- RIVISTPAOPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI OBPUTATO AL PARLAMENTO Esce in Roma il I 5 e il 3o d'ogni mese ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Un numero separato : Cent. IO. Anno lii. - N.20 Abbonamentopostale Roma30 Aprile -l898 SOMMARIO: LA RIVISTA - La grande sobillatrice. Id. - La Guerra. Dr. NAPOLEONI!CoLAJANNI - Settentrionali e meridionali (per l'elezione Crispi) G. PARATORE- Eleonora Marx. LUIGI EINAUDI- Come si scrivono i libri di sociologia. ARTURO GRAF - Per la nostra cultura. (Dalla 'N.,uovaAntologia). G. G. GizzI - Il programma finanziario dell'on. Baccelli. Dr. PAOLOBELLEZZA- Il pensiero letterario di Carlo Cattaneo. Sperimentalismosociale. Varietà. '1{.ivistadelle 'R_iviste. 'R.ecensio11i, Quanto prima tutli gli abbonati che ne hannodiritto riceverannola secondaedizionequasi completamente rinnovatadel libro del Dr. NapoleoneColajanni sul Socialismo (un volume, nella prima edizione, di 4 00 pagine, che costavaL. 5). Lagransdoebillatrice ~ Mentre andiamo in macchina ci pervengono le notizie dei tumulti. di Bari, di Faenza, di Foggia, di Napoli e di tutta la sua provincia. Non abbiamo tempo di occuparcene. Diciamo soltanto questo: il governo italiano ha seminato il vento e non può che raccogliere la tempesta. La fame, la sinistra megera, lisciata e accarezzata da tanti anni dai vari ministeri, è venuta a festeggiare a modo suo lo Statuto. LA RIVISTA, LA GUERRA Tra la Spagna e gli Stati Uniti la parola è già al cannone. Al cannone ? Forse sarebbe più esatto il dire che l'ultima parola la dirà il Dio milione. Se sono vere le notizie che corrono, gli americani, che ci si mostravano infiammati come tanti bollenti Achilli, non avrebbero fretta. Essi vorrebbero ripetere la tattica di Fabio. Temporeggiando, sarebbero sicuri di vincere quasi senza combattere. Chi guarda alla grande sproporzione economica tra i due contendenti comprende che la tattica fabiana condurrebbe alla rovina completa della Spagna. Gli Stati Uniti risentirebbero anch'essi le conseguenze economiche del prolungamento della lotta; ma meno di quanto si può immaginare, perchè il loro movimento d'importazione e di esportazione viene fatto prevalentemente sotto bandiera estera; nè la Spagna è in condizioni navali da dichiarare il blocco degli Stati Uniti. Il semplice annunzio della decisione americana di schivare la soluzione immediata della guerra con qualche battaglia na- ' ale spaventa l:t Corte di Madrid. Del resto, che cosa potrebbero sperare gli spagnuoli da una battaglia, che riuscisse a loro favorevole? Gli americani che hanno combattuto per cinque anni la gigantesca gtterra di secessione si rifarebbero delle perdite con rapidità prevedibile e non tarderebbero a prendersi la rivincita. La Spagna non riescirebbe che a salvare l'onore delle armi ; ciò che non è necessario per la sua buona fama essendo notissimo che gli spagnuoli si battono valorosamente. Dall'articolo pubblicato nel numero precedente - nelle cui linee principali constatiamo con piacere che convengono da un lato l'on. Bovio e dall'altro un anonimo, ex diplomatico, della <N..,uova ..Antologia - si può già argomentare che le nostre· simpatie sono per gli Stati Uniti. E lo sono, non perchè retti a repubblica, ma perchè essi in nome della solidarietà umana si sono schierati in favore di un popolo ,oppresso. Ci auguriamo altres\ che, a guerra finita, essi smentiscano coloro che li dicono mossi da ambizione di possesso territoriale, da avidità sordida di capitalisti. Gli americani lasciando liberi nelle loro decisioni i cubani guadagnerebbero moralmente più di quello che materialmente verrebbero ad ottener:! coll'annessione brutale - al - l'europea. Crediamo pure, che Cuba libera diventerà volentieri una delle stelle della grande repubblica. L'Europa si risente già dalla guerra; e se ne risente più degli altri Stati l'Italia. Qul tra noi la instabilità del bilancio ha fatto rialzare più che altrove l'aggio sull'oro; e peggio ancora: ha fatto aumentare il prezzo del frumento. Dove la guerra avrà le sue conseguenze oltre chè disastrose economi camente, politicamente radical'i, è in Ispagna. Non occorre parlare delle prime: basta ricordare che il cambio è al 55 e che si accenna alla so-
RIVISTA POPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI spensione del pagamento della rendita. Sul terreno politico la disfatrn finale segnerà la fine dell'attua 1e dinastia Ciò spiega l'interessamento che arriverebbe forse ali' interventO, se questo dipendesse solamente dal vecchio Imperatore, e se non ci fosse il timore del qnos ego dell' Inghilterra. Dovremmo e potremmo rJllegrarci noi da uno sconvolgimento politico, anche in St·nso repubblicano, nella penisol:i iberica? Non lo crediamo. Non ci piacciono le repubbliche che nascono dalle catastrofi nazionali; siamo anche convinti che qualunque nome prenderebbe il govern0 che si sostituirebbe a quello di Maria Cristina, esso non avrebbe che questo' contenuto reale : la guerra civile. LA RIVISTA. ~~~ SETTENTRIONALI E MERIDIONALI (Per l'elezione Crispi) I. Francesco Crispi, come prevedevasi, venne rieletto, nella città di Palermo il giorno 17 Aprile. I suoi amici preannunziavano un pltbiscito; si attlndeva~o m~_ni~estazioni di aio ia alla proclamazione. ~1 ancò 11 ple01sc110 e mancaron~ le manifestazioni. I senatori e i deputati e gli avvocati, che avevano dato fiato alle trombe devono sentirsi assai umili2ti dé I risultato; ma non lo confessano e si confortano - ora, a cose fatte - constatando, che, nonostante l'aspra lotta fattagli, Crispi ottenne dopo la ceurnr,i nel 1898 <Ylistessi voti che aveva ottenuto nel 1895 mentre cra 0 Presidente del Consiglio.« Dunque, concludono, 110ngli venne meno la fiducia dei suoi elettori ,,. E chi ne dubitava !? La constatazione è esatta; ma dev'essere chiarita Ci fu lotta asprct nel 2° collegio di Palermo? Nemmeno per sogno. Mancava sinanco il candidato, perchè Barbato coì1a nota lettera al Giornale di Sicilia, aveva rinunziato sdegnosamente alla candidatura: le sue parole erano state tali che vennero sfruttate abilmente e iriterp:etate com; un omaggio a Crispi ! lnterpret~zione sbagliata e malevola, che non aveva nemmeno bisogno della smentita mandata all'Avauti dallo stesso Barbato e della solidarietà piena td intera coi socialisti di Palermo. Perciò, niente lotta aspra. Contro l'ex dittatore andarono alle urne alcuni repubblicani, e non tutti i socialisti. Eppure, nonostante le incertt zze e le contradizioni e gli abbandoni, senza candidato si duscì a raggranellare circa 300 voti per una protesta in un collegio da tanti an:1i rappresentato dall'eletto. I pochi monarchici sinceram·ente progressisti e i moderati si astennero completamente; se fossero accorsi alle urne sarebbe stato probabile il ballottaggio, cioè la sconfitta clamorosa di chi doveva ricevere un plebiscito incontrastato di ammirazione! Quale il significato e le cause deIla rielezione di Frances~o Crispi? Lasciamo da parte le spampanate e le audaci asserzioni del Comm. Marinuzzi. Egli è un valoroso avvocato penale e nel suo discorso ai maggiorenti che sostenevano la candidatura dell'ex Presidente del Consiglio non si deve scorgere se non una difesa da Corte di Assise. Come presenta per galnntuomÌlli ai giurati gli accusati ch'egli difende, co~ì presentò come gala11t11ot110 il candidato agli elettori. Ben altra importanza hanno i manifesti e i telegrammi famosi dei senatori del Comitato elettoi aie di Palermo. Esaminiamoli. Se essi avessero inteso po1tare la lotta sul terreno in cni, i11cideutal111e11fe, la pose il Marinuzzi non avrebbero esitato a farne menzione esplicita; avrebbero dovuto riferirsi alla quistioue morale, alla relazione dei ciuque. Solo in questo modo avrebbero potuto rivolgersi al 2° collegio di Palermo come ad una Corte di Appello, per quanto di questi appelli agli elettori proprio Francesco Crispi, qu:1ndo gli faceva comodo, avesse negato il valore. Silenzio scrupolosissimo su tutto ciò - silenzio davnro eloquente. I Senatori parlano dei cinquant'auni di servizi resi alla patria, parlano dell'unità naziouale. della grandeìza del candidato; ma non lo raccomandano affatto affatto per la sua onestà. Lo stesso telegramma di Crispi al duca della Verdura, all'indomani della elez'one, - ch'è un capolavoro di grottes.:a megalomania- confonde la causa propria con quella dell'Unità e della Monarchia... e tacf', prudentissimamente, della quistione morale e della relazione dei cinque! Date le cause delle dimissioni, dati i precedenti e le condizioni della lotta, se i senatori avessero creduto nel galantomismo di Crispi avrebbero avuto il coraggio di affermarlo: chi li conosce sa che sono uomini di fegato. L'omissione diviene significantissima, in seguito, col telegramma, che spiega lo::parole « di fronte all'indegno conato di pochi incoscienti » nelle quali !'on. Engel vide un insulto atroce alla Camera dei Deputati. E fu opportunissima la interrogazione del rappresentante per Treviglio perchè provocò la risposta dei senatori e del Marinuzzi, la qua le esclude assolutamente il significatomorale della rielezione di Crispi. Questo è il punto capitale, la cui importanza è sfuggita ai sociali~ti ed ai repuè blicani del continente inducendoli a giudiiì inesatti, ingiusti e calunniosi. Non suonino male queste parole agli amici politici, esse rispecchiano la mia sincera convinzione, ed io sono uso a dire come sento e come penso tanto ai nemici quanto agli amici. Repubblicani e socialisti del continentr italiano, specialmente del Settentrione, animati dall'odio e dal risentimento - ~piegabili, anzi giustificatissimi-contro Crispi, hanno sbagliato ed hanno ecceduto nel giudicare della elezione di Palermo: hanno calunniato tutta una regione, e gradatamente hanno lSteso il giudizio a mezza Italia. Intendiamoci, pe1ò: socialisti e repubblicani, sinceri ed impetuosi quali sono, hanno spiattellato in pubblico quello che pensan0; ma la massa del popolo ddle loro regioni non dissente menomame11te da loro. Se la stampa che ne ri ,recchia le correnti non li ha seguiti nelle accuse, ciò si de,·e alla elementare prudenza politica, che non deve e non può mancare nei partiti politici, che hanno in mano il g0, erno dtlla cosa pubblica ( 1). Non si esagera in alcun modo attribuendo ai socialisti e ai repubblicani del settentrione - i collaboratori dell'Avanti di Roma sono del Nord - eccessi ingiusti e calunniosi. Ecco qua. L'Avanti attribuisce la vittoria alla mafia e parlando della Pasqua di Barabba afferma ch'è scarso il senso morale nel mezzogiorno.L'Emancipazione di Livorno constata il pervertimento morale della grande maggioranza - neppure un terzo degl'iscritti andarono ( 1) Il Resto del Carlino di Bologna, li Corriere della Sera di Milano, !'.Adriatico di Venezia ed altri giornali monarchici seri ed autorevoli hanno su per giù ripetuto le stesse cose dei giornali repubblicani e socialisti, sebbene più misuratamente. Lo ha notato il Corriere dell'Isola di Palermo. Del resto che il pensiero dei repubblicani e dei socialisti, espresso con sincerità, sia quello del!., grande massa dei settentrionali potrei provarlo con un'infinità di docuir.eati da me raccolti da venti anni in quà e che, mentre scrivo, non ho sottomano. Ricorderò tre uomini notissimi e tr,; date distanti: 1° nel 1862 il Generale Govone insulu la Sicilia pubblicamente; 2° parecchi anni dopo il Deputato Gabelli chiama sudici i meridionali; 3. nel 1889 il deputato generJle Corvetta - sottosegretario per la guerra nel Ministero Crispi: q1t'o11se le dise I - ripete gl'insulti di Govone e di Gabelli in una lettera privata, ma che venne pubblicata dall'Arma di Verona. Fdice Cavdllotti, sempre nobile e generoso, prese le difese dc-IlaSicilia d ebbe un duello col Corvetto. In questo momento è du,·croso più che mai ricordare questo incidente.
IUYISTA POPOLAllE l)J POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI !83 alle urne! - degli elettori palermitani. L'Uomo di pietra di Milano nella Risurrezione ( 16 Aprile) dà certe norme per la votazione che sono un atroce insulto per gli elettori di Palermo ; e in una vignetta intitolata: Gusti meridionali l'elèttore di Palermo porta il cappello tradizio• nale del brigante. L'Italia del popolo della stessa Milano consacra un'articolo alle due moi-aii - a quella del Set tentrione e a quella del Mezzogiorno. La Giustizia di Reggio Emilia riproJuce l'indegno calembo11r che una volta alla Camera dei deputati fece l'on. Ingegnere Gabelli, e parla di Unrdici e di Sudici.... La stessa Italia del popolo volendo lochre i cittadini t! le associazioni di Marsala, che avevano protestato contro Crispi non sa designarli altrimenti che con questa frase: Siciliani di onestànordica. .,, Siamo in piena aberrazione, siamo in piena calunnia; ed h.1 ragione il Cammareri-Scurti quando nota che coloro i quali non sanno spiegarsi la preferenza di Palermo borghese per Crispi ricorrono all'insolenza, Questo deve aggiuogusi, per quanto possa ferire l'albagia o la speciale megalomania dei socialisti italiani: chtJ senza la valanga d111lcinsoleoze e delle calunnie scaraventata contro Palermo e contro il mezzogiorno, si può essere sicuri che Francesco Crispi nella ultima elezione torse non sarebbe riuscito a raggranellare una metà dti voti che ottenne. Contro il linguaggio e l'azione dei socialisti, Palermo, che non tollera prepote,pze nè dall'alto nè dal basso, reagi \ivamente. M.::glio, assai piu proficuamente, avrebbero combattuto i primi, - non avendo un candidato che accettasse e che si gettasse nella mischia ; non essendovi un candidato, che avesse potuto raccogliere i voti degli onesti e di tutti i partiti senza farne inorgoglire uno solo a scapito degli altri - se si fossero limitati ad illustrare la vita di Crispi ed a sorvegliare accuratamente le urne per impedire che i suoi amici, intrapr,ndenti ed espeni nella bisogna, facessero la pastetta. Questa è la verità; e non dovrebbero negarla i socialisti di Palermo, che dovrebbero vedere chiaro e non essere alterati dall'ubriacatura che i ripetuti successi hanno dato ai compagni del settentrione. IL Non prenderei la penna e non scrfrerei quanto sarò per scrivere se non mi sentissi superiore e garantito da ingiuriosi sospetti. Antico, costante, inesorabile critico di Franceso Crispi, mai accecato dall'amore pel natio campanile - i miei libri sugli Avvenimenti di Sicilia, sulla Delinquenza della Sicilia, e cento articoli di riviste e giornali, italiani ed esteri, fanno feJe tanto di un'affermazione che dell'altra - io posso parlare liberamente. Aperto e sincero federalista - non regionalista nel senso volgare della parola - perchè conosco le differenze intellettuali, economiche e morali tra le dtverse regioni d'Italia, - soi:o pieramrnte convinto - come piu volte affermai in piena Camera - che l'attuale uniformità assoluta nelle leggi riesca disastrosa per quella unità vera e benefica, che dev' essere interiore - negli animi degli italiani - e non nella artificiosa impalcatura esteriore, che lascia covare, sorgere ed ingigantire nell'ombra, dissidi morali e conflitti d'interessi, che possono riuscire in certi n .omenti, fatali. Ciò premesso torno all'argomento attuale. Sin dall'epoca delle fcst~ dt! 12 gennaio, quando CO·· minciossi a scatenare l' ira dei socialisti e dei repubblicani contro Palermo, in un articolo, che il fisco bestiale di Roma sequestrò, chiedevo: « Come si spifgano le ac- « coglienze di Palermo a Crispi l La spiegazione sem- « plicista direbbe col Giornale di .~icitia e coll'idea libc- « rale (di Milano): il pacse è peggiore del governo e del « Parlamento; Cri spi è l' esponente del paese. Dunque i « due dovevano intendersi. Ma questa sart bbe spiega- « zione monca e difettosa. « Anzitutto sfuggiamo agli espedienti meschini e non « si diminuisca l'importanza delle dimostrazioni prendendo « nota di qualche fischio e gonfiandolo oltre misura. Il « numero degli amici personali e dei beneficati e di co- « loro che sperano nella sua risurrezione dice poco: Pa- « !ermo se non avesse voluto mostrarsi benevola verso « Crispi avrebbe accoppato i dimostranti, per quanto nu- « merosi. La verità si è che la città era per lui. Nel- « l'esaltazione del momento - e la ragione delle feste « la spiega - si ammirava il vecchio ottantenne, che « ricordava due episodi rivoluzionari gloriosi e che con- « serva tanta energia quanta non ne hanno i giovani a « venti anni. In questo ci può essere un legittimo orgo- « glio regionale; e può non essere mancato un falso con- « cetto della giustizia. « Molti si saranno chiesti: perchè processato il solo « Crispi, e tanti altri uomini politici colpevoli lasciati tran- " quilli? Lasciamo stare se le colpe degli altri siano « ugna li alle sue; certe discriminazioni non sono adatte « alle masse. Le masse di Palermo - le piu regionaliste « che ci siano in Italia, dopo, o almeno accanto alle lom- « barde - hanno invece capito che si perseguita Crispi « perchè siciliano. « Il ragionamento è sbagliato per molti motivi; ma è « stato fatto. « Ma poichè questo ragionamento sbagliato è stato « fati o, non si comprende la Tribuna, che nelle accia- « mazioni di Palermo scorge un giudizio di popolo pu~ « rificatore - ; ed è popolo, perchè ha applaudito; sa- « rebbe stato canaglia se avesse fischiato 1 « Meglio avrebbero fatto gli scrittori del giornale ro- « mano se avessero notato che molti nella città dei Ve- « spri applaudirono perchè invocarono grazia, per quanto « chi scrive sia convinto che Crispi dal Comitatodei cin- " que attende giustizia, che lo riabiliti e passi la spugna « sui denari chiesti alla Banca Romana in pagamento del « discorso del 20 dicembre 1892, sulle repressioni di Si- « cilia, sul cordone Herz, su Abba Carima ... ! « Quel ragionamento sbagliato da un altro lato es- " sendo stato fatto con sincerità, cadono i paragoni odiosi, « che non possono colpire una città come Palermo. « Pensate. Palermo per la sua impressionabilità, pel « suo nervosismo ha di Parigi; e quanta sia la sua ca- « valleria lo dica la storia della stessa rivoluzione che si « commemorava. E assai inopportunamente si ricordò in « questa occasirne Milano, che fischiò Crispi Presidente « del Consiglio. A Milano osò egli andare; non a Palermo, « dove allora avrebbe provocato qualche cosa piu dei fi. « schi. Cons11leCrispi Palermo verso di lui si mostrò no- « bile e fiera, Palermo gli avyelenò la sua più pura gioia « domestica coli' elezione Bosco; e Crispi, furioso, altro « non potendo, se ne vendicò cacciandone il prefetto Ca- « vasola dopo pochi giorni, come aveva giurato; pcco « mancò che Crispi ministro, a Paltrmo rimanesse soc- « com bente di fronte a Barbato prigioniero - e l' im- « broglio soltanto lo salvò. Crispi ministro non potè « porre piede in Pakrmo; ve lo pose Cavallotti che non « potrà mai dimenticare le entusiastiche accoglienze del « Teatro Bellini dove accorsero belle, eleganti signore ad « applaudirlo freneticamente, benchè circolassero voci si. « nistre di tumulti e di repressioni avvalorate dalla pre- " senza provocatrice di truppe e di carabinieri. Palermo « può peccare di generosità, non di servilismo. Chi pensa « diversamente non la conosce ed inconsciamente la ca. « lunnia. » Così scrissi il 30 gennaio nel numero 14 della Rivista; e nulla ho da togliere a ciò che scrissi allora. Vi ho da aggiungere soltanto questo. Il Il marzo, commemorandosi Cavallotti nel Politeama di Palermo, innanzi a molte migl:aia di cittadini pronunziai queste parole precise : « Le mie condizioni fisiche e morali non mi avrebbero « consentito di venire qui; ma venni perchè volli assi- « stere a qnesta grande manifestazione in onore di Ca- « vallotti, qui in Palermo, dove essa ha un altissimo si- « gnificato politico e morale, quale non l'ebbe, oso dire, « a Roma ed a Milano. " E le mie parole, che non hanno
284 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI bisogno di chiosa, furono accolte con uno scroscio fragoroso di applausi..... . Ed ora discutiamo sul valore della elezione del 17 aprile e su ciò che intesero fare i promotori e gli elettori: i precedenti assodati dicono che non si frughera nelle intenzioni e non si cspor:·anno argomentazioni campate sulle nuvole. Fu l'elezione un'esprèssione della Mafia di Palermo sic cl simpliciter? Ciò è poco serio, e niente onesto. Basta dire che tra i promotori della candidatura Crispi c'erano un prof. Gemmellaro, un principe di Niscemi, un Biagio La Manna, un Oliveri ecc, dai quali si può dissentire politicamente, ma se ne deve riconoscere l'onestà per- . sonate e la mitezza del!' animo - alieno assolutamente dallo spirito criminoso e violento, che caratterizza la Mafia. Il supporre poi che in un solo collegio di Palermo vi siano 1200 mafiosi circa, e nella classe che possiede una certa coltura ed un certo benessere - la classe, che in Sicilia dà meno proseliti alla Mafia - equivale a stabilire che quella non è una città civile, ma è tutta una galera popolata da pericolosi de'linquenti. Non si obbietti, che si esagerano le conclusioni di certi filosofi politici, per poterle meglio e piu facilmente oppugnare con una wmoda reductio ad absurdum. lo non ci ho che vedere. L'esagerazione, l'uniteralità della spiegazione del fenomeno è tutta dei socialisti e degli altri che hanno esplicitamente posto il problema in questi termini: da un lato i.mafiosi per Crispi, dall'altro gli onesti per Barbato! Avverto ancora che non è per la prima volta che i socialisti attribuiscono a loro esclusivamente la logica non solo, ma anche la rettitudine e tutte le altre virtu politiche e civili. Se la Mafia non blsta a spiegare l'elezione Crispi, si dirà che davvero ci siano in Sicilia e in tutto il mezzogiorno dei criterì morali diversi da quelli prevalenti e regolanti la vita nel settentrione? All'Italia del popolo sarà sfuggito un sozzo articolo di Scarfoglio in cui si parlava della morale gretta dei Longobardi e di quella larga e grandiosa dei greco-latini, altrimenti lo avrebbe nlevato per esclamare trionfalmente: Vedetese avevamo ragioue? Io son sicuro che il carissimo Chiesi non sarebbe contento di trovarsi in compagnia, anche in una semplice constatazione, collo Scarfoglio. Non sarà male però, ricordare che il cinismo dello Scarfoglio non è di data r,;- cente. Lo manifestò con altrettanta brutalità nel 1893 in difesa di Giolitti, che se non sbaglio è settentrionale, come oggi !o espone in difesa di Crispi ch'è meridionale. Di piu: il cinismo di Scafogl:o nel 189, trovò un caloroso espositore, per non dire un fonografico riproduttore, in Parlamento, nell'on. Mario Panizza, il quale, se non sbaglio, è sellentriouale. Ricordiamoli certi precedenti: giova per interpretare rettamente i fatti. La q11estio1m1eorale non è sorta ora; e prima che colla le/tera agli onesti Felice Cavalloni la pose dinanzi alla Camera con quel suo splendido discorso del 25 Giugno 1893, che commciava colla frase famosa: Un losco signore, il sospetto, è entralo nella Camera e vi restai Ebbene a nome della morale che dovrebbe essere del Sud a Cavallotti rispose Mario Panizza con un discorso che fu una esplosione irrefrenata di scetticismo e di cinismo, in cui si deplorava la. .nomina del Comitato dei Sette, si propugnava la insindaè"'i.bilità dei deputati, si riconosceva la vanità del tentativo di moralizzare l'ambiente; un discorso, infine, ch'era un vero inno ... alla immoralità. Scarfoglio, son sicuro, che dopo averlo letto gli avrà fatto pervenire le migliori e piu sincere congratufaziooi ! Su questa distinzione tra la morale del Sud e quella del Nord, notata cento volte dai settrionali ed anche dalla Critica sociale che rappresenta il Social.smo Scientifico, avrò agio di ritornare piuin là; ora mi pare tempo di riassumere il mio pensiero sui fattori dell'elezione di Crispi. Parlo di f allori e non di un unica causa. L'unicità, la semplicità di spiegazione dei feoomen i politico-sociali esce dalla realta, dal positivismo ed anche dal materialismo storico ben inteso, per divenire metafisica vera nella filosofia della storia, espediente settario nella politica. Ciò premesso, ecco quali elementi, a mio avviso, agirono per Jare il risultato della votazione di Palermo. Mnjiosi ci saranno 5tati in moto il giorno 17; ma non potevano essere che un'infima minoranza. Se non fosse nota l'avversione dell'on. Di Rudinì verso l'on Crispi ci sarebbe da sospettare che egli ebbe l'intenzione di proteggere questi mafiosi mdtendo, o mantenendo, la Prefettura, il Banco di Sicilia, il Manicomio ecc. nelle mani dei piu noti ed intraprendenti amici di Crispi. Non potevano mancare coloro che serbano gratitudine ali 'ex Presidente del Consiglio pei benefizì ricevuti; mentre pochissimi dovettero essere quelli che sperarono in premi futuri, perchè nessuno s'illude piu sulla possibilità di un ritorno al potere dell'on. Crispi. In molti prevalse la pietà verso un vecchio di ottant'anni i cui ultimi giorni non si vollero terribilmente amareggiare. In tutti s'impose sicuramente l'ammirazione sconfinata verso il grande uomo di staio. In grazia delle sue benemerenze politiche, moltissimi gli perdonarono la im - moralità e sinanco i reati della vita privata. Si fa mostra di una fenomenale ignoranza trascurando quest'ultimo fattore, ch'è di gran lunga preponderante su tutti gl~ altri, e tutti li riassorbe e mette nella penombra. E di fronte a questo fattore, sorge il grande dissidio sui criteri che devo:io fare giudicare la condotta nella vita pubblica e nella privata e che possono applicarsi in vario senso e in una maniera piu o meno volgare. Coloro che ammettono la distinzione tra vita pubblica e privata perdonano, iipeto, le turpitudini della seconda quando trovano utile e luminosa la prima. La distinzione è biasimt:vole, è deleteria ed avvelena le sorgenti che dovrebbero essere sempre purissime, e della vita pubblica e della privata. Questa distinzione, che non esito a condannare come un'aberrazione politica, intellettuale e morale, è propria ed esclusiva degli elettori di Palermo? Se così fosse, rimarrebbe non solo spi, gato, ma pienamente giustificato il lolle d'indignaziont: dei settentr,onali per la rielezione dell'on. Crispi. E se co i fnsse, aggiungo, che ne rimarremmo assai soddisfatti, perchè si avrebbe un segno certo che il guasto s.1rebbe circoscritto e limitato, e perciò facilmente riparabile. Pur troppo il male ha invaso tutto l'organismo italiano, o meglio, questo non ne è stato mai immune da secoli. Erroneamente, quindi, s'invocherebbe l'accennata distinzione come una caratteristica della inferiorità morale del sud. Ricordo che si fece una larghissima applicazione, ma in senso inverso, di cotesta distinzione, nel periodo giolittiano. A Crispi si vogliono perdonate le colpe della vita privata in grazia .della benemerenza politica, mentre a Giolitti si volevano perdonati i gravi errori politici in grazia della correttissima vita privata - correttezza di cui gli detti atto esplicito in Ban• che e Parlamento. Si capisce che debba riuscire meno antipatico il se• condo caso agli uomini onesti ; ma non si ;mò ne~are che in sostanza si tratti di una variante nell applicazione di un medesimo principio falso e dannoso. L'amico Ferrero, sogghignando, potrà osservare che questo dissidio morale è proprio della decadenza latina. Ma la Francia, che si designa - ed a torto - come la piu corrotta delle nazioni latine - per un sospetto e per un atto il cui fine era altissimo, sebbene il mez:to fosse disonesto - escluse dalla vita pubblica due individualità celebri: Clemenceau e Floquet. E la dimissione cui fu forzato il Grevy può dirsi, fatti i debiti confronti, che sia avvenuta per una marachella di pochissimo conto, per un inezia. Ciò, almeno in quei due casi, attesta in favore di un alto senso morale che vuole applicati gli stessi criteri nella vita pubblica e nella privata nella vicina repubblica, ed esclude vittoriosamente il pregiudizio di razza attorno al
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI 285 quale si affatica una certa scuo!a in Italia. Non solo; ma soccorrono ancora piu convincenti i ricordi delle turpitudini di W alpole e di altre laidezze, non molto antiche, del regime parlamentare inglese per 1,rovare che il malanno non è una privativa latma e meno ancora una fatalità sudicia, cioè del mezzogiorno. Mi piace a questo proposito riportare questo brano di un articolo del Cammareri •Scurti, per debito di lealtà, e per mostrare che c'è qualche socialista anche in Italia che in questa quistione vede giusto. Egli scrive nella sua Lotta per la vita: cc Il sig. g. z., che, nel n. 615 della Giustizia di ReggioEmilia, a proposito di Crispi censurato, fa il confronto tra la morale dei Nordici e quella dei " Sudici ,, , non avrebbe potuto usare una parola meno sudicia per designare i popoli del sud d' Italia ? - Che i borghesi usino tale specie di linguaggio verso le classi inferiori è naturale; ma è doloroso che i socialisti, anzichè ricercare le cause del màle sociale più proprio in date provincie, e apportare i rimedi, si limitino ali' insulto a chi è affetto del dato male. Sarebbe come se un medico non d.:sse ad un ammalato rimedi, ma insulti e schiaffi ». ccMa il sig. g. z. consente a ritenere che il minor senso di moralità individuale sia effetto di una vera e spiccata differenza di razza che perdura e resiste, ed effetto del clima snervante che induce all'ozio e quindi al furto sotto tutte le forme, co• me mezzo per vivere senza fatica ». « Tiriamo le conseguenze da queste premesse ». cc Dunque i siciliani souo una razza diversa degli altri italiani del co1Jtinente? Si potrebbe provare che ciò è un errore o quanto meno una esagerazione; ma ciò non ci serve. Si vuol sapere: in che consiste la differenza fisiologica per cui una razza abbia il senso morale mrno sviluppato di un'altra? come si accorda questa presunta differenza con la varietà di razze che molti osservatori credono vedere nd popoli di Sicilia ? come potè avvenire con tale inferiorità organica la civiltà greco-sicula quando i nordici erano barbari ? perchè, mentre negasi che esistano razze condannate fatalmente all' inferiorità e si vede in ogni popolo una parte della grande famiglia umana, si vuol poi trovare qualche pus o qualche miciobo dell'immoralità nell'organismo dei siciliani?" « C' è poi la quistione del clima snervante che induce ,ill'ozio ed al furto. Dica il sig. g. z., era pure snuvante il clima del nord d'Europa quando fino a pochi secoli addietro quei popoli vivevano di rapina? E pure effetto del clima snervante quel consenso popolare, rilevato dal George nel Progresso e Povertà, alle ruberie del TweeJ e della Tammany- Hall di New York?» L'amico di Marsala con queste savie parole viene a ribadire ciò che ho dimostrato a luce ,neridiana in tanti volumi ed ultimamente nell'opuscolo Pe1· la razza maledetta. Ma c'è un caso clamoroso e contemporaneo che taglia la testa al toro e che prova l'assurdità della spiegazione coli' intervento della razza e del clima dei fenomeni politici e morali, e il trionfo sfacciato e grandioso dell' immoralita, e della distinzione tra vita pubblica e privata, presso una nazione predilt:tta dai nostri latinolobi e nella piu nordica latitudine di Europa. Ho sul tavolo mentre scrivo, un libro che h:) lctto con maligna. soddisfazione e che porta un titolo lunghissimo ( r ). E un appello ai veri patrioti tedeschi e porta questo motto: la verità storica è dura e dolorosa, ma necessaria e sana. L'autore sig. Diest- Da ber - un antico colonnello - narra di Bismarck e del rno banchiere Bleichroder. li cinismo politico colossale dd principe di Bismar.:k era conosciuto; e vi accennai anche in un precedente articolo. In quanto a vanità pare che non la ceda e Crispi se è vero che a Sedan prendesse per sè gli applausi diretti al Maresciallo Moltkc dalle trupp~ vittoriose. La serie delle sue menzogne I: grande come la misericordia di Dio e fa quasi dimenticare il jinnalissimo e il Imita/o di ?Jisacq11i110 di Crispi. I suoi rapporti colla polizia furono ~empre scandalosamente intimi, e le pressioni sulla stessa polizia, e sulla magistratura, narrate ( 1) 'Bismarck 1111d'JJ/eicl,roda. Deutsc/Jes 7?.._echtsbewusslseh,. 1111die Gleichheitvor dom Cesetze.Lebe11se1fahnmgw<utsacten, tagebiichernwul Briefw. Munchen 1897. Verlag des Deutschen Volksblattes. a pag 98,102 e 103 fanno impallidire le dichiarazione del senatore Calenda dd Tavani sulla sapiente preparazione dell'ambiente giudiziario, e la sospensione dell'ispezione di Bologna ordinata da Crispi al Regio Commissario presso il Banco di Napoli. I privilegi scandalosi fatti accordare, a scopo di lucro personale, alla prussiana Central-Boden Kredil .Ailtien Gesellscbaft di cui era sindaco il Bleichroder (p. 88 e 89) riducono alle proporzioni di un'inezia la compra dei 111uletti, nella quale non è dimostrato, che avesse parte davvero qualche persona intima di Crispi. Le operazioni di cambio fatte da Bismarck per mezzo di Bleichroder, e le sue interessanti e premeditate dichiarazioni contrarie al regime bimetallista (p. 162, 163 e 164) spiegano il rapido e colossale arricchimento del Cancellieredi Ferro e superano, per le conseguenze sociali e per la turpitudine, le relazioni di Crispi colla Banca Nazionale, colla Banca Romana e col Banco di Napoli. Ebbene: nessun Comitato nè di selle, nè Ji cinque, nè di tre ha inquisito sulla vita del principe di Bismark e molto meno si è tentato di trascinarlo innanzi ai tribunali sotto l'accusa di reato comune I Perché questa mancanza di uguaglianza dinanzi alla legge, vivamente deplorata dallo storico dei rapporti criminosi tra Bismark e Bleichroder, nonostante che siano stati denunziati e documentati in un libro e commentati aspramente dai socialisti tedeschi? Perchè i meriti politici grandissimi del Cancelliere di Ferro si sono sovrapposti sui suoi reati privati. Male, male assai in verità I Ma questo male ci arreca almeno questo conforto: all'estremo Nord si giudica come all'estremo Sud; il dissidio sul criterio per giudicare della vita pubblica e della privata esiste tra l'elettissimo e giovane popolo tedesco quanto presso il degenerato e vecchio popolo latino. Quest,.:, dissidio è talmente universa le, senza eccezioni di razza o di clima, che Sci pio Sighcle ha consacrato un libro ricco di brillanti paradossi per constatarlo, spiegarlo, e, quasi quasi, per ~iustificarlo. Rimando a quel libro tutti quelli che sull argomento volessero saperne di piu. ìVIa il Principe di Bismarck, nonostante la sua satanica disonestà, rimane un colosso della politica; può stargli alla pari il suo amico Crispi? L'aver negato a Crispi ogni merito - anche quello della decisiva sua partecipazione alla spedizione dei Mille - fu un errore commesso da Cavallotti nell'ultima sua splendida, benemerita e indimenticabile campagna in favore della moralità pubblica e privata, errore che non attesi la sua scomparsa per rilevarlo; _ma il volere fare di Crispi un grande uomo di Stato, che ha reso grandi servizi all'Italia, è un aberrazione politica e intellettuale, che fa gran torto alla patria di Macchiavelli. Un esame spassionato e diligente dei suoi tre ministeri riesce alla inesorabile conclusione che « a Crispi mancano le qualità di un grande uomo di Stato. » Gli manca quella energia, che molti gli accordano quale dote straordinaria tra tanti fiacchi e che anche io - mea ettlpa ! - per un momento gli ho attribuito. Non ha reso servizi all'Italia da ministro, e quelli che gli si ascrivono, come resi alla Monarchia e al partito conservatore che lo esalta sempre per la repressior.e dei moti di Sicilia, presso qualunque popolo sano e gagliardo potrebbero tramutarsi in cattivi servizi, che dovrebbero scontarsi con lagrimc di sangue dai ciechi ed ins·pienti che li esaltano. Dungue, riapparisce sotto la forma di inferiorità politica e intellettuale la colpa, la responsabilità degli elt:ttori di Palermo, che in nome di una grandezza politica insussistente, dimenticarono o perdonarono gli errori veri e le colpe reali dd loro eletto? Adagio. Non dimentichiamo la storia recentissima, contemporanea. Non Palermo solo, non la sola Sicilia, non il solo mezzrgiorno sbagliarono attribuendo a Crispi meriti e grandezza che non ha. Disgra7.iatamente questo è stato l'errore di grandissima parte d'Italia. Crispi ministro ebbe consenzienti i quattro quinti della Camera
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI dei Deputati, che lo appr,>Varono, lo lodarono, lo glorificarono trattando da nemici della patria e da calunniatori Cavallotti e tutti gli altri avversari ed accusatori. E non nel solo Parlamento trovò stolti ed entusiasti apologisti; ma anche, e fotse piu, nella stampa e nel paese. La Nazione e il Fieramosca a Firenze, La G11-zzeitadell'Emilia a Bologna, la G11-zzetlidti Vene:zia, la Ga1._1_edtitaParma, la Sera, Corriere della Sera e la Perseveram,11 a Milano e sinanco la Gazzetta del Popolo che in Torino rappresenta la più genuina corrente della opinione pubblica piemonteseper non citare i minori giornali e quelli del mezzogiornoquotidianamente esaltarono e sostennero vigorosamente Crispi al governo. Alcuni gli tennero fede anche dopo Abba Carima I SI, ha ragione Guglielmo Ferrero, che non attese la caduta per mettere alla gogna F. Crispi, rimproverando alla borghesia italiana e non solo siciliana, l'ammirazione cieca ed ostinata verso il grande deplorato. ( Secolo del 22-23 aprile). Abba Carima gli sollevò contro l'Italia, ed è menzogna o illusione - giustamente constatata dell'on. Nasi - il voler negare che se la disfatta Africana fosse stata una vittoria, .,Cri spi sarebbe ancora ministro onnipotente e venerato. Ma Favilla .... Favilla e il processo di Bologna, si dice, furono tale rivelazione, che disilluse, illuminò gli onesti di ogni partito e mutò la corrente della pubbl'ca opinione. Falso, falso, falso. Il cordone Herz, la Bmca Romana, la criminosa giacenza delle cambiali nello scrigno del Comm. Grillo, i massacri, lo stato di assedio, le migliaia di anni di galera fatti distribuire ai poveri contadini ,di Sicilia e tanti altri errori e tante altre colpe avrebbero dovuto valere cento volte di più per suscitare l'esecrazione generale sul capo dell'eletto di Palermo. Ed è questo il punto per rispondere a Gustavo Chiesi, che ritor::iando sulla differenza tra la morale del Sud e la morale del Nord scrive: « Voci oneste e sdegnose, si levarono anche dal mezzogiorno contro la dilagante corrente dell'immoralità : ma rimasero e rimangono inascoltate, solitarie - e perciò tanto più rimarchevoli nella loro eccfzione - in mezzo al tumulto degli altri acclamanti. Imbriani, ad esempio, che è una di queste voci, ebbe mai seguito, ebbe mai una forte influenza determinante sulla opinione pubblica di quelle regioni ? E di Bovio, e di altri onestissimi si potrebbe dire ugnalmente. E perchè ciò ? - Perchè h1 loro fu voce che parlò al deserto: che non trovò la via del cuore e della ragione se non fra una ristrettissima ed eletta minoranza. Ma nella gran massa dominante, la loro parola non trovò mai eco, il loro esempio virtuoso non trovò mai imitatori ». (ltalia del Popolo, 24 Aprile '98). Proprio bene scelto il momento per rinfacciare al Sud l' inanità della campagna dei suoi uomini onesti ! E dimmi, amico mio: che cosa raccolse Cavallotti dai cinque mesi di strenua lotta com battuta contro Crispi, dal dicembre 94 a tutto maggio 95 ? Questo solo: il dittatore, le cui brutture erano notissime, ottenne dalle elezioni generali una maggi0ranza schiacciante. Non questo solo; ma qualche cosa di peggio : Crispi riuscì a far votare l'inaudito ordine del giorno del 24 giugno 1895 col quale cinicamente si negava ogni importanza alla questionomorale! Lo votarono gli uomini del Sud, del Centro e del Nord con una armonia d'intenti immoralmente meravigliosa. E quell'ordine del giorno i settentrionali nou hanno nemmeno il conforto d, appiopparlo_ ~d _un rndicio. Oh! no: lo propose il toscano ... Tomg1am. E, ripeto, è bene scelto il momento di lanciare un amara rampogna al Mezzogiorno perchè lasciò cadere inascoltata la parola dei suoi cittadini onesti, nel momento in cui il collegio di Corteolona - che non è in Sicilia - ha provato di avere tratto tanto profitto da venticinque anni di propaganda moralizzatrice col ballottaggio del 24 Aprile .... ! La conclusione che zampilla limpida da tutto ciò è questa: commisero atto di vera codardia· politica coloro che inneggiarono a Crispi ministro e che gli dettero il calcio ddi'asino appena lo seppero irrimediabilmente caduto. E l'esempio più clamoroso di questa vigliaccheria politica - è doloroso constatarlo - è venuto da uno scienziato illustre. Cesare Lombroso additava Crispi come esempio delle genialita Jella Sicilia nel 1894 e si accorse soltanto nel 1898 che aveva da fare con un pazzo e con un malfattore. Grave errore, grave colpa commisero gli elettori di Palermo eleggendo Francesco Crispi; ma il loro errore e )a loro colpa vengono divisi dalla grande maggioranza degli italiani. Almeno essi non furono vili quando videro caduto a terra il loro idolo ! (Oontini,a) Dr. NAPOLEONE CoLAJANNI. ELEONORA MARX (Ricordi di Eduardo Bernstein) La figlia di Carlo Marx ha fatto un passo che la morale cristiana e la opinione pubblica condannano: si è suicidata. I judges of the dead ricorreranno alla pietosa e convenzionale sentenza « suicidio per improvviso turbamento mentale » per evitare a quella cara tomba la solitudine e la riprovazione delle cosidette persone morali. Povera amica I Bambina, veniva detta la selvaggia. In casa non la si trovava mai, e se per caso volevate vederla, bisognava cercarla in istrada, circondata da piccoli amici e compagni, tutta attenta ad una partita d1 box, alla quale prendeva parte ora come spettatrice, ora coraggiosamente, come campione. Dapertutto la chiamavano Tussy. All'ora di pranzo, arrivava, con le guancie di fuoco, con gli occhi scintillanti, si fermava innanzi alla porta di casa, be veva una tazza di latte, mangiava un pezzo di pane, e via di corsa. Non la si pote, per molti anni, per,uadere a frequentare la scuola. Preghiere e ca~tighi non valsero a scuoterla da questo strano proposito. Del resto, avendo appreso parecchio dal padre, a nove anni leggeva Shakspeare, e lo re~itava cosi bene, che il padre in appresso volentieri alla prodigiosa memoria della figlia ricorreva per passare un'ora piacevole. lo conobbi Eleonora Marx nell'inverno del 1880 nella casa della vedova di un comunardo. Miss Marx, eh' era allora una bella fanciulla ventenne, leggeva con voce melodiosa inglese, dinanzi ad un numeroso uditorio, nel quale c'erano Engels, Bebel, Hirsch ed il rivoluzionario russo Leo Hartmann. In quell'epoca essa era insegnante, pur non tralasciando d'occuparsi della causa socialista - per la quale era fiamme e fuoco - di lavorare nelle biblioteche, ricercando documenti, e prendendo note, per coloro che volevano scrivere libri risparmiando tempo e fatica. Poco tempo dopo la morte del padre, conobbe il dottor Edward Aveling. Si amarono e si unirono, i due giovani, senza l'intervento dello Stato e della Chiesa, e perchè il marito non era libero, e perché i loro principi ne li dispensavano. Da questo momento hanno principio giorni dolorosi pu la giovane e ribelle coppia: entrambi perdettero i loro posti e si trovarono ad un tratto ~enza pane. Non si scoraggiò Tussy, e seguitò a correre in cer~t di lavoro - qualunque lavoro - sempre portando la sua opera nella agitazione. Nel 1886 insieme con Liebknecht fece il famoso giro per il partito dei lavoratori americani cominciato con successo e finito assai tristamente. Nel congresso marxista di Parigi fece da traduttrice, senza mancare a nessuna seduta. Tormtta a Londra diede una seconda prova della sua instancabilità nel colossale sciopero dei Docker,
lllVISTA POPOLAllE DI POLITICALETTEUE E SCIENZESOCIALI 187 nel quale oltre ai noti uomini, tre do:rne figurano: Marx, Burns, Hicks. Tre eroine! Tussy mi raccontava spesso, che mentre migliaia di sterline passavano quotidianamente per le loro mani, la s1gno~a Burns spesso non aveva di che pagare la sua colazione. Non basta. Quante conferenze non ha ella dato! Quante leghe non ha formato, creato, alimentato! Correndo sempre da un punto all'aluo, ora dando un consiglio, ora una buona parola, non aveva il tempo di pensare a sè stessa. Un mio amico, che per la prima volta la sentiva parlare, in un nostro Club, sulla Morale nel dramma, mi diceva, pieno d'ammirazione : « Io non credevo che la lingua inglese potesse aver tanta bellezza, e sì dolce melodia. » Nutriva una profonda ammirazione per Ibsen, che gli amici non le perdonavano, ed una grande simpatia per gli ebrei. I am a Jewess - Quante volte, superba e bella, dalla tribuna, non lo ha essa, gridato alla folla I E agli oppressi bisognava pensare, senza guardar nazionalità, razza, classe, condizioni - ecco la sua bandiera. Forte, .coraggiosa, le mancava la fiducia di se stessa. Nessuna opera ci ha lasciato, mentre la sua coltura non era comune, specialmente in cose letterarie. Natura per• /,:ttamente sana, non stette un giorno a letto. Più d'una volta tornò da un giro, da una conferenza tenuta sottù la pioggia, con una polmonite nel petto, che avrebbe ucciso un'altra donna, e che non suscitava in lei alcuna apprensione. Insieme con l'orgoglio, ereditò dal padre la pazienza. Ed anche il sorriso: rideva volentieri, e volentieri la si vedeva ed udiva ridere. Rideva così dolce I Era il sole che compariva tra le nuvole d'un mattino d'inverno. « Su'icidio in un momento di perturbazione psichica » I Che cosa in questo momento le sia sopravvenuto, che cosa l'abbia spinto a codesto triste passo, non sappiamo, forse non sapremo mai. Questo è certo: un'anima grande, buona viene a mancare al nostro partito. Con tranquillità risoluta ella fece il passo divisato, e la sua ultima parola è l'imagine, di tutta la sua vita. • Al 111pote, J.:an Longuet, ch'ella amava teneramente, è indirizzata quest'ultima parola. Mio C11roc,aro Jolnmy! A te la mia ultima parola - Procura di esser degno di tuo nonno - Tua zi.1TussY. Così moriva la giovane figlia di Carlo Marx. Fin qui il Bernstein, si permettano ora due parole a me: « Una improvvisa causa ha spinto, sì, spinto, alla morte « 1:.leonora Marx, questa creatura piena di forza, di sa- « Iute, cui la vita presentava ancora dei còmpiti, dei do- " veri. Non è stato certo un temporale che ha abbattuto « questa quercia, ma un vermicciattolo ha dovuto roderne « le radici ». Cosi si esprime K. Kaut~ky, il più studioso dei socia- !' sti scientific,. Io non voglio afft:rmar certo, come un giornalucolo (Nationalzeitung) che, col suicid:o, Eleonora Marx ha rmnegato la sua opera. Niente esagerJzioni ! Ma un significato il suiciJio d'una lottatrice come Tussy, deve avc:rlo. Quale sieno le cause che hanno condotto al suicidio la giovane non lo sappiamo: un dramma però si e dovuto, silenzioso, svolgere nel a onesta e bella anima, e noi solo l'epilogo tnste conosciamo. li Bernstein nel suo aff.:ttuoso riwrJo, se non vado errato, pare v0glia ricollegare il luttuoso avvt:nime. to con la mancanza di fiducia ili sè stessa - caratteristica de];a povera morta. Ell.i non si sentiva degoa del padre, ell., non sp,rava di poter continuar l'opera di quello. Da quali altri sentimenti, domando io deriva questa sfiducia? Un po' del solito rgoismo crudele socialista trovo nella affermazione del Kautsky: cc Ics restavano dei compiti, dei doveri.» Or bene, coJesti compiti non sono stati sufficienti, il sentimento di codesti doveri da compiere ancora non l'ha protetta. Nessuna rinnegazione dunque, ma un profondo significato, che dovrebbe far pensare coloro che con disprezzo parlano flell'individuo, inginocchiati innanzi al tempio della società, più profondo ancora, se è la figlia di Carlo Marx, che ammonis:e ! Ci son dei momenti nell'anima umana, nei quali l'umanità, la società, innanzi al dolore che affligge, diventano una larva ridicola, e la coscienza del proprio Io assume forme gigantesche. Un tal momento è venuto per Eleonora Marx, la quale solo il suo Io tenendo in consiJerazione, spinta dal suo Io, s'è soppressa. Io non ho conosciuta la sciagurata morta, e non ho il dritto di affermar cosa alcuna; troppo però c'è nella sua vita, che possa giustific::re le mie ipotesi. Quella opera troppo sfrenata, troppo nervosa, quell'impeto instancabile, come se volesse impedire alla mente qualche pensiero, mi dice, o mi sbaglio, abbastanza. Oh vecchio Marx, tù domanderai conto a tua figlia dell'opera compiuta, quando la incontrerai. Ma la sua fronte non si abbasserà innanzi al tuo sguardo severo. Essa ti dirà tutto, e tu, forse chi sa ... tu riconoscerai magari gli errori della tua opera, tu che volesti sovrapporti alfa na• tura. Come te sorrideva tua figlia, o vecchio Marx. Ella però aveva bisogno di sorridere. Il suo sorriso era il raggio dd sole, che fa capolino dalle tetre nuvole, finchè non venga soppresso da esse, fatte spesse e minacciose. Allora incombe la oscurità, la pioggia cade, il vento fischia ed il fulmine atterra la quercia, già disfatta nell'interno del suo tronco, da un verme, silenzioso, che da tempo aveva incominciato la triste opera. G. p ARATORE, Comsies~rivono i li~raiiso~iolo~ia (l) La sociologia, scienza nuova e ancora movente i s•2oi primi passi, sembra già subire una curiosa degenerazione. Non mai come adesso furono cosl numerose le opere sociologiche e non mai furooo cosi rari i lavori veramente scientifici e resistenti all'esame critico più superficiale. In mezzo alla fioritura improvvisa di geni che pretendono aver scop, no le leggi regolatrici delle società umane abbondano, è doloroso confessarlo, i vanesi ed i ciarlatani. La parola può sembrare dura, ma che altro è se non un ciarlatano della scienza guel signor Letourneau che ogni anno pubblica un volume di seicento pagine dove, secooJo la copertina, è descritta l'Evo· luzione di qualche cosa dagli inizi dell'umanità fino ad oggi e dove nella realtà si tron un centone di notizie affastellate di seconda mano sui popoli selvaggi e non si legge una parola sulla storia dei popoli civili ? Eppure tutti citrno Letourneau come un santo padre della Sociologia nello stesso modo con cui gli ignoranti de!L1 statistica ammirano Mulhall, e si traducono e si leggono i libri pieni di affermazioni gratuite e di r~gionanitnti sconnessi di Nuvicow e si pigliano sul serio le teorie balzane sulle razze del Lapougc, divenuto famoso per statistiche non meno grottesche dalle figure miste· riose con cui il il Lilienfield ama adornare i suoi studi più recenti. E per scendere uno scalino più iu basso, 11011 è- interessante lo spettacolo di un (1) La 'R_ivisla si è occup:tta (N. 7, Anno lii) della traduzione tedesca di questa magnifica opera dei coniugi Webb quando si pubblicò il 1° v..,lume. Il Dietz di Stuttgart ora ha pubblicato il 2° ed ultimo volume. Noi consigliamo la traduzione tedesca assai ben fatta dall'Hugo anche perchè costa meno dell' inglese
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