivita sociale. Padroni dell'esercito e di una burocrazia servile, i comunisti pretesero realizzare la socializzazione della .t,,rra, delle officine e dei trasporti dall'alto, con çle· creti fatti eseguire "manu militari''. Fu un disastro. Vi furono rivolte di contadini sanguinosamente re– presse. I èontadini vinti, risposero rifiutando di col– tivare la terra in più di quella necessaria al soddi– sfacimento ·dei loro bisogni. Le città e l'esercito fu– ·rono. affamati. Le requisizioni e le brutalita dell'e– sercito scavarono un solco profondo ·che esiste tut· t'ora fra campagna e cltta. Materialisti nel senso più gretto della parola, ·capi ·comunisti pretesero imporre i metòdi <li pro– ·duzione scie.ntfficamente pil avanzati, sènza tener conto della mentalità e della preparazione psicolo– gica di coloro che .questi metodi 'dovevano pratica– re. ·Pretesero introdurre dall'alto il sistema Taylor, di ·razionalizzare· la: produzione, ma commisero l'er– ·rore psicologtcb ·fondamentale di Taylor, il quale in nome della ragione e della- scienza preten·deva im– porre, senza dis-cussione,) i· suoi sistè•mi di produzlo– ·ne, Gli industriali del d<ipo guerra oompresero ques- 5 to errore e cercarono in vario modo di avere la col– laborazione 'degli operai, sia individuale che collet– tiva. Umin e i capi comunisti rimasero indietro de– gli industriali moderni e, come Taylor, con!lderano i .lavoratori come pezzi complementari di una mac• china, come materiale delle loro speculazioni scie,n– tifiche. Torquato GOBBI. ·(Continua) LaPremeditazione nella Rivolta e nell'Azione Ho gia detto altra volta che gli avvenimenti sem– pre più incalzanti impongono ai rivoluzionari, nella lotta, non solo di "colpire forte" ma anche di "mi– rare giusto". Dessa é una necessita anche maggiore per gli anarchici, ai quali non é sufficiente provoca– re una situazione tumultuosa o di battaglia, nella quale basta avere a un certo istante il sopravvento per poi imporre per forza agli altri la propria VO• lontà, assumendo il potere. Gli ·anarchici che vogliono bensi liberare sé stessi e gli altri, ma non imporre agli altri un proprio siste,na, per essere seguiti han bisogno di persuade– re; occorre quindi che, non solo le loro parole, ma anche i loro colpi, quando scendono sul terreno del– l'azione, siano "persuasivi", attraggano cioé la sim• patia popolare, diano il buon esempio della rivolta cosciente, parlino coi fatti un linguaggio compren– sibilmente anarchico, cioé rivoluzionario ed umano nel medesimo tempo. Subordinata,:nente, ma non meno necessariamente, essi debbono preoccuparsi dei possibili risultati dei loro colpi, non solo <le! loro effetto sentimentale o (per dir cosi) estetico, ma anche e sopratutto delle loro ripercussioni e conse– guenze prevedibili in rapporto alla causa per cui si combatte ed al movimento nel quale si milita. Tutto ci6, s'intende, nella misura ragionevole e de1 .possibile. Non si pu6 esigere dall'uomo di azio– ne ch'ei sia un profeta e preveda tutti gli erfetti dei suoi atti. M.a é anche vero che molti effetti so– no facilmente prerndibili, alcuni addirittura come inevitabili; e di esei bisogna tenere il dovuto conto preventivamente, perché resti sempre un certo rap– porto fra l danni inevitabili ed i vantaggi sperati, e 'questo rapporto non si risolva, per quanto é pos– sibile prevederlo, in troppo grave perdita o in un disastro addirittura. Insomma, l'importante é che si pensi seriamente a quello che si fa, che si pre– mediti coscienziosamente la propria azione. Anche cosi, certo, la ciambella pu6 riuscire senza buco, il colpo pu6 far cilecca o aver conseguenze impreve– dute e cattive; ma le probabilità di sbagliare saran– n() sempre minori che se si fosse agito con la testa nel sacco, ed in ogni caso sara più e-vidente la pu– rezza delle intenzioni, e in mancanza di un buon risultato materiale se ne avra almeno uno buono morale. Io ricol'do che una 'volta, ragionando con un ,ot– timo compagno sopra un fatt·o determinato, -di- cui gli dicevo la irragionevolezza ed i danni, mi sentii rispondere: "Tutto ci6 é vero, ma é sempre meglio questo che niente". Nel caso particolare egli aveva grave torto; ma anche in linea generale si avrebbe torto a farsi guidare da una tale 1,11assima,benché vi possano essere dei casi in cui obiettivamente an– che una azione quB.lsiasi, magari dannosa, sia pre– feribile alla morta gora del "-dolce far niente". ·Uno cli questi casi eccezionali fu, per esempio, lo .,sciope– lo generale antifascista che si fece in Italia sulla fine di luglio del 1922. Indubbiamente quello scio– pero ebbe conseguenze immediate e mediate disa– slrose; e tali conseguenze le si potevano facilmen– te preveder~. e ~m')lti le previdero che pure furono favorevoli alla proclamazione dello sciopero. Ma questo era imposto dalle piii imperiose circostanze, in modo da non potervi volontariamente sfuggire ;cnza disonore e forse senza altrettanto danno. 1''u il gioco disperato di un'ultima carta, su cui era ormai difficilissimo o quasi impossibile vincere, •ma che era l'unica carta disponibile di,•un gioco terri– bile gia in corso ed al quale non si poteva sfuggire. Ma l'eccezione non é la regola, né pu6 costituire una norma: Le eccezioni, poi, appunto perché tali, sono imprevedibili. Qui io mi occupo invece 'di ci6 che é prevedibile, per esaminare alla luce delle no– stre idee ed in vista delle necessita generali pre– senti agli occhi di tutti, quale sia la norma di con– dotta migliore perché, nei limiti del possibile. si faccia ci6 che é buono ed utile e si eviti l'errore. Ora, l'errore (volontario, si capisce) non é mai ''me– gHo" ·del non-errore, anche se questo non-erro·re si risolva in non far nulla. Meglio é non .far nulla che fare il male; evitare un male é gia un ·modo positi– vo di fare bene. Niun affamato, per esempio, direbbe . ragionevolmente che é 1 \11.eglio" ingoiare un veleno che restar senza 1nangiare, a meno ch'egli non vo– glia suicidarsi. Per6 la ipotesi che non ci &ia via di mezzo tra il far male e il non far nulla pu6 avverarsi solo pèr gli uomini senza 'volonta e senza spirito di sacrifi– cio. Gli uomini di buona volonta, con idee decise, disposti ad affrontare ogni rischio ed ogni sacrtri– cio, sànno evitare tanto l'azione catti va qu anto l'i– nerzia, e trovano sempre una via per agi.re coeren– lernente, proficuamente, giustamente e. se o ccorre, eroicamente. Ed io pàrlo qui, esplicando una funzio-

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