RIVISTA POPOlARE DI POLITICA LETTElf,E P: SCIENZE SOCIALT Riformapositivad,el Parlamento Sebbene da solo mozzo secolo esista, il Parlamento italiano trovasi già in tali condizioni da dover essere radicalmente riformato. Tale é l'importanza del problema che vivissimo non può non essere negli studiosi il desiderio di ricercare a quali mezzi sarà possibile ricorrere perché la riforma sia attuabile cd efficace. Ma é assioma incontrastato che non sia possibile l'introdurre una norma, se ancora non sia formata la coscienza sociale che quella norma reclami : a maggior ragione impossibile é. la creazione di un istituto qualsiasi o di una raclicale riforma di esso - tanto più se é un istituto d'importanza suprema qual è il governo parlamentare - se prima i governati non sentano la necessità di tale riforma. Nè basta; la coscienza sociale se vuol essere matura, deve avere cozzato già e non per breve tempo contro la immobilità di leggi preesistenti: se al verificarsi di un clifetto, fosse lecito sopprimere o modificare una istituzione, i mutamenti sarebbero continui, si susseguirebbero con vertiginosa rapidità, sino a ricondurci al caos. Se i romani resero solide le loro istituzioni ciò fu in grazia d'una profonda avversione ai cangiamenti: la legge delle XII tavole rimase por setto secoli l'unico codice della grande Roma; laddove i nostri codici, sebbene contino pochi lustri, già sembrano vecchi e insufficienti. I comizi romani in quattro secoli, dalla compilazione delle Xli tavole alla creazione delle leggi Giulie, ricorsero a pochissime normo, e solo, osserva il ìVIaine, per impeclire i maggiori abusi man mano verificati; laddove il nostro Statuto è ormai universalmente riconosciuto come incompatibile con le nuove esigenze sociali. La causa dell'antagonismo, dice il Maine, sta nel fatto che i popoli infanti stimano sacre le loro leggi, intangibili; mentre i popoli moderni sanno che lo leggi troppe volte sono creazioni arbitrarie clol legislatore. Ma una ragione d'importanza meno metafisica, tutta propria di questa morente seconda metà del secolo, va ricercata nelle condizioni cconornicosociali, che per opera delle industrie non solo si sono profondamente mutate, ma mutano, può dirsi, quotirlianamente. Una nuova coscienza va formandosi; la società odierna non è paragonabile alle precedenti; lo scambio dello idee fra i popoli uniti da comunicazioni prima inesistenti, il parallelo fra le varie costituzioni, il cosmopolitismo che tondo a distruggere lo barriere fra paese e paese, le scoperte dello scienze che sconvolgono le teoriche antiche, tutto contribuisce a rendere fallace quanto prima pareva assoluto. Che la filosofia del diritto dehba studiare gli istituti giuridici, sta bene; e sta bene che dalla storia di quelli e dal parallelismo loro attraverso le epoche o nei vari popoli deduca leggi generali ; ma il presente è troppo diverso aal passato perché possa dirsi verità ogni leggo scoperta dalla filosofia; o, se essa é verità, tale rimano idealmente o ben poca o nulla importanza acquista in ambiente novissimo. Frattanto è ingiusto accusare cli volubilità l'età nostra perché non imita l'esempio cli Roma che impiega sette secoli a mutare il proprio codice; ma con ciò non è escluso che sia compito del legislatore il tentare di mantener saldo quelle norme fondamentali contro le quali si combatte. E' da quella resistenza, prudente e non spinta alla reazione brutale e pericolosa; che la lotta si fa viva; e la lotta raccoglie soldati, li moltiplica, sinché la coscienza sociale siasi formata cosi potente da abbattere le norme e gli istituti omai divenuti inèompatibili per c1uella, Por tale ragione io non biasimo la classe dominante che vuole l'immutabilità di principii e dj istituti, contro i quali arditamente combattono i novatori; ma quando la difesa per la conservazione non esorbiti dai limiti che la coscienza giuridica d'un popolo riconosce legittimi; ché se quella si tramuta in reazione, se la reazione non è cli fatto che una cieca idolatria, la lotta eminentemente civile si fa brutale, Yiolenta, perniciosa. Né parmi si possa condannare l'ardore di chi contro quei principii o quegli istituti, da un illuminato conservatorismo difesi, combatte, poiché l'ardore della lotta è una necessità di vita per le minoranze che vogliono diYentar maggioranze, o cioè un requisito necessario perchè la coscienza sociale si formi e si pronunci a favore della difesa o dell'offesa dell'istituto in questiono. Ora, lo Statuto Albertino trovasi appunto oggetto della i)iù viva battaglia e universalmente è sentita la necessità cli modificare ciò che (per essere stato compilato non per una vasta nazione bensi per un piccolo Stato) venne dal suo autore medesimo dichiarato temporaneo. Però esso non é mutabile sinché non siasi formata la coscienza sociale che il cangiamento reclami. E, venendo al problema con tanta dottrina propostosi e soluto dal Milesi, non è possibile l'attuazione di una vera e r!l,dicalc riforma del governo parlamentare sino a che il popolo quella riforma non voglia: ciò che del resto il Milesi sa e dico. La proposta che egli presenta nel suo recente volume, sulla Riforma positiva del Governo parlamentare (Roma, 1900) va dunque; esaminala non sotto l'aspetto di pratica e di immediatamente attuabile, ma sotto !"aspetto suo vero: di una nohile ricerca che Yuol essere o sarà- a suo tempo un forte contributo allo rljscipline filosofiche del diritto e, in particolare, alla scienza delle costituzioni. Il Senato italiano è cosi fatto che annienta ouni spiccala indiYidualità. Esso è l'unico Sonato ro'i;io c.'istcnte o quindi il mono indipendente di tutti 0gli altri: mono malo, rlicc il Milcsi, « so il nostro Re, rettamente illuminato, procedesse da sè alla scelta ilei senatori senza essere costretto a subire la volontà degli altri » (pag. 398), ossia dei ìviinistri che ogni anno più abusano di infornale affine di ottenere una maggioranza compiacente o fedele che o ann_ulla ? ~forza la volontà dell'altra Can\era, opjrnrc ~1 fa l1g1a a questa, perché è questa che fa i Ministr) cd i Ministri 11uelJiche fanno i Senatori, cosi che 11Senato non è mai veramente indipendente. Ne consegue che l' opinione pubblica considorcra i membri chiamati a comporre Ja Camera scelta rlal potere esecutivo come Deputati del Governo, 11uincliJc loro deliberazioni non saranno mai riputate pienamente indipendenti o (il Senato) non avrà mai grande autorità (1). Altro errore rlcl nostro Senato è d'essere vitalizio o come tale. di assicurare ai Scnat0ri una specie di q~ietisrno sempiterno, dannosa conseguenza che ad Aristotile fa preferi~e al Senato_ d'~tcne quello non vitalizi_o cli Cartagme ed al M1les1 quello annuale cli Venezia. Cavour, Palma, Bonghi, venaono con lo loro critiche a dimostrare ed anche ~ sostenere esplicitamente che il Senato non deve essere recrio, appunto pcrchè non sia schiavo della Camera a~zi del Gabinetto - direi volentieri - che ormai i fatte tutto sue le principali funzioni dell'Assemblea elettiva: il decrcLo-lcg~e abolisce la legge; una proposta raramente gmnge in porto se non è presentata dal Governo, ecc. Il Milesi non si limita a presentare il parallelo fr1.1, (1) C;\.vouR - Sulla costituzione delle Camere,
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