Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 9 - 15 maggio 1901

lì2 ll:VJSTA POPùLARE Di POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI impreparata com'era alla lotta. Vero é che seppe per le prospere condizioni economiche, in cui trovavasi e trovasi, scongiurare una caduta completa; ma da quel disastro non si è, militarmente, più rialzata; anzi il suo esercito, nella condotta dei suoi capi, che sono queJli che lo rappresentano, manifesta d'essere in miserrimo stato; e tale apparve or. ora al mondo intero nell'affare Dre_yfus. Anche l'Italia, appena dopo d'essersi gloriosamente costituita a nazione. volle coi suoi armamenti mostrar d'essere una grande potenza; e volle avere un'espansione coloniale. ìVIa il rapido formarsi della nazione, sotto le apparenze d'una vigorosa giovanezza, nascondeva una precoce decadenza, che la guerra con l'Abissinia apertamente dimostrò; e non per la, subita sconfitta, ma per il difetto cli resistenza. Cosi pure Ja Spagna, che scese spavaldamente in campo contro l'America, fé palese l'intimo disfacimento. E qui l'Autore venendo a parlare del militarismo, la mala pianta che acluggia ed attrista l'odierna civiltà, afferma che esso m,i.nifesta il decadimento delle milizie, le quali invigoriscono e grandeggiano solo nella guerra. :-Ia poi che questa va facendosi, in Europa, di giorno in giorno più rara, mutasi anche l' ufficio del soldato, e degenera in un funzionarismo dannoso agli Stati moderni, e specialmente all'Italia, che non è ricca abbastanza per sostenerne senza gravi disagi, le necessarie spese. Inoltre esso serve a fomentare i pregiuclizj elci patriottismo, ed a spingere così la nazione ad imprese lontane e perigliose. Cotesti pregiudizj vogliono pure che si nascondan0 i mali di che soffre la patria, e si adoperi ogni mezzo, anche al di li delle nostre forze, per tenerla in quell'altezza, in cui i ricordi del passato la richiamano. Yogliono quindi ch'essa mantenga un numeroso esercito, ed un'armata possente; ed abbia colonie, e concorra alla spartizione dei continenti, perché uguagli o si approssimi alle altre più grandi e forti nazioni. Tutto questo è, secondo il Sergi, la malattia del patriottismo. Ed im·ero mentre l'amor patrio sano e gagliardo é il movènte principale delle più. generose umane azioni ; ed é virtù onde germina e fiorisce ogni piu grande utiliti nazionale, se poi degenera in un pregiudizio diventa cagione di rovesci e di rovina. Tale è oggi in Francia il nazionalismo: e le velleiti patriottiche hanno alla Spagna recato gravi disastri. L'Italia risente ora anch'essa i danni d'un morboso patriottismo. Risorse mercé un amor patrio forte e tenace, che fece pronti i nostri padri a ogni sagrifizio. Ma non crebbe essa normalmente, con graduale aumento ; bensì con l'unione cli Stati divisi in più principati. e che avevano trar1izioni e tendenze varie e differenti, e clirnrso grado di cultura. Perciò la celere unione non le diede modo a ben cementare e consolidare le proprie forze; a farle svolgere e crescere secondo le varie nati ve inclinazioni. Sicché ora le nuoce l'eccessivo incentramento ; che molti in nome del patriottismo hanno sfruttato e sfruttano a loro vantaggio. E qui sento cli dover lo.1are il Sargi anche per le severe parole che usa contro i giornalisti, i quali si fanno pagare dal "overno a caro pre-:!:zo la difesa decrli armamenti. « l<'alsificano essi l'opinione pubblica, fa clevian0 dalla verità, dagli intere!:)si veri e reali che ha il paese; e diventano causa di nuovi disastri e di nuove delusioni nella politica e nell'amministrazione ; perché il pubblico s'inganna facilmente; e i parlamrntari, che spesso sono complici cli tali spacciatori cli idee false, seguono con coscienza tranquilla una politica rovinosa con apparenze patriottiche "'· E ben mi piace ancora quello che egli dice contro la maggioranza dei nostri deputati al Parlamento, la quale ligia quasi sempre al Potere, approva tutte le Biblioteca Gino Bianco e gravezze e le fiscaliti, e gli abusi e i soprusi, eh opprimono• eà immiseriscono il paese. Così i nostr uomini politici si mostrano impari al loro compit'ì. Sono ciechi; e la loro « cecità è un effetto fatale della decadenza; nè è possibile spiegare diversamente lo strano fenomeno; perchè col solo bu ,n senso, senza scuola cli politica o di diplomazia, ])'ì· trebbero conoscere il male, e trovarvi rimedio. » E: questa ecciti porta pure talvolta allo scoppio di p'ìpolari insurrezioni, le quali avvengono senza l'intendimento cli abbattere lo Stato e di mutare i·presenti ordini politici; ma « come espressione dei bisogni elementari della vita non s0ddisfatti. ,, Tali furono i moti siciliani del 1893, e quelli del 1898 in i\l{ilano. A cotesti moti tennero dietro gli stati d'assedio, ed una stolta reazione, che palesa anch'essa la ceci.là dei governanti. Un altro segno di decadenza, comune a tutte le nazioni latine, trova l'autore nella povertà delle nostre sc11ole, e nel m0clo com'esse esercitano il loro ufficio. E qui egli cita il Demolins, che descrive la scuola, in Francia, tutta intenta a preparare la gioventù agli esami; e questo fa per mezzo del chaujfage, il quale « consiste a dare nel minor tempo possibile, una conoscenza superficiale, ma momentaneamente sufficiente delle materie d'esame. » Studi quindi superficiali, accumulo di cognizioni che presto si cancellano dalla mente, perchè non vengono assimilate e fecondate; e non avvivano l'intelligenza. E la superficialità avanza anche in ragion dell'eccessiva estensione dei programmi. La gioventù francese in massima parte frequenta le scuole con il fine ultimo di ottenere un impiego governativo, e vuole però uscirne presto, perchè sopraffatta dalla concorrenza. Alle libere professioni poi si-volgono coloro che non giungono ad ottenere il posto desiderato. Molti cli costoro aumentano quindi il numero degli scontenti e degli spostati. Con tali metodi e con tal fine la scuola non giova a formare uomini cli fermo carattere, indipendenti e preparati ad ogni utile iniziativa. Gli stessi difetti sono in gran parte fra noi. Imperocchè la caccia all'impiego governati ,·o cresce tutti i giorni, per il m0do come è costituita la nostra societi, e per l'incentramento amministrativo, che produce il jllm:ionarismo burocratico, e l'avviamento ad un socialismo di Stato nelle sue peggiori forme e maniere. Un altro segno del nostro immobilismo trova il Sergi nell'obbligo cli studiare, per molti anni, il greco ed il latino a fin di compiere la cultura classica, che sola apre le porte agli studi superiori. :,Ia qui parmi ch'egli esaO'eri ; e creda a torto cheil classicismo possa ritardare o deviare il corso alle nuove idee, e sconvolgere il sentimento della modernità. Senonché egli ha ragione piena ed intera quando afferma che il modo come s'insegnano ora il greco e il latino, poco serve alla conoscenza di queste lingue, anzi serve a farle prendere in odio, e a odiare anche lo studio dei classici. Le nazioni latine, dice l'Auto1·e terminando la prima parte del suo lavoro, volgono verso l'abisso. Le vie, per cui procedono, sono presso che le medesime; e sono le vecchie vie di gloria battagliera e guerresca; quindi peggiorano di giorno in giorno. Possono esse. così malamente dirette ed avviate, mutar la loro rotta e rinnovarsi? Questo problema ei si pone e studia nella seconda parte del suo libro, che ha, come vedremo, maggior contenuto scientifico. Ed accennando in essa ai rimedi dei mali fin qui esposti, egli viene a conclusioni che l'allontanano dal tetro pessimismo, cui molti altri si abbandonano nell'osservare le tristezze dell'ora presente. "' .... Il predominio dell'uomo nel mondo si manifesta non con la forza fisica, ma con la intellettuale; ed

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