Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 15 - 15 febbraio 1898

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AL PARt~AM8NTO Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese ITAUA: anno lire 5 se'Uestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7 j semestre lire 4. On numero separato : Oent. 20. Anno Ili. - N.15 Abbonamentopanale Roma 15 Febbraio t898 SOMMARIO: Dr. N. CoLAJANN-I Per la libertà fondamentale. (La libertà della stampa). PASQUALEVILLARI- Gli infortuni del lavoro. (Dalla Nuova Antologia). A. MORANDOTT-I Intorno al processo Zola. Dr. ALFREDOPozzOLINI- La cosiddetta eguaglianza giuridica nella giustizia penale. UGo ToMBESI- La nuova fase della lotta capitalistica inglese e l'invasione della Cina. Dr. ANTONINOScoPELLITI- Un'inchiesta sulla Calabria. Sperimentalismosociale 'l{ivista delle 'l{iviste. 'l{ecmsio11i, Perlalitertà f on~amentale (Lalibertà tlella stam1la) Farei opaa veramente superflua ed oziosa se volessi scrivere oggi della importanza che presso tutte le nazioni civili ha assunto la stampa e particolarmente il giornale. La stampa non solo è lo strumento efficacissimo per la diffusione di tutte le invenzioni e di tutte le notizie; ma ha anche sostituito l'antica Censura e sorregge e completa il regime rappresentativo, per non dire che dove questo decade ne fa in gran parte le veci nell'ufficio di controllo formando e guidando la pubblica epinione .... dove c'è. La grandezza della su.i funzione politico sociale, perdò, la fa tenere in gran conto, anche da coloro che vedono in essa soltanto il lato brutto e ignominoso, rappresentato dai servili, dai corrotti, dai ricattatori, dagli ignoranti, di cui non è penuria tra noi. Dove la stampa è completamente libera, ai mali, e non piccoli, ch'ess1 può fare ripara essa stessa; e il male compens1 a<l usura col Sene. Non ricorderò la vieu lancia di Achille; ma sull'ufficio della stampa si ha torto di dimenticarè le belle pagine del Laboulaye nel suo Parigi in .America. La stampa non è più libera in Italia e basta il capriccio di un m-1gistrato per metterle impunemente il bavaglio. Ciò che ad utu volta è causa ed effetto della degenerazio:1e del regime rappresentativo, che si è ridotto una parodia ora ridicola ora vergognosa, non buona ad altro che ad obliterare il senso delle responsabilità, ad alterare o a cancellare -gli elementi dai quali dovrebbe sorgen! b medesima e aJ assicurare l'impunità dei rei nei pochi casi nei quali è stata assodata la loro responsa bilita. Che gli uomini del governo, poco importa se di destra o di sinistra, se liberali o conservatori - mai come ora Guerrazzi avrebbe tanta ragione di vo - lerli riuniti in un fascio solo per buttarli in mare - smarrita ogni alta idealità, abbiano in uggia una stampa libera, si capisce; ma che ci sia in tutti una specie di cospirazione per far sì che la stamp.1 venga impunemente manomessa, questo non si spiega che colle morbose condizioni in cui versa questo mal connesso aggruppamento che si chiama il popolo italiano. Varie sono Ìe cause del prepotere sfacciato del Fisco contro giornali e riviste, che non cantano sistematicamente le lodi dei superiori e che osano dire schietto come la pensano. Manca la solidarietà tra i giornalisti, che per lo più fanno sfoggio di un egoismo imprevidente fenomenale: non s'interessano del danno degli altri, specialmente se questi sono avversari, senza p. nsare, che arr·va il momento in cui chi meno se lo aspetta può rimanere vittima del capriccio di un birro, che ha indossato la toga del magistratu. L'ha sperimentato, già, a proprie spese il Mattino di Napoli più volte sequestraw, non ostante il suo dina. stismo sfegatato, solo percbè qualche volta rievocò i ricordi delle Maintenon e della Pompadour. ... Più esiziale è l'indifferenza del gran pubblico, che non comprende e non apprezza la funzione di una stampa libera - e come la s'intendesse altra volta in Italia e la s'intende in Inghilterra quì stesso dimostrarono gli amici Mirabelli e Valera - e lascia, perciò, che essa venga violentata senza che sorga la protesta solenne e ammonitrice. La condizione ignominiosa della magistratura, infine, serve per rendere efficienti le due prime

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI cause. Non s'impenni il Fisco a qu~ste mie parole; se volesse sopprimerle con un nuovo sequestro, darebbe prova novella <li un astio indegno e disonesto contro la Rivista Popolare e niente altro ; ma non servirebbe la causa della giustizia. Glielo prorn subito ramment:111dogli che giudizì p:ù severi contro la presente magistratura furono emessi, senza che essa abbia potuto invocare la legge per procedere ad un sequestro. Di siffatti giudizi ce ne sono parecchi nel mio libro Banche e Parlamento che non fu s-.:questrato; più seve,i se ne leggono nei resoconti parlamentari, addirittura schiaccianti, e non ~equestrati, sono stati quelli pubblicati da magistrati nella CassazioneUn:ca. E non potevano essere sequestrati perchè la magistr,ltura era stHa gitrdicata, inappellabilmente, da Santa Maria, ex ministro per la Grazia e la Giustizia; da Costa, ex ministro per la Grazia e Giustizi:1; ed ha ricevuto il colpo di grazia da un volo, possibil.: soltanto in Italia, del!' ordine degli av • vocati di Messina in cui « si deplora la ig11ora11za e la corruzione di taluni magistrati e s'invita la.rappresentanza legale perchè avvisi a tutti i mezzi opportuni per la epurazione e pel retto funzionamento della giustizia. » Avverto il rappresentante del Fisco di Rom,t che questo volo si )egge nella Go:;zella di Messi11a del 22 - 24. Gli avvocati di Messina prudentemente parlarouo della m1gistratur:t lo;ale; ma le discussloni parhmentari, gli articoli della Cassa{ione Unica i giudizi degli ex Ministri, ecc. ecc. provane a lt,ce meridiana che il marcio non è locale. Infatti si è potuto pubblicare un libro sulla Commedia della Giustizianell'orapresente, che ha fruttato all'autore - al nostro Saragat - lodi e quattrini; che saranno - gliel'auguro - più copiosi, quando s'intratterra delle tragediedellagiustizia - di quelle tragedie, che si chiamano assassinio Frezzi in Roma, assassinio Forno in Genova, assassinio Castellano in S. Stefano Quisquina ..... Dunque abbiamo una magistratura corrotta e ignorante a Messina e altrove ... Le sue caratteristiche saranno complete quando si aggiungerà ch'essa è servile e partigi2na. Non mancano eccezioni e nobilissime, sebbene oggi non si abbiano più le sJegnos~ proteste dei Nelli e dd Borgnini; ma la tnassa, che serve a determinare il giudizio compless: rn ... è quella che è. È cattiva dappertutto; non può essere che pessima in Roma dal punto di vista politico, soprat· tutto, perchè si ebbe la disgraziata idea di chiamarvi a funzionare dJ Procur,1tore Generale il Comm. Forni. Il qual.: potrà essere un galantuomo nell1 giustilia civile e p~nale, ma giudicherà da poliziotto in tutto ciò che riguarda la politica. No11 per m:lla egli è stato per parecchi anni Questore di Napoli .... Ed ora all'ultimo sequestro della Rivista Popolare pel quale devo un ,·ivo ringraziamento al Fisco. Molti amici non a,·endo letto gli articoli sequestrati spesso mi rimprover.1110 la vivacità del ling,1aggio; qualcuno mi trattò da novellino, che non sa usare le perifrasi caute •. ed ipocrite per dire tutto ciò che si vuol dire. I loro rimproveri mi avrebbero impressionato se io 11011sapessi che per lo passato ~ per oltre venti anni - i miei scritti non furono mai sequestrati; e che non lo sono nemmeno oggi fuori di Roma. Fra quelli, che dubit.1rono della mia prudenza, c'è Edoardo Pantano e me ne avvertì spesso coll'affetto che mi porta chi mi è compagno di fede da oltre trent'anni e con me si trova in rapporti veramente fraterni. Il Fisco di Roma a tutti, e a Pantano in ispecie, ha risposto facendo le mie difese: esso ha sequestrato per lo appunto la CronacaAzzurra del Deputato di Terni ch'era stata pubblicata in questa stessa Roma nel Fascio della Democrazia del 1884 senza che fosse incors1 nelle ire del magistrato ..... Non ho ben ragione, sotto questo punto di vista, di manifestare tutta la mia gratitudine a chi volle b:ilordamente ghermire il precedente numero della 'R_ivisla Popolare? Dissi balordamente; ed è l'avverbio più gentile, che io poss1 adoperare. Lo provo. Furono sequestrati tre articoli. Perchè? Per ciò che Pantano scrisse sulla Tradi:z_ioue feudale di Casa Savoia? Ma egli le notizie le trasse da tutti gli storici apologisti della Monarchia. Per il ricordo dei rapporti tra Carlo Alberto e la Sicilia nel 1848? Ma la verità si legge in tutti i libri che si occupano di quel periodo e che non furono sequestrati. Ora venne riprodotta dal Secolo e da altri giornali e oon vennero sequestrati. Per la proposta di diminuire la lista civile? Ma la misura della lista civile è discutibile ; è stata discuss1 nella Camera nelle forme costituzionali più corrette. Proposte concrete di diminuzione fu. rono fatte dal Secolo, dell'Italia del Popolo - che per p.1recchi mesi di seguito l'annunziò imminente - e di tanti altri giornali, anche monarchici, che f ' I non urono sequ.:strat1. Per la <liba della generosa città di Palermc, contro giuJizì ingiusti, cui fu fatta segno nel Settentrione? Ma, per quanta poca stima io abbia dei nostri magistrati, non lo posso credere. Perchè proclamai il paese pegtiore del governo? Ma lo scrisse il Giornaledi Sicilia d1 Palermo e non fu sequestrato. Perchè ripetei che Crispi è l'indice dello stesso

HIYISTAPOPOLARE DI POUTICA LETTERE E SCIENZESOCIALI 283 paese? Ma lo ha detto l'Idea Liberale e non venne trattava d'un bili addirittura rivoluzionario. E l'ex-minisequestrata. Perchè constatai che: in Italia ci sono enormi differenze tra regione e regione ? Ma ciò si legge nei libri di Cattaneo, di Ferrari, di Rosa, di Mano, dd senatore lacini, del Generale Marselli, che nessuno si sognò di sequestrare. Perchè presi atto delle confessioni preziose sui d:inni enormi 'ddl'attuale unità accentratrice? !Vl:i le fece Crispi e le scrisse Bonghi nella Nuova Antologia senza che venisse sequestrata!! Dunque è evidente che l'ultimo sequestro e i precedenti furono il prodotto della iònoranza e della malvagità del Fisco di Roma. Egli continua a imperversare contro 12 '](_ivista Popolare percbè spl!ra nella impunità; e l'impunità gli verrebbe dalla mancanza dd processo, che lo metterebbe alla gogna. Si sb 1glia. Sarrò costringer11elo. La COUJtni,sione scelta dJg!i uffizi della Camer,1 per rifaire sulla doÙ1anda di autorizzazione a procedere contro di me s' era aJdormeutata. L' ho fatta risvegli:tre per mezzo dell' illustrissimo Prc:- sidente della Carnera dei Deputati, che con sua c0rtese lettera del 6 Febbraio mi annunziò h sua costituzione. Ho scritto al Presidente della Com• missione on. Sacchi pregandolo di conchiudere, e presto, in favore della domanda dei Pubblico Ministero. M:t se la Camera per male intesa guarentigia dei suoi diritti, che cominciano a diventare odiosi privilegi, desse un parere contrario, prometto al Fisco di costringerlo al processù togliendo di mezzo l'ostacolo e ripubblicando ttICti gli articoli sequestrati si nor .1 sotto la firm:i di un qualsiasi gerente respon ,abile. Dunque a rivederci in Corte di Assise signor Fisco asino e prepotente; si : a rivederci in Corte di Assise dove spero trascinarvi e dove si vedrà dove si:1110i rei che violano lo St:ituto, se nel campo dei repubblicani o nelle file della magis·ratura. Dr. NAPOLEONE CoLAJANNI GLI INFORTUNI DEL LAVORO* La questione degl' infortuni dd lavoro ha d1vvero una grande importanza, e merita di essere studiata attentamente. Il ministro Chamberlain, nel sostenere la legge sugl'infortuni d'nanzi al Parlamento inglese disse che si (') Abbiamoricevute lodi e incoraggiamentidai nostri amici ed abbonati per la rubrica 'R_ivista delle 'R_iviste introdotta nel principio del 3° anno di v;ta della Rivista. La diligenzache i nostri collaboratorimettono nel riassumeregli articoli, e che è stata tanto apprezzata,talvolta li costringe a var.:arei limiti che la tirannia notissima dello spazio c'impone ndla '1.{_ivista delle Rivis/t; Da qnesto numero iu poi daremo quasi per intero qualche importante articolo di attualità dovuto a stro Asquith aggiungeva, che la sua importanza era tale d2 potersi paragonare solo a quella della legge con cui, ai tempi della regina Elisabetta, fu imposta la tassa pei poveri. Si tratta, invero, di introdurre nella legislazio1e un principio affatto nuovo, che non si trova nel diritto comune di nessun paese, che sembra quasi in contradizione coi principi su cui il codice si fonda, che altera persino lo stesso concetto dello Stato e degli obblighi che gli sono imposti. Infatti, fino a che l'infortunio dell'operaio segue per colpe, negligenza, anche imperizia dcli' intraprenditore, il diritto comune provvede, costringendolo a risarcire in qualche modo il danno, a dare all'operaio un compenso pecuniario. Il codice va anzi piu oltre giacchè riconosce la responsabilità dell'intraprenditore anch~ quando l'infortunio è avvenuto, non per colpa o negligenza sua, ma di colui che egli ba messo a sorvegliare e dirigere i lavori. Questo direttore, diceva il compianto senatore Auriti, è come il braccio prolungato dell'industriale . . Eppure, a poco a poco, la legge ha finito quasi sempre col trionfare di ogni opposizione, e ciò sopra tutto ner paesi piu civili e prosperi, piu studiosi del diritto, pit't rispettosi della giusti~ia e delle leggi, come appunto la Germania e l' Inghilterra. Quelli che ancora non l'hanno accettata discutono vivamente per dare ad essa una forma che sia a loro piu adatta. Il disprezzo, l'orrore, che alcuni dimostrano fra di noi, non è quindi in alcun modo giustificato. Non possiamo premmere di essere noi soli i savi di questo mondo, e dar del matto o del visionario a coloro che hanno provato di essere tanto piu pratici, tanto piu avanti di noi. Il fatto merita d'essere studiato con serietà ed imparzialità. Molte cose però si oppongono ad una serena discussione. La prima rnlta che la legge fu presentata-al Parlamento, si cercava di metterla in armonia coi principi del codice, e si ricorse, come si era fatto nella Svizzera, a quella eh~ fu chiamata !:i teoria antigiuridica della inversione della prova. Avvenuto l'infortunio l' intraprenditore clòveva pagare l'indennità, se non riusciva a provare di non esser egli, in nessun modo, stato la causa, di non avervi contribuito direttamente o indirettamente. Molti di coloro, che non vorrebbero questa legge hanno ripugnanza a dirlo chiaramente, per non essere accusati di poco liberali. Accettano quindi il principio o lo lasciano votare senza prender parte alla discussione. Ma combattono invece la forma in cui la legge viene presentata. Nè per modificazioni che vi si facciano, si riesce a contentarli. Abbandonata, come antigiuridica, la inversione della prova, essi non vogliono che nel caso scrittore illustre. Ndb scelta di questi articoli ci saranno di guida gli stessi criteri, che ci servirono nella 'RJvisht delle Riviste: baderemo soltmto alla importanzadd contenuto senza las~iarciimporre dal colore politico dell'autore e dello scritto o del periodicoche lo pubblica. In questa guis I il lettore eviter:Ii danni delb unilateralità e conoscerà ed apprezzeràal giusto il pensiero degli avversari. Cominciamooggi col dare l'articolo del sennore Villari, un conservatoredi mente e di cuore altissime>d, a cui potranno apprendere parecchio anche molti, che si credono e si dicono democratici.

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI di colpa grave la responsabilità dell'imprenditore resti in vigore, non vogliono l'applicazione del Codice. Ma quando fu proposto che la responsabilità della colpa grave venisse soppressa per mezzo dell'assicurazione, sorse allora la propo~ta dei giuristi, che combatterono vigorosamente, come fece l'onorevole Auriti, in nome del diritto . La conseguenza ultima di ciò è stata fra di noi, che da più anni si discute questa legge, pro• mettendola sempre, anche nel discorso della Corona, come un atto di giustizia sodale, senza mai venire a capo di nulla. Essa va dalla Camera al Senato e viceversa, non riuscendo mai ad essere definitivamente approvata o respinta. Si dice sempre che si vuole, ma in modo migliore; e questo migliore è quello che non si trova mai . Chi diceva nel momento stesso in cui la proposta si discuteva in nome del Governo : Sono leggi che bisogna proporle, ma alle quali io non credo, perchè lasciano il tempo che trovano. Chi diceva addirittura : È una leggiaccia. Questo però non deve impedire che fuori del Parlamento la questione si esamini e discuta obiettivamente, con animo sereno, senza pregiudizii o preconcetti, dando alle obiezioni degli avversari il valore che si meritano . • La legge sugl'infortuni, nella sua forma più esplicita, è quella sanzionata in Germania il 6 luglio r884. Essa subì più tardi varie modificazioni, intese però sempre a renderne più generale e sicura l'attuazione. Fu presa a modello, e più o meno è imitata, dall'Austria-Ungheria, dalla Svizzera, dalla Scandinavia e da altri paesi. Essa non pretende di riconoscere nell'operaio un vero e proprio diritto legale alla indennita, nè di punire una colpa dell'intraprenditore. li suo concetto fondamentale è questo : Chiunque coi suoi capitali fonda, per proprio interesse e guadagno, un'industria, che di necessità porti seco il pericolo d'infortunio all'operaio, il qual<! contribuisce a questo guadagno; è tenuto in caso d'infortugio, a soccorrerlo, a risarcirlo, almeno in parte, del danno solfato, in quella misura che la legge, nell'interesse della pace sociale, per sentimento di umanità e di giustizia cristiana, determina. L'infortunio colpisce l'industria, di cui è necessaria conseguenza ; su di essa, e quindi anche sull'industriale, deve ricaderne il danno. Se l'infortunio però è conseguenza di volontà deliberata dell'intraprenditore o dell'operaio, esso non è piu un infortunio, è dolo, è un vero e proprio delitto, e come tale deve ricadere-sotto il diritto comune, dinanzi ai tribunali ordinari. In tutti gli altri casi, si tratta pure di negligenza, imprevidenza, colpa lieve o grave, di forza maggiore, di caso fortuito, l'operaio, anche se la colpa è sua, riceve la indennità fissata, e cessa allora ogni altra responsabilità civile dell'imprenditore. Naturalmente la responsabilità penale, che può portar seco pena afflittiva, resta sempre in tutto il suo pieno vigore. La nuova legge, come già dicemmo, determina, nei vari casi, la indennità da pagare. Siccome però suo scopo precipuo non è solo d'aiutar l'operaio, ma di assicurare anche la pace fra di lui e l'imprenditore, così essa vuole che questi cominci coll'assicurare tutti quanti i suoi operai, presso una delle Casse a questo fine istituite dalle varie associazioni industriali colà esistenti. In sostanza, secondo il concetto della legge germanica, è l'industria stessa che soccorre l'operaio. L'assicurazione diviene perciò una delle sue spese generali. Ammesso che sia obbligo di dare il so~corso, essa riesce vantaggiosa all'intrapreaditore che non si trova improvvisamente esposto a pagar somme che potrebbero condurlo al fallimento, e riesce non meno vantaggiosa all'operaio, il quale è sempre sicuro d'essere pagato, anche nel caso che l'imprenditore fa1lisca. Oltre di ciò, queste Casse non essendo una speculazione privata, non hanno bisogno di dare dividendi, e quindi di fare quel guadagno che, secondo il Bodiher, arriva fino al 20 per cento. E non è pcssibile che, come fanno gli ~peculatori, si accordino per far alzare il premio di assicurazione, a danno dell'industria. Esse sono finalmente un gran mezzo di pacificazione, perchè appena seguito l'infortunio, l'operaio riscuote l'indennntà fissata; tutte quante le possibili contestazioni si dibattono fra di lui e la Cassa, tolto di mezzo l'intraprenditore, e si risolvono generalmente dinanzi a speciali tribunali di arbitri, con procedimenti rapidissimi. Sono passati più di dieci anni <lacchè questa legge è in pieno vigore, ed i Tedeschi, Governo, operai ed industriali, se ne dichiarano contenti. Con tutto ciò essa è stata esposta a severissime critiche. L'hanno molto discussa, criticata nel Belgio, e più ancora in Francia, dove c'è molta antipatia per ogni cosa che si fa in Germania. Nè minore opposizione ha trovato in Italia. La critica fu duplice, teorica e pratica - La legge tedesca sugl'infortuni, si disse, è una manifestazione di vero socialismo di Stato, una violazione della libertà individuale e della logica, sopratutto della logica giuridica. Ma oltre di ciò, essa porta un enorme aggravio sull'industria, il quale va crescendo, e min:ccia di opprimerla. Nel r894, infatti, l'industria tedesca pagava la somma di 44,28r,736 marchi, i quali erano nel 1896 saliti a 57,347.673, ossia lire italiane 7r,684,59r, per r8,389,468 di assicurati. Ed è ben notare che in questi r8 milioni ve ne sono compresi r 3 circa di contadini, pei quali gl'infortuni si riducono a minime proporzioni. Nè cresce solo la spesa, ma, secondo le statistiche, cresce non poco ancora il numero degl'infortuni. Nel r887, infatti ne furono, nella sola industria, denunziati ro5,897 i quali nel r893 erano saliti a r83,9u e nel 1894 a r92,336. Quelli indennizzati erano saliti da I5,970 nel 1887, a 32,026 nel 1893, a 33,73 nel 1894, a 37,78 nel r895. Il che vorrebbe dire· che ·gl'infortuni · erano saliti da 27142 per mille assicurati nel1'87 a 35.58 nel '93, a 37,2r circa nel r894, e quello degl'i_nfortuni indennizzati era salito da 4114 per mille nel r887 a 6,20 nel 189 3, a 6,43 nel r894, e poco meno nel 1895. - Che cosa, dunque, si diceva, prova questo aumento che si verifica ancora in Austria ed altrove, dopo l'attuazione della legge? Prova che l'assicurazione da una par~e, e la certezza dell'indennità dall'altra, hanno reso sempre più trascurati, noncuranti l'intraprenditore e l'operaio. Il primo sa, ormai, che pagJta una volta l'assicurazione, non ha più nulla da temere; il secondo sa che, se avviene l'infortunio, non può mancare il sussidio a lui o ai suoi, e diviene meno attento alla propria salute, anche alla propria vita. Questi sono gli effetti perniciosi della legge.

'I RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI Ma tali osservazioni non restano senza risposta. E prima di tutto, quanto alla quistione teorica, rispose il Bo:liker, presidente autorevolissimo dell'ufficio d'assicurazione in Germania. « A noi » egli diceva « importa poco l'accusa di socialismo di Stato che è fatt:l alla legge. Le si dia pure il nome che si vuole, Noi sosteniamo solamente che essa è una legge giusta ed utile, E soste• niamo che in un paese veramente civile, la prosperità e la forza delle classi superiori si deve fondare sulla prosperità e sulla forza delle classi inferiori, che questo è il primo dovere dello Stato moderno ». li ministro Chamberlain, nel presentare alla Camera dei Comuni il bili sugl'infortuni, diceva anch'esso, il 3 maggio 1887: « Noi sappiamo bene che esso è esposto a molte critiche, specialmente teoriche; ma ve lo raccomandiamo solo come praticamente utile, pei buoni risultati che ha dati altrove. » Quanto all'accusa d'intervento dello Stato, egli rispondeva ai suoi avversari : « La vostra è ormai una dottrina vecchia e sfatata, respinta da tutta quanta la nostra legislazione nella seconda metà di questo secolo. Voi parlate d'un'lnghilterra che più non esiste, troppo diversa da quella d'oggi. » Ma respinte le accuse teoriche restano pur sempre i fatti, quali risultano dalle accennate statistiche. Se non che tutti sanno come nelle statistiche ogni cosa dipenda dal modo d'interpretarle. Bisogna cominciare dal tener presente che gl'infortuni sono negli ultimi tempi andati aumentando in ogni paese, dove c'è e dove non c'è la nuova legge, come necessaria conseguenza del progresso industriale, dell'uso sempre crescente di macchine sempre più potenti e complicate. Nella quarta sessione del Conseil dtt travail a Bruxelles (1896-97) il consigliere Levie osservava, che quando esso, nel 1873, entrò la prima volta nei tribunali, non si sentiva parlare d'infortuni del lavoro « i quali sono adesso » egli diceva « divenuti uno dei più grossi e continui affari nei tribunali del Belgio » dove non c'è ancora una legge sull'infortunio. - È anzi questo aumento continuo che indusse a riconoscere in Germania ed altrove la necessità di una legge. . Gl'infortuni industriali, pei quali fu pagata l'indennità in Germania, erano da 4, 14 nel 1887, saliti nel 1893 a 6,20 e nel 1894 a 6,43 ; quelli d'essi che furono seguiti da morte, scesero da 0,77 nel 1887 a 0,67 nel 1892, 0,71 nel 1893, a 0,67 net 1884. Quelli seguiti da incapacità totale, permanente, scesero da 0,73 a 0,30, a 0,27 a 0,30. Invece quelli seguiti da incapacita parziale permanente salirono da 2,11 nel 1887, o 3,90 nel 1893, a 4,22 nel 1894. Quelli d'incapacit:i. transitoria salirono da 0,53 nel 1887 a 1,19 nel 1892, e 1,31 nel 1893, a 1,35 nel 1894. Crebbero dunque non poco le denunzie d'infortuni più o meno leggieri ; scemarono invece alquanto (il che non è poco nel crescente progresso dell'industria) i casi gravi di infortunio, seguiti da incapacità permanente o da morte. Nè questo segui solo in Germania, ma anche altrove. E i membri del Parlamento inglese, come il Chamberlain e Sir Charles Dilke, che esaminarono personalmente la questione, dichiararono ai loro colleghi di essersi pienamente convinti di ciò che si affermava dall'Ufficio di assicurazione in Germania. E, del resto, sarebbe egli mai possibile, che se davvero la legge avesse prodotto colà un grande aumento d'infortuni, nessuno se ne avvedesse, nessuno se ne dolesse? - Rimane però la questione dell'aggravio all'industria, e quello anche dell'aumento delle liti. . Non si può invece negare che l'aggravio pecuniario sulla industria esista eJ in larga misura, specialmente se ai milioni che si pagano per gl'infortuni, si u::iiscono quelli per la vecchiaia e per le malattie, ai quali però contribuisce anche l'operaio. Ma quale è stata praticamente la conseguenza di tutto ciò? Che giammai la prosperità industriale della Germania fu così grande come ora. Essa continua a progredire meravigliosamente, e per la prima volta nella storia del mondo minaccia la stessa Inghilterra, la quale è già assai impensierita dal •;edere i prodotti dell'industria tedesca venire a farle in casa propria una concorrenza sempre maggiore. Nella quarta Sezione ( 1896-97) del Consiglio Superiore del lavoro del Belgio, il consigliere Prims diceva: « In dieci anni la Germania ha pagato 193 milioni per le assicurazioni contro gl'infortuni, 100 milioni per la vecchiaia, 757 milioni per le malattie. In tutto 1050 milioni di franchi, dei quali poco meno della metà furono pagati dagli industriali, giacchè per la vecchiaia e le malattie contribuiscono gli operai e lo Stato. Ma che cosa ha fatto in questo mezzo l'industria tedesca? È quella che ha progredito più di tutte. Dal 1871 al I 894 il prodotto delle miniere è salito da 314 a 700 milioni. E così nel resto. Nel 1896 le colonie inglesi comprarono per 88 milioni di marchi di prodotti tededchi. Nel Brasile, Giappone, Stati Uniti, Argentina, Transvaal e Russia i prodotti tedeschi sono spesso preferiti agl'inglesi. » Non occorre del resto insistervi, ne ricorrere ad autorità straniere, quanlo il fatto è assai notorio, pubblicamente riconosciuto dalll stessa stampa inglese. Tutti sannu il rumore che levò recentemente il libro col titolo: :Made in Germany. . Resistevano però generalmente i paesi latini, massime la Francia, e più ancora l'Italia, la quale assai spesso imita la Francia, e, come già dicemmo, ha sempre avuto ripugnanza a tutte quante le leggi sociali. Quelle sugli infortuni è stata perciò lungamente rimandata da Erode a Pilato. Nè c'è da maravigliarsene. Sino dai tempi dell'Impero romano la nostra società si fondò sulla oppressione delle classi povere. La campagna era coltivata da schiavi o coloni che poco ne differivano. Anche l'industria era affidata a schiavi. A tempo delle floride repubbliche medioevali, tutti i contadini restarono esclusi da ogni partecipazione alla vita politica, non ebbero mai la cittadinanza. E sebbene fossero repubbliche affatto industriali e commerciali, pure es~e furono in sostanza sempre governate da un'oligarchia. La moltitudine degli operai, i Ciompi, non pigliarono parte alla vita politica, non ebbero mai la vera e piena cittadinanza, riservata sempre a pochi. Questa anzi é la principale ragione per la quale, una dopo l'altra, videro dal proprio seno sorgere inesorabilmente i tiranni. Erano città dominate da un piccolo numero di liberi cittadini, che opprimevano

286 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI la plebe, il contado, le terre e le città sottomesse. E questa moltitudine scontenta, sempre crescente, d,venne poi la base del dispotismo. N, lle repubbl·che della Svizzera invece, dove il contado partecipò largamente alla vita pubblica, esso contribui non poco a fondare e difendere la libertà, che perciò fu salva. Le signorie straniere e sostenute da preponderanza straniera, le quali successero fra noi ai tiranni dei secoli xv e xvi, non pensarono certo a dare libertà alle plebi, nè a migliorarne le condizioni. Cosi ne è avvenuto che quel concetto, il quale è il fondamento non solo della legge sugl'infortuni, ma di tutte quante le leggi sociali, che cioè la prosperità e la forza delle classi superiori si fonda sulla prosperità e la forza della inferiore, e che in ciò sta il primo dovere dello Stato moderno, quel concetto assai difficilmente si fa strada fra noi. Sembra anzi ai più in Italia, che, per quanto si faccia, per quanta filantropia, per quante buone intenzioni si abbiano, al destino infelice delle classi inferiori non vi sia, per legge di natura, rimedio possibile; che gli sforzi fatti in contrario riescano solo a peggio•• rare le condizioni di tutti. Nè vi sono ragionamenti, dottrine, esempi cavati dalla storia, dalla esperienza di altri popoli, che valgano a mutare questo che è divenuto fra noi un convincimento quasi universale Ed in ciò risitde, io ne sono stato e ne sono sempre più convinto, la débolezza fondamentale dello Stato italiano. Alla vita pub-· blica e politica, nonostante l'allargamento del suffragio, partecipano pochi solamente, i quali si credono e sono i padroni della società, che governano nel proprio interesse. Nè s'avvedono cosi facendo che si vanno da esse sempre più isolando, e si son ridotti come farfalle sotto una campana di vetro, che cr~dono di fare gran cammino, perché si agitano molto. Ed intanto il paese sfugge dalle loro mani, per cadere sempre più in quello dei clericali e dei socialisti. Cosi è avvenuto che i socialismo pote recentemente far rapido progresso anche fra noi, che credemmo un momento di poterne andare esenti. E cosi coloro che non vollero dar dieci saranno costretti a dare cento, chi sa dopo quali e quanti disordini, con che danno di tutto il paese! . Se non che, nella decorsa estate, questi oppositori appunto ricevettero un corpo mortale. Si sentirono ad un tratto mancare il terreno sotto i piedi. Era infatti proprio l' Inghilterra, e di più un Ministero tory quello che si presentava alla Camera dicendo: - Dopo avere coscienziosamente esaminata la legge germanica e i suoi resultati, ci siamo convinti che le accuse fatte contro di essa non hanno fondamento alcuno di verità, che essa dà, invece, buoni resnltati, e che qualche cosa di simile dobbiamo fare anche noi, sebbene la diversità del nostro paese ci obblighi a modificarla. - E la discussione fatta a questo proposito, gettò una gran luce sulla quistione. L'Inghilterra, in verità, sebbene fosse il paese che prima di tutti aveva iniziato le leggi sociali, facendone un gran numero, a cominciare dalla tassa pei poveri, aveva lungamente ripugnato a votare quelli! sugl' infortuni. E ciò da una parte per non volere accettare un nuovo vincolo alla libertà individuale, da un'altra perchè il suo spirito tradizionale e conservatore, reagiva contro l'idea d'ammettere un principio affatto nuovo nella legislazione. Per queste r~gioni Yennero dapprima tenta'.e tutte le vie per risolvere il problema giuridicamente. Nel 1880 fu quindi votata la legge conosciuta col titolo di Employer's Siability Aci formulata dai giuristi, accolta allora con grandissimo favore da tutti. Ma, coll'andare del tempo, dopo i risultati negativi che essa dette, nessuno più osa oggi difenderla. E intanto era avvenuto un altro fatto notevolissimo. I grandi industriali andavano spontaneamente facendo quello appunto che la legge germanica sugl' infortuni imponeva. Assicuravano cioè i loro operai contro gl' inrortuni. In alc□ne industrie, come quella del cotone, poteva dirsi che tutti erano assicurati. E cosi la legge che il Parlamento non aveva voluto votare, si andava da sè stessa formando come per consuetudine. Non era creata per volontà degli uomini di Stat0, non era effetto di filantropia individuale, ma nasceva per la necessità stessa delle cose ; come conseguenza inevitabile del progresso indnstriale. . S'aggiungeva poi che in Inghilteara le Trade U11ions hanno tale potenza, che esse avrebbero deciso l'industriale a fare per forza quello che spontaneamente non avesse voluto. A che gioyava dunque il far lunghi ragionamt:nti logici e giuridici, una volta che la legge si presentava come un fatto compiuto, come una necessità inevitabile? Tutto si riduceva ora a questo: una parte, la maggiore, degl' industriali dava l'indennità per l' infortunio, e sosteneva una concorrenza dannosa ed ingiusta da coloro che non la davano, e potevano quindi vendere a miglior mercato i loro prodotti. La proposta di legge si presentava perciò ancora come un atto di giustizia e di protezione verso i migliori industriali. Gl'Inglesi però andarono, come sempre, a gradi, e sperimentalmente. Fecero la legge solo per le industrie più pericolose, e come ir. via di prova, per estenderla poi col tempo, secondo i risultati che darà. Imposero l'obbligo dell'indennità, ma lasciarono che l'industriale si assicurasse o no, come voleva,ritenendo che l'assicurazione, già largamente adottata, avrebbe nel!' interesse dell'industriale stesso continuato il suo cammino progressivo. . Dopo aver lasciata libera l'assicurazione, sempliticarono anch'essi, più che poterono, tutti quanti i procedimenti giudiziari, e levarono di mezzo, finchè fu possibile, gli avvocati, convinti com'erano, che si trattava di una legge di pacificuzione. Non accettarono il grande organamento burocratico tedesco ; portarono alla legge altre moJificazioni cui accenneremo più oltré. E fu mirabile la concordia di tutti, industriali e non industriali, a volere la legge senza far quistione di partito, cercando solo, in una larga ed importantissima discussione, di migliorarla quanto più era possibile. Fecero opposizione solo i proprietari delle miniere di carbon fossile, i quali dicevano che la loro industria non era in grado di sostenere il peso che si voleva addossare. S'era gia visto, affermavano, che l'abbassarsi di pochi centesimi sul prezzo del carbone costringeva a chiudere molte miniere. Gli

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIBNZESOCIALI infortuni in esse sono moltissimi, e questo era gi:I.stato scontato coll'aumento dei salari. Se ora si aggiungeva il grave aumento dei premi di assicoraziom,,non si sarebbe potuto andare avanti. - Ma il Chamberlainrispondeva che secondo i calcoli fatti dal Governo, l'aumento dei premi sarebbe stato di uno per cento sui salari, e questo aumento era assai inferiore alle consueteoscillazionidei prezzi del carbone, che l'industria aveva semprepotuto sostenere. E finalmente concludevache un'industria la quale non avesse potuto io Inghilterra sopportarel'aumento di uno per cento sui salari, per compiere ciò che veniva ritenuto da tutti un'atto di giustizia e un dovere dell'industriale, era meglio che non esistesse. PASQUALE V1L1.ARI - (dalla Nuovn A11tologin - Anno33°, fase. 627 - 1° febbr.'98). Intorno alprocesso Z la Pnrigi, ro. S' incontrano nei dintorni del Palazzo di Giustizia degli individui a gruppetti e anche i~olati, placidi in vista, che se ne vanno innanzi e indietro cantarellando: compue::;Zola. Ora è venuto di moda cantarlo sull'aria del Q11a11t' è bello Nicolà. Povera, nostra vecchia canzone napoletana, che fine miseranda! Fra quei cantori che nei momenti più calmi, tra le due e le quattro, par che si esercitino a conspuer a mezza voce per la prossima uscita, ce n' è di pagati: cinque lire secondo alcuni, cinque lire e la colazione secondo altri. È un bel salario, o lavoratori d'Italia! Ma il grossù della folla che s'assiepa alle cicque per la fine dell'udienza è pt:ggio che pagata ; essa è vergognosamente in buona fede. E s'intende quando si assista 2i quotidiani assalti di cocesta foll;i in cui l'avvocato fraternizza col cocchiere per gridar canaglia e morte allo Zola, e· lo vuol buttare nella Senna, s'intende, dico, quel signore che ieri nei corridoi si avvicinò a capo scoperto all'accmato e gli disse semplicemente: -- Signor Zo!a, voi siete sublime. Iersera l'udienza si prolungava, e la folla s'impazientiva, fuori. Dalla sala delle Assise si udivano le grida confuse che poi d nnnero canto spiegato: la Marsigliese! Nell'aula cominciava a far buio; parlava Trarieux, l'ex-ministro della giustizia. Osservavo i giurati. La sorte ha escluso dal giurì di Emilio Zob ogni elemento iPtellettuale. Tutti questi cittadini giurati escono dalla classe dei commercianti; grmse faccie di marchand de vin (personaggio politico importante, peraltro, il 111arcba11d de vin in tempo di dezioni) si tendevano \·erso il t<'ste-arringatore nello sforrn di seguire l'argomen• tazione. Poveri giurati. Avevano sentito un'ora innanzi le deposizioni di due o tre generali affermanti, di loro occulta scienza, la colpevolezza di Dreyfus ; ora sentivano un ex-ministro della Giu st1z1a e senatore affermarne l'innocenza; il rispetto che per l'autorità, che è profondo in ogni francese, passava Cl'rto un atroce quarto d'ora di dubbi nella loro coscienza mal desta di lettori del Pelit ]011rnal. Crederanno all'ex-ministro della guerra Mercier o all'ex-ministro della giustizia Trarieux? Quanto a prove non è da parlarne; 11 presidente esclude tutto ciò che si riferisce a Dreyfus, e i generali venuti a deporre dietro intimazione della Corte - ed è parsa un'audacia ! - se ne vendicano col segreto professionale, con la ragione di stato e perfino col segreto famigliare! Dalla parte di Zola - qualcuno aveva creduto fino a questi ultimi giorni a non si sa quale rivelazione improvvisa, quale parola decisiva. Per molti, il modo come s'è formata la convinzione di Zola e de' suoi amici, è rimasto un mistero; orbene, questa convinzione s'è formata su quei fatti, su quegli indizi che tutti conoscono, poichè da tre mesi corrono i giornali. La convinzione passionale di Zola è tutta :n quel ]' acmse, nel quale la po• tenza costruttiva dello scrittore guidata e illuminata all'improvviso da un ~enso come di veggente ha coordinato quegli indizi in un terribile atto di accusa. Il processo doveva esserne la documentazione innanzi ai giurati; ma tutto era già detto. Ed è curioso lo spettacolo di tant:i gente che al finire di ogni testimonianza si mette a gridare: - E nulla ancora! cose dette e ridette ! la prova, dateci la prova. Oh coscienze serene, incallite nel rispetto della cosa giudicata dai soldati a porte chiuse, la prova per gli amici di Dreyfus è in quello che vi ha lasci,,to impassibili, quando fu detto; per le coscienze non parteggianti, ma di pelle delicata, quello non è cerco ancor., la prova, ma è quanto basta a imporre la revisione. Chi non ha sentito subito, irresistibilmente, questa necessità civile, non la sentirà al processo. Ma appunto il non avere la maggioranza dei francesi sentita cotesta necessiti pare a noi la cosa più grave in tutta questa faccenda. Questa ostinazione che essi hanno messo a non vedere, a non sentire; e a ricercare le ragioni di un bisogno di giustizia in sentimenti tutti ignobili o lontani dalla pura idea di giustizia, è addirittura un indizio di disfacimento morale. Hanno seguitato per tre mesi a sballottarsi le ingiurie di razza e di religione oltre a quelle ddb venalità; seguitano ancora; oggi un 6 iornale intimava all'an. Labari (un nome italiano ahimè!) di smentire, se lo può, ch'egli ha per moglie una israeli1a inglese e ha un parente in

288 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI Germania impiegato dello Stato. Ah! il signor Labori, si lavi di quest'accusa se può. Si é alla ricerca del francese puro, ·cattolico, patriota, rispettoso dei consigli di guerra, senza mistioni di sangue forestiero, e non si trova ; ora un ebreo di spirito mette in giro la leggenda che Drumont il feroce antisemita invocante il S. Bartolomeo degli Ebrei, sia egli stesso un ebreo e tedesco per giunta come lo prova il suo cognome che è una corruzione di Dreimund; d'a!tro canto al Barrès, risuscitatore delle energie nazionali, analizzante le ·caratteristiche letterarie antifrancesi di Zola, (Zola, c'est le Bassan, diceva Taine) obbietta110 i dreysfusiani : Ma voi signor Barrès non sareste per caso, come dice il vo, tro nome, un ebreo portoghese? E cosi via con questi giuochi e ripicchi di comicità barbarica. Ora come all'interno la campagna ha avuto questo carattere incivile con risurrezione di tutto quello che di tristo la Francia aveva cent'anni addietro distrutto e seppellito in cospetto all'Europa - cosi la viva partecipazione degli stranieri, dai loro paesi, allo svolgersi dell'affare, non è stata attribuita a~ altro che all'azione del sindacato. Anche qui si vuol dare un'origine impura a un sentimento di cui la vanità dei francesi, almeno, dovrebbe compiacersi. lmperocchè questa insurrezione dell'Europa contro la Francia è tutta o in buo1Ja parte sentimentale; origina da ciò che la Francia, o meglio Parigi, è ancora per tanta gente la ville lumiere, il faro mondiale da cui s'irradia la civiltà; e dello spettacolo che, invece, Parigi ha dato in questi ultimi tempi, quella brava gente soffre come di un tradimento. È la stessa esplosione sentimentale che ebbero i democratici italiani dopo Mentana e che inspirò al Carducci una famosa ode-apostrofe: dispereremo noi dunqut di te « noi cresciuti al tuo libero splendore, noi che ti amammo o Francia ? Ma anche in Italia la generazione nuova, quella venuta su dopo il 70) ha mutato faro, va mutando coltura; quell'enorme fascino che il nome di Parigi ha esercitato per si lungo tempo nel mondo, diminuisce di intensità un po' dappertutto, perchè la Francia ha rinunziato a quell'azione di avanguardia che gli altri popoli le attribuivano concordi. Questa rinunzia, oltre a cause remote, vaste, non attribuibili alla buona o cattiva voglia dei francesi di marciare all'avanguardia, sembra poggiare ora su una singolare illusione della Francia dopo la disfatta, che cioè un pò meno di liberta. di universalità, ~i dviltà insomma, si converta in un di più di forza; donde questo restringersi in sè, questo spulciare le fedi di nascita, questo abbandonarsi ai generali; e in ciò la sua decadenza a 6 li occhi del mondo. A. l\10RANOOTTl. Lacosidetgtauaglianza giuridica nella giustiz;a penale Discutendosi alla Camera dei deputati il nuovo Codice penale, Enrico Ferri ebbe un espressione felicissima rammemorante, se non erro, un concetto di Romagnosi: « il codice penale è il codice pt r i birbanti : mentre cc quello di procedura penale è il codice di garanzia per « gli onesti che SOPO ancora sotto processo e che non « sono ancora riconosciuti birbanti ( r) ». In questo giudizio si comprende tutto l'ideale di un buon codice di procedura pen:lie. Ma nella realtà è davvero così? Può dirsi che le nostre leggi di procedura penale tutelino ugualmente la presunzione d'innocenza di tutti gli imputati? Ne dubitiamo fortemente. Anche la legislazione penale formale, come qualunque ramo della costitu - zione giuridica, piu che del fattore intellettuale (la tendenza cioè verso la giustizia) risente l'influenza del fattore economico sociale. Il legislatore, come afftr•- mava u:1 pubblicista non sospetto di tendenze rivoluzionarie, !'on Fusinato, non è che un emanazione delle classi superiori: naturale quindi che le leggi, nonostante tutta la buona volontà dei suoi formatori, non possano gran che tutelare gli interessi delle classi non abbienti. E se le legislazioni moderne accennano a riforme d'indole sociale, ciò si deve non già ad una ispirazione altruistica sorta nel legislatore come Minerva dal cervello di Giove, ma bensl ad una causa ben piu positiva. Nel regime economico-sociale attuale la partecipazione al governo è potenzialmente generale: l'evoluzione tende a rendere non piu nominale ma effettiva la partecipazione di tutti aI governo. La causa quindi delle tendenze attuali verso una organizzazione politica e sociale piu adatta ai fini della vita, deve ricercarsi nella sempre crescente potenza delle classi soggette. Ma i codici attuali, e forse per un pezzo anche i futuri, sono codici di classe, checchè ne dica il professore Nani (2). A toglier loro questa caratteristica non basta il fatto d' essere inspirati al principio dell' eguaglianza giuridica. Anzi è per questo principio (altisonantemente proclamato, ma a sproposito applicato) che nrn tenendosi conto della differente potenza economica, si arriva in pratica ad una odiosa disparità di trattamento. Le leggi penali poi piu delle altre risentono della lotta di classe. Michefaogelo Vaccaro nella sua Genesie funzioni delle leggipenali ha esaurientemente dimostrato che esse altro ufficio non hanno se non quello di conservare l'ordine giuridico costituito, di mantenere il potere politico nelle mani delle classi dominatrici. Ecco perchè dicevamo di dubitare fortemente che l' ideale di Enrico Ferri rispondesse alla realtà. E valga il vero. Il nostro codice di procedura penale è un rimaneggiamento del precedente del 1859, il quale alla sua volta è una copia, in qualche punto ritoccata, del codice napoleonico del 1808. E questo rappresenta un cÒmpromesso fra l'antico regime e la rivoluzione: non possono quindi mancare in esso i difetti sociali. Abbattuti tutti i privilegi \ r) Discorsi par/a111er1/1s1urli 111101•0 radicepenalr. Napoli 1889 pag. 7. (2) li socialismoed il codice civile.

RIVISTA POPOLAltE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI <!elle antiche aristocrazie e proclamata l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, al privilegio assurdo della nascita si sostituì la prevalenza della ricchezza con tutte le sue conseguenze in ogni manifestazione della vita sociale. Ora è evidente che per applicare a dovere il principio dell'eguaglianza giuridica la differente potenza economica ha capitale importanza. Perchè considerando tutti i cittadini eguali, idealmente eguali, e trattando perciò alla stregua delle stesse disposizioni legislative cittadini di forza economica differente, i cui bisogni i cui mezzi materiali e intellettuali sono cosi diversi, mentre apparentemente si distrugge il privilegio, di fatto poi lo si colloca su più solide basi. Ma la Grande Rivoluzione paga di aver dichiarato.sepolte colla dichiarazione dei diritti dell'uomo le prerogative antiche, non poteva tener conto di tale circostanza pur importantissima, senza rinnegare il principio dell'uguaglianza. E ne è venuto di conseguenza che mentre il diritto dei ricchi è sufficientemente (?!) tutelato, quello dei poveri è quasi sempre trascurato. E di fatti nel codice di procedura penale rarissime sono le disposizioni che partendo dal concetto della differente potenza economica sanciscano norme corrispondenti. Ricordo le disposizioni degli art. 2 q, 385 e 656, che benchè paralizzate nella pratica da altre influenze mostrano pur nondimeno nel legislatore una encomiabile intenzione. La prima e la terza dispensano dall'obbligo della cauzione per la libertà provvisoria e pel ricorso in Cassazione gli imputati indigenti, la seconda stabilisce che qualora l'imputato o la parte civile si trovino in stato d'indigenza i testimoni o periti che intendono far sentire all'udienza sieno citati a spese dell'erario. Ma queste sono disposizioni eccezionali: mentre il principio che le informa dovrebbe essere generale per tutto il Codice. Ed è per ciò che la giustizia penale è divenuta la famosa rete in cui restano presi solo i pesci piccini, mentre i grossi ne fuggono allegramente. A prova della cosidetta eguaglianza giuridica nella giustizia penale portiamo due esempi scelti così a caso in due punti differentissimi della procedura. Uno dei primi atti istruttori allorchè l'imputato è assicurato alla giustizia è il suo interrogatorio. Quale odiosita di confronto fra le condizioni in cui si trova il povero, ignorante, analfabeta il più delle volte, impressionato d I tutto il severo apparato della giustizia, sotto le domande suggestive di un giudice istruttore che molto probabilmente ha per criterio regolatore delle sue induzioni l'antico « pauper ergo mendax et falrns », e quelle in cui si trova il ricco più protetto nella lotta per la vita, interrogato gentilmente, che prima di costituirsi ha avuto tutto il tempo di architettare col sno difensore il piano di difesa! E si parla di eguaglianza di fronte alla legge ! Ancora. Il diritto di querelarsi e di costituirsi parte civile spetta ad ogni cittadino danneggiato da un reato. Quindi indubbiamente anche chi è costituito in posizione economica dipendente, un salariato ad es., ha indubbiamente la facolta di querelarsi e costituirsi parte civile per un reato commesso a suo danno dal principale. Egli é nn cittadino come un altro : ed in una società come la nostra, da cui ogni privilegio è bandito, può usare di tal diritto senza restrizioni. Un giudice imparziale cono-· scerà della causa: e concediamo pure che questa attraverso a tutte le angherie e spese processuali termini con la condanna dell'imputato. Ma chi garentirà il querelante o la parte civile da un licenziamento che di fronte al diritto contrattuale è perfettamente legittimo? È quindi naturale che fra la possibilita di questo che avrebbe conseguenze ben altrimenti dannose, ed una ipotetica soddisfazione morale e materiale, non sia dubbia la scelta. E la giustizia sociale avrà trionfato a;iche una volta. Non parlo poi di tutti i mezzi che il ricco ha a sua disposizione per evitare una querela ad una costituzione di parte civile: non ultimi certo quelli di comprare il silenzio della parte lesa o l'inerzia del suo avvocato, il quale come tutti i colleghi è legato per amicizie, interessi e tradizioni alle classi abbienti. E si parla sempre di eguaglianza giuridica! ( r) Il prof. Lucchini scriveva nei Semplicisti ( 2) che in fatto di guarentigie defeasionali l'Italia è quasi alla coda di tutti gli Stati d'Europa. Noi diciamo un pò differentemente.· Le guarentigie defensionali sono troppe e troppo larghe pei ricchi, irrisorie e monche pei poveri : un mezzo di salvataggio per gli uni, una continua oppressione per gli altri. Causa principale di questo triste stato di cose il principio dell'eguaglianza giuridica applicato a rovescio. Una legge che a questa veramente si inspirasse dovrebbe partire dalla premessa fondamentale che alla diversità delle condizioni economiche e dei bisogni reali delle varie classi sociali, corrisponde una diversità di vita giuridica. Un codice di procedura penale, che fosse veramente informato al principio dell'eguaglianza giuridica, dovrebbe porre ognuno in egua I grado di forza di fronte alla giustizia penale: dovrebbe integrarlo in quello che in confronto degli altri gli manca: in una parola dovrebbe porre a disposizione di cittadini di differente potenza economica mezzi processuali diversi. Solo a questo patto si potra avere la vera eguaglianza giuridica : se no, no. D.r ALFREDO PozzouNr. Onoranze a Mario Rapisardi Apprendiamo dai giornali che la gioventù delle Cniversita siciliane preparano grand'ì onoranze al Poeta catanese, in occasione del trentesimo anniversario della sua prima produzione letteraria : la Palingenesi. E a tal uopo si sono già costituiti, un Comitato promotore in Catania, sotto la Presidenza effettiva dell'illustre Prof. Luigi Marino, preside della facoltà di Lettere, e due Sottocomitati in Palermo ed in Messina. Un Comitato Onorario, presieduto da Giovanni Bovio, si sta organizzando tra i personaggi più illustri della Nazione. La Rivista, che ammira il Rapisardi pel suo genio e (1) Giovanni Saragat ha testè pubblicato, Roux e Frassati di Torino editori, una brillantissima pittura del funzionamento pratico della giustizia. " La commedia della giusliz_ia. " (1) Pag. 155.

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