Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 2 - 30 luglio 1898

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AL PARLAMENTO Esce in Roma il 15 e il ~o d'ogni mese ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO; anno lire 7; semestre lire 4. Un nuJD.éro separato: Oent. ~O AnnoIV. - N. 2. Abbonamento postale Roma30 Luglio1898. SO~H[A.RlO: I giornalisti cond,>un:iti dal 'l'ribnnalc Militl>ro di Mil,,110 (0011ritratti o note). - D,·. E. P(tnl<rno: Un grido d' allarblllii me (Le fol·zc idra,uliclrn o l'ooo:1omia, 11 ,zion1,lc). - D,·. 1\~. 01hjctn,11,i: J-'-.. pt•JtC3tt~ o lo elezioui clell'lnghilterr.:l. - IL giudizio degli altri. (Le ropra3sioai dcll'icri e le rapl"3.HioHi cloll'oJ~i). - Ciò eh~ si st3,m._11,iu (nghiltol'L'.l,, - Silvio Spaventa. - Arturo L~briola: ÙL".)Uj,Jhe Iutct•111,zion1.li. L'evohuioue del fed:n·a.ti.s:nJ in [~vizt!H'A. - P,•of. L•1..igi Mtri11.~: Lj, filo3ofi.a p:>sitiva; e la '""1.,Scuola. - 81loatore ài Gi"co.11,: L' [gnot,. - S,iori11,~ntalis11i, Si,i<1le. - Va,·ietà. - Rioist<1 àille Rioiste. - R,ce11sioni.

12 'R._IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALf I NOSTRI RITRATTI GUSTAYOClllESI nativo di Modena andò giovinetto a Genova ove le sue prime armi furono quelle asprissime per guadacroare la vita come impiegato ferroviario. Collaboratore dell' U11ilàJlalia11a di Federico Campanella e poi del Popolo di Achille Bizzooi, cessato questo giornale egli fondava insieme a Federico Piccinelli il Crepuscolo, un giornale più che altro letterario, a cui Felice Cavallotti dava le sue primizie, tra le quali, famosa, l'Ode sugli Otla11ta. Lavoratore instancabile in quel volger di tempo fu di grandissimo aiuto ad Agostino Bertani nella raccolta dei documenti e per la compilaziom: dell'Inchiesta Agraria, specialmente per la Liguria e le isole dell'Arcipelago Tosrano. Chiamato dal deputato Carini come redattore capo dell'Epoca di Genova, e poi nominato direttore, fu quello uno dei periodi più brillanti del giornale genovese che raggiunse la tiratura ~i 60,000_ copie: Durante il colera del 1883 fu uno degh orgamzzaton della Croce Rossa e il governo gli mandò la medaglia d'argento ch'egli però, pago del dovere compiuto, non volle accettare. Avendo il proprietario dell'Epoca venduto quel giornale ad una societ:l. di speculatori, Gustavo Chiesi, inskme a tutta la redazione abbandonò quel pericdico fondando l' 1:.poca denwcratica che, per mancanza di capitali e per la solita fiaccona degli amici, dovette quasi subito cessare le pubblicazioni. - Nel gennaio dd 1886, per incarico del Secolo, partiva per l'Africa; e, ritornato in Patria, e stabilitosi a Milano, scriveva, insieme a Giulio Norsa, il brillantissimo libro Otio mesi in ..Africa a cui fece la prefazione Dario Pap1. - Fu in quell'occasione ch'egli strinse intima amicizia con Dario Papa, e da allora scrisse sempre nell'Italia e poi nell'Italia del Popolo - ora soppressa - della quale, alla morte di Dario Papa, fu ad unanimit:l. dagli azionisti nominato direttore. Gustavo Chiesi ha pubblicato vari volumi politici e letterari tra i quali notevoli : La tradizione federale in Italia, Raffaele R11batli110L,a Sicilia illustrata (giudicato uno dei migliori libri descrittivi dell'Isola), L'Italia irredeuta, e i romanzi e novelle Notti liberiane, Nel tempo che fu, Giovan11i.da7(.aveuua, I marchesi di Albeg11a, Amore 111nlaloA, lla conquista della gloria, e 6 grossi vo• lumi - Milano (2 vol ), Como (r voi.), Sondrio (r voi.), Brescia (1 \'OI.), Pavia (r val.) - per la grandiosa opera Ln Patria edita dall'Unione Tipografica Editrice Torinese. Tra i giornalisti condannati a Milano Gustavo Chiesi ha avuto il massimo della pena : 6 anni di reclwioneed un a1111d0i sorveglianza. CAHJ,OUOl\lUSSI, awocato, getta la toga alle ortiche, e nel 1875 gli operai milanesi accorrono alle sue conferenze, tenute nella sede del Consolato operaio, ove tntusiasmava l'uditorio, rievocando dalla storia e dai monumenti cittadini la Yita, i palpiti, le gioie e i dolori di Milano attraverso i secoli. Fu io quel tempo che pubblicò La Storia degli Stati U11iti d'America, Le Cinque j!ioru.atenella poesia, nelle caricature e r.elle medaglie, Mila110che sfugge e il libro Milano nei suoi monumenti che gli \·alse la medaglia d'oro della Società Pedagogica Italiana. - Anima del Secolo col quale fini col dh·entarc come una cosa sola, egli, sia come redattore capo, sia in questi ultimi anni come direttore, vi portò tutta la sua esuberante vitalit:l. facendovi delle campagne che, come quelle per l'allargamento del suffragio, contro l'impresa africana, contro i gallofobi, contro la Triplice Alleanza, e per la questione morale - in questa particolarmente a fianco di Felic.: Cavalletti, l'amico del cuore - resteranno memorabili negli annali del giornalismo democratico italiano. Ma il lavoro del Secolo tutto non lo assorbì perchè egli si manifestò anche il filantropo che dava e fecondava l'idea da cui Milano vanta gli ..Asili notturni, l'Albero di Natale, il Pane quotidiano, e spiccò come il propagandista e l'organizzatore che scriveva il libro Cercare e prova1·e, che sollevava l'agitazione riazion.J!e per la Cassa pensione degli operai, che promoveva la Società.Edificati-ice di abitazioni opei-aie, la Società.Macchinisti ferroviari, la Società.Archimede, e che era l'anima -di tutte le piu belle iniziative del Consolalo ope1·aiomilanese dal quale soltanto si ritirò per fondare il T1·ibunalodei lavora/ori quando al programma tradizionale democratico vi fu sostituito quello della lotta di classe. Fu Carlo Romussi che bandì e che tradusse in attO il disegn9 di una Esposi'{ioneinterna~,ionaleoperaia ed egli oggi è riconosciuto da tutti come uno dei veri pioneri della Cooperazione io Italia. Lavoratore intelligentissimo ed instancabile Carlo Romussi, tra un problerra legislativo ed un nuovo s?dalizio operaio da fondare, ha trovato anche il tempo d1 essere l'archeologo che restituiva alle indagini dello storico una pietra, un disegno, una pergamena, una moneta, un incunabulo, come di mostrarsi l'artista che va ad inerpicarsi sul.e candide guglie del Duomo di Milano - su cui stava appunto scrivendo in questi ultimi giorni un'opera illustrativa - per sorprendervi i misteri della fede tradotti nelle meraviglie del marmo. Carlo Romussi è stato condannato a 4 anni e mesi 2 di reclusionee uno di sorveglianza. .. • * Nativo di Brescia BORTOLOFEDERICÌ segui gli studi legali a Pavia, e nel 1883 si laureò avvocato. La sua vita politica comincia dal 1884 quando prese parte colle squadre di Cavalletti alla spedizione di soccorso ai colerosi di Napoli, pel quale atto anche lui non volle accettare la medaglia che il Governo gli mandò! Una sua conferenza su Napoli durante il colera rivelò a Milano l'oratore che si doveva poi affermare nella propaganda repubblicana astensionista ddla ScuolaManini. Deciso dal partito repubblicano mazziniano la partecipazione alle elezioni politiche, Bortolo Federici fu uno degli ultimi a presentare la candidatura che posava nelle passate elei i:lni generali contro Filippo Turati, non tanto per la speranza di un successo quanto per affermare la necessità anzitutto di risolvere la questione politica. Da circa due anni egli era parte dal Comitato Esecutivo del Partito repubblicano italiano che faceva centro a Milano, ed era uno d, i piu attivi nella propaganda e nell'organizzazione. Come avvocato I! apprezzatissimo e fa parte del Consicrlio di disciplina degli avrncati milanesi, i guaii, nobilmente, per quanto di colori diversi, emisero un pubblico voto di stima per l'accusato. Bortolo Federici è stato condannato a 1111 a11110 di delewzionee rooo lire di multa. • * * DO~ DAVIOALBERTAIUO e nato nel 1846 a Filighera da Paolo e Marianna Bianchi, quinto di quattordici fratelli. Nel 1861 entrò nel Seminario di S. Pietro Martire a Pavia da cui pass6 in quello di J\Ionza per venire poi a Roma ove frequentò l'Università Gregoriana, ottenendo nel 1868 la laurea in Teologia. Ordinato sacerdote nel 1869 ed entrato nella redazione dell'Osservatore Catlolico di cui poi fu nom'nato Direttore, dette a qm.:sto giornale tutta l'impronta del suo carattere ba_ttagliero. Nel tempo stesso egli fondava il PopoloCattoltco ed il Leonardo ai quali collaborò sempre assiduamente. :--lei 1881 accusato di fornicazio11e egli volle il processo, e la Curia vescovile di Pavia preci 1mò l'innocenza dell'accusato, come la Congregazione del Concilio con due sentenze favorevoli, l'una di primi l'altra di seconda istanza, l'assolse dall'accusa ch'egli prendesse il coffe prima della messa. Don David Albertario e stato condannato a b-e anni di detenzione e a rooo lire di 11111/ta. . .. Per quante ricerche abbiamo fatte n0n avendo potuto avere i ritratti nè della signora dottoressa ANNAKOULISCIOFF nè di PAOLOVALERA dobbiamo rin un-

I ► 'R._TVISTAPOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCTALT ziare forzatamente ad inserirli nella Galleria della Rivista Popolare. E ce ne duole mo'.to, perchc la scrittrice socialista russa, instancabile propagandista delle sue idee, e il valoroso pubblicista, nostro egregio collaboratore, per quanto men noti al pubblico pei loro precedenti, avreb~ero completato il quadro che senzapiccine distinzioni di scuole politiche e astenendoci da ogni commento noi volevamo produrre in omaggio al libero pensiero. ~ UN GRIDO D'ALLARME (Leforze idraulichee l'economianazionale) (1). Discutendosi alla Camera il progetto di legge sulh militarizzazione dei ferrovieri, io affermai la necessità che lo Stato si apparecchi sin da ora, mercè una preliminare inchiesta, al riscatto dell'esercizio ferroviario: riscatto che nuovi tentativi di monopolio, per ora fortunatamente sventati, potrebbero rendere più tardi impossibile, con gravissimo danno dell'economia nazionale rr,inacciata dal pericolo di vedere asstrvite al capitale ei tero e sfruttate dalla speculazione le inestimabili risorse delle sue forze idrauliche, speranza non effimera della sua futura riscossa. Quelle brevi parole S1.Jscitarononon pochi com• menti da parte della stampa, e segnatamente il Corriere della Sera, il Caffaro ed altri se ne occuparono, mostrando il virn desiderio che le mie allusioni fossero più nettamente chiarite. Mi dispensò allora dal farlo un notevole articolo pubblicato nella Nuova Antologia dall'on. Afan De Rivera : articolo di cui si è molto occupato il giornalismo e nel quale l'ex ministro dei Lavori Pubblici, trattando ampiamente il problema ddla utilizzazione delle nostre forze idrauliche e dell'applicazione dell'energia elettrica alh trazione sulle ferrovie, così illustra ia sua circolare telegrafica ai Prefetti del Regno, con la quale avoca al Mi• nistero del Lavori Pubblici l'ultima parola per qualsiasi concessione di forze idrauliche a scopo di trazione elettrica. « A tutti è noto », così egli scrive, « l'ordinamento ferroviario italiano stabilito dalla legge 27 Aprile 1885 che approvò le Convenzioni che entrarono in vigore il 1 ° Luglio dello stesso anno. Bastera soltanto menzionare che il contratto di concessione dell'esercizio fu stipulato con ciascuna Società per 60 anni, divisibili però in 3 periodi, di 20 anni ognuno, con facoltà al!e parti di disdetta alla fine di ogni ventennio, mediante preavviso di due anni; cosicchè fer le socie/a e per il goz·erno o uni decisionedev'esserepresaavanti il 1° Luglio 190 J. b (1) Mentrela Rivista sta per andarein macchinala N11ova .Antologia - 1° Agosto- pubblica un'articolo della Direziot1e delle strade ferrale 111eridio11ali, in rlsposta a quello dell'on. AfanDe Riveradel 15 luglio. Dopo averloletto, non trovo di dover modificarei miei 'apprezzamentii, quali inveceda tale pubblicazionericevono nuova e piu chiaraconferma: 1 ° per quel che si attiene in genere al tentativodi monopoliodelle forze idrauliche che si va delineandonel paese; 2° per ciò che concerne i rapporti, amministrativamentneon corretti, fra Società, Isp~ttorato ferroviarioe governo; 3.0 pertutto quantosi riferisceallo sc/Jemadi co11ve11zio11e concordatofra l'Adriaticae l'Ispettorato ferroviario,senzal'interventodi alcunministro. La 'Direzionedelle 111eridio11ali, che pur si diffondecosì volentieri sopraaltri punti secondariidella questione, 11011 ba una sola parola per ribatterela precipuaaccus1fatta dall'on. Afan D~ Riveraa quellaConveuzione;la ce~sionec, ioè, gratuita e pe 60 a1111i delle c,dute dell'AddaallaSocietàAdriatica:punto capitaleda cui tutto il resto prendenormae luce. Onde è proprio il casodi ripetere: vigilent consules I « Questo è importante ricordare perchè in ogni evento pensi il Governo all'evidente necessità di una politica di mani libere; cioè di non contrarre obblighi, o far concessioni, o dar mandatialle Società, che possono poi, per naturale conseguenza,o per illazione,o permalinteso,dare appiglio a pretese di vincoli, di continuità, d'inde:mità o d'altro. A questo ha mirato essenzialmente11circolare del Ministero dei La\'OriPubblici, N. 4496 del 17 Giugno ultimo, cioè, a scongiurare un equivoco occorso in un articolo 9° di uno schema di Convenzionefra una dellesocie!:\ ferroviarie ed il Governo, con il quale articolo, per un errore forse di dizione,si proponeva che il Governo concedesse gratuitamenee per 60 anni una certa forza idraulica alla Società, che la Società avrebbe poi subconcessaa clii avrebbe fatto un determinato impianto per esperimento comparativo di trazione elettrica; mentre essendodovere del Governoe delleSocietà di tenersi reciprocamenteliberi da ogni impegno, sorge naturale la conseguenza che il Governo faccia direttamente la concessione,senza inter• mediarì ». Queste parole, scritte con evidente proposito di porre in sull'avviso l'opinione pubblica, costitui• scono la più autorevole conferma delle gravi allu• sioni da me fatte in Parlamento. Senonchè la loro meditata misura, sp:egabile in un uomo che ha lasciato da così poco tempo- il potere, merita nell' in teresse del paese che venga meglio chiarita senza reticenze e senza sottintesi. " * * La convenzione di cui parla l'on. Afan De Rivera altro non può essere che lo scbemadi con/rallo con• cordato fra l'Ispettorato Ferroviario e la Società Adriatica, al quale intendevo più specialmente di riferirmi nel mio discorso alla Camera. Con tale convenzione il GoYerno italiano s'im• pegnava di concedere all'Adriatica, gratuitamente e per sessant'anni, a scopo di trazione, l'uso di una delle più ricche e superbe forze idrauliche del nostro paese : quella del fiume Adda; e l'Adriatica alla sua volta (tanto si reputava sicura del fatto suo) aveva già stipulato analogo compromesso con la Casa Ganz di Budapest, in virtù del quale le avrebbe subconcesso l'uso delle acque stesse pr.r esperimenti ed impianti comp:uativi di trazione elettrica sulla sua rete. Tutto ciò, elaborato, concordato fra l'Ispettorato ferroviario e la Società Adriatica, senza che 11ulla ne fosse trapelato al di fuori; senza che ne aves• sero avuto comunicazione i vad ministri succedutisi da qualche tempo alla direzione dei Lavori Pubblici. E poichè per le derivazioni di acque pubbliche non occorre la sanzione legislativa ma basta, secondo i casi, l'autorizzazione prefettizia, ministe• riale o regia; cosi per tradurre l'accordo in fatto definitivo ed irrevocabile non mancava che ];- sanzione del potere esecutivo, sanzione che eYidentemente l'Ispt ttorato e la Società si ripromettevano di ottenere facilmente ; senza di eh(' la loro completa trascuranza, il disprezzo di ogni più elementare norma di prudenza per assicurarsi, in cosa di sì eccezionale entità per l'economia nazional,·, l'anticipato assenso dei ministri competenti, e specialmente di quello dei Lavori Pubblici di cui l'Ispettorato è alla immeJiata dipendenza, s,:- rebbe davvero inesplicabile. Imperocchè, a pre,cindere da ogni altra considerazione (come quella per esempio gravissima della cessione gratuita) la concessione per 61> anni delle

'R.,IVIST A POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI forze motrici dell'Adda - concessione che sarebbe stata indubbiamente seguita da altre - come ne fanno fede gli studi iniziati nelle varie plaghe del Regno - avrebbe messo lo Stato nella quasi impossibilità di valersi del diritto di riscatto per avocare a sè l'esercizio fe~roviario, inestimabile risorsa dell'esau- . sta economia del paese. Assicurando infatti all'Adriatica il monopolio delle forze motrici, destinate a sostituire in un avvenire più o meno prossimo l'elettricità al vapore nella trazione ferroviaria, l'avrebbe resa arbitra della situazione; le avrebbe messo in pugno il manico del c0ltello con cui le sarebbe stato facile d'im- .porre ali'Italia, nel 190 3, questo ferreo dilemma : o la continttazionedelle presenti convenzioni, o il riscatto a prezzi onerosissimi. Si sarebbe rinnovato, sotto altre forme, e con metodi peggiorati quel funesto periodo della vita italiana, nel quale il Governo, meditatamente, per preparare il terreno al monopolio delle grandi Compagnie, lasciò trascorrere, senza denunziarlo, il termine utile al riscatto delle Meridionali; e più tardi, deviando, allucinando lo spirito pubblico, coi falsi bagliori dell'impresa africana, rese possibili quelle Convenzioni ferroviarie che la coscienza del paese chiaramente respingeva, ma che furono, per tal modo, saldate ai fianchi della nazione, come la catena ai piedi del forzato. • Di questa fatale abdicazione delle più gelose prerogative di Stato in mano delle grandi Compagnie ferroviarie, il paese porta impresse le stimmate indelebili in tutte le manifestazioni della sua vita economica; inquinata dal conflitto permanente fra il tornaconto delle Società concessionarie e i grandi interessi della nazione; paralizzata dall'assoluta impotenza del governo a tutelarsi contro la loro indebita e soverchiante ingerenza. E il male dev'essere ben più grave e profondo di quel che non appare, se, dopo una breve permanenza al ministero dei Lavori Pubblici, l'on. Afan De Rivera ha potuto scrivere in proposito le seguenti parole : « E prima di tutto dobbiamo impedire che più oltre si diffondanole voci calunnioseche le grandi Societa sono come uno Stato nello Stato, e che siccome i ministri dello Stato mutano quasi con le stagioni e talora anche più presto,mentre le Amministrazionidelle grandi Società conservano sempre gli stessi uomini, così nella lotta naturale d'interessi si presente da qual partedebba rimanere il sacrifizio.Dobbiamo altresi evitare che si sospetti ingiustamente, che le grandi Societa, appunto perchè sono a capo di fortissimiinteressi, possanopoco alla volta,estendere le loro relazioniufficialied ufficiose, esorbitandoin guisa da aver rapporti con autorità e con dipendenti del Governo i quali devono soltanto corrispondere con i loro superiori. È questo un principio di disciplina che dev'essere rigorosamente applicato, non solo per il prestigio dell'Amministrazionem, a anchenel- !' interesse di quei rapporti correttamente cordiali che debbor:oesistere tra Governo e Società ». Quale più diretta e trasparente allusione di questa, al crescente asservimento della pubblica amministrazione verso le società ferroviare? Il richiamo non poteva essere nè più eloquente nè più opportuno. f: da anni ed anni che si trascina in Parlamento e fuori, senza mai risolverla, una delle più gravi ~uistioni che interessano il paese: la riforma del1 Ispettorato ferrovìario, Che si attende per farlo? Che alle vecchie delusioni si aggiungano le nuQve? La prolungata p.:rmanenza di un Reggente, anzichè di un titolare, alla Direzione di quell'importantissimo ufficio, aggrava la situazione. P.:ggio ancora. Questo provvisorio ha caratteri cosl eccezionali che il prolungarne la durata costituisce un imperdonabile errore di governo. Difatti l'Ottolenghi, il quale proviene dall'Amministrazione di una delle due grandi Società ferroviarie - se è vero quanto mi si assicura - avrebbe assunto lareggenza dell'Ispettorato coli' affidamento che, cessando da tale ufficio, avrebbe potuto liberamente riprendere la sua antecedente occnpazione. E intanto, continuando a figurare virtualmente nei ruoli di quella Società, proseguirebbe a versare nelle casse della medesima, come per il passato, l'annua tangente per il conseguimento della relativa pensione. f: vero tutto ciò ? Urge nel!' interesse del paese che venga smentito o confermato da chi ne ha il diritto e il dovere. Io non conosco l'Ottolenghi. Però debbo dichiarare, per debito di lealta, ch'egli ha fama di uomo integro, intelligente, e di cose ferroviarie competentissimo. Ma tutto ciò, per quanto gli faccia personalmeme onore - e spieghi come, malgr.1do le sue permanenti attinenze con le Società ferroviarie, possa essere stato chiamato a cosi importante e delicato ufficio - non modifica la gravità dell'apprezzamento a cui si presta la condizione singolarmente eccezionale dell'Ispettorato ferroviario, cosi costituito, al cospetto dell'opinione pubblica Come è possibile infatti che questa, di fronte alla nota inframettenza e al crescente prepotere delle Compagnie faroviarie, possa ~cquetarsi serena nell'efficacia morale dell'unico controllo governativo sulla loro azienda ; controllo alla cui direzione è preposto un uomo, sia pu1e risp.:ttabilissimo ma che sarebbe esposto alla eventualità di potere o di dover ritornare, da un giorno all'altro, sotto la diretta dipendenza di coloro la cui opera è oggi chi'.lmato a sindacare. Certe quistioni basta enunciarle per risolverle. Ogni commento sarebbe increscioso o superfluo; ed è già troppo il dover constatare l'incredibile leggerezza con cui si procede fra noi in materie di cosi capitale importanza per Li vita economica del paese. La situazione delle Compagnie terroviarie di fronte allo Stato si va facendo ogni giorno più grave. In attesa dei risultati dell'inchiesta sul loro personale, si delineano già nell'orizzonte dei formidabili punti interrogativi per ciò che concerne le Casse patrimoniali le quali preparano al paese nuove e più dolorose sorprese. Un'inchiesta generale su tutta l'azienda ferroviaria s'impone oramai come un'imprescindibile necessità di Stato, per avvisare in tempo ai rimedi, e per prepararsi, con maturo giudizio, alle determinazioni che il Parlamento dovrà prendere alla scadenza del primo ventennio delle Convenzioni. J:\la d'ora per allora è assolutamente indispensabile, e s'affaccia con carattere di suprema urgenza, una riforma sostanziale ed immediata dell'ufficio di controllo, chiamato a· garantire tanti e cosi vitali interessi della nazione. Qualunque ulteriore indugio non farebbe che ribadire nella coscienza pubblica il doloroso convincimento, che lo Stato italiano è impotente a salvaguardare i grandi interessi nazionali, quando sono

'RJVISTA POPOLARE 'Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOçIALI in giuoco gl' interessi delle oligarchie .politiche, finanziarie ed economiche. ~ * * Nè il pericolo risiede soltanto nella questione ferroviaria. L'on. Afan De Rivera mostrò di comprendere tutta l'entità del rroblema economico che ci sta dinnanzi, allorchè, assorgendo dal campo ferroviario ad un più vasto orizzonte, così chiude la sua dotta e geniale pubblicazione : ccCi troviamo in presenza di un importante problema che interessa non solo le ferrovie, che costituiscono il principale servizio pubblico del paese, ma che riguarda l'intero avvenire economico .dell'Italia. Siamo quindi giustificati nel chiedere che esso venga risolto in base a criteri pratici, ad esperimenti di fatto, a risultati positivi. Non dimentichiamo che all'utilizzazione elettrica delle forze idrauliche si apre un vasto orizzonte di applicazioni pratiche e di progressi e benefizi economici nel campo industriale. La produzione industriale si basa su questi elementi: capitale, materia prima e lavoro. « Nei diversi rami dell'industria, specialmente nell'industria meccanica, il concorso della materia prima tende a scemare, grazie alla sua migliore utilizzazione e per raggiungere il costante desiderato di una maggiore efficienza, in minor peso e volume. Evidentemente per questo fatto cresce il concorso del lavoro; il quale è risultato di due elementi : forza e mano d'opera. La mano d'opera è in Italia a buon mercato; la forza, che è il vapore, che è il carbone, è cara. L'alto prezzo del carbone, e quindi della forZl motrice è una delle cause precipue della inferiorità industriale. « li carbone era fino a ieri, e può dirsi ancora in oggi, l'agente primo della forza motrice e quindi della potenza industriale ed economica dei popoli moderni. Ma già comincia a sorgere un domani migliore per il nostro paese, se lo vorremo: l'utilizzazione elettrica delle splendide cadute d'acqua delle Alpi e degli Appennini, destinate a rav\ivare le autiche industrie, a dare vita a nuovi e prosperi opifici. Ma occorre che di fronte al grande problema, lo Stato abbia una linea di condotta ferma e chiara: si inspiri all'interesse generale di fronte alla speculazione privata che lo insidia : resista a tutte le domande di concessioni monopolistiche che volgerebbero a beneficio di pochi e graudi capitalisti, fors'ancbe stranieri, ci6 che deve essere la risorsa e l'utile dell'intera nazione. Vigilent consules ! » E i consoli non vigileranno mai abbastanza per metterci al coperto di ogni sorpresa! In previsione della inevitabile fase evolutiva della forza motrice in tutto il vasto campo delle applicazioni industriali; indipendentemente dalla trazione ferroviaria, un lavorio febbrile si è andato delineando, da qualche tempo, nell'orizzonte della speculazione, con questo obiettivo: la costituzione di una grande Societàper az.ionì - a cui sarebbe sin da ora assicurato il concorso di fortissimi capitali esteri - e alla quale lo Stato italiano dovrebbe concedere il monopolio delle forze idrauliche per la loro trasformazione in energia elettrica. Sotto altre forme, una nuova edizione - riveduta e rnrretta - della spewlazio11e dilizia; e un'asservimento delle maggiori risorse dell'attività nazionale al capitale estero. Non è chi non vede quale immensa iattura sarebbe per l'economia nazionale se un simile progetto potesse realizzarsi, anche soltanto in parte ! . .. Nell'utilizzazione delle forze idrauliche vi è in giuoco l'avvenire stesso del paese. La principale obbiezione fatta alle proposte dell'on. Afan De Rivera per quel che si attiene alla trazione ferroviaria è que5ta : che le forze idrauliche veramente importanti, che potrebbero per costanza e volume essere utilizzate per un servizio pubblico, quale il ferroviario, sono poche e per di più concentrate nelle Alpi, e nelle gole degli Appennini ove le ferrovie sono meno sviluppate e meno importanti. Ond'è che da esse non potrebbe trarsi che un beneficio assai limitato e forse non proporzionato agli inconvenienti che sarebbero per derivare da un servizio di trazione misto, elettrico cioè e a vapore. Ma ammessa e non concessa questa obbiezione, è opinione di uomini assai competenti che la soluzione del duplice problema tecnico e finanziario - l'unificazione cioè del sistema di trazione - si possa benissimo raggiungere quando alla trazione attuale a vapore venga sostituita per intero, quella elettrica per conduttori, e quando l'energia sia prodotta dalle forze idrauliche ove ve ne sono, e dal vapore ove le prime mancano. L'economia della trazione elettrica, qua.udo pure si debba utilizzare il vapore per forza motrice, è indiscutibile, se si riflette che in luogo di bruciare il combustibile in focolari come quelli delle locomotive, che consumano dieci chilogrammi di car· bone per cavallo - ora,· si potrebbero invece impiegare delle caldaie fisse che consumano mezzo chilogrammo per cavallo - ora, ottenendo un beneficio del 90 per roo, pur seguitando ad adoperare i carboni fossili esteri. . Ma si può far di meglio : avvicinarci cioè alla totale emancipazione dall'estero per i combustibili destinati al servizio ferroviario. Da un capo all'altro d'Italia esistono abbondantis:.imi giacimenti di Ligniti e Torbe, quasi confinanti tra loro, che sono ora pressocchè sconosciuti e 1,on utilizzati che in piccolissima parte, perchè poverissimi e perchè le spese di tra,porto, dati i forti volumi che .ne occorrerebbero, non trovano un'adeguato compenso nella forza che possono produrre. Ma se in luogo di trasportarli, si utilizzassero sul posto stesso di escavazione; se invece di bruciarli direttamente, se ne ottenesse del gaz e que,to lo si facesse servire al riscaldamento di caldaie fisse costruite secondo i sistemi pii\ perfetti, non è chi non vegga l'enorme beneficio che da tali combustibili poveri, ora inutilizzati, se ne potrebbe ricavare in favore della trazione elettrica ferroviaria e del lavoro nazionale in genere. Dove mancano le cadute d'acqua, le torbiere e le cave di lignite ci darebbero tesori di forze perenni e qua,i gratuite, rendendo possibile ad un tempo l'unificazione del sistema di trazione e l'indipendenza dall'estero. Che dire poi dello sviluppo agricolo ed industriale, per il quale potrebbero e dovrebbero essere utilizzate non soltanto le grandi, ma anche le più modeste forze idcauliche del nostro paese; presso alle quali bisognerebbe vegliare come intorno al fuoco sacro che dovrà alimentare e centuplicare un giorno il lavoro produttivo dd popolo italiano? Quando dinanzi alle esauste sorgenti della fortuna economica d'Italia, affisso lo sguardo in questo regno futuro qell'energia elettrica applicata al lavoro - che dal mondo fantastico dei sogni co-

26 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI mincia a passare man mano in quello della realtà - sento rinascermi in cuore delle speranze che, rntto il cumulo delle crescenti delusioni, volgevano al tramonto. E a questa Italia che alimenta la falsa pletora delle sue città con l'an.,mia progressiva delle sue campagne; che lascia cadere sulle sue glebe, senza fecondarli, i raggi dtl suo sole, per riscaldarsi ,dia fiamma delle sue stufe doganali ; e procede alla conquista del proprio avvenire economico ribadendo, ad ogni pie' sospinto, le sue catene fiscali, ili cui ogni anello è una storia di dolori, ogni salùatura un suggello d' impotenza; a questa Italia - riboccante di spostati e rosa dalla tabe dell'affarismo - io veggo succedere, nel lontano orizzonte, un'altra Italia: un'Italia nella quale, da ogni colle, ùa ogni valle, seminati di orti e di case, un popolo di lavoratori forti e sobrii - pei quali il tetto ùomestico sarà opificio e santuario - faccia risuonare l'inno della vita e della solidarietà umana ove oggi non s'ode che la nenia sconsolata dei derelitti o il cachinno dei soddisfatti. /* Ma è tempo di ritornare alla realtà dell'ora pre- ~ente. E per farlo non mi resta che di riassumere in poche frasi il m_it 1 pensiero. L'on. Afan De Rivera, operando e scrivendo come ha fatto, ha reso un segnalato servigio all'ecouomia nazionale. Il grido d'allarme da me lanciato alla Camera, cd ora qui meglio chiarito ed illustrato, non po• ! cva trovare, come già dissi, più autorevole conferma e più luminosa giustificazione. Spetta ora al Governo, al Parlamento, al Paese Ji non lasciar cadere nel vuoto il poderoso problema. Ed è con vivo compiacimento che ho raccolto le notizie relative agli studii iniziati testè al Ministero dei Lavori Pubblici per la riforma della legge e del regolamento sulla derivazione delle acque pubbliche, col fine di sottrarle alla speculazione ::leatoria e monopolizzatrice, nell'interesse dello sviluppo ferroviario, industriale ed agricolo del paese. Possa questo lampo di risveglio non essere ·effimero, come pur troppo· ci ammaestra la via cruris del passato ! Conviene affrontare la questione con larghezza di criterii, senza indebite pastoie che inceppino le molteplici attività al cui svolgimento è affidata la vita economica della nazione ; ma in pari tempo ron l'occhio sempre fisso alla meta che si vuol raggiungere. f: tempo di spezzare la cerchia di ferro in cui, sotto le strette di monopolii palesi o larvati si dibatte il paese che lavora e produce; di mettere l'Italia al coperto di nuove sorprese e di nuovi sfruttamenti nel campo, purtroppo decimato, delle : ue energie produttive ; di modificare radicalmente certi organismi di governo che, come l'Ispettorato. ferroviario non rispondono, come dovrebbero, agli interessi generali della Nazione; di apparecchiarsi in tempo a quella riscossa economica che la scienza e la coscienza del paese hanno fin qui invocato e seguiranno ad invocare indarno, fiochè non aliti nell'anima dello Stato l'anima della Nazione 1 e al tornaconto di pochi non si sostituisca, con virili iniziative e con geniali riforme, l'interesse collettivo del popolo italiano. Dr. EDOARDO PA:.TANO. La~rntesletlaezio~e~li~l'~~ilterra Gl' italiani, che credono ancora di far parte di una nazione libera e civile devono arrossire per vergogna facendo un confronto tra ciò che avviene in Inghilterra e lo spettacolo quotidiano che offre l'Italia. Appena terminato il cosiddetto processo dei giornalisti di Milano. che fini colla condanna di Chiesi, Romussi, Federici, Valera, Don Alberlario, Anna Koulichoff ecc. - processo che seguì alla scandalosa condanna dd borbonico Menzione in Napoli, per pretesi reati sui queli era caduta la Regia amnistia! - sono venuti, e l'arresto preventivo di Antonio Maffi per un articolo biografico su Carlo Romussi pubblicato nella Cooperazione Italiana, e le condann'e in contumacia di Ferdinando Fontana, Gastone Chiesi etc. - rei soltanto di aver scritto in giornali repubblicani -, e quella di Edoardo Scarfoglio innanzi al Tribunale militare di Napoli per un articolo del Secolo riprodotto nel :Mattino. Quell'arresto e questa condanna costituiscono gli episodi, per così dire, complementari e illustrativi del grande attentato contro la libertà della stampa consumato colla soppressione dei giornali incomodi al governo ed alle consorterie moderate. Sarebbe vano insistere sulla od'osa illegalità di questi atti del potere esecutivo, sanati già dal bill d'indennità accordato dal Parlamento; ma è utile e doveroso ritornare sulla inqualificabile apatia del popolo italiano, che le tollera e sulla semi indifferenza del grande giornalismo quotidiano. Ho detto altra volta della fiera protesta dell'associazione della stampa parigina - con a capo Thiers e De Remusat - contro gli editti di Luglio, protesta che iniziò la rivoluzione del 1830; ma non è inopportuno rievocare questo ricordo per fare risaltare quanto tiepida e fiacca sia stata invece l'azione dell'Associazione della stampa in Roma la quale limitossi alla votazione dell'ordine del giorno del 23 maggio, e poi non si fece più viva. Eppure il senatore Bonfadini, che la presiede, quantunque moderato ha un culto per la libertà e per la legalità! Un certo interesse, se non una vera fierezza, il grande giornalismo italiano l'ha palesato nell'occuparsi del caso Scarfoglio. Ma si scorge chiaro che a ciò è stato indotto dalle relazioni personali col direttore del Mattino e non dal sentimento di solidarietà, che dovrebbe animarlo nella difesa della sacrosanta e fondamentale libertà di stampa. Questa ipotesi non è campata in aria e viene avvalorata dal silenzio sul processo e sulla condanna per reato di stampa contro Antonio Maffi. E si che tra il casoMa.ffi e il caso Scarfoglio ci sono delle differenze che rendono assai più grave il primo. Infatti il processo contro l'ex deputato di Milano è stato iniziato col suo arresto preventivo, mentre allo Scarfoglio si lascia ogni libertà di muoversi,

I I RIVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI di scrivere e di difendersi. Il Tribunale militare di Napoli lo condanna in contumacia e Scarfoglio annunzia signorilmente e serenamente ch'egli parte per Parigi per discutere dei suoi affari con Gordon Bennett. Sono lieto delle liberta lasciata al monarchico direttore del Mattino, perchè la libertà voglio rispettata sempre e in tutti ; ma non si può che rimanere scandalizzati del niuno o pochissimo calore messo dai giornali quotidiani d' Italia nell' intrattenersi del processo e dell'arresto Maffì, come del completo loro disinteressamento per le condanne in contumacia dei giornalisti milanesi rifugiati a Lugano. Ciò non può spiegarsi se non col colore politico di queste ultirr.e vittime del generale Baya-Beccaris. Cosi essendo - ed altrimenti non può essere - la parzialità della grande maggioranza dei giornali italiani non potrebbe essere più deplorevole (1). Si prova un poco di conforto dinanzi. al contegno dell'Associazione lombarda dei giornalisti ; la quale non solo protestò contro la soppressione dei giornali ma dette incarico ad una commissione di giuristi - di cui facevano parte Luigi M.. jno ed Enrico V ~!data - di esaminare le questioni legali riguardanti la difesa dei suoi membri davanti ai Tribunali di guerra, e pubblicò e diffuse la relazione della medesima. Questa relazione serena ed elevata è un documento giuridico importante, in cui si esamina la retroattivita dei Tribunali di guerra, la definizione giuridi.:a dei reati, la responsabilità del direttore di un giornale, il diritto della èifesa e la procedura nel processo contro i giornalisti di Milano. L'esame è severa condanna di ciò che han fatto i Tribueali militari e si deve tener conto, nell'apprezzare e valutare l'opera della Commissione, che essa l'ha compiuta nelle città dove impera e comanda il Generale Bava Beccaris. Ma la manifestazione più significante viene dall'Inghilterra. A. I. Mundella, nipote dell'ex ministro liberale, nell'adunanz1 trimestrale del Consiglio direttivo dcli' Jnstituteof ]ournalists di Londra, richiamò l'attenzione sul processo dei giornalisti a Milano e sui minacciati provvedimenti contro la libertà di stamp,. Fu propostO e votato all'unanimità il seguente ordine del giorno: « L' lnstitute of jowualist desidera-di esprimere la propria simpatiaai giornalistiitalianiper la recentee minacciataazione del governo italiano contro la libertà di stampa; e decidedi rivolgere un appelloal Re d' Italia perchè voglia usare la sua clemenzaverso i giornalisti imprigionatiper cose scritte secondo i loro doveri professionali"· Dell' Jmtilttle of ]ournalists fanno parte in grandissima maggioranZl i monarchici e all'ordine del (1) Della nessunasolidarietànel campogiornalisticoitaliano ho avuto prove palmari. . e personali. Nessun giornal~ quotidiano rilevò e commentò la grave e severa requisitoria che l'oo. De Nicolò presentò alla Camera dei deputati contro il Pubblico ministerodi Roma, che arrivò diremo a sbagliarele date nel domandarel'autorizzazionea procederecontro di me pei sequestri della 'l{.ivisla Popolare. Sioanco l'..Avauti ! - pare impossibile- annunziò la ntgata autorizzazionecon parole che_potevanosembraredi rammarico! E nessungiornalequotidiano si dette per inteso del mostruoso sequestro capitato alla Valtellina di Sondrio per avere riprodotto il mio innocentissimo articolo: Pere/,., ù1 ]11gbi/ 1erra 1101c1i wno repubblicani. ('R..ivisla 'Popolare del 15 Giugno). Quel signore che regge la Procura di Sondrio sarà rimasto indignatodella libertà.. che si gode in Inghilterra ! giorno venne tolto ogni carattere di politica par· tigiana con le dichiarazioni di Sir Roussel, che precedettero la votazione del medesimo. Ciò lo rese piu interessante e ne fece così una mafestazione esclusiva in favore della libertà di stampa. Quest'atto di solidarietà che ci viene dall'Inghilterra ci conforta come giornalisti, ma ci umilia come italiani. Una volta la voce di Gladstone venne a stigmatizzare il regime borbonico; ora la voce dell' Institute of ]ournalists viene a protestare in difesa della libertà fondamentale, non solo minacciata, ma calpestata brutalmente nelb nuova Italia, e he doveva riparare e far dimenticare le infamie del governo negazione di Dio I Dr. NAPOLEONE CoLAJANNJ. / IL GIUDIZIODEGLI ALTRI (Le sommossedell' ieri e le repressionidell'oggi). Le ultime discussioni parlamentari hanno appreso agli italiani, che tra noi i governi si seguono e si rassomigliano nel male. Pelloux ripete Crispi. Gli economisti di ogni scuola, i giornalisti piu intelligenti e piu onesti, i politici che non subordinano ogni cosa alla soddisfazionedella propria ambizione, tutti quanti, con lusso meraviglioso di fatti e di ragioni, hanno dimostrato che le cause dirette, prossime e remote, degli ultimi tumulti vanno ricercate nel malgoverno che dura immutato da circa quarant'anni, e che i cosidetti partiti sovversivi non sono responsabili che di avere messo a nudo i mali... fatti dagli altri. Ebbene, ministero e Parlamento, continuando nei vecchi metodi di governo, chiamano responsabili, non coloro che fecero il male, ma coloro che lo denunziarono... e propongono e votano provvedimenti esclusivamente reazionari ! Dovremmo adoperare aggettivi iperbolicamente severi per qualificare questo metodo, ma ce ne asteniamo per paura che i magistrati vogliano tener conto di una sinto.natica interrogazione presentata dall'on. G[!ido Baccelli, e diremo soltanto che il metodo per risolvere i gravi problemi che s'impongono ai politici italiani passerà alla 5toria col nome di metodo ilalico per antonomasia. Noi, intanto, continueremo a riprodurre il giudizio degli altri. Riferiamo oggi quello di F. S. Nitti esposto nella "R._iformaSociale di Giugno, - uscita in ritardo - nell'articolo: L, sommossedell'ieri e le repressioni dell'ouui. '}j'otiamo con viva compiacenza che tutte le cose dette nell'articolo del valoroso professore napoletano sulla diminuzione del sentimento unitario, sulla relativa superiorità del Parlamento sul paese, sulla impunita corruzione bancaria, sulla inferiorità morale d'Italia di fronte alla Francia, sulla sperequazione tributaria tra mezzogiorno e settentrione, sulla necessità della diminuzione delle spese militari ed anche sulla riabilitaziooa della memoria di Ferdinando Jl0 , la Rivista lo n ripetendo da tre anni con monotona e inutile insistenza ; e da tauti anni, prima che i latti dolorosi ultimi avvenissero, lo va ripetendo nei discorsi parlamentari, nei libri e negli opuscoli chi dirige questa stessa Rivista ( Corru-zio11peolitica, La difesa nazionale e le economiemilitari, Politica coloniale, 'Banchee Parlamento, Gli avveuimenli di Sicilia ec.). Ed ora diamo 11 parola al Nitti. Il semplicismo italiano. - Il semplicismoritorna iu onore da noi in questi giorni. - li governo ne ha dato l'esempio nel modo più deplorevole.Vi sono molti malcontentiperchè non trovano lavoro; ebbenesi metta mano ai lavori pubblici. La politica dei lavori, avzi del lavoro, come si dicP,ritornain onore. Vi sono molti contrari alla forma politicaattuale,che hanno formato circoli e associazionid'ogni natura: bastascio-

RIVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI gliere le associazioni ed arrestare i capi. È una politica che non potrebbe essere più semplice. Ma ora si dice ; il Governo bisogna che faccia qualche cosa, nessuno dubita di ciò. Questo del « qttalcl,ecosa » da fare è la grande peste dei politici italiani. Quando si parla con qualcuno di essi, la prima affermazione che si sente ripetere non è che sia necessario volere che un programma determinato trionfi ma si dice da tutti che bisogna mostrare di fare qualche cosa. Questo qualche cosa così indeterminato, così mutevole, spesso è peggio che un programma di dissoluzione, Il malcontento è generale. - Ora noi siamo usciti dalla più terribile prova dell'Italia moderna, senza avere nulla appreso. I fatti del maggio scorso possono essere giudicati con serenità ora che la calma è, almeno in apparenza, ritornata, e apparranno tanto più gravi quanto maggiore è la serenità con cui li giudicheremo. Poichè la prima cosa che da essi risulta è l'ampiezza del malcontento. Il prezzo del ·pane è stato causa occasionale, ma i tumulti hanno assunto le forme più gravi proprio dove la ricchezza è maggiore o almeno la povertà minore. Non vi è alcuna zona d'Italia, non vi è forse alcuna classe di produttori italiani che sia contenta del proprio stato di depressione, tranne una classe di intermediari, di avvocati politici, di costruttori per cui sembra che questa organizzazione ponderosa sia fatta. Instabilità dello Stato Italiano. - Il piccolo Belgio ha un numero di elettori socialisti enorme: un milione e più ne possiede la Francia, e due milioni circa la Germania. L'Italia non ha che un numero relativamente tenue di elettori socialisti e rivoluzionari e, a prima giunta, può sembrare che il suo assetto politico sia più stabile. Invece esso non ha nulla di stabile: poichè le stesse classi più naturalmente conservatrici gli sono avverse, o almeno non saprebbero difenderlo se "non per paura di peggio. Non vi è nulla che sia più esiziale a una istituzione quanto il sentir ripetere che essa non può durare. Or con chiunque si parli in Italia, se si nota spesso l'assenza di convinzioni decise e precise, si sente però ripetere sempre la stessa cosa : - Così non si va avanti ..... Le cose non possono durare..... Chissà che cosa ne verrà.. .. Noi andiamo ogni giorno peggio ... Sono affermazioni vaghe; ma niente è più rivoluzionario di sua essenza che queste forme di vago malcontento. Nulla si fece di buono, si fece tutto il male possibile. - Sono cinquant' anni che lo Statuto è stato proclamato e quasi quàranta che l'Italia è stata costituita. Dal 1866 in poi si può dire che non abbiamo avuto una grande guerra ; un periodo di pace che forse non avremo più. Ebbene, che cosa abbiamo fatto in quarant'anni di unità e in trenta di pace ? Altri in molto minor tempo han conquistato la prosperità, altri la forza; noi nè l'uoa cosa nè l'altra. Lo stesso ministro di agricoltura che inaugurava l'esposizione di Torino, volendo nella constatazione dei progre:si compiuti ricorrere al genere lirico ha dovuto limitarsi alle constatazioni più insignificanti. E intanto che cosa è avvenuto ? Il debito pubblico dal 1862 ad oggi si è più che quadruplicato: in venti anni le spese pubbliche dello stato e degli enti locali si sono raddoppiate. E mentre le spese pubbliche aumentavano, per no processo inevitabile, pigramente si svolgeva la ricchezza privata. Nel 1862 l'onere del debito pubblico non rappresentava nel bilancio di ciascun anno che presso a poco il 1 5 °1, del bilancio stesso, rappresenta ora il 43 °r0 circa. Mentre l'altra parte i servizi civili, che erano allora rappresentati da circa un terzo, sono ora da meno di un quinto. Bilanci militari enormi e dissipazioni in costruzioni, la cosidetta politica del lavoro, che ora ritorna a galla, ci hanno menato allo stato attuale, che non potrebbe essere peggiore. Dopo trent'anni di pace abbiamo ora il corso forzoso, i cambi elevati, il debito pubblico enorme, le imposte altissime, le tariffe doganali deprimenti ogni traffico ed ogni industria, e, quello ch'è peggio, un'amministrazione che non potrebbe e;sere più pesante e più costosa. I politicanti trovano che si esagera. La Francia, essi dicono, ha un debito pubblico triplo del nostro, cd è ricchissima; la Russia ha il corso forzato e le sue industrie prosperano ; la Spagna ha i cambi sfavorevolissimi e fa guerre ; gli Stati-Uniti hanno tariffe doganali quasi proibitive per alcuni generi e progrediscono meravigliosamente ; l'Austria ha impc ste molto elevate eppure si sviluppa; l'amministrazione di alcuuè Stati non è migliore della no5tra eppure si va avanti s~nza tante difficoltà, Tutte queste cose sono vere ; ma il male è che l'Italia non ha uno di questi mali, ma li ha tutti insieme come non li ha nessun paese di Europa e che vengono acuiti dall'accrescimento rapido della popolazione e dall'aumento vertiginoso delle cosiddette professioni liberali. Il Parlamento è migliore del Paese. - Io sento dire molto male del Parlamento: e ora è quasi di moda scriverne il maggior male. Sono più acri coloro che non vi sono giunti e coloro che aspirano (l'aspirazione di metà della popolazione borghese da 40 anni in su) al comodo ufficio di Senatore. Il Parlamento è stato qualche volta migliore del paese: sempre ha più di esso resistito. I ministri che hanno fatto più male hanno trovato più resistenza nel Parlamento che nel Paese : anche ora la Camera dei deputati è più liberale del Paese, ed è migliore della classe che rappresenta. Senza dubbio vi sono troppi avvocati: e avvocato e deputato sono due cose che mal si conciliano dal punto di vista dei buoni ordinamenti politici. Mal si conciliano in un paese povero, c;ve enorme è il numero degli avvocati e ove la magistratura non è forse corrotta, ma è certamente timida per la sua povertà stessa. Vi sono nel Parlamento, senz1 dubbio, troppi militari, ed è danno non men grave del primo, poichè i militari sono nelle assemblee politiche causa di dissoluzione, se non di corruzione. Ma che cosa volete che faccia il Parlamento ? Decine di migliaia di persone uscite dalle scuole superiori e dalle medie, fremono per ottener posti; per aver lavoro, come si dice, quasi che il lavoro si potesse creare dallo Stato. II Parlamento è stato costretto a votare molte spese solo per questo: l'inframmettenza dei deputati è spesso solo determinata da cause di tale natura e volerne fare dtbito ad essi soltanto è ingiusto o non è morale. Il male è più grande e la causa più profonda, Alla propaganda bisogna opporre la propaganda. - In tanti Stati non vi sono leggi restrittive, e l'ordine è molto più grande che da noi. Poichè prima di tutto le cause di discordia e di lotta sono molto minori, e poi chi possiede o lavora sa che ha il dovere di lottare. Vi è uoa propaganda cattolica, una propaganda comunista, e una propaganda anarchica. Ebbene chi impedisce a noi di fare una propJganda opposta? È il nostro diritto ed è anche il nostro doverè. Noi dobbiamo lottare contro il male, ciò che noi crediamo il male : la salute è in ognuno di noi e non bisogna cercarla altrove, sopra tutto chiederla allo Stato, che in Italia ha risoluto il problrn1a di esser nello stesso tempo fiacco e pletorico. Invece noi preferiamo non disturbarci, quasi che la vita stessa non fosse una lotta ; noi vogliamo comodamente esigere le nostre rendite, i nostri stipendi, piccoli o grandi. e non curarci di altro. Lo Stato ha il dovere di dichiarare delinquente chi è contro di noi, sia egli prete, comunista o anarchico. Le condi:iioni di esistenza dello Stato laico mancano in Italia. - li popolo cui si toglie ogni fede nella religione è disposto ai rivolgimenti che assicurino la fdicità in questo mondo; è forse una illusione, ma è anche una illusione non indegna. Lo Stato Italiano è invece, dal punto di vista econo• mico e sociale, quanto di più ingiusto e antidemocratico si .possa irnaginare, e nello stesso tempo è costretto, per necessità di difesa, a deprimere ogni aspir.zione larga, ogni movimento che sia rivolto contro di esso. Ebbene un popolo che si trova nel terribile contrasto in cui è il popolo d'Italia, che non può essere sinceramente cattolico nè apertamente socialista, non è possibile che si adatti se non godendo di una notevole prosperità materiale avendo ordinamenti politici di una completa onestà. Per trent'anni, si sono chiesti sacrificii crescenti alle masse, si è tolto loro tutto ciò che si poteva togliere. Le derrate di maggiore consumo sono colpite in proporzione del 100 e del 200, perfino del 350 e del 400 per 0 r 9 . È orribile pensare che quando in un paese non lontano deJ nostro, in cui i salari sooo tanto più alti, il pane di prima qualità costa 25 centesimi il chilo, il sale IO centesimi, il petrolio 10 centesimi il litro, il caffè 2 lire al chilogramma e lo zucchero 1 lira, in Italia debbano esservi, per colpa di cattivi ordinamenti, i prezzi attuali. Eppure il popolo si rassegnerebbe anche alla miseria se l'anima nazionale vibrasse, se un legame comune si unisse in qualche cosa o per qualche cosa, sopra tutto se l'amministrazione e la giustizia fossero oneste. Popoli traversati dall'idealità religiosa, o dominati da una febbre di grandezza e di espansione, si sono rassegnati ad una miseria ancora più grande ed hanno triontato. Ma gl' ideali che si additano alle nazioni sono artificiosi e n~ssuno crede in essi, ·

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