Studi Sociali - anno I - n. 8 - 8 settembre 1930

4 Grazie a una -tale divisione, ,gli inglesi han potuto dominare quel vasto popolo quasi Indisturbati, sfrut– tarlo, dissanguarlo, facendone ùna vittima della sua stessa eccessiva splritualita. Era inevitabile che il risorgimento ind"iano prendesse le mosse da questa spiritualita, per lniziare·ìJ suo corso non con un pro– gramma meramente politico ma con un contenuto re– ligioso e sociale tendente ili-nanzi tutto a riformare se stesso. L'opera del precursori ne Indica chiaramente I,; svolglménto fin dall'inizio. . Tutti i grandi movimenti d'ordine religioso, so– ciale, intelletfiialè;" scientifico, ecc., han.Ìlo i loro pre– cursori ed Idealisti,. coloro che concepiscono l'idea di ùna trasformazione prossima o lontana e sono I pri– mi a cominciare il lavoro. Non ,Si pu6 concepire l'e– sistenza del Cristianesimo senza tener presenti Gesii e gli apostoli, come non si pu6 pensare alla Rivolu– zione francese senza risalire a Diderot, Voltaire o Rousseau; e alla Rivoluzione russa senza ricordare la schiera di coloro che sorridendo con le proprie mani si ponevano al collo ìJ laccio della forca da circa un secolo· prima:-'"La rivolwì'ione indiana ·ha avuto an– ch'-essa i suoi precursori, non solo religiosi ma anchP sociali. "La religione non é per i ventri vuoti" diceva Ramakrishna ai suoi discepoli; e Vivekananda, fede– le depositario del pensiero di quegli, suo maestro, grid6 in faccia al mondo: "Finché nel mio paese un sol cane sara Fenza cibo, nutrirlo sara tutta Ja mia religione". Salvatore CORTESE. (La fine al prossimo nuniero). Problemi della Rivoluzione Le "Alleanze" ellaRivoluzione I Ogni periodo rivoluzionario pone suJ tappeto. non solo per noi anarchici, ma par tutti i rivoluzionari!, la questione delle "alleanze" 0 delle "intese" per as– sicurare Io sviluppo ed il buon esito della rlvoluzlo• ne che si· vuole O si é iniziata. Nessun partito, nes- 1fun aggruppamento rivoluzionario potrebbe infatti inoltrarsi da solo sulla via della rivoluzione senza correre Il rischio di venire quasi immediatamente ,;chiacclato dalle forze contro-rivoluzionarie che nùn mancheranno di coalizzarsi. Nessuna collettivita o partito da solo possiede tante forze materiali ed intel– lettuali, che gli permettano di pigliarsi la responsabi– lita non solo di iniziare ma di tracciare la via della rivoluzione e condurre le grandi masse senza l'ausilio delle altre forze rivoluzionarle e degli uomini che Ja,. vorano fuori della sua sfera particolare ma che pure lottano e lavorano per la rivoluzione. Sotto certi aspetti la Rivoluzione Russa e Il mono– polio assuntone dal partito comunista parrebbe smen– tire questa mia affermazione; pure, é sufficiente esa– minare cen calma e precisione i fatti e Je cose succe– dute in Russia, perché immediatamente ci si convinca. che il partito comunista, non solo per vincere si era all'inizio alleato anche a forze a lui estranee (socia– listi rivoluzionari di sinistra, anarchici, ecc.) ma con l'assumere dopo la vittoria, esso solo, con esclusione degli altri, Il monopolio della rivoluzione ha spinto questa in un vicolo cieco, al punto d'e~ser costretto a ritornare sui propri passi, ristabilendo gran nume– ro di quel privilegi ch'erano stati djstruttl in un primo tempo, quando cioé alla rivoluzione collabora– :vano tutti gli elementi rivoluzionari. La questione delle alleanze si pone indistintamente per tutti i partiti e forze rivoluzionarle, anche per _quelli che si pretendono e si dicono plii forti, creden– do di avere con sé la "maggioranza delle masse". Per6 la questione non sta nella necessita o meno di concludere alleanze o Intese. ma nel far si che queste non siano catene che possano "a priori" legare Il mo– 'vimento nascituro e spezzare lo slancio delle masse scese In lotta. lndubbiamente ogni partito, ogni aggruppamento cercb.era di trarre da queste alleanze di un momento di necessita, Il massimo di beneficio per sé e Ja pro· pria azione, magari anche con l'idea di presto e de– finitivamente sbarazzarsi di tutti gli alleati che pos– sano essergli d'imbarazzo e divenire pretendenti peri– colosi o avversari capaci, non appena il suo poture sembri sufficientemente solidificato. I vari! avveni– menti di questi ultimi anni cl hanno insegnato molto, sopratutto come certe promesse valgano poco e si ,debba tenere un conto assai relativo delle parole dato aa partiti a cui tutti i mezzi son buoni per raggiun– gere il loro fine: la presa del potere. Ma questo non toglie che, necessita facendo legge, almeno In un pri– mo. momento questa unione di forze rivoluzionarie possa permettere la riuscita ed una piii grande esten– ·sione di un movimento rivoluzionario Ammesso, in principio, la. posslb!lita: e necessita di contrarre alleanze, si pone una seconda questione che si potrebbe concretizzare cosi: "Sono davvero tutte le a.lleanze necessarie od utili, e su quali basi si pos– sono contrarre, quando lo sono?" Per quanto riguarda plii pa.rtlcolarmente noi anar– chici, se guardiamo indietro ed osserviamo la parte .da noi avuta nei vari tentativi di alleanze rivoluzio– narle e di azioni suscitate da queste, vediamo come, benché non rappresentassimo sempre una forza tra– scurabile, non vl fumm\l cile semplici appendici di BibliotecaGino Bianco S'l'UDI SOCIALI altri movimenti, sempre impossibilitati a dare una. caratteristica libertaria al movjmento cui partecipa– vamo, benché vi apportassimo purtantò tutto l'entu· siasmo e l'ardore di cui eravamo capaci. E neppure slamo sempre riusciti a creare almeno quella atmo– sfera indispensabile ad un lavoro In comune con altre fotze, una atmosfera cioé respirabile per tutti, per determinare una situazione in cui fosse possibile a tutti i rivoluzionari di lavorare e lottare senza che nessuno fosse obbligato nell'azione a pòrsi In contra– eto con le proprie idee fondamentali. Se guardiamo bene, costateremo che noi fummo sempr,:, e soltanto le vittime: vittime sopratutto della nostra lngenuita piii ancora che del malvolere o della scaltrezza de– gli "alleati" di un momento. Le ragioni di tutto cl6 si devono quindi e sopratutto 1·icercare in noi stessi e nel nostro movimento. Una di tali ragioni, per .cui fino ad oggi fu plii !acile Illu– derci O giocarci, sta nel fatto che gli altri conoscono bene la nostra abnegazlon6, il nostro entusiasmo e l'abitudine di considerarci le "sentinelle sperdute del– la rivoluzione", le avanguardie che aprono il cammino verso la llberta, ma che non cercano nell'opera pro– pria che sacrificio e la gioia del martirio; e ce ne siamo contentati. Invece, noi dobbiamo volere, si, combattere e sacrificarci, ma anche proporci grandi realizzazioni, certo altrettanto importanti delJ'opera di distruzione che possiamo aver comune con altre forze o partiti. Noi vogliamo fare la. rivoluzione, non pel solo piacere di farla, ma perché essa sola cl p\16 aprire la strada verso la realizzazione del nostro idea– lu: l'anarchia. Essendo noi rivoluzionari, Intendiamo partecipare' all'azione rivoluzionarla e al suo trionfo, ma per di6 non slamo forzatamente e solo il "battaglione della morte" che altra speranza non ha che quella di mo– rire, sia pure eroicamente, ma soltanto di morire. Noi vogliamo anche realizzare, noi vogliamo anche vivere: creare una nuova vita sociale ed umana, ra– gione prima del nostro stesso rivoluzionarismo. II falso concetto di ritenerci puramente le "senti– nelle sperdute" della rivoluzione, ha fatto si che In quasi tutti I movimenti d<>lpassato - prossimi o lon– tani - noi fummo inconsciamente per dir cosi i tac· chini dei partiti rivoluzionari a noi avversi, del vari! partiti autoritari; i quali, grazie alla nostra abnega– zone, con facilita potettero e seppero usare a loro solo profitto dell'opera nostra, per poi magari batterci quando non fummo loro piii utili. II problema delle "alleanze", benché abbia lnteres-! sato e piii di una volta andhe diviso Il nostro· campo, non tu mai posto con precisione; cosi che quasi sem– pre, al presentarsi di una nuova esperienza, travolt! dall'entusiasmo e da rinnovate Illusioni, si é andati a caso, Impegnandoci senza garanzie né serleta e pro, vocando piii danno che bene al nostro movimento. Tutto si é limitato, quasi sempre, a che i nostri s'im– pegnassero a entrare In azione e fossero loro riserbati ipostl piii difficili e pericolosi: Il che, del res!o, era loro concesso sempre con piacere; si capisce. Quel(ljo, in linea generale. In casi particolari, poi, qualche vpl· ta gli anarchici non rappresentarono altro che la so– lita zampa del gatto che cava dal fuoco la castagna, perché altri se la mangino; essendo ben dhlaro anche in antecedenza che, qualunque potesse essere il risul– tato, questo era ben lontano dal favorire I nostri scopi o dal favorire almeno la diffusione delle nostre idee. E' avvenuto perfino, In qualche caso, che se del compagni rifiutavano di associarsi a un· movimento a base d'alleanze, - o perché lo vedessero destinato all'Insuccesso o sboccante In senso opposto a quel~o voluto e necessario, o perché I suoi elementi appari– vano visibilmente Inferiori al loro compito o peg– gio, - altri compagni ne fecero; argomento di scan– dalo e perfino di accuse di tradimento! Tale menta– lita ha contribuito non poco ad abbassare Il morale del nostro mo,-amento e a danneggiare non solo que– sto ma tutto Il movimento rlvolÙzlonarlo, annullando il frutto di tanti sacrl!icl e di tante attivlta profuse a piene mani. · Da tutte queste considerazioni risulta chiaro che, se necessita esiste di venire In dati momenti e per particolari questioni ad alleanze od unioni, cl6 deve e,,ser fatto con db.larezza, in maniera da non prestarsi ad equivoci di sorta. V'é necessita, in tali contingen– ze, di ben discutere ed analizzare, frà noi anarchici prima che con gli altri, caso per caso tutte le possl– bilita eh<>ci si possono presentare, e decidersi a ra– gion veduta secondo tali possiblllta. Perché, se é ne– cessario In dati momenti unirsi agli altri, questo non pu6 costituire per6 una regola permanente del nostro movimento. Non possiamo essere per tutte le alleanze, né essere sempre degli alleati, perché dobbiamo saperci creare e sopratutto mantenerci una flsonomla nostra tutta particolare e ben accentuata, fuori di ogni falsa posl– z.ionu od atteggiamento, se si vuole che la. nqstra azione non sia piii .tardi sminuita, prégludicàta o compromessa dalla attitudine assunta In precedenza. Noi dobbiamo, secondo le evenienze, l'Importanza de– gli avY/enimentl e la gravita del momento, regolarci al lume delle nostre idee e precisare in base a queste la, nostra situazione e la nostra azione. Non é sempre e solo gettandosi a eapofltt,, In tutti i movimenti di rivolta organizzati dal vari! partiti idi "opposizione" che si favorisce l'avanzare della vera rivoluzlòne, quella cloé che deve veramente liberarci liberando tutti, senza portare al potere una nuova ca,. sta, un'altr11, sett11, Q p11,1tlto 1 Il cui scopo non si rl- durra ch,e·a mantenersi al potere, una volta conqui– statolo, con tutti I mezzi. Quando la necessita si 'Impone, e gli avvenimenti ci dimostrano J'utlllta· di venire a temporanee intese con altre forze o pàrtltl, in tale evenienza noi dob· biamo saper porre le nostrè condizioni, non dare nulla per nulla, e regolarci anco secondo l'attitudine a'.trul, per non essere giuocatl. Dobbiamo anzitutto esigere e metterci In grado di 'usare della indispensa· bile ·nostra llberta di movimèhto, come pure di una liberta sufficiente di esperimentazlone in seguito, sen– za di cui ogni ulteriore p~ogresso sarebbe arrestato. La vita stessa della rivoluzione sarebbe messa In \ pericolo dalla soppressione della llberta, e sarebbe reso impossibile ogni avanzamento su!Ja via di con– quiste sociali. Se non ci cura.Bsimo, se rinunciassimo an~h.e a questo minimo di autonomia e di llberta solo per Ja smania di "fare"; per la fretta di "mt'!lar le mani", ci renderemmo colpevoli altrettanto che 'i nemici della rivoluzione; cl renderemmo complici del– lo stesso lavoro controrivoluzionario svolto da quei numerosi sedicenti "rivoluzionari" pel quali tutta la questione si riduce a Impadronirsi del potere e nien– t'altro. La posizione di questi ultimi non potrebbe essere Ja nostra. Noi non vogliamo conquistare alcun potere, ma solo liberarci e liberare le masse dal potere al– trui, e garantire alla collettivlta lavoratrice la pos– sibillta di associarsi a suo modo, di realizzare l'a– spirazione ad una socleta meglio organizzata politi– camente ed economicamente; nella quale la schiavltii economica e politica non possa esistere né riprodursi, ma dove Invece Il libero sviluppo. delle Iniziative in· divlduali e collettive possa, In tutti. i campi, assicu– rare un massimo di !lberta e di benessere a tutti, e da eur sopratutto la violenza del gendarme e del giudice, resa completamente jnutlle, sia completa– mente bandita. HUGO TRENI. Il Determinismo e la QuestioneSociale (Oo11tinuarione; vedi nu,neri preceàenti) Lt'llin cosl formulava la sua legge fondamentale della Rivoluzione: "Una rivoluzione pu6 riuscire so– le.mente quando le masse ne abbiano abbastanza del· l'antico regime e che i governanti siano Incapaci di go,'ernare come prima. In altri termini: la rivolu– zione é impossibile senza una crisi nazi onale gen e– ralizzata che colpisca nello stesso 'tempo sfrutta.ti e sfruttatori". - · - Questa· formula é ben lontana da quella enunciata do. Marx, préttamenfè aeierminata, che noi abbiamo gia riferito, secondo la quale "nessuna formazione sociale sparisce: . . èèc";• ecc.". Mentre per Lenin basta che una crisi qualunque provochi malcontento .,e sfiducia insopportabili tra le masse e che i governanti siano Incapaci di supera– re la crisi, perclie la rivoluzione abbia la possibllita di trionfare, per Marx la rivoluzione scaturira, si; da una crisi, =- "da una guerra universale dove le na. zionl si troveranno di fronten .:... precisa egli, - ma (!Uesta crisi sara una crisi di crescenza e di supera– mento del111forze di produzione dell'antico regime o ''la soluzione no·n potra intervenire che nel mo– mento In cui, gr;tzie a una guerra internazionale, Il proletariato si trovera alla testa della nazione che regna sul mercato mondiale, alla testa dell'Inghll· terra (oggi direbbe: alla testa degli Stati Uniti <l'America). Trovando In questa non il suo fll\f ma il suo principio e la sua oi,ganlzzazlone Ja rivoluzione ana In sé la forza necessaria pér seguire il proprio corso"'. Ora la storia degli ultimi 50 anni e specialmente la guerra mondiale e le sue immediate conseguenzo -cl hanno dimostrato che la rivoluzione non solo non é scoppiata nel paesi vincitori, ma che anche nel 1·aesl vinti; dove la rivoluzione é scoppiata, essa ha Intaccato - o meglio ha tentato <I 'Intaccare - le basi del regime -borghese, non In Germania, dove I mezzi di produzlon., erano pld sviluppati e dove Il proletariato e Il socialismo sembravano alla testa del movimento socialista mondiale, ma in Russf.r,, uno tlel paesi plii retrogradi d'Europa. Né cl si venga a ripetere Il solito rltorneUo ct,e in Germania I socialisti hanno tradito la rivoluzio– ne, -perché se la crisi• di crescenza dei capitalismo, In• sieme a conflitti, determinasse fatalmente, éome pretendono Marx e suoi seguaci, la coscienza socia– lista,. e la forza rivoluzionaria, In Germania la ri– voluzione si sarebbe egualmente sviluppata malgra– do l'lnfiuenza, gli Intrighi e I maneggi di politican– ti e di traditori. E' logico Invece che la cri~! mon– diale prodotta dalla guerra abbia creata una situa– zione rivoluzionarla, fatta dalla disperazione, nel popoli che, plii retrogradi, avevano meno posslblllta per resistere alla crisi st~sa. E questo é Il caso 'della Russia. Al menscevichi, al socialisti marxisti che conte– stavano a Lenin la posslbillta della rivoluzione so– ciale In Rnssla, dai punto di vista marxista, egli cercava di rispondere loro mettendo fuori la teoria sec,,ndo la quale Il caplt.allsmo, giunto al suò mas– simo sviluppo, procede a sbalzi e quln<II giustifica ·marxlstlcamente lo scoppio della rivoluzione socia.– lo in paesi nel quali apparentemente mancano le

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