Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 22 - 30 novembre 1900

422 RIVISTA POPOLARE Dl POLITICA LETTIWF: F SClENZE SOCIALI cosidetto Fondo di emigrazione, ad alcuni di tali desiderala dovrà servire quando avrà raggiunto un considerevole sviluppo. Alla Camera, nel secondo giorno della discu::;sione si sentì una proposta paradossale ; quella !lcll'onorevole Guerci; il quale anzichè favorire la emigrazione, in sostanza, vorrebbe impedirla. 1 motivi che lo inspirarono sono certamente lodevoli; ma egli si è sbagliato del tutto sulla importanza del fenomeno e sulla portala della legge. Questa non mira nè a favorire, né ad impedire l'emigrazione, ma a regolarla e a procurare all'emigrante un minimo di protezione. In quanto al fenomeno 'in sé è certamente doloroso: indica che·~sono centinaia di ~migliaia gl'italiani che ogni anno sospi11ti da grave malessere eco nomico e morale, lasciano il paese natio e vanno all'estero colla speranza di migliorare la loro· sorte. Che sia il malessere la causa essenziale dell'emigrazione non cade dubbio: lo confessarono i prefotti del regno in una inchiesta ufficiale, che avrebbe dovuto avere interesse - come tutti i documenti ufficiali del genere - ad attenuare le tinte. Chi sia bene non si muove dice l'adagio, opportunamente ricordato dal sig. Egisto Rossi in una sua relazione, di cui avrò ad occuparmi subito. E che la cosa sia proprio cosi risulta all'evidenza dai confronti internazionali. Basta quello colla Germania. •. . Dopo la grande crisi del 1873 dalla Germania partirono a centinaia di migliaia in ogni anno gli emigranti per l'America - specialmente per quella del Nord, dove i tedeschi costituiscono ormai un nucleo importantissimo della popolazione. i\lian mano che si svilupparono le industrie e migliorarono le condizioni delle classi lavoratrici l'emigrazione <liminuì; nell'anno 1899-900 fu di soli 14,418 pel porto cli Ne\\·-York. Invece fu perfettamente inverso il fenomeno dell'Italia: erano poche migliaia gli emigranti che abbandonavano lo stato verso il 1876, e in media sono circa centocinqnanlamila in ogni anno (oltre la cosidetta emigrazione temporanea, che oscilla attorno alla stessa cifra) che eia oltre dodici anni emigrano in America: rwoanlanooemila ne sbarcarono dal 1 ° luglio 1899 al 30 giugno 1900 nel solo porto di Ne1YYork, oltre quelli per l'Argentina e pcl Brasile! Ora che fare di fronte a questa fiumana, che dall'Italia si riversa annualmente in America? Trattenerla in Italia per costringerla a trasformarne le condizioni economiche e politiche? Disgraziatamente, per quanto si pos;;a essere rivoluzionari, non è desiderabile che si chiuda questa grande valvola di sicurezza. La massa degli emigranti è di gente incosciente, che rimanendo in Italia aumenterebbe la propria miseria e la propria abbiezione aggravando anche quella degli altri. Se si muovesse avremmo ecatombi di contadini e di operai che darebbero occasione ai reazionari cli soddisfare le loro scellerate passioni e i loro sordidi interessi. :\"iente altro! Invece, pur essendo dolorose le cause dell'emigrazione, e dovendo tutti desiderare che vengano rimosse, essa riesce immensamente benefica e per coloro che restano e per coloro che partono. Non c'è dubbio in quanto al miglioramento degli ultimi. L'Argentina attraversa una crisi; pure i contadini che hanno un piccolo capitale e che possono internarsi clivengono facilmente mezzadri o proprietari di terre e vivono umanamente; tristi sono le sorti dei lavoratori nel Nord-America, ma a Chicago ~li slwns, le classi più basse e più degradate, guadagnano da cinque a sette lire al giorno: quanto in Italia guadagnano in una buona settimana! E non sono queste vane asserzioni: abbiamo una prova BibliotecaGino Bianco diretta del relativo benessere dei nostri emigranti, nei dne o frecento milioni all'anno di risparmi ch'essi mandano, oltre quelli - e sono altre centinaia di milioni - che collocano nella patria di adozione,. coloro che non hanno intenzione di ritornare in Italia. E quelli che restano in America o ritornano in Italia elevano quasi sempre di uno o di più gradi la loro condizione intellettuale, morale e politica: diventano uomini, si sentono cittadini. E questo non è il minore va•·;taggio dell'emigrazione: vantaggio che dispiace non poco alle cosidette nostre classi dirigenti e agli uomini <li governo, che preferiscono avere sotto mano pecore tosabili e coroeables à merci ... Quali benefizi ritragga l'Italia dai due o trecento milioni all'anno che mandano in patria gli emigranti, e che il progetto Pantano-Luzzatti tenta impedire che vengano rubati dagli pseudo banchieri italo-americani, è facile comprendere; altri vantaggi e non piccoli ri~rae la produzione nazionale dai considerevoli commerci e scambi che si sviluppano con abbastanza rapidità. E le braccia che se ne vanno in ogni anno a centinaia di migliaia contribuiscono non poco ad elevare i salari dei lavoratori che restano, o ad impedlrc, almeno, che ribassino, come sicuramente avverrebbe, sic rebus stantibus, qualora cessasse l'emigrazione. Ma ... ma c'è il rovescio della medaglia! Sicuro. L'emigrazione procura danni morali notevolissimi all'Italia, per l'odio e pel disprezzo, che attirano su di loro i suoi emiaranti : odio e disprezzo. determinati sopratutto diJl'aspra concorrenza del lavoro che vanno a fare agli operai indigeni; dall'alta loro delinquenza e dal ma'heggio del coltello e della rivoltella, che assicura a loro il triste primato nell'omicidio; dal loro vergognoso analfabetismo. Avrò occasione di ritornare per occuparmene ex proje&so della concorrenza nel lavoro e della delinquenza; per oggi vo$lio occuparmi dell'analfabetismo, che del resto contri!Juisce enormemente a generare gli altri due. Qualcuno potrà pensare che sia una mia trovata sentimentale o idealista quella di credere od affermare che l'analfabetismo discredita e fa disprezzare gl'italiani all'estero. Ebbene, a coloro che non vogliono prestare fede a tale fatt0, sottometto ciò che (dopo tanti altri, ma non con pari autorità) ha scritto il cav. Egisto Rossi, nell'ultimo rapporto inviato al goYcrno sull'Emigrazione italiana negli Stati Uniti nelCanno 18:J!J-900 e che è stato pubblicato nel Bollettino del Jl1iniste,·o degli Ajf ari .Esteri ( ottobre 1900). A pag. G e 7 cli q11csto interessantissimo rapporto sotto la rubrica: analfabetismo, si legge: « li numero « degli immigranti è asceso in quest'anno alla cospicua « cifra di 40,224, di cui 1892 provenienti dall'Alta Italia, « 38,332 dalle provincie meridionali, e, quel ch'è peg- « gio, con una percentuale superiore a quelle di tutti « gli altri paesi, perfino del Portogallo, che l'anno « scorso veniva prima di noi. Infatti la percentuale « analfabetica per l'emigrazione del mezzogiorno « d'Italia é ancora del 46 1[2 Olo, contro il 45,73 dei « portnghesi arrivati nello stesso anno. Il minor nu- « mero d'illetterati è dato, come sempre, dagli im- « migranti di nazionalità inglese, con una percentuale « del 2,21 0lo; dai tedeschi col 2,70 0lo; dai francesi « col 3,13 Olo, a cui tengono dietro, in ordine d'im- « portanza, gli olandesi, svedesi e norvegesi ; i boemi, « gli ebrei della Russia e Gallizia, hanno un numero << di analfabeti di gran lunga injeriore al nostro. C~e?o << inutile osservare come si debbano a questa terribile « piaga dell'analfabetismo (che implica naturalmente « assoluta mancanza di ogni coltura e impossibilità « d'imparare la lingua locale) molti dei guai e difetti, ll "' I l i \

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