Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 9 - 15 novembre 1898

'R._IVIST POPOLARE DI APOLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI non avrà restituito che la metà appena di quello che deve alla sola provincia di Blri ? Questo abbiamo voluto ricordare affi □ chè in qualche altra regione d'Italia nc,n si sollevino malumori e non si creda di fare atto di generosità ver~o questa disgraziata regione del Mezzogiorno. La conoscenza della verità giova sempre: dilegua gli equivoci e rinsalda l'amicizia e la fratellanza. Nor. ~~~ Una dichiarazione necessaria Dacchè il Direttore, per evitare una polemica sulle colonne della 'R,.ivista, non ha creduto di pubblicare un mio articolo in risposta al Signor Paratore, mi limito ad una semplice dichiarazione, che credo assolutamente indispensabile per eliminare un equivoco di persona ed anche per non far credere, che al primo avviso di fuoco abbia battuto in ritirata. Dichiaro anzitutto che, per ragioni di omonimia, il Paratore ha confuso la mia povera persona con un mio cugino, che esercita con meritato successo la professione a Napoli, e che non è socialista. Venendo poi al contenuto del suo ultimo articolo osservo: 1, 0 Non io ho frainteso le di lui osservazioni, ma ho ritenuto e ritengo che per l'occasione in cui furono fatte erano inopportune e, se non avevano la pretese di una confutazione, avevano però il fine di dare una stoccata en passant e, direi quasi, di soppiatto, ai socialisti ed al socialismo. 2. 0 Il marxismo non ha dichiarato bancarotta ed è più salJo che al Parator~ non sembri, pur n~n essen~o il corano del nostro partito, che non crede a1 dommi. Nè il materialismo storko - almeno per ora - è stato relegato fra gli aborti intellettuali. Il Kautscky stesso, citato dal mio avversario, chiama l'opera del Marx e la scoperta delle leggi dinamiche della produduzione. una scopetta altrettanto interessante quanto quella d 1 movimento degli astri fatta da Keplero e da Newton Nel determinismo credono ancora, per non dire di altri, il Dietzel, il Lori a, il Labriola, il Ciccotti, che proprio ora ha pubblicato un lavoro pregevole sul tramonto della schiavitù informandosi a quella legge. 3 ° Alla società, come tutto organico co!!siderata, attribuiscono funzioni proprie, sociologi di non comune valore quali - per citarne qualcuno - lo Spencer, lo Schaeffie, il Vorms, il Lilienfeld, il Novicow. 4. 0 La lotta per l'esistenza, come si rileva dalle opere del Darwin stesso - non si svolge ugualmente fra gli animali e fra gli uomini; fra questi agiscono la simpatia, l'altruismo, la solidarietà, l'associazione, che non hanno riscontro tra quelli se non rudimentalmente e in qualche caso eccezionale. 5 ° I socialisti anche quando parlano di felicità, accennano ad una felicità relativa, non assoluta, che non può esistere. 6.° I concetti di mon le e di giustizia non sono eterni, ma mutevoli e soggetti alla legge di evoluzione; ed il Socialismo tende principalmente a migliorarli mcrcè l'equilibrio sociale. 7.0 Per ultimo non trovo ragione al mondo per cui si possa ritenere dover evitare una discussione con socialisti, ammeno che non si creda - come il Paratore pare voglia credere - che s:eno scienza e filosofiavera soltanto le convinzioni personali di un individuo, sia pure uno studioso. Se così fosse ognuno per conto suo potrebbe facilmente cantar vittoria e ridersi della poca f ortu11a dei contradittori. F. Lo SARDO. Suldlaisoccupazione operianIitaalia I. - Le vere cause e i falsi rimedii. Son tanti i guai che travagliano nel!' ora presente il nostro paese, che non suol fare meraviglia la poca o niuna preoccupazione che negli enti collettivi desta l' attesa di un nuovo malanno: quello della disoccupazione operaia. Che esso sia per colpirci nel prossimo in'verno, è più che lecito il prevedere, poichè niun.i delle cause cui si può riallacciare quel fenomeno doloroso - cause sociali, politiche ed economiche, generali o particolari nostre, permanenti o transitorie - si è andata eliminando col volgere di questi ultimi tempi. Ma questainerzia, anche se derivata dallo _coraggiamento di chi va incontro all'inevitabile, merita la più assoluta condanna per questa dcppia ragion<!, che da un lato in nessun paese come nel nostro può dirsi abbia quel fenomeno cause che l'opera saggia delle collettività potrebbe eliminare, dall'altro che, data pure l'impotenza loro a prevenirlo nelle sue cause, è loro aperto un largo e benefico campo d'azione nella prevenzione dei suoi dfetti individuali e sociali. Che sia giusta la tesi marxista della necessità di un eccesso nell'offerta di braccia perchè il capitalismo nello stadio critico della sua evoluzione possa conservare il proprio reddito minacciato dall'eccesso della accum;..lazione - può anche ammettersi liberarr.ente, senz.t che a niuno debba venire in mente di tare di quella tesi un'applicazione al nostro paese nel momento attuale. Eccesso di br~ccia per 1perpopolazione havvi certo in Italia: ma non si tratta già dell' iperpopolazione in senso assoluto, cioè relativamente alla capacità produttiva del paese, o in dipendrnza di un eccesso di produzione: vi ha invece eccesso di braccia, perchè il campo di impiego del lavoro è limitato da u□a artificiale restrizione del capitale salarii, e in genere del capitale produttivo. V'ha eccesso di braccia cioè, perchè, se non è abbondante I' accumulazione capitalista, è ancora più scarsa la quota di capitale accumulato che si volge agli impieghi produttivi e si risolve in domanda di lavoro; talchè la disoccupazione operaia, in un paese come il nostro a salarii bassissimi e ad interesse più alto che altrove, non funge già da paracadute al reddito capitalista, ma aggrava anzi a danno delle classi capitaliste il risultato della redistribuzione economica, aggiungendo alle altre numerosissime una nuova classe di individui non produttori che vivono parassitariamente con gli avanzi della mensa capitalista. Ora ognun vede a qual punto contribuisca, rendendo più grave quel difetto nella accumulazione e ndl' impiego produttivo dei capitali, la politica finanziaria ed economica fin qui seguita dai nostri enti pubblici. Un sistema tributario opprimente con odiose, insaziabili fiscalità ogni volontà e ogni possa di accumulare, e più che atto a disperdere le già fiacche iniziative delle nostre classi capitaliste: una imponente espansione di bilanci centrali e locali, in cui le spese economicamente improduttive hanno una enorme prevalenza, e pur quelle produttive non toccan la meta sfnza uno sperpero grandissimo di forze e di ricchezze nazionali: un cumulo eccessivo di debiti pubblici e un sistema complesso

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