Lo Stato Moderno - anno IV - n.24 - 20 dicembre 1947

550 LO tiTATO. MODERNO regnava la sovranità italiana. Si tratterebbe di una speranza illusoria per molti motivi; male si costrui– sce una politica sulla nostalgia di un passato irripe– tibile, e questo non perchè l'Italia non possa e non debba tendere ad aumentare il suo prestigio inter– nazionale, ·ma perchè il sistema stesso delle colonie è ormai piuttosto alle spalle che non in faccia alla storia dell'Europa. E poi è tutt'altro che certo che un atteggiamento filo-arabo, in evidente funzione di captatio benevolentiae, sortirebbe l'effetto sperato, poichè vasto profondo e inarrestabile appare ormai il moto nazionalistico arabo, e - a parte la sua inat– tuabilità per altri versi - non sembrerebbe saggio mettere oggi il dito in un ingranaggio tanto perico- 1000, anche per potenze che la guerra hanno vinto e vantanr, illustri e feconde tradizioni colonialistiche. E' dunque con occhi nuovi che i politici italiani debbono guardare al fatto nuovissimo. La costituzio– ne dello Stato Ebraico può essere un dato positivo agli effetti di un ritorno efficiente dell'Italia nella vita internazionale, a patto che l'occasione sia affer– rata con tempestività e decisione. Ci sono rapporti economici e culturali da creare, basi di mercato ver– so il vicino Oriente da assicurarci, influenza da gua– dagnare. Né si giuochi sull'eternità di un conflitto arabo-ebraico. Questo, inevitabile in un primo mo– mento, si andrà spegnendo col CO'IlSOlidarsiprogres– sivo della situazione, e anche a Tel Aviv si potranno trovare chiavi per certi rapporti con gli arabi. Ma, ripetiamo, la creazione di un nuovo Stato nel Mediterraneo, va soprattutto guardata in funzio– ne dell'evidente aumento di importanza di questo mare, vecchio e carico di storia, nel quadro delle nuove relaz'.oni internazionali, delle loro prospetti– ve e dei loro prevedibili sviluppi. Di tutta evidenza è il rinnovato interesse della politica americana per questo settore. Sono note le posizioni che essa difende in Spagna e in Grecia; ad esse si aggiunge ora la recentissima dichiarazione di Truman, secondo cui • se, nel corso degli eventi, ap– parisse che l'indipendenza dell'Italia, su cui il trat– tato (di pace) si basa, fosse minacciata direttamente o :l!lldirettamente, ~li Stati Uniti, in qualità di fir– matari del trattato di pace e di membri delle Na– zioni Unite, sarebbero costretti a considerare le mi– sure più adatte per il mantenimento della pace e della sicurezza ,.. In questa secca dichiarazione, può sembrare a qualcuno non ci sia che una sola ridondanza: quella dell'inciso « in qualità di firmatari ecc. »; in realtà è chiaro che la difesa del trattato, come di tutte le situazioni giuri<lii.che, non può non essere elastica, e cioè in relazione alla importanza sostanziale del pe– ricolo risentito da una sua violazione. Con questa di– 'chiaraz'orre pare a noi che gli Stati Uniti abbiano inteso dicharare che una eventuale violazione della indipendenza italiana verrebbe da loro considerata non solo come un'infrangimento di patti concordati, ma anche come un'offesa diretta e sostanziale ai lo– ro interessi. 1b foteo e , o ' Questa dichiarazione di Truman si presta ad im- portanti sottolineature sia in sede internazionale, sia in sede di politica estera italiana. In sede internazionale essa sembra accentuare una nota di pessimismo; mentre la conferenza di Londra non è riuscita a disincagliarsi da una delle sec– che offerte dal problema tedesco, e certo non dalla più grave, e cioè da quella delle riparazioni a cui è tenuta la Germania, la dichiarazione americana &ul– l'Italia sposta improvvisamente l'accento sul Medi– terraneo, in una forma che non è di buon augurio a chi ricordi il precedente polacco. Eppure, nella fa– se a cui son giunti i rapporti internazionali, e tenuto conto della diversa maturità politica della classe di– rigente russa e di quella hitleriana, potrebbe anche darsi che una precisa manifestazione da parte 'ame– ricana dei limiti che si ritengono vitali, sia giove~ vole agli effetti di una più sicura reciproca cono– noscenza, e quindi di un accordò più sincero. Resta il problema della nostra politica estera, o meglio, della incapacità finora dimostrata dalla no– stra classe dirigente ad insèrirsi nel vivo della si– tuazione internazionale. Se· c'è una cosa spiacevole nella dichiarazione americana, non è nella sostanza; essa non è che la formulazione di uno stato di fatto, e nessuno ci gua– dagna - tanto meno la pace - dall'abbandonare nella nebbia delle buone parole una realtà dramma– tica. La cosa spiacevole consiste piuttosto nella sua unilateralità, per cui l'Italia appare non un Stato che negozia su un complesso di garanzie e di questioni politiche, nella sua piena potestà giuridica e in quel– la potestà politica che le circostanze consentono (co– m'è sempre accaduto e sempre accadrà in tutte le negoziazioni internaziona,li), bensi come uno Stato b cui volontà non interviene nella determinazione e nella scelta del proprio destino. Ma qui è probabile che la responsabilità, più che dei fatti o della altrui volontà, sia nella mani– resta incapacità che gli uomilni politici italiani ·han· no sempre dimostrato anche, e specialmente, per le cose di politica estera. Se essi, invece di farsi trasci– nare e rimorchiare da una situazione che era già çhiarissima alla fine della guerra, avessero preso coraggiosamente atto della realtà del nuovo mondo internazionale, ed avessero operato con tempestivi– tà e chiarezza quella « scelta » che si invocava da queste colonne oltre un anno e mezzo fa, noi appa– riremmo oggi come gli artefici della nostra sorte, e non come succubi di cose troppo più grandi di noi. Troppi fra noi pensano ancora di poter costrui– re una politica estera sulle bubbole di inesistenti « internazionali » socialiste, o su nostalgici solidari– smi mazziniani, quando non si pensi agli in;teressi mondani di Enti che si richamano a motivi oltre– mondani. E' di pochi giorni fa un articolo quasi uf– ficiale di un socialista lavoratore che è la enne~ma prova della cecità socialista in materia inter:naziona– le. Basta dire che in tale articolo si gabellava come « coraggiosa e socialista ,. (si tratta di aggettivi au-

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