Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 16 - 30 agosto 1900

RIVISPTOAPOLAR DI POLI~fICALETTERE E SCIENZESOCIALI AnnoVI. - N. 16 Abbonamento postale Roma30 Agosto19001 CONTINUA ILPERICOLO PERLALIBERTÀ Ci sono pervenute parecchie lettere nelle quali, in tono di rimprovero più o meno affettuoso, ci :si domanda ragione del nostro silenzio sui primi atti, o meglio sui discorsi e sui proclami di Vittorio Emanuele III, e sull'articolo di Francesco Crispi intorno al Nuovo regno. Rispondiamo. A noi ripuo-nava intrattenerci di /3rispi ora che é caduto - e caduto assai in basso - e non ha più possibilità di risurrezione, per •quanto anche l' inverosimile in Italia possa tradursi facilmente in fattò. Abbiamo combattuto, come vE,run altro giornale o rivista. Crispi ministro - e c'è nella nostra Rivista chi contro di lui ha scritto e parlato per circa trent'anni-; credevamo, perciò, che ci fosse consentito il silenzio su chi é morto politicamente e moralmente, e che nel Nuovo che a noi sembrassero non degni di lode - dato che cc ne fossero stati. Ma di questa libertà non godiamo, perché la capitale del Regno si trova, in fatto di stampa, sotto un regime assolutamente eccezionale. Ciò che si pubblica a Milano o a Palermo non è lecito riprodurlo a Roma; ciò che sta scritto nei libri che circolano liberamente, non si può ripubblicare nelle Riviste e nei giornali di Roma, dove gli Aro-hi della Regia Procura hanno non cento, ma miffe occhi lincei per incriminare le frasi e gli articoli più innocenti.: ·,e sopratutto hanno unghie rapa• cissime per ghermire le pubblicazioni, che non piacciono. La libertà di cui go• diamo - e che il Po• polo Romano vorrebbe diminuita - é cosi scarsa, e sopratutto così incertamente concessa dal Fisco, che noi dobbiamo guardare con invidia non solo all'Austria, ma anche all'Impero Germanico; dove il Capo dello Stato lascia intendere spesso, nei suoi papeschi discorsi, di volere essere Re e Imperatore nel senso assoluto della . parola (1'. . regno ·nulla ci rivela che non fosse conosciuto. La cocciutag• gine dell'ex Presidente del Consiglio é notissima, e nella vecchiaia estrema egli non poteva mutare la sua fede illimitata nella reazione, né diminuire l' incommensurabile suo Li-Hung-Chang, Yic~-re l:el Potchili. La sicurezza che sa• rebbc stata soffocata ogni libera parola nostra, ci venne data pure dalla intonazione che la stampa, anche democratica, ha da~ ai discorsi e agli atti del nuovo Re. Ci si volle vedere con un vero engouement la ferma intenzione di afanalfabetismo economico-sociale. Ad ogni modo, giacché si desidera conoscere c10 che pensiamo delle sue ultime elocubrazioni diremo che per l'Italia é stata non piccola fortuna questa: _che l'assassinio di .Monza abbia trovato Francesco Crispi nella impossibilità di ritornare sulla scena politica. .. li terreno ci tra.balla sotto i piedi - chi produce l'artifiziale terremoto é il Fisco di Roma - nello spiegarci sui primi atti di Vittorio Emmanuele III. A noi, che abbiamo dato prove numerose di equanimità, anche verso gli avversari, sarebbe riuscito assai gradito poterci associare alle lodi che sono state prodigate al nuovo. Re, specialmente pel suo discorso dell' 11 agosto in occasione del giuramento , prestato alla Camera. E ciò avremmo fatto volen '. tieri, se ci fosse stata consentita la libertà di criticare, rispettosamente s'intende, gli atti e le parole, (Rire di Parigi). fermare la propria per- . sonalita; ciò che non ha da vedere affatto col regime rappresentativo, e che non sarebbe passato senza aspre critiche in Inghilterra; dove appunto in . altri tempi fu fatto segno a vivissimi attacchi il Principe Allierto - lo sposo di Vittoria - per questa nota personale nella politica del paese (2). (1) Mentre ~criviamo abbiamo sotto gli occhi il N. 34 del Lustige Bliitter di Be_rlino con una caricatura indovinatissima - come lo sono quasi semprn le sue - che non sarebbe tol• Jerata nel I' A-sino. • Allo Schah di Persia, che a cavallo, munito del suo bravò Biidecker, pone piede a Berlino, dà il saluto Attila, Re degli Unni, che gli dice: . - Vostra Mae,tà qui si sentii-ti bene; qui piacciono molto, momentaneamente, i despoti asiatici. L'allusione al discorso selvaggio di Guglielmo II ai soldati partenti per la Cina non vi potrebbe essere più chiara. (2) Non sappiamo comprendere come l'ottimo Economista di Firenze (N. del 19 agosto\ di ordinario cosi equilibrato nei suoi giudizi politici, abbia visto una speranza di un mi-

RIVJSTA POPOLARE DI POLJTICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Aggiungiamo che, a parer nostro, questa intenzione di affermare la propria volontà venne esagerata cla certi giornali e da uomini politici, che mostrandosi supinamente cortigiani hanno sperato assicurarsi la grazia e la benevolenza del sovrano. Epperò é chiaro che in queste condizioni la lode, scompagnata dalla critica necessariamente rispettosa e tutLa infiorata di eufemismi, cli circonlocuzioni, di reticenze, avrebbe dato luogo a giudizi equivoci e spesso maligni. I monarchici in massa non si sarebbero onestamen te comportati ; ci avrebbero chiamati ipocriti, opportunisti, ecc. Nella migliore delle ipotesi ci avrebbero fraintesi ; come è stato frainteso il simpatico Crepuscolo di Milano per un breve trafiletto sul nuovo re; come fummo fraintesi noi quando onestamente dichiarammo che una repubblica bastarda e militarista non l'avremmo -mai augurata all'Italia. E dalla parte opposta ci sarebbero stati i repubblicani intransigenti, i quali ci avrebbero chiamati transfughi, e peggio. ll silenzio, quindi, ci si s'imponeva. Ma giacché siamo stati costretti a spiegarci, ci sia lecito rilevare che il nuovo regno comincia male, e, certamente, non per colpa del re. Comincia male pel contrasto stridente tra la parola solenne del re, che promise che le leggi cCora innnanzi saranno rispettate ed applicate con rigorosa giustizia, e gli atti del governo. Infatti la libertà, sotto tutti gli aspetti, é statta ridotta a ben poca cosa. I procuratori del re sequestrano i giornali invisi con unafuria incredibile; ma•ai sequestri non seguono i processi e i giudizi. Ciò che è contl'O la legge.A minori proporzioni è stata ridotta h libertà personale, lasciata in piena balia delle spie. Si arrestano in massa i pretesi anarchici senza che ci sia la minima prova che essi abbiano commesso alcun delitto. Ciò ch'è contro la legge. Si condannano a centinaia i pretesi apologisti del regicidio dando luogo ad episodi brutti, indeccntf:' Qui l'applicazione della legge è più clte farisaica. Ci si parla, infine, anche di manomissione del segreto epistolare ; ma noi non vogliamo crederlo, e non lo crediamo. .. * * Dallo insieme di questi fatti siamo indotti ad una conclusione, che formuleremo in un voto. Enrico Ferri ha risollevato l'antica bandiera dell'intrausigenza, che dovrebbe condurre inevitabilmente alla rottura dell'Unione dei partiti popolal'i. Dall'altro lato tra i repubblicani ce ne sono alcuni, ~he inclinano anch'essi all'intransigenza, e lanciano scomuniche contro coloro che la intendono diversamente, tentando una risurrezione di quello che Alberto Mario chiamò braminismo. Nel campo socialista contro il Ferri, pur consentendo nei due cardini del partito : collettivismo e lotta di classe, si sono levati Filippo Turati e Leonida Bissolati ; e non mancano in quello dei repubblicani, coloro che avendo chiara 11 visione dello stato delle cose, consigliano di continuare per la via battuta sinora, che procurò al partito successi mai ottenuti pel passato, e non sperati neppure dagli ottimisti. Agli uni e agli altri noi consigliamo calorosamente di abbandonare la intransigenza adesso pericolos~ più che pel passato. L'Unione dei partiti popolari s'impone oggi come ieri, poiché il pericolo per le pubbliche libertà dura non solo, ma a nostro avviso é cresciuto. La Rivista. gliore funzionamento del sistema parlamentare in questo p_i~ attivo e diretto intervento del Capo dello Stato nelle cr1s1 ministeriali. Gli esempi che esso porta dimostrano che le crisi e le crisette furono quasi sempre risolufe senza alcuna indicazione delle Camere, e che non fu il Parlamento che indicò al Re le soluziol'i. .. Dunque! M un militacrlernrsercliata~ro~~riraofess\o Il sig. Domenico Guerrini, un militare, mi dedica una lunga e amena pappolata nella Rivista di Jantel'ia del 31 luglio. Gii rispondo per procurare un pò di svago ai lettori della Rivista popolare. Egli ha creduto di renderla spigliata ed arguta col semplice titolo dedicandola: A Napoleone Colajanni dotto,,e e deputato, infiorandola con una certa pretenziosità letteraria di parole e di frasi come queste: nani morali, nani fisici, potenti e prepotenti, lazzi osceni .... Si ,capisce che i nani morali sono i democratici, che trovano riscontro nei nani.fisici che altra volta divertiYano i signori coi loro lazzi osceni; e sono anche i democratici, i potenti e prepotenti del giorno. I quali, poi .... Ma procediamo con un certo ordine. Al sig. Guerrini ha dato ai nervi il discorso da me pronunziato nella Camera dei deputati il 6 luglio; e per calmarseli si ò permesso uno sfogo in cui afferma; « che io ho difeso il diritto della barbarie contro la « civiltit; che in Cina i militaristi difendono il diritto « nostro; che io non sono in buona fede affermando << che abbiamo un esercito soltanto sulla carta; che « il popolo delle officine e dei campi, nonché quello « delle caserme, è coi guerrafondai; che il giorno 6 « sign(ficai non come una jede mi dettava, ma siccome « un risentimento mi dettava dentro» - sottolineo per fare intendere che l'eleganza della frase é tutta dell'ottimo signor Guerrini -; « che mi manca la fede, e « se fede ho, mi mancano i discepoli; che tutti i rap- << presentanti dei partiti popolari nascondono la verità << e ingannano tutti; che non solo mi manca la fede << ma sono anche in malafede; e che egli, finalmente, « ama la discussion.e e m'invita a ribattere come so « e posso'?>· Come si vede, la filastrocca che occupa dieci pagine, come indice è assai importante. Ma non è che un indice. La documenta.àone da lui affermata è una · prova d'insigne sfacciataggine e cli colossale malafede, se non fossi sicuro ch'è il prodotto ~enuino cli quella incoscienza che rende audaci e sicuri di sè tutti gl'ignoranti. Se questa incoscienza, poi, dovesse ~ostituire un titolo per la promozione, nel Guerrim è tanta che potrebbe essere promosso da caporale .... a parecchi gradi più in su. K k Il signor Guerrini, affermando che ho difeso la barbarie contro la civiltà, - escludendo sempre la malafede - prova che non ha letto il mio discorso; o, se lo ha letto, non lo ha capito. Probabilissima qnesta seconda ipotesi. In quanto al diritto nostro, che i militaristi vanno a difendere in Cina, io, non potendo sperare che l'ottimo signor ufficiale abbandoni il reggimento, per andare a fare un corso di diritto internazionale in una Università del regno, mi limiterò a ricordargli che quel preteso diritto è quello dei briganti. Pu~ t~oppo i militari in genere, salvo nobilissime eccez1◊m - e ce ne sono parecchie nell'esercito italiano - credo1:o il diritto sinonimo cli forza e di violenza, e che sia scritlo soltanto sulla punta della spadai Dopo tutto, io penso che il signor Guerrini non se la sarebbe presa tanto calda per la Cina, per la civiltà e pel dirit_to, se non avessi osato dire_che abbiamo un esercito sulla cw,fa.... Ecco, la ragione vera della sua sconclusionata tiritera. Non comprendo, però, perch_é egli se_la debba prende~e. con me. Bisoana 111tenders1.Nessuno ha mai mteso negare il valo~e dei soldati ed anche dei nostri ufficiali; ma nessuno, però, osò mostrare ~ducia n~lla i_nt~lligenz_a e nella competenza dei nostri generali. S1 d1mo~~ro, da innumerevoli critici, - e moltissimi monarch1c1, e

RIVISTA POPOLARE:DI POLITICA LETTERE E SCTENZE SOCIALI dell'esercito amantissimi - che c'è sproporzione tra i dodici corpi di esercito e la potenzialità economica della nazione; tra il numero dei soldati e l'armamento e il muni?:ionamcnto; tra l'ordinamento generale dell'esercito e la configurazione geografica dell'Italia e gl'insegnamenti della esperienza e dell'arte della guerra. Ed eccomi, senza volerlo, a discutere sul serio col sig. Guerrini; al quale, se non fosse inutile, potrei divertirmi a consigliare la meditazione su certe affermazioni di Francesco Crispi - considerato dai militaristi come un semidio - e la lettura delle .opere del generale Marselli, del generale Von der Goltz, nonché di alcuni discorsi del colonnello Marazzi. Mi limiterò, invece, a rinviare il mio contraddittore a ciò che disse in Senato il generale Primerano all'indomani di Adua: quel generale che deve saperne più del signor Guerrini, perché per parecchi anni fu Capo dello Stato maggiore dell'esercito italiano ... * * Il signor Guerrini, ringalluzzitosi per certe gonfiate In quanto poi ai sentimenti del popolo delle caserme che si mostra « docile coi superiori », in verità è enorme che se ne renda interprete un superiore. Il sig. Guerrini suppone che i lettori della Rivista di fanteria siano degli imbecilli, che ignorino come pei soldati non doctli ci sia la fucilazione nella schiena ... E confidando sui sullodati lettori continua asserendo che i soldati nostri sanno dove vanno e perchè vanno... in Cina, Sia : essi lo sanno l Ma, sapendolo, sono forse liberi di non andare? Vuole forse, che si prenda sul serio l'offerta spontanea? L'ha descritta un poeta- dialettale, e non c'è bisogno di tornarvi sopra. Il ~lou della sconclusion~ta pappf!r.della - come la chiamerebbero a Napoli - del s1g. Guerrini, é questo: combattendo la spedizione in Cina manco di fede, non sono in buopa fede e parlo per risentimento. Qui c'é la sciocchezza, e c'è la calunnia. Dopo disastri f erroviarl. ,,. ~·-,, . . .-- . ~ ·:--. ~:.-,. - E quelle croci t - Segnano il luogo delle varie catastrofi ferroviarie italia!le, e servono be.mssimo ad indicare le distanze chilometriche. dimostrazioni per i soldati . partenti per la Cina, crede che oramai il popolo sia coi guerrafondai. Potrebbe darsi ; poiché non mi è ignota la malefica azione che esercita sulle masse popolari la stampa, che in Inghilterra e negli Stati Uniti chiamano gialla (yellow presse), e che tra noi viene designata ... dai muletti e dalla relativa biada. Però, mi pare che egli s'illuda troppo sul valore di certi applausi, che non hanno bisogno di organizzatori di claque per essere provocati. L'assoluta ignoranza della psicolo~ia popolare certamente suggerisce al sig. Guerrini fo sproposito attribuitoci di supporre che le dimostrazioni pei partenti per la Cina, siano state organizzate da agenii pagati. Del resto la cosa non sarebbe impossibile : non si sa forse che i famosi camelots di Parigi, che nel 1870 gridavano a squarciagola: à Berlin! a Berlin!, erano degli agenti di polizia camuffati da operai? Sulla importanza delle manifestazioni guerrafondaie - che potrebbero essere interpretate più rettamente come segni di simpatia e di commiserazione verso tanta balda gioventù che va a mettere a repentaglio Ia vita per ordine dei superiori - c'è anche da fare la tara. Ho assistito a quelle di Napoli - le più clamorose - e posso garentire che qualunque avvenimento che esca un po' dall'ordinario ne provoca di uguali, ed anche più calorose. (Pasquino cli Torino). Risentimento che mt rodeva dentro ! Contro di chi? e perché signor militare? Forse i massacrati in Cina - e ancora non si sa chi siano e quanti siano - erano miei nemici personali o politici?· E in quanto alla mia :fede, essa meglio che dalle sciocchezze del signor Guerrini risulta dai miei atti. Per la mia fede nell'unità d'Italia presi le armi a 15 anni e seguii Garibaldi ad Aspromonte, ed ebbi in premio la prima prigionia; per la stessa fede seguii di nuovo Garibaldi nel Tirolo nel 1866 e mi p~o-· posi di seguirlo nell'Agro romano nel 1867. Per la mia .fede politica subii non breve imprigionament~ nel 1869; e per la stessa fede lotto da trentotto anni cogli scritti; coi discorsi, con tutti i modi consentiti dalla le(J'ge e dalle mie forze. Ma chi è questo signor Guerrini, che tanto impertinentemente parla della fede altrui; e qual'è mai la sua? e a quali prove l'ha messa? Comunque, questo è certo: la mia .fede non mi ha procurato onori, cariche, quattrini; e, se esatte le asserzioni del signor Guerrini, non mi ha procurato neppure la popolarità, perché sono un apostolo senza discepoli. E' certo del pari che la mia fede mi ha procurato invece sacrifizi di ogni sorta, minacce, calunnie, insolenze a iosa: da quelle del signor Guerrini alle altre di un giornalucolo di Lucca, che mi

RIVISTA POPOLARF: DI POLITICA LF:TTF.JlE F. SCIENZE SOCIALl paragonò nienterricno... che a Tcrone. La fede, al signor Guerrini - se, come pare, è un uffìcia1e in attivi ti di servizio - procura almeno lo stipendio il ventisette del mese, e l'immancabile benevolenza dei suoi superiori. Dopo tutto, devo compren·dere che al signor Guerrini dev'essere lecito, anzi doveroso, difendere il proprio mestiere: quello di ufficiale clic sa, che l'esercito suppone la g11crra, come l'organo s11ppone la funzione. Non si orrenda se parlo di mestiere: un ufficiale trascina la sciabola come l'avvocato difende le cause, come il medico cura gli ammalali. Per l'esercizio <li questo suo mestiere - come lo chiamò il generale Ponza di S. Martino a Napoli, alla partenza delle truppe per Ja Cina - ed avrebbe potuto chiamarlo, professione - è giusto e naturale ch'egli venga retribuito. In quanto al significato del rapporto tra organo e funzione, tra esercito e§ouerra, se egli non lo sa, lo rimando af$li scritti di pcnccr; e se non li capisse, se li faccia spiegare da qualche ufficiale più colto di lui. Nell'esercito italiano non ne mancano davvero! Ce ne sono tali e tanti che si può trovare un ministro della guerra, che divida e approvi i concetti economici esposti da mc nel discorso del 6 l11glio, che ha falto montare in bestia il signor Guerrini ; come si può trovare un altro generale, dotto e valoroso, e che ha visitato la Cina e la conosce de visu, il generale Luchino Dal Verme, che approva e divide le idee esposte da me sulle cause~ che provocarono l'insurrezione dei noxers. Il parere di questi due generali vale un po' pi1"1 di quello del signor Guerrini, che scambia le insolenze colle buone ragioni. Egli poi calunnia, addirittura, trattandomi da uomo di malafede ... ; ma delle calunnie di 1111 ignoto trainew' de sabre che non mi conosce, mi sento largamente compensato dalla stima dei molti non ignoti che mi . conoscono. guerra coll'Orange e col Transvaal, delle enormi spese di guerra, delle confessioni di debolezza fatte da lord Roberts, della lealtà dei boeri del Capo ecc. ecc. Rileva come i soldati che tornano dall'Africa fortunatamente ritornano guariti dal hrutto male jingoislrt o patriottardo; e si associa alla protesta anticipata del vescovo di Rochester contro i Saturnali che si vorranno celebrare in Inghilterra pel ritorno delle truppe vittoriose dall'Africa. :\Totevole sopratutto é il brano che porta il titolo: I,ezioni del Secolo XVIII pel Secolo XIX, che noi riproduciamo integralmente: Le llue grnntli funzioni che si compirono :t Pari"i il 14 luglio, colla inaugurazione dei mouumenti a, Wa:'hi 11gton e a Lafayette, devono servire como opportuni r.icordi a i pat,riuti inglesi, e riconhre loro che spesso i patrioti ili oggi sono g-li eroi tli llomani. "'rtshington fo il presidente Kruger tlei snoi giorni e dollit sua generazione. Lafayett.e ha oggi l'equivalente 1101colo11nello Willebois de Mareuil. Non c'è un inglese, che oggi si risenta dell'omaggio che le llue dernocrnzie di Francia ·e degli Stati Uniti rendono agli eroi della guerra d'indipendenza del secolo J)assato. :-i'"oidobbiamo sperare di non dovere attendere cento anni pe1· riscontrnrc la stessa nnanimiti\ tra gl'i11glesi, uol riconoscere la o-iustizia vera della causa delle repubbliche sutl-afric:':,w. come oggi si riconosce In giustizin, della causa degli eroi della guorrn dell'indipendenza americana. Giorgio H[, Chamberl:\in, nella, storia sarnnno considerati come gli uomini i quali adoperarono le risorse dell'Inghilterra in uno sforzo vano ller i~chiacciare le comunità di 1tornini liberi, i quali tengono il campo in difesa dei principii, fondamentali per gl'i11glesi, tli libertà, di autonomia e d'inclipendonia. Così si può scrivere ancora in Inghilterra, Cunsule l'odioso Chamberlain, senza che si venga de,;;ignati come traditori e nemici della patria ! lmmaginino i nostri lettori ciò che d:rehbe il cauagliume patriottardo italiano se un nostro concittnclino facesse, in difesa di una causa santa, l'apologia dei nemici d'Italia, se questa fosse stata vinta. C'è, infine, nella tiritera del signor Guerrini, l'invito a discutere. L'accetto; ma ad una conr1izione: alla condizione di ~arentirmi dalle ire del Fisco ; ~e11Zadi che nella discussione non ci sarebbe giustizia: al mio contraddittore tutta Ja liberti rii parola, • anche quella d'insolentire e di calunniare; a me negato il diritto della risposta. A lui la discussione procurerebbe qualche aYanzamento ; a mc c1ualche sequestro che mi costerebbe delle centinaia d, lir". ... Via l sarei un vero imbecille se, continuando, procurassi un doppio godimento a chi, come il signor Guerrini, non ha saputo esporre né un fatto vero, nò un argomento logico. L'esempio dello Stead serva a tutti d'incoraggia- • mento a perseverare nella via del dovere. No,. L'articolo 7 ~on sono molti giorni - e nei giornali ancora non se ne è spenta l'eco - stavasi discutendo al Parlamento francese, abbastanza vivacemente, intorno all'istruzione laica, la quale nella vicina rPpuhblica è, speriamolo, su la via di diventare finaJmentc un vero fatto compiuto, mentre da noi, per un cumulo di cause che non è opportuno oggi enumerare, ma di cui sono conosciutissime molte fra le principali, é sempre a pena un pio desiderio di quanti aspirano a porre in armonia coi tempi nuovi e mutati l'indirizzo dell'istruzione e dell'educazione popolare e secondaria. Do ltor r APOLBON8 CoL.\J.\:--1:>11 Deputato al Parlamento. Pei pa1riottardi italiani \Villiam Stead continua la sua nobile ed umanitaria campagna in difesa della giustizia e della liberti dei popoli. L'ultimo numero della Ueview of Reoiews contiene grande quantiti di notizie, di osservazioni e di articoli sul conflitto cinese, e dappertutto vi predominano gli stessi concetti che sono stati svolti della nostra Rivista. l\Ia William Stead, di fronte alla grandiosità del conflitto dell'Estremo Oriente, non dimentica la causa santa delle due repubbliche dell'Africa del Sud. Egli nel The frogres q{ i/le vVorld si occupa del conlegno de partito liberale nell'ultima discussione sulla L'art. 7, famosissimo già nel 1879, d'un tratto, per opera specialmente ùel deputato radicale Rahier, è venuto fuori, per interrompere la monotonia delle discussioni parlamentari e per creare imbarazzi - con molta saggezza cli... equilibrista evitati - al Ì\linìstcro \Valdcck-Rousseau, il quale pure vorrebbe, per essere fedele al proprio l?rogramma, farsi banditore cli una legislazione schiettamente anticlericale. Quest'art. 7, cne fa salir su le furie i clericali di Francia, e solleva intorno a sé discussioni e proteste violenti, ha una storia degna di essere conosciuta: sovra di esso poi bene pure dovrebbero meditare quanti fra noi in Italia hanno a cuore il pro• blema dell'istruzione, un problema aqgrovigliatissimo, che i ministri non già tentano cti risolvere, imi

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LEITERt.' h' SCIHNZE SOCIAL_l se111tJreco11111licanoed ingarbugliano vieppiù ogni giorno, senza mai avere il coraggio di proporre al Paese radicali e necessarie riforme. Mà torniamo a bomba. Fu Giulio Ferry, ministro dell'istruzione pubblica, essendo presidente della republica francese il Grevy, colui che presentò alla Camera, nella seduta del 15 marzo 1879, l'articolo incriminato, il quale faceva parte di un progetto di legge relativo a la liberta dell'insegnamento superiore. Esso era redatto nei termini seguenti: « Nul n'cst admis a participcr a l'enseignernent public ou libre, ni a diriger un établisscment d'enseigncment de quelque ordre que ce soit, s'il appartient à une congrégation rcligicuse non autorisée ». (1) Fu nominata da la Camera una commissione cli cui era presidente Paolo Bert, la quale, relatore il prof. Spuller, presentò la sua relazione dotta, solida, eloquente, tale da costituire un repertorio inespusegnatamente in quelli cui presiedevano ge:suitì, s'insegnava una storia falsa, avariata, una morale deprimente. La discussione alla Camera era stata cortese e quasi calma, poichè quasi se ne prevedeva chiaramente la conclusione. Avversari e difensori della legge tutti avevano cilato dei fatti e discusso senza ricorrere alle grandi frasi ed a modi violenti. La di- ~cussi<,ne, più che un carattere politico vi aveva assunto un carattere storico e giuridico. Le cose cambiarono cli molto al Senato, dove, già prima assai della discussione, gli animi mostravansi contrari alla innovazione importante e necessaria veramente alla conservazione ed alla difesa dello Stato. Durante le vacanze estive del Parlamento il partito clericale si agitò disperatamente, designando a suo vessillifero un uomo eminente, di grandi meriti cd oratore famoso, Giulio Simon. gnabile di fatti e di osservazioni comprovanti i danni prodotti dall'insegnamento impartito dalle congregazioni non riconosciute, nella seduta del 16 giugno 1879. La discussione in merito si protrasse, laboriosa ed accani la, insino al !) luglio, occupando 16 intierc sedute. Che gente! Da parte dei Vescovi si iniziò t.osto per le città e per le campagne L'art. 7 fu votato il!) luglio con 333 voti contro 164 contrari. un vasto movimento di resistenza: delle petizioni furone inviate al Senato; portavano esse qua.si due milioni di firme, non tutte però autentiche, raccolte qua e là fra la parte meno colla della popolazione. La lotta fu aspra, appassionata. Gli argomenti degli oppo.·itori, fra i quali erano Leone Renault, il Bourgeois, il Kellcr, erano questi: l'art. 7 viola la libertà d'insegnamento, sancita nel 1850 con la legge Falloux, rovescia tutto quanto il diritto puhlico, per compiere un'opera maligna di persecuzione, per limi tare i diritti dei padri di famiglia, per offendere tutti quanti i ·sentimenti cristiani e cattolici della popolazione francese. Vist,a la possibili ti\ cl1e il ministro Gian turco ristabilisca il lwia, i reùattori dei giornali moderati presentano domanda d'impiego. La discussione generale fu aperta il 23 febbraio 1880 e si chiuse il giorno 27: furono, tra gli altri, famosi i discorsi cli Eugenio Pelletan, il quale, abbandonando il problema di diritto per la questione politica, vivacemente domandava alla parte moderata e reazionaria del Senato se proprio dovesse la Francia umiliata e pentita fare ammenda della Rivoluzione dell'ottantanove a petto d'un Ignazio di Lojola. Ed impugnavano, gli avversari della legge, ( Uoino cli pietrn di Mila no) li principio della di: scussione degli articoli fu ne.I mese di marzo : l'opinione pubblica allora s'infiamma e l'Assemblea si agita. l'efficacia dei decreti del 1ì90 e del 1792 che prescriv~vano in Francia le congregazioni religiose: ma v1gnrosamente i sostenitori, per bocca specialmente di Ferr_y e di Paolo Bert, cui la publica opinione considerava come l'ispiratore della legge, . seppero loro ri~po!1dere, i1.11pugnandone tutte quf:tnLe )e affermaiI0111 e stabilendo, a la stregua de, fatt,, che l'art. 7 non già veniva ad offendere la libertà d'insegnamento, ma anzi la proclamava; soltanto esso creava, in nuove condizioni di tempi e di cose, una nuova incapacità per una specie di cittadini. Ora questa incapacita che voleva sancire la nuova legge era ampiamente ~iustificata: in diritto, dapprima, poiché i membri eh tali congregazioni viYevano in Lll10 stato di ribellione permanente a le leggi; in fatto, di poi, poiché negli stabilimenti d'istruzione secondaria, amministrati da queste congregazioni, e (1) Nessuno è ammesso a partecipare all'insegnam!)nt<> pubblico o libero, nè a dirigere uno stabilimento d'insegnamento di qualunque ordine sia, se appartiene a una cong1·egazione religiosa non autorizzata. Giulio Ferry, il ministro, fra i rumori più vivi e le più fitte interruzioni, attacca vigorosamente 0 li oppositori, ed in particolar modo il Simon, cui ~lora il partito repubblicano considerava .come un traditore ed un transfuga, incapace a comprendere le nuove correnti democratiche del pensiero e della vita. li presidente dei ministri Freycinet ritorna dopo di lui a la carica e il discorso suo fu il migliore di quanti questo illustre parlamentare abbia mai pronunziato. L'approvazione od il rigetto dell'art. 7, egli diceva, dove va essere considerato siccome la vittoria o la disfatta della repubblica. ..\fa l'art. 7 fu rigettato : s'ebbe 129 voti favorevoli contro 148 contrari. Questa la storia, piena di ricordi efficaci. Ed ora tutto in essa - circostanze, personaggi ed argomenti - è diventato di un'attualità singolare. · Non si trattava allora, né si tratta oggi di apportare con l'art. 7Cuna (soluzione completa, soddisfacente _.al problema dell'insegnamento secondario, il

RIVISTA POPOLARE Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI quale é anzitutto un problema sociale, e non pare, nella condiziono presente di cose, che suscettibile di una perfezione assai relativa. Quando la nozione sociale dell'inse~namento sara stata chiarita, quando il passaggio cta un ordine d'insegnamento ad un ordine superiore costituira finalmente una selezione, un primo adattamento dell'unita sociale al suo determinato lavoro, allora, dicono i fautori della riforma, che cosa importerà a noi delle congregazioni autorizzate o proscritte? Chi vorra contestare che l'insegnamento deve rimanere nelle mani dello Stato? Ma questo suppone una rivoluzione ... Questo é certo ed innegabile però: che oggidì, come nel 1880: tanto in hancia quanto in Italia (ma presso di noi chi si. cura della scuola?) inquietanti statistiche, fatti noti che ogni giorno si rinnovellano, ci rivelano l'incessante progresso dell'insegnamento sècondario congregazionista. Il ministero francese attuale1 dinanzi.a )~gravita ed all'imminenza del d_ann?, con 11 progetw d1 legge ora presentato da G1org10 Leyo-ues, cerca, vuole combattere il nemir.o, proponenjosi un fine limitato, ma determinato, ed un'azione politica decisiva. Però la soluzione, dicono i fautori del radicale Rabior, é incompleta ed inetta: vedremo ora se i suoi sforzi approderanno ad ottenere il ritiro del progetto Leygues ed il trionfo dell'art. 7 dell'antico progetto Ferry. . S:=1-re_bbu~na b_elJae grande vittoria; piena por noi 1taham d1 grandi msegnamenti. Ma di ciò forse parleremo altra volta, persuasi però sin d'ora che le nostre idee saranno, chissa per quanto tempo ancora, condannate a rimanere nel campo delle buone e belle illusioni ... GIACOMO MARIA LmrnARDO, Guglielmo Liebknecht Lo vidi per la prima volta seduto su i banchi del Reichst_ag: la t~sta fra le 1_11anaiscoltava un discorso acre, violento d1 un cattolico. E poichè, ad una frase dell'oratore, dal gruppo socialista si levò un mormorio, egli, alzando la mano, impose il silenzio. Quella ~es~a leonina, ~uegli occhi pieni di disprezzo e cosparsi cli un velo d1 melanconia, quel corpo robusto, erculeo e cadente, quel gesto sovranamente sdegnoso, mostravano il lottatore ardente feroce di una epoca non lontana, ma passata. ' ' I socialisti hanno perduto il loro vecchio. Era lui che salutava i compacn1i in oo-ni concrresso: fu lui il primo socialista, il pri1~0 ribelle che ~ntrò a testa alta nel Parlamento dell'impero. Non lascia parole, non lascia libri. Era egli infatti, uno cli quegli uomini necessari con la loro energia, con il loro corao-gio con la for~ d . d "' ' au aCJa, quan o un popolo dorme : un lottatore violento che non conobbe pruclenza e non curò la vita. Ben lo piange il Vorwaerts! « Il conduttore dei soldati della Rivoluzione é morto ». .L~ sua natura si delineò fin dai primi anni della g10vmezza; presto abbandonò l'Universita o rinunziò al dottorato. . Si entusi_asma p~r la cau~a . dei Polacchi, pensa d1 andare m America e commc1a ad apprendere in una bottega l'arte del carpentiere: nella rivoluzione del febbr~i~ si_ trova a Parigi, ma poco dopo è a Ba~en. pr1g10mer? : passa a_Genf a dirigere una assoc1az1one operaia e tenta 11 moto svizzero del 1850. D'allora è una agitazione continua, senza un minuto di riposo, tra il carcere e la propaganda correndo l'Europa e l'America. ' Chiunque ricordi la evoluzione del socialismo tedesco dal movimento dei tessitori della Slesia, alla idea•cli Bernstein, trovera sempre Guglielmo Liebknecht. Un. pezzo di storia tedesca con lui è caduto nella tomba. Dal '48 fino alla crisi europea del '59, dalla fondazione della Rheinisehe Zeitung alla agitazione di Lassalle, egli è un gregario modesto ed un rivoluzionario coraggioso. Dalla morte di Lassalle fino alla soppressione delle leggi eccezionali é un vero capo, ed un lottatore gigantesco. La fondazione gloriosa dello corporazioni, lo sfruttamento abile Jel conflitto fra gli Habsburg e gli Hohenzollern, il congresso di Eisenach sono trionfi suoi. Ma quali lotte! Quella contro Schweitzer, il socialista bismarckiano; le divergenze della riunione di Amburgo : la scissione di Gotha sono fatti che la storia sociale non può dimenticare. Poi venne il giorno in cui Bismarck telegrafò da F:riedriehsruhe: « leggi eccezionali contro i socialisti ». Guglielmo Liebknecht fu il degno avversario del Cancelliere. Entrambi giganti nel corpo, nell'anima, nello sprezzo, nella tenacia. . La lotta fu tremenda: i resoconti parlamentari dell'epoca solo una pallida idea possono darne. li socialista fu vinto, e non fu rieletto. Ma la sua azione fula stessa,continuata con maggiore violenza. li carcero, la propaganda, il viaggio attraverso popoli non ancora illuminati, continuarono ad essere il modo e la sostanza, come egli stesso si esprimeva, della sua vita. E le leggi 1,ccozionali furono abolite, - la legislazione sociale raggiunse tali cime da essere in certi punti socialista, - il benessere cominciò a spirare tranquillo fra gli operai - gli istituti di previdenza e cli assistenza numerosi - i Sozialdemolcraten non furono più combattuti, mentre la maggior parte delle loro pretese veniva riconosciuta giusta - un soffio di paco si sparse intorno. · L'opera di Liebknecht era compiuta: il discepolo di Voigt restava solo. Cosi in questi ultimi tempi. Ebbe qualche volta una parola amara contro i giovani, che pure amavano in lui il veeehio, ma si ras - segnò : continuò ad apparire tra le riunioni, continuò a parlare, a lottare, cercando di adattarsi, dimenticandosi di tratto in tratto e tornanrlo, tra l'elegante e scintillante Vollmar, fra il suo biondo e serafico Heine, fra l'impassibile e serio Singer, il rivoluzionario intransigente o violento. Gli fui presentato nella sala di lettura del Reichstao-. Parlammo lungamente dell'Italia, cli Crispi, della Sicilia, del Socialismo, cli Turati, di Ferri e di Colajanni. Io confutavo tranquillamente certi suoi giudizi, certe sue informazioni ; ed a un tratto egli, guardandomi, in volto, stupefatto, mi domandò: - Ma Ella non è socialista? - No! - gli risposi. Continuammo a conversare e ci congedammo. :Vli salutò senza calore. r-.fa il giorno dopo ci vedemmo di nuovo, e fu lui che mi venne incontro sorridendo, e proponendomi una passeggiata nel Thiergarten. Uscimmo, mentre i campanelli annunziavano una votazione. La conversazione di quel giorno restera scolpita nella monte mia. Parlammo di arte, di letteratura.. Egli mi esponeva tutta la sua ammirazione per la tragedia in~lese. - li maggior godimento mio a Londra era il teatro. Quante volte ho udito l'Irwing ! J\fa ora - e la sua voce tremò cli commozione - ora non ci vado più. Non c'è più la mia Tussy (1). (I) La figlia ~i Ma1·x, suicidata.

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Gli citai il racconto che egli aveva scritto nella Neue deutsehe Rundsehau (2). Sorrise, e: - Occupavo il tempo della prigionia - mormoro. - Dunque dovrebbe andare ancora ·una volta in carcere per scrivere qualche cosa della sua vita I Una nuvola di tristezza velo il suo sguardo. - Non é più necessario ora! - Procedevamo sotto gli alberi, tra i quali si levava sempre la superba colonna della Vittoria. Tornammo all'Italia. Gli esposi le condizioni delle popolazioni, la base vera sulla quale poggia da noi il socialismo, l'azione negativa del partito. L'Ercolemitologicoe l'Ercolemoderno L'Ercole mitologico ha in un giorno ucciso l'Idra dalle cento teste, ma quant'è più difficile per un Ercole di tante teste fare oggi l'istessa operazione! (Lustige Bliitter di Berlino). Gli occhi clel mio illustre compagno si animarono: - Ma allora non é tempo di predicare : questo é il momento della rivoluzione ! - Ecco il vecchio Liebkn.echt, il conduttore della rivoluzione I Lo portai sul terreno del socialismo tedesco. Me ne enumero i progressi, mi disse dei 4 milioni di voti riportati, dei 58 deputati, di trionfi ottenuti, di vittorie guadagnate, di lamenti placati, di benessere diffuso. Passavano intanto numerosi gli operai, che venivano dalle grandi fabbriche di Charlottemburg. Oh, nella voce di Liebknecht, non c'era la contentezza di Stacltrhagen, di Singer, di Arons, dello stesso Bebel. C'era invece qualche cosa diJmalinconico, che aveva il suo completamento nello sguardo triste, simile a quello cli un leone, cui hanno tolto 1~ ~oresta, costringenrloln alla vita domestica cli una gabbia dorata! Parlo, per l'ultima volta, al Reichstag, il 12 giugno. Il progetto della flott~, combattuto platonicamente dai socialisti, era stato approvato. _ Pallidissimo, con la sua bella testa sdegnosamente alta, tenne un brevissimo discorso di una violenza estrema. - 1:; un tradimento! - grido due volte, abbracciando nel suo disprezzo. tutto il Parlamento. A me parve che in quel grido tutta la immensa tristezza del deputato di Berlino avesse trovato la sua manifestazione e che nessuno fosse stato risparmiato: a me parve che quel grido avesse qualche cosa di oltre tomba, che esso fosse la risposta di Carlo l'viarx a tutti i giovani seguaci di Bernstein. Licbknecht uscì solo, barcollando. Ed il Cancelliere lesse il decreto che chiudeva la sessione. Ora egli é morto. Centomila operai, col garofano rosso all'occhiello, Altritempi Il 're Attila (<ii"snoi Uwn-i): Del coraggio, ma non.dolfa crudeltà. Sappiate perdonare. (Floh di Vienna). accompacrnarono il corpo al cimitero, e coprirono la tomba"'fresca di fiori rossi. Anche quei fiori rossi furono una pietos~ concessione, dovuta all'opera 15enerosa ~e! ve~eluo profeta, che non seppe rinunziare alla r1voluz10ne ! Che importa? Se non nel mondo delle anime, certo nel mondo della storia Guf7lielmoLiebknccht é andato a raggiungere Carlo Mirx e Federico Engels. GIUSEPPE p ARATORE. ~ La commedia della morte :. (N. d:ll'l aprile '98). Nel erossimo numero p_ubblicheremo !'-na ,:isposta del Socialistoide ad un articolo di EugenioChiesa sul Problemaferroviario. A. VVJSO A.GLI A.BBON'A.TI Per variazioni di residenza, inviocopiearretrate, renlami, ecc., gli abbonati debbono unire una fascetta concui ricevonola «Rivista», indirizzandola al Sig. Gioacchino Montalbano, Viadella Vite, N. 74, Roma.

RIVISTA POPOlARE DI POLITICA LETTElf,E P: SCIENZE SOCIALT Riformapositivad,el Parlamento Sebbene da solo mozzo secolo esista, il Parlamento italiano trovasi già in tali condizioni da dover essere radicalmente riformato. Tale é l'importanza del problema che vivissimo non può non essere negli studiosi il desiderio di ricercare a quali mezzi sarà possibile ricorrere perché la riforma sia attuabile cd efficace. Ma é assioma incontrastato che non sia possibile l'introdurre una norma, se ancora non sia formata la coscienza sociale che quella norma reclami : a maggior ragione impossibile é. la creazione di un istituto qualsiasi o di una raclicale riforma di esso - tanto più se é un istituto d'importanza suprema qual è il governo parlamentare - se prima i governati non sentano la necessità di tale riforma. Nè basta; la coscienza sociale se vuol essere matura, deve avere cozzato già e non per breve tempo contro la immobilità di leggi preesistenti: se al verificarsi di un clifetto, fosse lecito sopprimere o modificare una istituzione, i mutamenti sarebbero continui, si susseguirebbero con vertiginosa rapidità, sino a ricondurci al caos. Se i romani resero solide le loro istituzioni ciò fu in grazia d'una profonda avversione ai cangiamenti: la legge delle XII tavole rimase por setto secoli l'unico codice della grande Roma; laddove i nostri codici, sebbene contino pochi lustri, già sembrano vecchi e insufficienti. I comizi romani in quattro secoli, dalla compilazione delle Xli tavole alla creazione delle leggi Giulie, ricorsero a pochissime normo, e solo, osserva il ìVIaine, per impeclire i maggiori abusi man mano verificati; laddove il nostro Statuto è ormai universalmente riconosciuto come incompatibile con le nuove esigenze sociali. La causa dell'antagonismo, dice il Maine, sta nel fatto che i popoli infanti stimano sacre le loro leggi, intangibili; mentre i popoli moderni sanno che lo leggi troppe volte sono creazioni arbitrarie clol legislatore. Ma una ragione d'importanza meno metafisica, tutta propria di questa morente seconda metà del secolo, va ricercata nelle condizioni cconornicosociali, che per opera delle industrie non solo si sono profondamente mutate, ma mutano, può dirsi, quotirlianamente. Una nuova coscienza va formandosi; la società odierna non è paragonabile alle precedenti; lo scambio dello idee fra i popoli uniti da comunicazioni prima inesistenti, il parallelo fra le varie costituzioni, il cosmopolitismo che tondo a distruggere lo barriere fra paese e paese, le scoperte dello scienze che sconvolgono le teoriche antiche, tutto contribuisce a rendere fallace quanto prima pareva assoluto. Che la filosofia del diritto dehba studiare gli istituti giuridici, sta bene; e sta bene che dalla storia di quelli e dal parallelismo loro attraverso le epoche o nei vari popoli deduca leggi generali ; ma il presente è troppo diverso aal passato perché possa dirsi verità ogni leggo scoperta dalla filosofia; o, se essa é verità, tale rimano idealmente o ben poca o nulla importanza acquista in ambiente novissimo. Frattanto è ingiusto accusare cli volubilità l'età nostra perché non imita l'esempio cli Roma che impiega sette secoli a mutare il proprio codice; ma con ciò non è escluso che sia compito del legislatore il tentare di mantener saldo quelle norme fondamentali contro le quali si combatte. E' da quella resistenza, prudente e non spinta alla reazione brutale e pericolosa; che la lotta si fa viva; e la lotta raccoglie soldati, li moltiplica, sinché la coscienza sociale siasi formata cosi potente da abbattere le norme e gli istituti omai divenuti inèompatibili per c1uella, Por tale ragione io non biasimo la classe dominante che vuole l'immutabilità di principii e dj istituti, contro i quali arditamente combattono i novatori; ma quando la difesa per la conservazione non esorbiti dai limiti che la coscienza giuridica d'un popolo riconosce legittimi; ché se quella si tramuta in reazione, se la reazione non è cli fatto che una cieca idolatria, la lotta eminentemente civile si fa brutale, Yiolenta, perniciosa. Né parmi si possa condannare l'ardore di chi contro quei principii o quegli istituti, da un illuminato conservatorismo difesi, combatte, poiché l'ardore della lotta è una necessità di vita per le minoranze che vogliono diYentar maggioranze, o cioè un requisito necessario perchè la coscienza sociale si formi e si pronunci a favore della difesa o dell'offesa dell'istituto in questiono. Ora, lo Statuto Albertino trovasi appunto oggetto della i)iù viva battaglia e universalmente è sentita la necessità cli modificare ciò che (per essere stato compilato non per una vasta nazione bensi per un piccolo Stato) venne dal suo autore medesimo dichiarato temporaneo. Però esso non é mutabile sinché non siasi formata la coscienza sociale che il cangiamento reclami. E, venendo al problema con tanta dottrina propostosi e soluto dal Milesi, non è possibile l'attuazione di una vera e r!l,dicalc riforma del governo parlamentare sino a che il popolo quella riforma non voglia: ciò che del resto il Milesi sa e dico. La proposta che egli presenta nel suo recente volume, sulla Riforma positiva del Governo parlamentare (Roma, 1900) va dunque; esaminala non sotto l'aspetto di pratica e di immediatamente attuabile, ma sotto !"aspetto suo vero: di una nohile ricerca che Yuol essere o sarà- a suo tempo un forte contributo allo rljscipline filosofiche del diritto e, in particolare, alla scienza delle costituzioni. Il Senato italiano è cosi fatto che annienta ouni spiccala indiYidualità. Esso è l'unico Sonato ro'i;io c.'istcnte o quindi il mono indipendente di tutti 0gli altri: mono malo, rlicc il Milcsi, « so il nostro Re, rettamente illuminato, procedesse da sè alla scelta ilei senatori senza essere costretto a subire la volontà degli altri » (pag. 398), ossia dei ìviinistri che ogni anno più abusano di infornale affine di ottenere una maggioranza compiacente o fedele che o ann_ulla ? ~forza la volontà dell'altra Can\era, opjrnrc ~1 fa l1g1a a questa, perché è questa che fa i Ministr) cd i Ministri 11uelJiche fanno i Senatori, cosi che 11Senato non è mai veramente indipendente. Ne consegue che l' opinione pubblica considorcra i membri chiamati a comporre Ja Camera scelta rlal potere esecutivo come Deputati del Governo, 11uincliJc loro deliberazioni non saranno mai riputate pienamente indipendenti o (il Senato) non avrà mai grande autorità (1). Altro errore rlcl nostro Senato è d'essere vitalizio o come tale. di assicurare ai Scnat0ri una specie di q~ietisrno sempiterno, dannosa conseguenza che ad Aristotile fa preferi~e al Senato_ d'~tcne quello non vitalizi_o cli Cartagme ed al M1les1 quello annuale cli Venezia. Cavour, Palma, Bonghi, venaono con lo loro critiche a dimostrare ed anche ~ sostenere esplicitamente che il Senato non deve essere recrio, appunto pcrchè non sia schiavo della Camera a~zi del Gabinetto - direi volentieri - che ormai i fatte tutto sue le principali funzioni dell'Assemblea elettiva: il decrcLo-lcg~e abolisce la legge; una proposta raramente gmnge in porto se non è presentata dal Governo, ecc. Il Milesi non si limita a presentare il parallelo fr1.1, (1) C;\.vouR - Sulla costituzione delle Camere,

flJV!STA POPOLAR/.; DI POLITICA. LETTERE J·: SCffNZJ•,' SOCIALI il nostro Senato e quelli degli altri popoli antichi e moderni e specialmente di Roma, di Vene.zia e d'Inghilterra; non é un critico che demolisce, sollevando intorno a sè tutto un can-can di indignazione e di accuse come da Rousseau a Comte, da Kant a Spenc(lr sollevarono i filosofi che parvero rivoluzionari ogni volta che vennero a din1ostrare che la ,lemolizione degli istituti umani non più rispondenti ui bisogni sociali é doverosa; ma il :\'1ilesi afferma in una sintesi filosofica l'esistenza della teoria positiva dello Stato moderno e cerca di armonizzare la teoria alla pratica. Egli dice essere lo Stato - come é dimostrato dallo studio sotto il punto di vista filosofico delle co- ~tituzioni dell'India, clell'Egitt0. di Cartagine, di Sparta, di Atene, di Roma, di Venezia, di Amalfi, ecc. - risultato dalla ragione e dalla forza. Se questi due poteri saranno tenuti distinti, lo Stato sarà grande, se confusi, 10 Stato dovrà più o meno rapidamente cadere. Se la confusione di essi poteri é la causa della decadenza dello Stato e per conseguenza della :S./azione, conosciuto il male, non ci devono atterrire i pericoli e le difficoltà che si incontreranno nella ricerca del rimedio;_ il rimedio sta appunto in ciò:· tenere distinte nettamente la Ragione dalla Forza. Ma, avanti tutto, esiste una ragione a sostegno ,lell'utilita del Senato? Noi sappiamo che la sua ragione d'essere é data dalla funzione moderatrice del Senato perché la Camera non degeneri e il Capo dello Stato non diventi un dittatore; e dal fatto che, come due occhi vedon meglio di uno, ripeto col Brunialti, così due Camere eserciteranno meglio l'ufficio legislativo anzi che una sola, e infatti il Senato impedisce che si compiano con precipitazione atti legislativi e tiene conto delle obbiezioni delle minoranze meglio che non abbia potuto fare la maggi0ranza dell'altra.Assemblea. Di questi due motivi fondamentali giustificanti l'esistenza del Senato, il secondo - che due Camere funzionano meglio di una sola e l"Alta complet~ l'azione della Bassa - il Milesi tien conto in quanto ammette, giustamente, l'Intereessio reciproca, infatti il sistema che egli propone consiste nell'indipendenza assoluta delle due magistrature legislative con funzioni proprie, ma con diritto reciproco di controllo. Oggi il Senato non a un valore estrinseco suo proprio, à soltanto quello « che con- !iste nel bisogno di p0rre un freno alla Camera dei Deputati, di sua natura strapotente ed anarchica. Dunque il valore del Senato non é un valore positivo, è un meno male, é un contravveleno, vale in quanto t\ capace a sanare un vizio che esiste, la sua forza :;ta nella debolezza altrui » (pag. 407). Ciò che non impedisce, scrive il Milesi, che il Senato oggi non sia 11naistituzione assurda, difettosa, so~giogata. Urge rendere omogenee le due Assemblee, le quali doHanno essere entrambi emanazione del Popolo: ché ndioso sarebbe se al Senato come é presentemente "i commettessero compiti che devono e non possono essere se non affidati alla vera rappresentanza del Paese. E, quando l'alto consesso sia pure elettivo, non sara semplicemente moderatore e tutore dell'altro ramo del Parlamento (che in realtà non è pupillo, ma generatore e padrone del Senato', ma diventera un'Assemblea attiva composta di uomini che ricevono dal Popolo il mandato cli legiferare e di vigilare l'altra Assemblea: vigilanza che col sistema proposto dall'illustre professore diventerebbe possibile, perché il Senato non dovrebbe più l'esistenza al Miuistero. Ma il Senato dovrà però avere funzioni affatto di- :,tinte da quelle della Camera : il problema della separazione dei poteri si riferisce alla scienza di Stato, ma prima di tutto é un prohlema naturale. Tutto in natura é diviso e suddiviso e perciò é utile, ché non <"· utile ciò che ancora non è separato da quanto ad esso impedisce il libero funzionamento : é una vcrita dimostrata dalla teoria economica df,lla divisione del lavoro, come dalla divisione naturale dei sess1. « Che cosa è mai lo Stato perché si possa sottrarre alle grandi leggi della società e di tutta intera la natura? Il positivismo mira appunto a portare un livellamento generale, per cui le stesse leggi vengano applicate ovunque, e perciò anche allo Stato quella deUa divisione del lavoro o della separazione dei poteri» (pag. 425\_ Ma perchè la separazione sia possibile sarà . neces- !ario che l'oggetto separato viva. di vita propria. Se la separazione é possibile deve, maturata che sia, avvenire, ed avviene naturalmente; se non avviene < due mali sono inevitabili : il deperimento e lo sfacelo tanto della cosa destinata a separarsi, quanto di quella cui rimane unita, com'è d'una madre che non possa liberarsi dal suo pondo ». Ora, nella nostra rappresentanza esistono due elementi fra loro in antagonismo : la ragione e la forza, cioè il potere di far leggi ed 11 potere della difesa. Questi sono per contrario confusi e « l' eterogeneità nei nostri Parlamenti porta l'anarchia delle opinioni e delle idee ; ognuno vede le cose da un lato suo speciale, non dal lato comune che dev' essere quello della scienza, considerata nella sua maggiore impersonalità» (pag. 425). Come il protestantesimo volle affrancare il potere civile dal teocratico, come Cavour per ottenere la affrancazione dello Stato dalla Chiesa accarezzò l'idea, troppo limitatamente effettuatasi, della liberl,t della Chiesa per ottenere quella dello Stato ; cosi noi dobbiamo volere la divisione della ragione dalla forza : « potremo noi dire che separare il potere civile dal militare sia meno importante del separarlo da quello teocratico?... La diYisione della ragione dalla forza toglierebbe di mezzo una sequela di antagonismi che già esistono, sia nel campo pratico che in quello teorico » (pag. 434). Colle sue critiche il Milesi non prende di mira tanto il Senato quanto la Camera, o meglio tutto il sistema parlamentare odierno; e se premette alla riforma della Camera quelJa del Senato, ciò perché <]uesto à un carattere speciale, è come tutore - n vuol esserlo - di quella: la necessità del primo, oggi, riposa nella bizzarria e nella imperfezione della seconda. (pag. 453). Via codesta tutela che é un espediente pericoloso, dice il .Vlilesi, e dividiamo il potere fra le due Assemblee elettive: ad una la forza, all'altra la ragione, cioè ad una il potere della difesa, all'altra quello delle kggi. A me pare splendida la proposta: è facile comprendere quanto sia ibrido il connubio di legiferare di marineria, p_er esempio, e di mansioni d'indole strettamente amministrative; in una seduta avviene che si discuta di certe economie perottenere il pareggio e, appena votate le economie. sorge il ministro della guerra a chiedere un aumento di spese ; la contradizione palese si riscontra mille volte nei resoconti; e come può asseverarsi che la duplice contraclditoria discussione abbia una base di serietà? come ammettere che tale sistema di confusioni sia utile alla cosa pubbfoa? « Togliere un elernento eterogeneo, un elemento di lotta che per sua natura si trova in antagonismo continuo con tutto il resto, di fatto significa dare a questo resto la sua liberta, renderlo attivo e sano da malato che esso era prima. Ora, tra un essere malato ed un essere sano, passa una distanza incommensurabile, come fra l'essera e il non essere. Se per un cas~ disgraziato, viene alla luce un parto di due ge!11elh che siano uniti alla schiena, come potremo n01 valutare il bene che può apportare la fortunata operazione chirurgica che li separi l'uno dall'altro? Il passaggio è immenso, notevole come quello che avviene dalla infermità alla salute» (pag. 454). Dunqu~ si depuri 'la Camera da tutto questo che esiste dr •

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